Il 28 gennaio 1975, nel primo pomeriggio, lo svizzero Eduard Billy Meyer, ex
gendarme ed agricoltore, lascia la propria casa colonica a bordo di un
ciclomotore portando con sé la macchina fotografica e si dirige verso una meta
per lui ancora ignota.
Alle 14:00 Meyer giunge nella riserva boschiva di Hinwill quando avverte uno
strano ronzio riempire l'aria. Alzato lo sguardo verso il cielo, la sua
attenzione viene attratta da un disco, apparentemente metallico, che evoluisce
nell'aria, lentamente, e comincia a scendere di quota. Ne vede perfettamente la
struttura, una inferiore ed una superiore, divisa da una fila di rettangoli
rossi, orientati verso l'alto, che circondano l'intero scafo. Meyer prende la
macchina fotografica e scatta tre foto in rapida successione. Per circa sei
minuti ogni cosa attorno a lui, compreso il disco nell'aria, sembra subire un
effetto tipo "fata Morgana", per cui i contorni dei corpi appaiono sfocati e
tremolanti. Poi, dopo aver sfrecciato avanti e indietro ad incredibile velocità,
in una frazione di secondo l'UFO scompare e il paesaggio riprende la sua
dimensione visibile normale. Annunciato dall'inquieto abbaiare dei cani, dagli
striduli versi dei corvi e da quel persistente ronzio, alle 14:32 l'oggetto
riappare sbucando dalle nuvole, ondeggiando sempre più in basso, ed atterra
silenziosamente a circa 180 metri dallo svizzero emanando un forte campo
energetico che oppone come una forza "frenante" sull'uomo, il quale cade a terra
sfinito. Dopo un minuto, dall'oggetto discoidale poggiato al suolo esce una
figura umana, di media statura e di aspetto attraente. Una donna di corporatura
esile, dai lunghi capelli che le ornano il viso, abbigliata con un vestito
grigio aderente che termina con un supporto per un casco all'altezza del collo,
avanza verso di lui e gli porge una mano per aiutarlo a sollevarsi da terra e
gli si rivolge in perfetta lingua tedesca: "Tu sei un uomo coraggioso, ti
abbiamo studiato per molti anni".
Semjase, così si presenta, è una pleiadiana scesa sulla terra per affidare a
lui, Eduard Billy Meyer, intelligente e di buoni sentimenti, il seguente
messaggio, destinato a tutta l'umanità:
"Sopra ogni cosa si erge quell'Ente che governa la vita e la morte di ogni
essere. E' il Creato che ha fissato le proprie leggi invariabili ed eterne su
ogni cosa. L'uomo è in grado di riconoscerle nella natura, se si impegna; esse
rappresenteranno per lui il corso della vita e la via della grandezza
spirituale, lo scopo della propria esistenza. Tuttavia l'uomo, succube delle
proprie religioni, ed al tempo stesso di un falso insegnamento, altro non fa che
umiliare il suo spirito, sempre di più avvicinandosi ad un abisso senza fine".
Durante questo primo incontro la bellissima pleiadiana avrebbe rivelato la
continua presenza di entità extraterrestri interagenti con l'umanità sin da
tempi antichissimi, elevandosi a Dei per esercitare potere sugli uomini. Semjase
termina questo suo discorso incitando l'uomo a dedicarsi con sempre maggiore
impegno alla ricerca e allo studio del Creato, vivendo in perfetta armonia della
natura, al fine di evitare il collasso dell'intero pianeta Terra. La misteriosa
fanciulla dichiara di essere portavoce dell'impegno della sua civiltà a
collaborare per il bene universale, il progresso scientifico e per il
raggiungimento della verità. Successivamente, secondo quanto da lui dichiarato,
fu protagonista di numerosi altri contatti con i pleiadiani, i quali lo fecero
loro messaggero, e per dargli credibilità fra gli uomini, gli permisero di
fotografare e filmare dozzine di volte le loro navi spaziali, gli fornirono
materiale roccioso di altri pianeti e metallo tratto dai loro velivoli e gli
permisero di portare con sé dei testimoni che poterono assistere ai loro
incontri.
Malgrado queste prove la reazione della gente fu improntata al netto
scetticismo. La narrazione dello svizzero sembrava troppo un miscuglio tra
fantascienza e i tipici messaggi di "setta". Inoltre le foto erano troppo belle
per essere vere.
Eduard Billy Meyer si isolò allora dai contatti col pubblico, circondandosi solo
di coloro che lo accettavano senza mezzi termini, e se ciò è umanamente
comprensibile, contribuì senza dubbio a metterlo in luce come "guru" di una
setta.
Nell'ottobre '77 Meyer, poco dopo il suo ottantanovesimo contatto con i
pleiadiani, si incontrò a Zurigo con il colonnello Wendelle Stevens, che nel
1948 era stato nominato responsabile di un programma di ricerca USAF in Alaska.
Stevens riceveva i rapporti UFO dai piloti, rendendosi conto che essi venivano
sistematicamente archiviati altrove, ed insabbiati. Cosa si celava dietro questa
procedura? Da allora Stevens cominciò un suo archivio personale e nel 1976
comprendeva olter 700 testi in materia ed oltre 5000 foto di UFO provenienti da
diversi continenti: il più grande archivio ufologico privato del mondo.
Quando il colonnello Stevens ebbe modo di osservare le foto di Meyer, l'ex
colonnello ebbe una reazione di sorpresa: non esisteva nulla di paragonabile nel
suo archivio, nulla che si avvicinasse qualitativamente a quelle immagini. Le
foto di Meyer si prestavano bene all'analisi: erano state tutte realizzate in
luce diurna e mostravano distinatamente i dischi argentei su uno sfondo
panoramico dato da alberi, montagne, prati; erano quindi ricche di punti di
riferimento per individuare la genuinità e la posizione degli oggetti. Una foto
mostrava addirittura una "nave a raggio" nei diversi momenti del suo volo
attorno ad un abete, dove una forza misteriosa emanante dalla nave piegava
lievemente i rami sommitali dell'albero. Per realizzare un fotomontaggio del
genere sarebbe occorsa una somma non indifferente e delle attrezzature che
all'epoca solo grandi centri con grosse risorse tecniche avrebbero potuto
realizzare, del tutto al di fuori della portata di un contadino che viveva con
700 franchi al mese. Per dissipare i dubbi legittimi, Stevens decise di recarsi
in Svizzera nel 1977 per studiare quello che sarebbe diventato "il caso Meyer".
Con l'aiuto di Meyer, Stevens ricostruisce tutta la vicenda: i luoghi degli
incontri, le postazioni per le foto, i dialoghi con l'anziano pleiadiano Ptaah e
con l'affascinante creatura femminile Asket, proveniente dall'universo Dal, la
promessa degli extraterrestri di ritornare 11 anni dopo, le sue esperienze con
Semjase, i voli spaziali sugli UFO, la sua filosofia, che Meyer definiva
"insegnamento dello spirito". Nei successivi incontri con Stevens, nel 1978,
Meyer si sottopose e superò i test al "lie detector" e i suoi materiali furono
affidate all'analisi del fisico Neil Davis, dirigente del "Design Tecnology",
specializzato in analisi ottiche che concluse:
"Dai risultati delle analisi effettuate è lecito ritenere che gli oggetti un
questione non possono essere che corpi di grosse dimensioni posti ad una certa
distanza dalla fotocamera".
Quattro fotografie furono inoltre sottoposte, in presenza dello stesso Stevens,
all'esame del Dr. Robert Nathan del Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA,
a Pasadena in California usando le attrezzature impiegate per analizzare le
immagini inviate dalle sonde spaziali della NASA, arrivando alla conclusione
della assoluta autenticità delle foto. Anche l'astronomo Michael Manin,
specializzato in analisi ottiche e progettista della fotocamera della sonda "Mars
Observer", rimase sbalordito per l'assenza di indizi di falsificazione, analisi
effettuate mediante computer all'avanguardia:
"...Per quanto mi è stato possibile vedere, posso dire che non siamo in presenza
di un trucco fotografivo... Ritengo pertanto che le fotografie in questione sono
autentiche... Alla storia del contadino che entra a tu per tu in contatto con
una dozzina di extraterrestri, e dai quali riceve periodicamente visite non
posso assolutamente credere, ma queste immagini sono più che attendibili. Esse
rappresentano una indiscutibile prova dell'esistenza di qualcosa di concreto,
sulla cui natura non sono in grado di pronunciarmi".
Quasi contemporaneamente varie organizzazioni pseudo-ufologiche cercarono di
dimostrare la falsità delle foto, per esempio riproducendo le scene di Meyer
mediante l'uso di modellini, ma queste venivano sistematicamente riconosciute
come false all'analisi, avvalorando ulteriormente quelle di Meyer, invece di
screditarle.
Uno dei testimoni, il sig. Shutzbach, aveva registrato su nastro magnetico il
ronzìo della nave a raggio, nastro che fu analizzato in vari modi con
apparecchiature sofisticate presso il laboratorio sottomarino della US Navy a
Groton. Si scoprì che il ronzìo era generato da tre diverse fonti e le frequenze
risultanti nello spettro acustico era compresa tra i 320 e i 980 Hertz;
"la fonte principale del ronzio è una macchina di natura elettromagnetica che
rotea all'interno di campi elettromagnetici multipli al ritmo di 250 rivoluzioni
al minuto. Il ronzìo, nello spettro del percettibile, è dato da un gruppo di
armonie forti in diretto rapporto con la rotazione della macchina. In questo
contesto, la rotazione della macchina rimane stabile... Inoltre il moto
rotatorio della macchina genera una vibrazione che a sua volta determina una
ulteriore amplificazione delle armoniche più elevate".
Da una ulteriore analisi eseguita da Jim Dilettoso, tale ronzìo risulta essere
prodotto da un concentrato di 32 frequenze simultanee, 24 delle quali
rientravano nello spettro acustico percettibile.
"Tutto ciò è alquanto difficile da duplicare - spiegò Dilettoso - il suono
attribuito alla nave spaziale è indubbiamente una registrazione fuori del
comune, data da una sorprendente gamma di frequenze".
Ma la prova più straordinaria furono quattro piccoli frammenti metallici che lo
svizzero consegnò a Stevens il 5 aprile 1978, asserendo che essi rappresentavano
"tre dei sette componenti di cui le navi a raggio sono costituite". Uno dei
campioni metallici, composto da sferette di color grigio era in fase di
autodissoluzione, fenomeno che Meyer attribuì alle condizioni atmosferiche
tipiche della Terra. I campioni vennero analizzati dal prof. Walter Walker,
dell'università dell'Arizona il quale scoprì che delle analoghe sferette grigie
erano anche all'interno del secondo reperto, incastonate in una massa metallica
solida. Quando egli ne staccò un frammento per analizzarlo al microscopio
fuoriuscì del gas che frantumò il vetrino sul quale era stato riposto. Un altro
frammento si presentava alquanto ossidato e quando si tentò di rimuoverne lo
strato con un raschietto d'acciaio, apparvero delle striature rosse nel metallo.
I campioni risultarono essere composti di varie leghe d'argento; uno risultò
essere una lega estremamente complessa data da argento, alluminio, potassio,
calcio, cromo, ferro, zolfo e silicio, con una notevole quantità di tulio
(metallo rarissimo di valore superiore al platino), tutti contraddistinti da un
elevatissimo grado di purezza. In un piccolo solco del campione, ingrandito 500
volte, furono trovati altri due micro-solchi, paralleli tra loro e uniti da
sottilissimi canali che sembrarono artificialmente inseriti nel metallo.
Il "ricognitore venusiano" di George Adamsky