The BLUE BOOK

Dal 1947 ad oggi vari organi di informazione hanno segnalato, in varie ondate o "flaps", decine di migliaia di avvistamenti ed atterraggi dei misteriosi oggetti.

Negli USA l'Air Force ha studiato il fenomeno sin dal 1947, dapprima attraverso il "Project Sign" e il "Project Grudge" e, successivamente con il "Project Blue Book". E dal 1953, come indicano i verbali inizialmente segreti del Giurì o Commissione Robertson, nata dall'inquietudine del momento per le migliaia di segnalazioni registrate a quella data in America (Tutti scherzi ed allucinazioni collettive?), anche la CIA si inserì nella questione. Gli alti vertici stabilirono che le componenti psicologiche del fenomeno avrebbe costituito una "minaccia alla sicurezza dello Stato", comportando una "pericolosa perdita di fiducia nell'autorità costituita", cioè in loro stessi personalmente, con conseguente crisi di autorità. Da qui la decisione di ricorrere al "debunking", cioè al discredito sistematico, attraverso i mass-media di qualsiasi segnalazione, con ogni mezzo, compreso il ricatto e la violenza, per esigenze di ordine pubblico, anzi favorendo "segretamente" l'attività di gruppi di fanatici o burloni per poter poi smontare le loro tesi e gettare confusione in un settore già molto misterioso e pieno di fenomeni sporadici e irripetibili, per giungere infine, negli anni sessanta, alla Commissione Condon, presso l'università del Colorado e finanziata dall'USAF, varata per convincere l'opinione pubblica che non vi era nessuna "congiura del silenzio". Ma all'interno della commissione alcuni scienziati contestarono l'operato del direttore e redassero un esplosivo contro-rapporto dove ribadivano il fatto che la Commissione aveva, sin dall'inizio, il compito di giungere a una conclusione negativa.

Dei 12.000 casi analizzati, inizialmente ripresi dal database del <Project Blue Book>, tra quelli che la commissione riteneva di poter spiegare facilmente, 701 restarono senza risposta. Tuttavia la Commissione Condon pubblicò con grande enfasi sui mass media le conclusioni negative delle sue indagini (ed ignorando i casi inspiegati) e soffocò ai mass media il contro-rapporto che il Principal Investigator David Saunders aveva redatto.

Nel 1951 un'affermazione sensazionale fece il giro del mondo, lanciata da un dirigente della radio di Pueblo, Joseph Rohrer. In condizioni normali, scrisse il maggiore a riposo dei Marines Donald E. Keyhoe, allora direttore del National Investigation Committee on Aerial Phenomena (NICAP) di Washington nel suo libro "Fling Saucer from outer Space", si sarebbe riso di tale storia. Ma Rohrer era un cittadino stimato, presidente della Pike's Peak Broadcasting Company, ed egli insisteva nel dichiarare che ciò che diceva era vero. La sua dichiarazione, fatta in un discorso tenuto in una Camera di Commercio, occupò il posto d'onore del quotidiano di Pueblo, "Chieftan", fu riportata e diffusa da altri giornali ed emittenti radio della rete occidentale degli USA.

Secondo le affermazioni di Rohrer, sette "dischi volanti" erano caduti nelle mani del governo USA. Tre di essi sarebbero stati fatti atterrare nello stato del Montana. La cosa più singolare era che un componente dell'equipaggio di un disco - un essere umanoide alto poco meno di un metro - sarebbe sopravvissuto all'impatto del proprio apparecchio. Per due anni, prosegue Keyhoe, egli sarebbe stato mantenuto in vita in un ambiente tipo incubatrice in un luogo isolato della California. A tutta prima ogni tentativo di comunicare con lui era fallito. Ma a poco a poco egli era stato istruito per mezzo di immagini e dei linguisti gli avevano ormai insegnato a leggere e a scrivere in inglese.

Secondo la descrizione di Rohrer, le macchine extraterrestri consistevano in dischi giganti rotanti con cabine immobili al centro. "Sono stato dentro un disco", egli disse alle persone riunite nella Camera di Commercio. "Aveva un diametro di oltre trenta metri e uno spessore di più di cinque. Il disco comprendeva cinque sezioni e per dormire l'equipaggio aveva dei tubi con cappucci alle estremità".

Egli aggiunse che l'aria delle cabine era pressurizzata e consisteva per il 30% di ossigeno e il restante 70% di elio. "La miscela di elio ed ossigeno, in altra proporzione, é quella che ora viene considerata nei progetti di navigazione degli spazi siderali", commentò D. Keyhoe.

 

 

Come mezzo di propulsione i dischi usavano delle turbine elettrostatiche e dei campi magnetici, generati dagli anelli rotanti, imprimevano ad essi delle velocità spaventose. La variazione dei campi relative alle diverse velocità spiegava i cambiamenti di colore spesso osservati nella luce emessa dai dischi. Per via dei loro voltaggi altissimi - diceva Rohrer - i dischi avevano solitamente evitato di avvicinarsi troppo a città o aerei in volo. Ma in un caso, essendosi un disco portato a bassa quota in un distretto della città di Seattle dei fusibili saltarono e delle attrezzature elettriche si bruciarono.