The Mahabharata", regia di Peter Brook  ( Search )

172 minuti circa, in inglese sottotitolato, 1990, versione cinematografica in Vhs o DVD.

"Il Mahabharata" è uno splendido film presentato fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia del 1989. E' la trasposizione cinematografica di un poema indù lungo quindici volte la Bibbia che abbraccia nove secoli di storia e che ha richiesto un lavoro di preparazione durato dodici anni. Moltissime le vicende, i personaggi, le azioni sceniche: alla base la convinzione che culture, religioni, civiltà diverse, abbiano radici comuni. Pur se differenti sono le risposte, le domande sul perché dell'esistenza, del destino, della contrapposizione tra bene e male, sono domande universali per l'uomo. (a cura di Claudio Martino)

Il Mahabharata-film è soltanto la tappa conclusiva del lavoro decennale di Peter Brook sul mastodontico te sto di oltre 120.000 versi (circa 15 volte la Bibbia, scritto in sanscrito 3.500 anni fa, che costituisce il punto di riferimento centrale della cultura e della religione indiana. All'origine, infatti, c'era stato uno spettacolo teatrale di 9 ore e quindi un video di 6 diretti dal regista inglese. Condensando ulteriormente l'enormità della materia nelle tre ore del film uscito nelle sale, con l'aiuto di Jean-Claude Carrière, Brook ha vinto ampiamente la difficile scommessa di tradurre in universalità narrativa la diversità culturale e la complessità, invero solo apparente, della sua affascinante fonte ispiratrice. Un lavoro titanico che è più compiutamente apprezzabile nella versione integrale di sei ore. Prima di ogni altra cosa il film è un racconto fantastico e avvincente, una fiaba popolata di eroi e divinità e scandita da amori, tradimenti, battaglie, che rapisce lo spettatore col suo ritmo avvolgente e l'inarrestabile flusso delle invenzioni figurative. Ma proprio questa straordinaria immediatezza comunicativa, cui contribuisce in larga parte l'eccellente cast cosmopolita (nel ruolo del guerriero Arjuna vi figura anche il nostro Vittorio Mezzogiorno), lascia filtrare quello che è forse il messaggio più significativo di questa emozionante avventura intellettuale: la possibilità, se solo si abbandonano pigrizie e pregiudizi, di entrare in sintonia con culture e mitologie apparentemente diverse e lontane. (a cura di Telepiù)

 

DA "LO YOGA DELLA BHAGAVAD GITA" DI SRI AUROBINDO:

Quando Dhritarashtra, il re cieco dei Kuru, divenne vecchio, decise di cedere il trono, non a suo figlio Duryodhana, ma a Yudhishthira, il figlio maggiore di Pandu, suo fratello minore. Duryodhana, uomo di cattive inclinazioni, non era degno di governare un dharmarajya (regno dove vigono i princìpi di diritto e giustizia, ideale dell'antica India), come invece lo era Yudhishthira, in cui s'incarnavano la virtù e la purezza. Ma Duryodhana, mediante la scaltrezza e il tradimento, s'impadronì del trono, cercando con tutti i mezzi di annientare Yudhishthira e i suoi quattro fratelli. Krishna, Dio incarnato, capo del clan Yadava, amico e parente dei Kuru, tentò di riconciliare le due parti. In nome dei cinque fratelli Pandava (figli di Pandu), reclamò solamente cinque villaggi: Duryodhana rifiutò brutalmente; senza battaglia, disse, non avrebbe dato terra, nemmeno quella che sarebbe potuta stare sulla punta di uno spillo. Divenne in tal modo inevitabile battersi in nome della giustizia e del diritto. Tutti i prìncipi dell'India si unirono all'una o all'altra delle due fazioni. Krishna, amico imparziale, offrì una scelta alle due parti: Duryodhana scelse per sé il potente esercito di Krishna, e Krishna, personalmente, entrò nel campo opposto - non come combattente, ma come auriga del carro di combattimento di Arjuna (uno dei cinque fratelli Pandava). Dei cinque fratelli Pandava, il maggiore, Yudhishthira, era il più puro e il più virtuoso, 'sattvico'; il minore Bhima, il più forte, 'rajasico', mentre Arjuna, il terzo dei fratelli, era un equilibrio di purezza e di forza, di sattva e rajas; per questo fu scelto dal Divino per essere il Suo principale strumento nella grande guerra che doveva determinare, nel mondo, un ciclo, yugantara, e per essere il discepolo a cui dare il divino messaggio per condurre l'umanità alla sua meta: l'immortalità sulla terra.