Sono Remo Lugli, l'autore del libro "Gustavo Rol - Una vita di prodigi", edizioni Mediterranee, 1995.

Tra qualche momento, qui, sentirete Rol illustrare la sua teoria dello "spirito intelligente".
La voce di Gustavo Rol incisa costituisce un evento piuttosto raro. Rol non aveva simpatia per i registratori, tutt'altro. Io, in occasione dei nostri incontri per le sedute, ne avevo sempre uno, che però tenevo non in vista, se non proprio nascosto, pronto per una qualche fortuita evenienza. Rol, colto, giovane, spesso decisamente allegro, era un parlatore affascinante. Se fosse stato possibile incidere liberamente nel corso delle nostre serate per poi fare una scelta dei testi, che libro si sarebbe potuto comporre!

A volte, con finta noncuranza, posavo il registratore sul tavolo, come per liberarmi dal suo ingombro, ma lui era subito pronto a sollevare un indice che dissentiva: "via quell'affare". E non si poteva barare, pena il pericolo di vederlo adirato e, peggio, di perdere la sua fiducia. Alla richiesta aperta di un'incisione ricorrevo in casi estremi, quando, come a volte accadeva, voleva distruggere, strappandoli in minuti pezzi o bruciandoli, i fogli con scritture dirette. "Permetti almeno che incidiamo il testo", imploravo. E lui, di solito, quello lo concedeva.

Tuttavia, confesso, mi è capitato di fare qualche registrazione clandestina, quando, ad esempio, incominciava a parlare e a colloquiare con uno "spirito intelligente" e quel colloquio, di cui noi sentivamo solo la sua parte, costituiva il preambolo di un esperimento con apporti. Io mettevo la mano in tasca e premevo l'interruttore. Ma il risultato era sempre scarso: una registrazione scadente se non incomprensibile.

Il 21 giugno 1973 Rol aveva spiegato che cos'era lo "spirito intelligente": la sua era stata una enunciazione chiara, estesa. "Peccato" gli avevo detto "che questa tua spiegazione non sia incisa: è un testo importante. Io, comunque, il registratore ce l'ho, se vuoi lo mettiamo in funzione e ricominci da capo". Aveva accettato.

Quando, ai primi di ottobre '94, dopo la morte di Rol, mi sono accinto a scrivere questo libro, ho messo mano ai miei appunti su di lui, fortunatamente numerosi, ed ho cercato anche le incisioni. Di queste non c'era nulla di utilizzabile. Tutte quelle clandestine, relative agli esperimenti, rivelavano una sonorità scialba o addirittura si sentivano soltanto sussurri indecifrabili, punteggiati qua e la da qualche parola chiara. Era come se i nastri avessero subito un processo di cancellazione mal riuscito. Una constatazione amara che mi aveva lasciato stupito. D'accordo, le registrazioni carpite non erano tecnicamente perfette, tuttavia le ricordavo, erano del tutto comprensibili. Avevo pensato che, con o senza un intervento misterioso di Rol, ero stato punito per la mia, chiamiamola, irregolarità, e diciamo pure per il mio comportamento subdolo. La cassetta con l'incisione autorizzata, ufficiale, non c'era proprio. Meno male che del testo avevo tenuto degli appunti scritti. Così, in sostanza, ho fatto il libro senza servirmi di alcuna registrazione.

Un mese dopo che avevo spedito il dattiloscritto alle "Mediterranee" e il volume era in corso di stampa, ho rimesso in ordine le cassette d'archivio e in posizione evidentissima c'era quella col testo inciso il 21 giugno '73. Fatto inspiegabile perché solo le mie mani hanno sempre toccato queste cose e io ero proprio sicuro che quando l'avevo a lungo cercata, quella cassetta non c'era. Ma così è.

A questo punto voglio aprire una parentesi e raccontare un'analoga avventura accaduta, durante la preparazione grafica, all'architetto che era stato incaricato di studiare il design della copertina. Aveva perduto la busta contenente la foto che io avevo fatto a Rol. L 'architetto l'aveva cercata per ore mettendo sossopra il suo studio. Molto preoccupato, imbarazzato per la figura che gli toccava fare, stava per telefonarmi e chiedermi di ristampargliene una copia, quando, tornato in ufficio appunto per la telefonata, ha trovato sul tavolo, unico oggetto in uno spazio vuoto, la busta con la foto di Rol. Come se qualcuno avesse voluto scherzare. A Gustavo gli scherzi piacevano.

Ecco, dunque, l'incisione di Gustavo Rol sullo "Spirito intelligente" .

"Ogni cosa ha il proprio spirito le cui caratteristiche stanno in rapporto alla funzione della cosa stessa. Quello dell'uomo però è uno "spirito intelligente" perché l'uomo sovrasta ed è in grado, per quanto lo riguarda, di regolare, se non di dominare, gli istinti che sospingono incessantemente tutto ciò che esiste e si forma. Questa prerogativa dell'uomo è sublime e tale la riconosce nel preciso istante che egli la percepisce. Ho definito "coscienza sublime" ogni impegno volto a raggiungere, sia pure attraverso la materia, dimensioni fuori della consuetudine. Ammesso che la genialità faccia ancor parte dell'istinto, i prodotti della genialità appartengono invece a quella libertà di creare che è prerogativa dello "spirito intelligente" dell'uomo, quindi ben oltre l'istinto stesso. Questa considerazione sarebbe sufficiente a comprendere l'esistenza dell'anima la quale si identifica poi in quell'armonia universale alla quale contribuisce e partecipa.

Quando mi venne chiesto di esprimere il mio pensiero a proposito della medianità e dello spirito non ho esitato a rispondere che ogni individuo possiede un certo potenziale di medianità. Sul significato di questa parola però ho posto delle riserve di ordine etico e biologico. Per quanto riguarda lo spiritismo, invece, mi trovai in perfetta collisione e collusione e ciò proprio a causa dello "spirito intelligente". Con l'arresto di ogni attività fisica - la morte del corpo - l'anima si libera ma non interrompe la propria attività. Lo "spirito intelligente", invece, rimane in essere e, forse, anche operante. Di questo ne ho le prove e ne ho fornite a conforto di tanta gente che non sapeva rassegnarsi alla perdita di persone care. Ho detto forse, perché in tale materia la prudenza è di rigore.

Il fatto di rimanere in essere si richiama al motivo e quindi alla funzione di ogni cosa esistente in perenne sollecitazione e travaglio, proprio come si addice al moto creativo che non saprebbe estinguersi e nel quale ogni cosa concorre armonicamente anche nelle mutazioni più varie, Dio essendo eterno ed inconsumabile nelle sue più prevedibili manifestazioni e sembianze.

Si fa gran caso dei miei esperimenti e li si vuole collocare tra i fenomeni dei quali si occupano tanto insigni studiosi di metapsichica e di parapsicologia. Si vorrebbe scoprire il meccanismo: che io fornissi alla scienza sufficienti elementi per vagliarli, classificarli e forse riprodurli senza la mia partecipazione. Delusi e convinti che non v'è manipolazione, si attende da me la rivelazione di formule, di procedimenti e di conoscenze che proprio non posseggo. Sono segreti, questi, che non è dato di tramandare appunto perché segreti non lo sono affatto. Si possono invece intuire, proprio come è successo a me e ad altri. Questa forma di rivelazione è profonda ed altissima, tale appunto da escludere, per la sua natura, qualsiasi speculazione metafisica.

È fatale che la quasi totalità delle prerogative umane, a livello però del solo istinto, convoglino il desiderio dell'uomo a considerare lo stato di necessità della propria esistenza; di qui la peculiarità degli intenti volti a favorire l'ambizione, l'orgoglio, la potenza e la crudeltà. È tacito: che una severa rinuncia a questi fattori negativi comporti se non la visione l'intuizione almeno di quelle alte sollecitazioni alle quali il pensiero si ispira per comprendere l'infinito e così vincere il terrore della morte. La vita terrena è troppo breve per creare e rinunciare poi subito a ciò che si è creato".

 

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