TUNGUSKA

Il 30 giugno 1908 alle ore 00:17 la tundra siberiana fu sconvolta da un'esplosione i cui effetti furono visibili per decenni. Fu la più grave catastrofe abbattutasi sul pianeta sino al 6 agosto 1944, quando su Hiroshima si scatenò l'inferno nucleare.

Ancora oggi nessuno può dire con precisione cosa realmente accadde 90 anni orsono sulla Tunguska: dopo varie spedizioni, decenni di ricerche approfondite e nonostante siano state avanzate diverse ipotesi più o meno valide, le cause della gigantesca esplosione rimangono ignote.

Solo su un elemento sono d'accordo gli studiosi: qualcosa proveniente dallo spazio esterno esplose a non grande altezza dal suolo, circa sei o sette chilometri., provocando una distruzione pari a quella di un ordigno atomico da 30 megatoni (molto più potente della bomba di Hiroshima!).

Presso le sponde del fiume Podkamennaya (Pietrosa Tunguska) la "cosa" dallo spazio precipitò verso il suolo, devastando un'area di 2000 chilometri quadrati, sradicando e disintegrando con inaudita potenza alberi secolari, abitazioni e qualunque cosa rientrava nel suo raggio d'azione. L'esplosione, squarciando il cielo, liberò un vento infuocato e radioattivo che inaridì il terreno, sollevò colonne d'acqua dal fiume e fiamme visibili dalla città di Kirensk, a 400 chilometri da Tunguska. Nuvole nere e spesse si alzarono per 20 chilometri sopra il fiume e polvere e detriti vennero risucchiati dall'esplosione, i cui boati furono avvertiti per un raggio di oltre 80 chilometri. Mentre gli alberi venivano istantaneamente ridotti a tizzoni ardenti e "rasati" fino a divenire simili a enormi fiammiferi bruciati, mandrie di renne furono scaraventate a chilometri di distanza e i loro corpi smembrati. La terra tremò, sottoposta a un'onda d'urto di inaudita potenza. I pochi abitanti della regione tungusa, in balia della tempesta, furono proiettati in aria facendo appena in tempo a vedere le loro abitazioni sventrarsi e furono sottoposti a una scarica radioattiva che li segnò inesorabilmente. Ogni forma di vita fu cancellata dall'alito di fuoco, e se la regione fosse stata più popolata la morte non avrebbe risparmiato alcun essere umano. Fu insomma una fortuna che, di qualunque cosa si sia trattato, essa sia precipitata lontano dai centri abitati.

L'energia scaturita illuminò a giorno, per ben due notti, gran parte dell'emisfero boreale, generando aurore di un colore rosso ardente che permise ai londinesi di leggere nottetempo la scrittura più fine dei giornali senza l'utilizzo di candele. Dopo qualche giorno dalla catastrofe, i giornali siberiani pubblicarono i primi resoconti dei testimoni oculari, pur non essendo ancora nota l'entità del disastro - tant'è che si dovrà attendere il 1921 per vedere organizzata una prima spedizione sul territorio - ma le dichiarazioni dei testimoni furono impressionanti. I quotidiani "Krasnoyarets" e il "Sibir" riportarono la descrizione di un enorme oggetto oblungo ed infuocato che fu visto solcare il cielo poco prima dell'esplosione. Qualcosa iniziò a trapelare, ma l'inverno rigido e una serie di problemi politici impedirono qualunque iniziativa atta a chiarire le cause dell'evento.

I primi rapporti dall'Europa occidentale a Londra cominciarono cinque ore dopo il disastro, quando 3 stazioni meteorologiche della città, Westmister, Shepherd Bush e South Kensington, registrarono coi loro microbarografi delle onde sismiche di notevole intensità. Medesime rilevazioni fecero altri centri inglesi come Cambridge, Leighton e Petersfield. Le onde sismiche durarono oltre 2 minuti e interessarono l'intero globo terrestre, ma a Londra passarono in secondo piano rispetto alle manifestazioni cui quella mattina avrebbero dovuto presenziare i sovrani. Venne quindi redatta una scarna annotazione dell'onda sismica, poi registrata e catalogata col numero 1536 nell'elenco dei movimenti tellurici di quell'anno. Le aurore boreali generate dall'esplosione, oltre che in Inghilterra, vennero osservate anche in Germania, in Belgio e naturalmente in Russia, dove uno studente di Kazan scattò in piena notte ottime foto delle strade cittadine che avrebbero dovuto essere al buio. Le foto furono poi pubblicate dalla rivista sovietica "Meteorika".

I primi rapporti redatti dai quotidiani europei furono quelli del "The Times" di venerdì 3 e sabato 4 luglio 1908 che, relegati a brevi trafiletti, ragionavano sulle possibili cause degli insoliti bagliori, imputandole a rarissime condizioni atmosferiche. Se ne occupò successivamente anche il "New York Times", ma nessuno studioso intuì il collegamento tra i fenomeni sismici e le aurore che in quei giorni interessarono il Nordeuropa.

Questo avvenne solo nel 1930 quando il metereologo inglese C.J.P. collegò i fenomeni sismici, le aurore e l'esplosione sulla Tunguska. Egli notò infatti una coincidenza delle date e con il dott. Whipple, sovrintendente del Kew Observatory, constatò che la zona della Tunguska era posta geograficamente in linea retta rispetto ai laboratori metereologici che registrarono le onde sismiche.

Il merito di aver cercato di far luce su Tunguska spetta comunque a Leonid Kulik, che dedicò tutta la vita a questo evento, del museo di petrologia di Pietroburgo. Kulik cercò già dal 1921 di ottenere i fondi per una prima spedizione nella taiga siberiana, ma ottenne solo una somma che gli permise di preparare una certa quantità di materiali documentali. Tentò quindi di richiamare l'attenzione dell'Accademia delle Scienze russa sui fatti siberiani, ma la risposta dell'estabilishment scientifico fu praticamente nulla.

Dovranno passare 6 anni prima che Kulik riesca a convincere l'Accademia a finanziare una spedizione, grazie anche all'intervento di altri ricercatori coinvolti nelle indagini. In particolare, in una relazione presentata dal prof. Popolev, del museo "Krasnoyarsk di Kansk", venne citata la testimonianza oculare di un pastore evenki (il ceppo razziale della regione tungusa) di nome Ilya Potapovich, il quale raccontò quello che aveva visto, la distruzione che ne era seguita e la voragine che si era aperta in mezzo alla foresta. Lo stesso Potapovich, principale testimone dell'evento Tunguska, avrebbe poi fatto parte come guida della spedizione di Leonid Kulik.

Stimolati da Kulik (che aveva presentato una relazione sull'origine meteorica del fenomeno) e dai molteplici resoconti, i dirigenti dell'accademia si convinsero a finanziare una nuova spedizione nel 1927. Questa iniziò con buoni auspici, grazie anche a nuove informazioni in merito alla localizzazione del punto di impatto, che confermavano la storia di Potapovich e alla significativa testimonianza di un certo Semenov: "Vidi una palla di fuoco coprire il cielo e subito dopo tutto si scurì. Avvertii un'esplosione tremenda che mi scaraventò a qualche metro dal mio portico. Persi i sensi e quando rinvenni udii un fragore che scuoteva l'intera casa. Tutto andò in frantumi e nel terreno si aprì una voragine spaventosa". Kulik giunse sulla zona dell'evento il 13 aprile 1927.

Si può immaginare l'espressione del viso di Kulik quando vide per la prima volta il paesaggio di Tunguska. Lo scenario era da incubo, il risultato di una potenza distruttiva che l'uomo a quel tempo non poteva neanche immaginare. Nel suo diario scrisse: "Dalla nostra postazione non si scorge traccia di foresta, poiché tutto è stato devastato e arso. E' una sensazione sgradevole vedere alberi giganteschi e robusti, spezzati come fuscelli, le cime troncate e proiettate a decine di metri di distanza."

Ma l'epicentro dell'esplosione, quello che Kulik avrebbe chiamato "il grande Calderone dell'Inferno", sarebbe stato raggiunto solo il 30 maggio. Scriverà nel suo resoconto: "Il Calderone è completamente devastato. Tutta la preesistente vegetazione, compresa quella delle montagne attorno, per un'estensione di parecchi chilometri, mostra tracce evidenti ed uniformi di bruciature, piuttosto che di una conflagrazione".

Le sue escursioni nella zona gli permisero di constatare che la distesa di alberi sradicati era dislocata in modo strano, in modo radiale, come se vi fosse stato un centro energetico che si era espanso verso l'esterno. Kulik riscontrò ancora un fatto anomalo: i moncherini degli alberi al centro del "Calderone" erano ancora ben saldi nel terreno e le cime mangiate dal calore, simili ad obelischi piantati a testimonianza di una forza immane. Questa particolare conformazione convinse Kulik che soltanto una deflagrazione a bassa quota, ma non a contatto con il suolo, avrebbe potuto generare degli effetti distruttivi così anomali. Ecco perché per lui l'elemento scatenante del disastro avrebbe dovuto essere un meteorite..

In realtà però non furono mai trovate tracce di meteorite al suolo e gli stessi crateri della zona risultarono essere avvallamenti naturali del terreno. Kulik fece ritorno con una serie di dati fondamentali, ma senza la risposta su cosa avesse causato il disastro.

I risultati della spedizione, presentati all'Accademia delle Scienze, suscitarono l'interesse dell'ambiente scientifico, cos' a Kulik vennero affidate altre spedizioni, dal 1928 al 1939 alla ricerca di un possibile cratere ma, nonostante le ulteriori ricerche condotte con esperti in meteoriti ed eminenti scienziati, nessun cratere fu mai trovato a tutt'oggi, che con le moderne apparecchiature aerofotografiche si continua ad indagare sull'evento di Tunguska.

Il destino di Kulik fu tragico, egli morì nel 1942 in un lager nazista. Tre anni dopo la sua morte, il 6 agosto 1945 si comprenderà quale tremenda energia doveva essersi scatenata a Tunguska, quando il bombardiere USA "Enola Gay" sgancerà su Hiroshima una potenza distruttiva simile a quella che ha agito a Tunguska: gli effetti visibili sulle cose e sulle persone si riveleranno gli stessi. Le aurore generate dall'esplosione, la distruzione radiale, i corpi consumati dalle radiazioni furono analogie che non sfuggirono agli studiosi del dopoguerra: Tunguska, come Hiroshima e Nagasaki, era stata soggetto di un olocausto nucleare.

Alexander N. Kazantsev, ingegnere sovietico, nel 1946 avanzò l'ipotesi che la distruzione di Tunguska fosse stata causata da una astronave extraterrestre. La risposta che proponeva, abbattendo tutti gli schemi precedenti e con un coraggio notevole per un accademico, era che il "mostro" di Tunguska non fosse un meteorite, ma un oggetto artificiale, creato da un'intelligenza esterna al nostro pianeta, propulso da un'energia nucleare. Nel 1959 il prof. Felix Zhigel, esperto di aerodinamica all'istituto di Aviazione moscovita, confermò l'ipotesi nucleare dichiarando: "Ad oggi la soluzione proposta da Kazantsev è la più realistica, dal momento che risponde benissimo a tutti gli interrogativi del problema", non spingendo oltre i suoi giudizi circa la provenienza extraterrestre del corpo precipitato su Tunguska. Nel 1975 lo stesso Zhigel, divenuto istruttore dei cosmonauti russi, dichiarò alla rivista "Natural Enquirer": "Non vi sono dubbi, esaminate centinaia di testimonianze di vario genere e considerate le migliaia di resoconti di testimoni attendibili, che alcune sonde spaziali od ordigni volanti abbiano perlustrato l'Unione Sovietica". Zhigel appurò inoltre che l'oggetto effettuò una serie di manovre, mutando rotta più volte durante la sua discesa, dapprima in direzione sud-sud-est verso nord-nord-ovest, dirigendosi poi verso sud-est e quindi nord-ovest, descrivendo un arco di 600 chilometri. Questo fa pensare necessariamente ad un veicolo volante sotto una guida intelligente".

L'ipotesi di Kazantsev venne ulteriormente rinforzata da un progettista di velivoli, A.Y. Manotskov. Attraverso la ricostruzione dei movimenti dell'oggetto, realizzò dei grafici accurati della dinamica dell'evento e li sottopose a Boris Laipunov, un esperto di missilistica e razzi. I due giunsero a dichiarare che l'oggetto si mosse nell'atmosfera con una velocità di circa 2.500 Km/h, quindi troppo lentamente per essere un meteorite. Kazantsev aggiunse che se di meteorite si fosse trattato, considerati la sua esigua velocità ed il tipo di distruzione provocata, avrebbe dovuto essere tanto grande da oscurare il cielo, cosa che non fu mai dichiarata dai testimoni. Per quanto possa apparire incredibile, la schiera di scienziati che si esprimeva positivamente circa l'origine aliena ed artificiale del fenomeno di Tunguska andava sempre più aumentando, conferendo all'idea inizialmente azzardata una solida validità scientifica.

Il dott. Aleksei Zolotov, altro scienziato che si recò in Siberia, attribuì la forma ovoidale all'area distrutta all'esplosione di un materiale dall'alto potere distruttivo, probabilmente contenuto in u involucro che secondo le testimonianze aveva il corpo a forma di cilindro allungato restringentesi ad una estremità.

Nel 1975 Zolov arricchì la sua teoria affermando che l'esplosione non fu casuale. Era, al contrario, un segnale di avviso mandatoci da un'altra progredita civiltà extraterrestre, desiderosa di comunicarci la sua esistenza. La zona della Siberia, secondo lo scienziato sovietico, venne scelta per evitare inutili massacri.



Nel 1970 Vladimir V. Rubtsov sviluppò la teoria del "modello battaglia". A suo avviso nel 1908 su Tunguska ci fu una battaglia aerea tra due o più velivoli alieni, uno dei quali ebbe la peggio e precipitò senza scampo nella taiga.

Lo stesso Rubtsov non scartò l'ipotesi che l'evento Tunguska fosse stato generato da un'avaria o una caduta accidentale di un velivolo venuto dal Cosmo. Calcolò che le probabilità che un artefatto extraterrestre venga catturato dalla forza di gravità per precipitare al suolo non è affatto trascurabile e che un certo numero di oggetti definiti "pseudometeoriti" potrebbero rientrare in questa categoria. I bolidi multicolori che in molti casi vengono avvistati, potrebbero essere di origine artificiale in quanto la "multicromia" non è tipica dei meteoriti che sono chimicamente omogenei, mentre è tipica degli oggetti artificiali eterogenei.

Anni di ricerche non hanno aggiunto ulteriori elementi a questo quadro, nessun materiale meteorico è mai stato ritrovato, mentre molti elementi anomali hanno richiamato l'attenzione sull'origine e sulla natura dell'intruso cosmico.

La teoria extraterrestre trova conferma nelle analisi dei campioni ed in alcuni frammenti metallici.

Le analisi su alcuni campioni di terreno e cortecce di alberi hanno evidenziato che la polvere meteorica non è presente in quantità superiore rispetto alla media, mentre il suolo è arricchito di terre rare come l'itterbio e presenta tracce di cobalto, titanio ed altri elementi. Inoltre il ritrovamento di un frammento anomalo lungo la traiettoria attraversata dall'oggetto, nella zona del fiume Vashka, a nord della Russia, ha rafforzato l'ipotesi della nave extraterrestre, spiazzando gli studiosi dell'ipotesi meteorica. Il frammento, dall'aspetto metallico brillante, rinvenuto da alcuni operai nel letto del fiume, produceva scintille se sfregato con forza. Le analisi del frammento sono risultate di importanza notevole per accreditare l'ipotesi della caduta di una nave extraterrestre. Valentin Fomenko, dottore in Scienze Tecnologiche e membro della Commissione sui Fenomeni Anomali, autore delle analisi sul frammento, ha affermato: "Il frammento in esame risulta essere composto da un insieme di elementi rari. Il suo contenuto percentuale di elementi è: 67.2% di cerio, 9% di neodimio, 10.9% di lantano e solo lo 0.04% di uranio e molibdeno. Possiede una trascurabile quantità di ferro e magnesio. Considerando che in natura è praticamente impossibile trovare tali elementi in queste così elevate percentuali, per di più aggregati in una struttura dall'aspetto troppo regolare, siamo giunti alla conclusione che deve trattarsi di un oggetto la cui origine è artificiale ma non terrestre. Sul nostro pianeta questi elementi sono riscontrabili in forma molto dispersa, allo stato naturale, e non presentano le stesse caratteristiche. Ciò che ci imbarazza è l'assoluta mancanza di ossigeno. L'ossigeno ossida tutti gli elementi terrestri, ma qui non vi è traccia di ossigeno, né di ossidazione. Inoltre qualsiasi fusione di elementi rari ottenuta da uomini sulla terra, mostra tracce di Calcio e Sodio, ma nel frammento non c'è traccia di questi elementi.

Non è la sola composizione ad essere anomala. Fomenko ha analizzato la stessa struttura atomica del campione. "La miscela di polveri, grandi e piccole, possiede una struttura cristallina diversa dal normale. Le particelle più piccole hanno una struttura composta da poche centinaia di atomi e ciò è sorprendente. Al momento attuale sappiamo come generare queste caratteristiche solo teoricamente, attraverso compressione a bassa temperatura a decine di migliaia di atmosfere".

Questo frammento, al di là della sua importanza scientifica, confermerebbe l'esistenza di una tecnologia avanzata extraterrestre sul nostro pianeta.

L'ipotesi meteorica e quella extraterrestre non sono le uniche ipotesi avanzate per spiegare l'evento di Tunguska. Si è parlato dell'impatto di un piccolo buco nero con il nostro pianeta, a causa della mancanza di qualsiasi traccia dell'impatto. Oppure dell'ipotesi che vorrebbe l'incontro di un piccolo nucleo di antimateria con la materia terrestre. Questa ipotesi è stata spesso collegata alla teoria extraterrestre, in quanto si è ragionato sulla possibilità che l'astronave potesse essere mossa da un motore ad antimateria (oggi effettivamente teorizzata).

Nonostante le disparate ipotesi sulle cause dell'evento di Tunguska, la sola ad aver avuto sostanziali conferme è l'ipotesi extraterrestre, parallelamente al diminuire d'importanza delle ipotesi tradizionali. "La complessità dell'evento Tunguska supera di gran lunga i limiti dei modelli più semplici proposti a livello di scienza popolare e perfino nella letteratura scientifica. I risultati ottenuti privilegiano invece l'ipotesi della natura artificiale del bolide ed evidenziano il carattere non convenzionale della sua esplosione".