Del poeta del IV - III secolo a.C. ci forniscono
notizie contrastanti alcune usuali fonti come la Suida - che lo definisce tarantino - e
dei versi della poetessa sua contemporanea Nòsside, che per l'epitafio a lui
dedicato lo chiama siracusano (Antol. Pal. VII 414, op. cit.).
Fatti una bella risata mentre stai passando,
e dimmi una parola buona. Rintone di Siracusa fui,
piccolo usignolo delle Muse; eppure un'edera colsi
parodiando la tragedia, e fu tutta mia.
Salomonicamente degli studiosi - Lorentz, Sommerbrodt,
Volker, Susemihl, Christ Schmid, Wilamowitz - hanno delineato il fliacografo come nativo
della città aretusea, ma vissuto a Taranto.
Ciò mette da parte la testimonianza di una contemporanea del poeta a favore di fonti più
tarde, e non tiene conto dell'opera continuatrice di Rintone, che echeggia quelle dei
siciliani Epicarmo, Sofrone e Senarco.
Ma l'analisi dei frammenti, il dialetto usato per la loro stesura, fa ritenere che Rintone
abbia comunque vissuto a lungo a Taranto.
E' considerato Rintone il creatore della Ilarotragedia, denominata in seguito
fabula rhinthonica in omaggio alla sua inventiva.
Rintone creò il genere basandosi sulla farsa fliacica, che parodiava con l'uso dei
simboli fallici aspetti della vita del popolo o episodi mitologici.
Il poeta diede al genere una maggior eleganza e finezza letteraria: cosa non semplice
considerando lo scopo che si prefiggeva tal genere di farsa.
L'ispirazione mitica ebbe un suo primo campione in Epicarmo, come detto, gran maestro
della affine farsa megarese, ma Rintone trae spunti compositivi anche dalla tragedia, ed
in special modo da quella di Euripide.
Della produzione scenica di Rintone, che probabilmente
era formata da 38 drammi ilari, ci rimangono nove titoli (Dulomeleagro, Eracle,
Anfitrione, Ifigenia in Aulide, Ifigenia fra i Tauri, Medea, Meleagro schiavo, Oreste,
Telefo) e 28 frammenti, scritti tutti in dialetto dorico di Taranto.
Alcuni dei drammi buffi vestono di farsa, come detto, le tragedie di Euripide.
Ateneo ci fa appena leggere il nome di Rintone, perché
questi cita il pane in un suo lavoro:
"Quindi l'abbondanza è chiamata panìa, e le robe
che saziano pània, come dice Blaesus in Quasi sciupato, Deinoloco in Telephus, e Rintone
in Anfitrione. I Romani inoltre chiamano il pane panis". (111; c).
Valga come esempio la figura eroica di Ercole, che da
uomo che per merito delle sue capacità umane guadagna l'Olimpo, in tali farse veniva
canzonato per la sua troppo caricaturizzata ghiottoneria.
Le divinità olimpiche, rispettate comunque formalmente, specchiavano nei fatti i più
comuni atteggiamenti esteriori e le naturali forme di comportamento umani.
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