L'Immortalità dell'Anima umana.
2005 - By: www.paginecattoliche.it
Non meno importante della precedente
e con essa intimamente legata è la questione dell’immortalità.
L'uomo non muore tutto. La sua parte principale, che è l’anima, ha
avuto principio ma non avrà fine: essa vivrà eternamente.
1. Nozioni preliminari.
Immortale è ciò che non muore.
Parlando di immortalità dell'anima umana intendiamo parlare di
un'immortalità reale e personale, che si distingue dall’immortalità:
a)
metaforica, come sarebbe
il continuare a vivere nella memoria dei posteri, nei monumenti o
nelle opere lasciate in retaggio. È l'immortalità di cui parlava
Orazio quando esclamava: Non omnis moriar (...) Exegi monumentum
aere perennius”.
b)
panteistica, per cui
l'anima, che non sarebbe altro che un'emanazione dell'essere divino,
tornerebbe a risolversi in esso, perduta ogni memoria e coscienza
individuale.
A questa immortalità panteistica si riduce l'immortalità dello
Spirito di cui parlano gli idealisti, come ad esempio il Gentile:
“La sola immortalità alla quale si possa pensare ed alla quale si è
sempre pensato affermando l'immortalità dello Spirito, è
l'immortalità dell’io trascendentale, non quella dell'io empirico” (Teoria
generale dello spirito, 1924, p. 128).
L'immortalità reale e personale è di tre specie:
1)
essenziale o assoluta, propria dell'essere che assolutamente non
può per alcuna causa venire meno. Questa immortalità è propria
dell'essere necessario cioè di Dio;
2)
gratuita, propria dell'essere che naturalmente dovrebbe morire,
ma che per privilegio è da Dio conservato eternamente, come sarà il
nostro corpo dopo la risurrezione finale;
3)naturale, intermedia fra le altre due, propria dell'essere
che naturalmente esige di vivere sempre, non avendo in sé nessun
principio di corruzione o distruzione.
Noi
affermiamo essere propria dell'anima questa terza immortalità,
l'immortalità naturale. Negatori dell'immortalità sono tutti gli
avversari delle tesi precedenti (fenomenisti, materialisti,
positivisti, ecc.) che dicono che la nostra tesi per lo meno non è
una conclusione scientifica, non potendosi scientificamente
dimostrare. Rispondiamo che è vero che la nostra affermazione non è
soggetta all'esperienza, e non si può quindi dimostrare con metodi
sperimentali.Tuttavia è scientifico non soltanto questo, ma è
scientifica ogni conclusione che, partendo dai dati positivi,
l'intelletto deduce ragionando.
2. Le prove dell’immortalità.
1)
Argomento ontologico.
L'anima umana è naturalmente indistruttibile; dunque è naturalmente
immortale. La distruzione infatti potrebbe avvenire: a) per
dissoluzione o disgregazione di parti, come si distrugge un
edificio, un corpo, un minerale, un composto chimico. Un oggetto
qualsiasi cessa di esistere come tale se lo si scompone negli
elementi costituenti, un organismo vivente muore quando le sostanze
che lo compongono non possono più stare insieme; b) per la
distruzione di un altro essere da cui il primo intrinsecamente
dipende, come la bellezza di un quadro, per la distruzione della
tela su cui è dipinto, l'anima del bruto, per la distruzione dei
corpo; c) per annichilazione.
Orbene, l'anima umana non può venir meno: perché: a) non ha
parti, è semplice e spirituale; b) è intrinsecamente
indipendente dal corpo, cioè spirituale; c) nessuna forza
naturale può annichilirla. In natura nulla si crea, nulla si
distrugge - ripetono gli scienziati da Lavoisier in poi. Creare,
cioè produrre dal nulla, e annichilire, cioè ridurre al nulla, è
opera di Dio solo. Dio dunque parlando in termini assoluti, potrebbe
annichilire l'anima (quel Dio che i negatori dell'immortalità non
ammettono); ma siamo certissimi che Dio non lo farà, perché Dio non
distrugge le leggi della natura che Egli stesso ha creato.
2) Argomento
teleologico.
L'uomo naturalmente desidera la felicità perfetta e quindi
l'immortalità. Dunque è naturalmente immortale.
a)
L'uomo desidera la felicità perfetta: appare evidente dal
costante suo modo di agire e dal testimone della coscienza.
b)
La desidera naturalmente. Questo desiderio, infatti, è
universale, costante e irresistibile in tutti gli uomini. Dunque la
causa da cui ha origine questo desiderio deve essere anch'essa
universale e costante per essere proporzionata all'effetto. Ma
nell'uomo di universale e costante vi ha solo la natura umana;
dunque questo desiderio ha origine nella stessa natura, è veramente
naturale. Egli, quindi, c) naturalmente desidera
l'immortalità, sia perché la felicità perfetta in questa vita non si
trova, sia perché la felicità perfetta deve escludere ogni male; ma
la morte, termine della felicità, è il massimo dei mali: dunque deve
essere esclusa dalla felicità perfetta che perciò non deve avere
fine. Dunque, d) l'anima che ha tale desiderio è immortale.
Perché se questo desiderio è naturale, l’anima deve avere la
capacità naturale di soddisfarlo. Così avviene in tutte le tendenze
naturali, sia nell'animale che nell'uomo, quanto alla sua vita
vegetativa e sensitiva; e in generale ciò si verifica in tutta la
natura, ove non c'è organo senza funzione, funzione senza oggetto
corrispondente. Tanto più questo deve valere per l'uomo, rispetto
alla sua parte più nobile, ai desideri della sua anima spirituale,
altrimenti l'uomo sarebbe nello stesso tempo il più perfetto e il
più infelice degli esseri.
3)
Argomento morale.
La
legge naturale esige una sanzione perfetta. Ma questa non c'è se
l'anima non è immortale. Dunque l'anima dell'uomo è immortale. Che
la legge naturale esiga una sanzione perfetta, è chiaro: un
legislatore che efficacemente voglia l'osservanza della legge, deve
stabilire una sanzione proporzionata contro i violatori di essa,
altrimenti si rende ridicolo con la sua legge che tutti potranno
impunemente violare. Orbene, Dio, supremo legislatore e
infinitamente sapiente e giusto, vuole l'osservanza della legge
naturale; dunque deve avere stabilito per essa una sanzione
proporzionata. Ma questa sanzione non si dà in questa vita; la
storia e l'esperienza ci mostrano troppo chiaramente come sulla
terra spesso trionfa il vizio ed è calpestata la virtù. Dunque si
deve dare nell'altra vita: dunque l'anima deve sopravvivere al corpo
per passare a questa nuova vita, la quale deve durare sempre. Se
infatti la vita futura avesse un termine, la sanzione non sarebbe
perfetta né proporzionata, perché non sarebbe sufficiente a
trattenere la volontà dell'uomo dalla colpa, né a rendere il premio
conveniente a chi è rimasto fedele.
4)
La voce dell'umanità.
Presso tutti i popoli, accanto al dogma della vita futura, troviamo
il culto delle tombe, culto commovente e pieno di insegnamenti per
chi sa interpretare gli atti pubblici dell'umanità religiosa. Il
costume di deporre presso i sepolcri gli oggetti più necessari alla
vita (cibi, vestiti, monete, armi), il libro dei morti (una specie
di guida dell'altro mondo per le anime dei trapassati), il saluto
rivolto al defunto al momento della sepoltura, stanno ad attestare
la credenza ferma in una vita futura, benché spesso intesa ancora
materialmente, credenza espressa talora in forme barbare, come
quando sulle tombe dei defunti si uccidevano le mogli e i servi
perché continuassero a prestare assistenza al marito e padrone.
Permanere animos arbitramur consensu nationum omnium (...)
Consensus omnium gentium lex naturae putanda est”.(Cicerone, Tusc.
I, 1).
3. Alcune obiezioni.
1. Un
essere finito non può essere infinito” (Strauss) e “ciò che esiste
nel tempo, quale essere finito, passa col tempo” (Biedermann).
Rispondiamo che certamente ne segue che l'anima non può avere
l'immortalità propria dell'essere che è infinito e fuori del tempo
(eterno nel senso proprio) cioè l'immortalità essenziale o assoluta
propria di Dio; ma noi parliamo dell'immortalità naturale che è
possibile all'essere finito e che solo impropriamente si dice
eternità.
2.
L'idea dell'immortalità dell'anima deriva da Socrate e da Platone.
In
realtà comincia da essi il tentativo di dare una dimostrazione
filosofica dell'immortalità, ma la convinzione della sopravvivenza
dell'anima rimonta alle origini del genere umano. “Anche gli uomini
dell'età della pietra manifestano, con la cura dei cadaveri,
l'innato istinto verso l'immortalità” (Schanz).
3.
L'anima, nelle sue operazioni dipende dal corpo; se sopravvivesse al
corpo non potrebbe operare, rimarrebbe in una completa inazione.
L'anima senza il corpo non può certamente né vegetare né sentire, ma
può esercitare la sua attività principale, cioè l’attività
spirituale (intendere e volere) per la quale solo estrinsecamente
dipende dal corpo finché ad esso è unita.
4.Teosofia e spiritismo.
Qualcuno potrebbe pensare di trovare in queste dottrine una conferma
della nostra affermazione. Lo spiritismo, infatti, ci mette in
comunicazione immediata con le anime dei trapassati; è segno che
essi non muoiono col corpo. La teosofia afferma che le anime
si reincarnano più e più volte (anche centinaia); dunque l'anima non
muore col corpo, ma almeno per un certo tempo sopravvive.
Rispondiamo:
a)
quanto allo spiritismo bisognerebbe innanzi tutto discernere quanto
vi sia di verità nei fenomeni spiritici e quanto di inganno, e
inoltre quanto abbia spiegazione nelle sole forze della natura e
quanto invece richieda forze estranee e superiori alla natura. In
tali casi si potrà e si dovrà ammettere l'intervento degli spiriti;
ma considerando il modo con cui si svolgono i fenomeni spiritici,
non è ammissibile la partecipazione degli spiriti buoni; è invece
manifesta la partecipazione dello spirito cattivo, del demonio, che
è padre della menzogna e la cui testimonianza è sempre sospetta,
quindi priva di valore. Per questi motivi la Chiesa proibisce la
partecipazione alle sedute spiritiche;
b)
riguardo alla metempsicosi affermata dai teosofi, osserviamo che
prima di tutto è un'affermazione gratuita, indimostrata e
indimostrabile; inoltre naturalmente ci ripugna il fatto che
dobbiamo scontare colpe commesse in un'altra vita e delle quali non
abbiamo alcuna conoscenza (e i primi uomini di chi scontavano le
colpe?); infine, la reincarnazione è filosoficamente impossibile non
solo nei casi in cui l'anima di un uomo si reincarnerebbe nel corpo
di un animale, dato che dei viventi essenzialmente diversi
richiedono anime essenzialmente diverse, ma anche nel caso della
reincarnazione in diversi corpi umani perché, come dimostra la
filosofia scolastica, l'anima umana, individuata dal proprio corpo,
potrà riunirsi ad esso nella risurrezione, ma non potrà mai
informare un altro corpo e divenire un altro individuo.
Bibliografia.
Zacchi, L'uomo, Vol. II, Roma, Ferrari; Fell,
L’immortalità dell'anima umana, Milano, Vita e Pensiero;
Trapani, Immortalità, Astesano, Chieri.
Per
lo spiritismo: Zacchi, Lo spiritismo e la sopravvivenza
dell'anima, Roma, Ferrari; Petazzi, Spiritismo moderno,Trieste;
Palmes, La Chiesa e lo spiritismo, Astesano, Chieri.
Per la teosofia: Busnelli, Teosofia, Roma, Civ. Catt.;
Fracassini, voce Metempsicosi, Enc. Italiana; Palmes, La
metempsicosi, Astesano, Chieri |