INDICE DEL GLOSSARIO

Antimateria
Atomo
Boltzman
Bosone
Composti Mercurosi
Fermione
Pauli, principio di esclusione
Spazio - Tempo
Statistica di Bose - Einstein
Statistica di Fermi - Dirac

Tavola di Mendeleev

ANTIMATERIA

(comp. del gr. ***, contro, e del lat. materia, materia), stato della materia costituito da positroni, antiprotoni e antineutroni non ancora rinvenuto in natura in quantità ponderabili, ma sulla cui possibile esistenza non ci sono dubbi. Come la materia è costituita in definitiva di elettroni, protoni e neutroni, opportunamente raggruppati in atomi e molecole, così l'antimateria è costituita da positroni, antiprotoni e antineutroni raggruppati a formare "antiatomi" e "antimolecole". Di ogni particella elementare esiste un'antiparticella che differisce dalla corrispondente particella solamente perché ha tutte le proprietà elettromagnetiche opposte. Così il positrone (una dizione più corretta, ma decisamente poco usata, sarebbe "positone") ha carica opposta a quella dell'elettrone, e momento magnetico parallelo allo spin (quello dell'elettrone è antiparallelo), L'antiprotone ha carica elettrica negativa, e momento magnetico antiparallelo allo spin (quello del protone è parallelo) e l'antineutrone carica nulla e momento magnetico parallelo alla spin (quello del neutrone è antiparallelo). Masse, vite medie e spin delle antiparticelle sono identiche a quelle delle corrispondenti particelle.

Quasi tutte le antiparticelle sono state identificate sperimentalmente. C'è la certezza che nulla vieta l'esistenza degli antinuclei e degli antiatomi di tutti i nuclei e di tutti gli atomi noti, anche se la loro produzione reale è in effetti molto difficile a causa del fatto che è necessario produrre una qualunque antiparticella sempre in coppia con la sua corrispondente particella e allora l'energia necessaria per la produzione di una massa elevata diventata proibitivamente elevata e la probabilità di produrla proibitivamente piccola. Sono stati comunque prodotti sperimentalmente nuclei di antielio. La collisione di materia con antimateria può dar luogo a reazioni di annichilazione con conseguente emissione di energia. Oggi l'antimateria ha affatto quel sottile fascino di mistero che romanzi di fantascienza vorrebbero attribuirle.

L'astrofisica moderna ritiene che nella "nube primordiale" che ha poi dato luogo alla formazione dell'Universo attuale doveva essere presente l'antimateria in quantità paragonabili a quelli di materia. Una spiegazione possibile dell'assenza di antimateria nell'Universo attuale potrebbe essere l'ipotesi dell'antigravità. Questa ipotesi prevede che mentre la materia attrae gravitazionalmente la materia e l'antimateria attrae l'antimateria, materia e antimateria si respingono. Così la materia e l'antimateria, inizialmente coesistenti nella nube primordiale, si sarebbero in seguito separate e l'antimateria avrebbe dato luogo alla formazione di un "antiuniverso". Sono stati proposti vari esperimenti per accertare l'esistenza dell'antigravità, ma tutti di difficilissima esecuzione. Una curiosità sull'argomento: alcuni fisici ritengono che l'enorme meteorite caduta in Siberia nel 1908, che non ha lasciato inspiegabilmente residui nell'immenso cratere, fosse costituita da antimateria e che il cratere sia stato provocato dall'annichilazione.

ATOMO

(dal lat. atomus, indivisibile, gr. ***, comp. di alfa- priv. e del tema di ***, taglio), la più piccola quantità di materia contenuta in una sostanza che rimane invariata qualunque sia la reazione chimica cui quella sostanza partecipa. La più piccola quantità di una sostanza che mantiene le proprietà della sostanza stessa si chiama molecola. Tutte le sostanze sono costituite dall'insieme di un certo numero di molecole identiche e ogni molecola è costituita da un certo numero di atomi, da uno a diverse centinaia. Gli atomi costituenti una molecola possono essere identici tra loro, oppure diversi. Per esempio la molecola di ossigeno (O2) È costituita da 2 atomi identici di ossigeno, mentre la molecola di acqua (H2O) è costituita da 3 atomi, di cui 2 di idrogeno e 1 di ossigeno. La molecola di acido solforico (H2SO4) è costituita da 7 atomi di cui 2 di idrogeno, 1 di zolfo e 4 di ossigeno. Le sostanze le cui molecole sono costituite da atomi diversi si chiamano composti e quelle le cui molecole sono costituite da atomi identici sono dette elementi. Ne segue per esempio che l'idrogeno, l'ossigeno, lo zolfo sono elementi, mentre l'acqua e l'acido solforico sono composti. Si conoscono più di un milione di composti, ma solo 108 elementi, di cui 92 esistenti in natura e di altri prodotti artificialmente in laboratorio.

Ne segue che 108 sono i tipi diversi di atomi oggi conosciuti.

In effetti i tipi sono 1370 ca. ma sono raggruppati in 108 famiglie, dette famiglie isotopiche. Tutti i componenti di una famiglia isotopica hanno lo stesso comportamento chimico, cioè danno tutti luogo alle stesse reazioni ed è perciò impossibile

separarli mediante processi chimici. Tutti gli isotopi di una famiglia hanno generalmente tutti lo stesso nome: per esempio esistono 4 tipi diversi di atomi di idrogeno, 8 di carbonio, 8 di azoto, 17 di bromo ecc. La massa degli atomi è diversa a seconda del tipo di isotopo: circa 3*10-24g per l'isotopo più leggero dell'idrogeno, una massa 238 volte più grande per l'isotopo più pesante dell'uranio che è l'isotopo più pesante esistente in natura. Le dimensioni degli atomi, pur essendo diverse, non sono così variabili come le masse e sono dell'ordine dell'angstrom

(=10^-10m). Gli elementi sono solitamente rappresentati mediante i loro simboli nella "tavola di Mendeleev". In tale tavola, gli elementi compaiono raggruppati per righe e per colonne. Gli elementi di ogni colonna mostrano analogie nel comportamento chimico. Fu in seguito scoperto che tali raggruppamenti hanno una più profonda ragion d'essere, in quanto l'atomo ha una complessa struttura interna e le analogie chimiche sono conseguenza di analogie strutturali.

STRUTTURA INTERNA DELL'ATOMO

Nell'interno di tutti gli atomi sono stati individuati tre diversi tipi di particelle, chiamate elettrone, protone, neutrone. L'elettrone è una particella con carica elettrica negativa pari a

1.6*10^-19 coulomb e massa pari a 9*10^-28g.

Il protone è una particella con carica elettrica positiva pari anch'essa a 1.6*10^-19 coloumb e massa 1836 volte più grande di quella dell'elettrone. Il neutrone è una particella di carica elettrica nulla e massa leggermente (circa 1 per mille) superiore a quella del protone. Neutroni e protoni sono concentrati in un nocciolo interno e centrale detto nucleo, mentre gli elettroni orbitano intorno al nucleo, come i pianeti intorno al sole.

Il numero di elettroni orbitanti è uguale in ogni atomo al numero di protoni presenti nel nucleo, in modo che la carica elettrica totale posseduta da un atomo è nulla. Le proprietà chimiche di un atomo dipendono solo dal numero di elettroni orbitanti e quindi dal numero di protoni presenti nel suo nucleo, ma non dal numero di neutroni. Per esempio all'elemento con il nucleo costituito da 8 protoni, 8 neutroni e 8 elettroni orbitanti, fu dato il nome di ossigeno e lo si indicò con il simbolo 16/8O, dove il numero inferiore indica il numero di protoni e di elettroni e quello superiore la somma del numero di protoni e di neutroni.

Un atomo il cui nucleo fosse costituito da 8 protoni e 9 neutroni avrebbe ancora 8 elettroni orbitanti e quindi sarebbe ancora ossigeno. Un tale nucleo esiste in natura; lo si indica con il simbolo 17/8O ed è un isotopo dell'16/8O. Il nucleo dell'atomo di idrogeno è costituito da un protone e nessun neutrone, quello dell'atomo di deuterio da un protone e un neutrone, quello dell'atomo di tritio da un protone e due neutroni: idrogeno, deuterio e tritio sono isotopi ed è questo l'unico caso in cui a isotopi dello stesso elemento sono stati attribuiti nomi diversi. L'uranio 238 è l'isotopo dell'uranio che si trova più abbondantemente in natura,

il suo simbolo è 238/U e il suo nucleo è costituito da 92 protoni

(146=238-92). naturalmente l'238/92U possiede 92 elettroni orbitanti. Come è noto l'isotopo "fissile" dell'uranio, che trova impiego nei reattori e nelle bombe atomiche è l'235/92U che possiede perciò 143 neutroni. Fissile significa che il nucleo si scinde spontaneamente in due frammenti pesanti ammettendo un certo numero di neutroni (il numero medio è pari a 2.5). Ogni elemento è presente in natura con i suoi isotopi in una certa percentuale e può presentarsi il problema dell'arricchimento di un certo isotopo per certe applicazioni scientifiche o tecnologiche. Per esempio il combustibile delle centrali nucleari del tipo più comune (Boyling Water Reactor: in sigla BWR) è uranio contenete l'isotopo 235/92U al 2.5%, mentre nelle miniere l'uranio si presenta con questo isotopo presente allo 0.7% ca. ‚ quindi necessario un processo di arricchimento in 235/92U per le centrali nucleari. le dimensioni del nucleo sono dell'ordine di 10^-15m mentre quelle dei raggi delle orbite elettroniche sono dell'ordine di 10^-10m. La struttura dell'atomo immaginata come una specie di sistema planetario, apparentemente semplice e famigliare, offre in effetti molte difficoltà di comprensione teorica, difficoltà tali da costringere i fisici all'inizio del secolo a cambiare radicalmente i principi fondamentali della fisica. Il fatto è che qualsiasi carica elettrica in moto non rettilineo e uniforme deve irraggiare energia sotto forma di onde elettromagnetiche: questa è una fondamentale previsione teorica dell'elettromagnetismo. Allora gli elettroni orbitanti intorno al nucleo dovrebbero irraggiare energia e quindi diminuire gradualmente il raggio delle loro orbite fino a cadere sul nucleo, analogamente a un satellite che cade sulla terra a causa della perdita di energia per attrito nell'atmosfera. Questa previsione è clamorosamente smentita, perché il tempo di caduta è previsto in 10^-18s ca. mentre per esempio gli atomi di idrogeno esistono presumibilmente dalla nascita dell'Universo, che risale a 13 miliardi di anni fa.

La stabilità dell'atomo può essere compresa solo rifacendosi alla quantistica (MQ), che è una teoria elaborata negli anni Venti soprattutto da W. Heisenberg, E. Schrodinger, C. Jordan e

P.A.M. Dirac. Secondo la MQ è ancora vero che la forza che il nucleo esercita sull'elettrone è la forza elettromagnetica (quella gravitazionale esiste, ma è enormemente più piccola di quella elettromagnetica) e l'energia totale dell'elettrone, data dalla somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale, è una quantità negativa.

LIVELLI ENERGETICI

Il concetto nuovo introdotto dalla MQ è che l'energia totale dell'elettrone non possa avere un qualsiasi valore, come accade nel mondo macroscopico, per esempio per il satellite artificiale o un pianeta, ma solo alcuni valori fissi e separati l'uno dall'altro. Si dice che "lo spettro energetico dell'elettrone è discreto" e si usa denominare ognuno di questi valori livello energetico dell'atomo Ciò equivale ad affermare che non tutte le orbite elettroniche sono possibili, ma solo quelli a cui competono i valori permessi dell'energia totale. Il più basso livello energetico permesso si chiama livello fondamentale e un elettrone che vi si trovasse non irraggerebbe affatto onde elettromagnetiche: ciò non è in contrasto con le previsioni

dell'elettromagnetismo perché l'irraggiamento è impedito dal fatto che per l'elettrone non è possibile diminuire la sua energia, in quanto già esso possiede il più piccolo valore possibile. In un atomo con più elettroni, comunque, non tutti gli elettroni possono occupare il livello energetico fondamentale e ciò in base al cosiddetto "principio di esclusione di Pauli" secondo il quale per ciascun livello energetico esiste un numero massimo di elettroni che possono occuparlo. Allora un atomo si trova nel suo stato fondamentale quando i suoi elettroni riempiono i livelli energetici più bassi compatibilmente con il principio di Pauli.

E' possibile che un atomo assorba energia dall'esterno e che uno (o più di uno) dei suoi elettroni salga dal livello di energia a cui si trova a un livello più elevato. In questo caso l'atomo si dice eccitato. L'atomo eccitato non è pero stabile, perché è possibile l'irraggiamento e l'elettrone ritroverà a livello energetico di partenza, dopo un tempo medio dell'ordine di 10^-10s, irraggiando sotto forma di onde elettromagnetiche (em) la differenza di energia tra i due livelli. anche l'energia associata a un'onda

em è quantizzata, cioè può assumere solo particolari valori discreti, tutti multipli interi di un valore dipendentemente dalla sua frequenza. Questa quantità indivisibile di energia è detta

"quanto", "pacchetto" o anche "fotone". La diseccitazione di un atomo con un salto di energia DeltaE comporta allora l'emissione di un fotone di energia DeltaE (se si trascura l'energia associata al rinculo dell'atomo che è piccolissima a causa della grande differenza di massa tra atomo e elettrone) che è il quanto dell'energia di una radiazione elettromagnetica di frequenza v legata a DeltaE dalla relazione DeltaE=hv dove h è una costante universale detta costante di Planck il cui valore numerico è pari a 6*10^-34joule*s.

atomo- Stati possibili corrispondenti ai valori dei numeri quantici l, m, s = 2

s = + 1 / 2

l = 0 m = 0

s = - 1 / 2

n = 2

s = + 1 / 2

m = - 1

s = - 1 / 2

l = 1 m = 0 s = + 1 / 2

s = + 1 / 2

m = + 1

s = - 1 / 2

e così via per valori superiori di n.

Ne consegue che la radiazione emessa da un certo numero di atomi eccitati deve avere uno spettro discreto, perché non tutte le frequenze possono essere presenti. Sono presenti solo quelle frequenze v1, v2, v3, che sono legati ai salti energetici possibili DeltaE1, DeltaE2, Delta3... dalla relazione

DeltaEi

vi = -------

h

E' possibile eccitare gli atomi di una data sostanza in parecchi modi: illuminandola, riscaldandola, facendola attraversare da una scarica elettrica ecc. per esempio il ferro diventa incandescente (rosso) a 525øC, perché a tale temperatura l'energia cinetica dei suoi atomi è tale che durante un urto tra due atomi uno di questi può assorbire energia sufficiente affinché un elettrone salga al primo livello eccitato. Il salto di energia è tale che la frequenza corrispondente è quella del colore rosso. Aumentando ancora la temperatura, il colore vira verso il violetto perché vengono eccitati livelli energetici sempre più alti e vengono quindi emesse frequenze sempre più alte (il violetto ha una frequenza doppia del rosso). Un'ampolla contenente un dato gas e in cui viene mantenuta una scarica elettrica tra due placche poste nell'interno dell'ampolla, emette radiazioni luminose a causa dello stesso meccanismo eccitazione-diseccitazione. La luce emessa può essere analizzata mediante uno spettrometro a prisma o a reticolo e si possono quindi determinare tutti i valori delle frequenze presenti nello spettro. Da questi è possibile ricaricare i salti energetici dell'atomo di quel gas. Ogni atomo ha quindi il suo spettro caratteristico che ne costituisce una specie di carta d'identità La spettroscopia è stata il più potente mezzo di indagine sulla struttura atomica e sono stati i risultati sperimentali acquisiti con questa tecnica a costringere i fisici ad elaborare la MQ.

NUMERI QUANTICI

In effetti la struttura dei livelli energetici di un atomo prevista dalla MQ e sperimentalmente confermata dall'analisi spettroscopica è alquanto più complicata. Essa viene descritta mediante l'introduzione di 4 numeri quantici: il numero quantico principale

(n), il numero quantico secondario angolare (l), il numero quantico magnetico (m) e il numero quantico di spin (s). Il valore di n può essere solo un numero intero positivo diverso da zero:

1, 2, 3,... Per un dato valore di n, l può acquistare tutti i valori interi inferiori a n, cioè: 0, 1, 2,..., n-1. Per ogni valore di l, può assumere tutti i valori interi compresi tra + l e -l, cioè: -l, -l+1, -l+2, ... 0, ..., +l-1, +l. Per tutti i valori di l, s può assumere solo due valori semi interi: +1/2 e - 1/2.

La teoria quantistica prevede anche che l'energia di ogni livello

dipenda esclusivamente dal numero quantico principale n attraverso la formula



z2

En = - R h c ----

n2

dove h è la constante di Planck, c la velocità della luce nel vuoto, z il numero di elettroni dell'atomo (che coincide con il numero di protoni presenti nel suo nucleo) e R è una nuova costante detta costante di Rydberg il cui valore numerico è 109.678 per l'idrogeno. Quindi a ogni valore di n corrispondono 2n^2 sottolivelli con lo stesso valore di n, ma con almeno uno degli altri tre numeri quantici diversi (è facile verificare che con le regole sopra enunciate a n = 3 corrispondono 18 sottolivelli con la stessa energia). Il numero l rappresenta la quantizzazione del momento della quantità di moto L dell'elettrone il cui valore è legato a l dalla formula

h

Lz = sqr l (l + 1) ---

2pgreco

Il numero m rappresenta la quantizzazione della componente del momento della quantità di moto lungo una direzione, per esempio quella di un campo magnetico in cui l'atomo fosse posto. Tale componente Lz risulta infatti legata a m dalla relazione

h

Lz = m ---

2pgreco

Il numero quantico di spin s rappresenta la quantizzazione del momento della quantità di moto intrinseca S dell'elettrone, cioè dalla quantità di moto dovuta al moto di rotazione dell'elettrone su se stesso, anziché al suo moto di rivoluzione attorno al nucleo. Il valore di s per l'elettrone risulta sperimentalmente pari a 1/2 e quindi

h 1 1 h

S = sqr S(s+1) --- =sqr--- (--- + 1)--- =

2pgreco 2 2 pgreco

sqr3 h

= --- ---

2 2pgreco

1 h

Sz = + --- ---

2 2pgreco

oppure

1 h

Sz = - --- ---

2 2pgreco

I livelli e i sottolivelli atomici sono solitamente indicati sui testi con una notazione detta "notazione spettroscopica".

I livelli n = 0, 1, 2, 3..., vengono rispettivamente indicati con le lettere maiuscole K, L, M, N, ..., e vengono chiamati shell.

I sottolivelli l = 0, 1, 2, ..., vengono indicati con le lettere minuscole s, p, d, ... Per specificare uno stato di un elettrone si usa invece la notazione nl1+s. Per esempio gli stati

n=1, l=1, l+s=3/2 e n=1, l=1, l+s=1/2 (poiché s=1/2, si possono avere solo due casi l+1/2 e l-1/2) vengono specificati con le notazioni lp1/2 e lp3/2 rispettivamente. non viene specificato il valore di m, sottintendendo che uno stato p, avendo l=1, è in effetti costituito da un insieme dei tre stati m=+1, m=0, m=-1,

che acquistano energie diverse e a un'analisi spettroscopica si manifestano come un "tripletto" di righe, solo se l'atomo è posto in un campo magnetico (effetto Zeeman).

ESPERIENZA DI GERLACH E STERN

Il fatto che il momento della quantità di moto possa assumere rispetto a un campo magnetico solo alcune orientazioni, in modo che i valori delle sue proiezioni lungo il campo differiscono di numeri interi Lz=mh con m numero intero e h=h/2pgreco) fu direttamente e inaspettatamente dimostrato sperimentalmente nel 1922 da W. Gerlach e O. Stern in un celebre esperimento.

Tra l'altro, a quel tempo, la MQ non era ancora stata elaborata e il risultato di Gerlach e Stern non fu subito compreso. Gerlach e Stern usarono un fornello in vengono riscaldati e vaporizzati alcuni pezzetti di argento (Ag) metallico. Alcuni atomi sfuggono dal forellino indicato e giungono sullo schermo di vetro dopo essere passati tra le espansioni polari del magnete. Questo è foggiato in un modo tale da creare un campo magnetico disuniforme nella direzione verticale. Le previsioni di Gerlach e Stern erano le seguenti: se l'atomo di Ag possiede un momento della quantità di moto -2 diverso da zero, allora l'atomo di Ag possiede anche un momento magnetico, cioè deve comportarsi come una spira percorsa da corrente. Il momento magnetico miuvettoriale di una tale spira è un vettore di modulo pari alla superficie della spira moltiplicata per la corrente e di direzione perpendicolare alla spira. Un campo magnetico esercita su un momento magnetico una forza dipendente dalla disuniformità del campo, o meglio dal suo gradiente, secondo la formula

_ _B

Fz = - --- (miuvettorialeB cos @) = - miuvettoriale cos @---

_z _z

dove il campo z indica la direzione verticale, B il campo magnetico e @ l'angolo che il momento magnetico di un dato atomo forma con B all'entrata del magnete. Gerlach e Stern pensavano che tale angolo fosse casualmente distribuito tra +pgreco e -pgreco e quindi che la componente verticale della forza fosse un valore casuale compreso tra - miuvettoriale @B/@z e +miuvettoriale @B/@z e + miuvettoriale @B/@z. Si aspettavano quindi di vedere sullo schermo di vetro una chiazza di Ag depositato, dalla cui larghezza rilevare il valore di un miuvettoriale per l'Ag e quindi il valore del momento della quantità di moto. Sullo schermo apparvero invece due macchioline nettamente separate e indicanti che la forza esercitata dal campo magnetico aveva solo i valori estremi - miuvettoriale @B/@z e + miuvettoriale @B/@z, esclusi i valori intermedi. Ciò indica chiaramente che @ può acquistare solo i valori 0 e pgreco e cioè che miuvettoriale può essere solo parallelo o antiparallelo a B.

Venne in chiaro solo dopo qualche anno che ciò era dovuto al fatto che il momento della quantità di moto dell'atomo di Ag vale

sqr3 h

----- * ------


2pgreco

quindi

1

s = ----

2

e quindi la sua componente rispetto al campo magnetico può essere solo


h

+- --- * -----


2pgreco

Allora anche il vettore miuvettoriale, che ha sempre la stessa direzione del momento della quantità di moto, può avere solo due orientamenti rispetto al campo magnetico, dando luogo a due soli valori per la forza da esso subita e quindi allo sdoppiamento della chiazza di Ag depositata.

TAVOLA DI MENDELEEV

Con le regole di quantizzazione di cui sopra è possibile comprendere la tavola di Mendeleev, compilata sulla base di analogie delle proprietà chimiche fra gruppi di elementi. Sulla base di queste regole infatti, il principio di Pauli può essere riformulato così: in nessun atomo possono esistere due elettroni con la massa quaterna di numeri quantici. Ne segue che sul livello energetico n=1 possono esistere due soli elettroni (2n^2=2) con numeri quantici rispettivamente pari a: n=1 l=0 m=0 s= + 1/2; n=1, l=0, m=0, s= - 1/2. Sul livello energetico n=2 possono esistere solo 8 elettroni (2n^2=8). Nell'atomo di idrogeno è occupato solo il livello n=1, l=0, m=0 e s= + 1/2 o s= - 1/2, mentre nell'atomo di ^4He (He = elio) sono occupati entrambi i livelli n=1, l=0, m=0, s= + 1/2; n=1, l=0, m=0, s= - 1/2. Quindi l'atomo di ^4He ha il livello n=001 completo. Gli elementi ^6Li ^8Be ^10B ^12C ^14N ^16° ^18F e ^20Ne sono gli elementi con rispettivamente 1, 2, ..., 8 elettroni nel livello n=2 e quindi il ^20Ne è l'elemento con i primi due livelli (n=1 e n=2) completi.

LEGAMI CHIMICI

Poiché gli elementi tendono a combinarsi fra loro in modo da riempire totalmente i loro livelli, ne segue che l'idrogeno tenderà a formare molecole biatomiche in modo che i due elettroni disponibili facciano parte contemporaneamente dei due atomi, ciascuno dei quali avrà perciò il livello n=1 completo. Quando avviene questo meccanismo, il legame chimico che unisce gli atomi si dice omopolare o covalente.

Il sodio (Na) e il cloro (Cl) reagiscono dando luogo alle molecole di NaCl.

Il sodio ha i primi due livelli (n=1 e n=2) completi e il terzo livello (n=3) con un solo elettrone, mentre il cloro ha i primi due livelli completi e il terzo con 7 elettroni.

Allora il sodio cederà un elettrone al cloro e ambedue gli atomi rimarranno con livelli completi (i primi due per il sodio e i primi tre per il cloro). A questo punto, però, il sodio possiede un numero di elettroni inferiore di una unità al numero di protoni e perciò sarà carico positivamente, mentre il cloro sarà carico negativamente per una ragione analoga. Quando un atomo possiede un eccesso o una deficienza di elettroni rispetto ai protoni, come in questo caso, viene chiamato ione e viene indicato con il segno della carica scritto in alto a destra del simbolo dell'elemento. Nel caso in discussione: Na^+, Cl^-. Tra gli ioni Na^+ e Cl^- si eserciterà una forza elettrostatica attrattiva che è la responsabile del legame chimico. In questo caso il legame si chiama eteropolare. Il numero di elettroni che un dato elemento deve cedere o deve assorbire per avere livelli completi si chiama valenza di quell'elemento. Ne consegue che gli elementi con livelli già completi, quali i già citati He e Ne, hanno valenza zero e non possono reagire chimicamente, cioè non possono dar luogo a composti. Tali elementi si chiamano anche gas nobili, tra cui devono essere citati anche l'argon (Ar), il kripton (Kr) e lo xenon (Xe).

MASSE ATOMICHE

Le masse atomiche che, come già detto sono nell'ordine di 10^-24g, non possono solitamente espresse in grammi, bensì in un'unità di Massa Atomica (UMA).

Poiché, per esempio, idrogeno e ossigeno si combinano a formare acqua (H2O) in quantità che stanno fra loro nel rapporto (in peso) fisso di ca. 1 a 8, la massa dell'atomo di ossigeno deve essere 10 volte maggiore di quella dell'atomo di idrogeno: infatti in una molecola di acqua vi sono 2 atomi di idrogeno e 1 di ossigeno. Sembrerebbe quindi logico adottare come UMA la massa dell'atomo di idrogeno, che è la più piccola fra quella di tutti gli elementi. Però la maggior parte dei composti contengono ossigeno o Carbonio e non idrogeno. Allora di fatto si dovrebbe determinare il rapporto tra la massa dell'atomo in studio e la massa dell'atomo di ossigeno (O) o di carbonio (C ) e poi moltiplicare tale rapporto per il rapporto tra la massa dell'atomo di O (o di C) e quella dell'atomo di idrogeno (H). Tali rapporti sono rispettivamente ca. 16 e 12, ma è accaduto più volte che un miglioramento nella precisione delle misure sperimentali di tali rapporti abbia costretto a una modifica di tutte le masse atomiche. Sono allora state introdotte due UMA che a tutt'oggi si contendono il primato della diffusione: sedicesimi della massa dell'^16° e dodicesimi della massa del ^12C.

In questo modo un'eventuale nuova misura di precisione dei rapporti tra le masse di ^16° o ^12C e quella dell'H, modificherà solo tali rapporti numerici e non i valori delle altre masse atomiche. Una quantità di una data sostanza avente una massa espressa in grammi pari alla massa molecolare di quella sostanza espressa in UMA viene chiamata mole (o grammomolecola).

Per esempio la mole dell'acqua è ca. 18 g, quella dell'anidride carbonica (Co2) è 44 g e così via. Una quantità di un dato elemento avente una massa, espressa in grammi, pari alla massa atomica di quell'elemento, è chiamata grammoatomo. Essendo la molecola dell'ossigeno formata da due atomi di ossigeno, la mole dell'ossigeno è 32 g, mentre il suo grammoatomo è 16 g. La mole dell'idrogeno è ca. 2 g e il suo grammoatomo è ca. 1 g. Per un elemento con molecole monoatomiche, per esempio il carbonio, la mole coincide con il grammoatomo. Un ugual numero di moli di sostanze diverse devono contenere lo stesso numero di molecole e il numero di molecole contenuto in una mole, detto numero di Avogadro, risulta pari

Na --- 6.02 * 10^23. Per esempio 2 g di H contengono Na molecole di idrogeno contengono pure Na atomi di ossigeno. Infatti tali quantità reagiscono dando luogo alla formazione di 18 g di acqua, quantità che è la mole dell'acqua e contiene Na molecole di H2O. Poiché in un aeriforme (gas o vapore) le molecole sono mediamente molto lontane fra loro e agitate da un moto casuale, la relazione tra pressione, volume e temperatura di un aeriforme deve essere indipendente, o quasi, dal tipo di aeriforme, cioè dal tipo di molecola. Ne segue che un certo numero di molecole di un aeriforme deve occupare lo stesso volume, a parità di pressione e temperatura. Una mole di qualunque sostanza, alla stato di aeriforme, a pressione di 1 atmosfera e a temperatura di 18°C occupa un volume pari a 22.414 litri. È da osservare che storicamente sono state queste leggi elementari della chimica a dare inizio all'elaborazione della moderna teoria atomica della costituzione della materia.

IL NUCLEO ATOMICO

Le proprietà chimiche di un atomo, cioè le sue proprietà d'interazione con gli altri atomi, dipendono esclusivamente dalla struttura elettronica e perciò i fondamenti teorici della chimica possono essere considerati pienamente compresi. Per quanto riguarda il nucleo, pur essendo disponibile un'enorme massa di dati sperimentali, una teoria globale e soddisfacente è ancora lontana e le difficoltà incominciano al primo quesito teoricamente rilevante: qual è la forza che tiene uniti neutroni e protoni in un nucleo?

Evidentemente non è elettromagnetica perché tra due neutroni o tra un protone e un neutrone non esiste e tra due protoni è repulsiva, anziché attrattiva. Non è neppure quella gravitazionale perché, pur essendo attrattiva, darebbe luogo a un'energia di legame, più piccola di quella sperimentale misurata, di un enorme fattore (circa uguale 10^40!). La forza attrattiva tra nucleoni (protoni e neutroni) deve quindi essere di un tipo nuovo. Le indagini sulle sue proprietà, iniziate negli anni Trenta, non sono ancora terminate e hanno condotto la fisica moderna a indagare sulle proprietà strutturali dei nucleoni perché si sono dimostrati anch'essi "non elementari".

In altre parole sono anch'essi costituiti da un insieme di particelle, probabilmente indistruttibili e indivisibili, che sono chiamate quarks. Durante queste indagini sulle forze nucleari, è stato scoperto un gran numero di altre particelle, come i mesoni pgreco K, gli iperoni ecc., che non sono costituenti permanenti nel nucleo. Il fatto è che l'urto tra due particelle di elevata energia, metodo usuale per studiarne le proprietà è un fenomeno squisitamente fantastico e relativistico in quanto si tratta di un fenomeno microscopico, relativistico in quanto la velocità delle particelle sono vicine a quelle della luce. Allora l'energia cinetica della particella proiettile si trasforma con elevata probabilità nella massa di altre particelle e viceversa. Due tipiche reazioni tra particelle, rispettivamente con creazione e scomparsa di massa, sono le seguenti: protone + protone ---- protone + protone + pgreco^0,

elettrone + positrone ---- 2 fotoni (il fotone è una particella di massa nulla).

Le particelle così create non sono generalmente stabili, cioè con una vita media decadono in altre particelle. Per esempio il "mesone pgreco^0", con una vita di ca.

10^-16 s, decade in 2 fotoni. La forza attrattiva nucleare tra due protoni è dovuta all'emissione all'emissione di un pgreco^0 da parte di un protone e al suo assorbimento da parte dell'altro protone, ma non solo a questo meccanismo e non è

ancora chiaro a cos'altro sia dovuto. È questa la ragione che ha visto trasformarsi la

"fisica nucleare" nella "fisica delle particelle elementari".

I MODELLI ATOMICI

Sono in uso nel linguaggio scientifico le locuzioni "a. di Thomon", "a. di Bohr" e "a.

Di Sommerfeld". Con tali locuzioni si intende fare riferimento a modelli della struttura atomica rispettivamente suggeriti da J.J. Thomson, da N. Bohr e da A. Sommerfeld. È da notare che oggi tutti e tre questi modelli sono superati dalla moderna visione quantistico-relativistica. È anzi superato il concetto stesso di modello, perché l'elettrone medesimo non può essere considerato né come un corpuscolo, né come un'onda ma, eventualmente, come un ente caratterizzato dalla coesistenza di questi due aspetti con la modalità intuitivamente inafferrabili.

Ne segue che anche i concetti di posizione di un elettrone e di raggio di un'orbita non hanno più significato e infatti un fisico moderno pensa all'atomo senza alcun riferimento al pur popolare modello planetario degli elettroni orbitanti intorno al nucleo. Il primo modello atomico fu proposto da Thomson. In tale modello l'a. veniva pensato come una sfera con una carica elettrica positiva e uniformemente distribuita. Gli elettroni, con carica negativa, erano pensati come corpuscoli distribuiti casualmente nella sfera come " l'uvetta in un panettone" e in numero tale da neutralizzare la carica elettrica positiva. Fu il celebre esperimento di Rutherford del 1911 a distruggere il modello di Thomson. Rutherford, studiando la diffusione di particelle alfa emesse da sostanze radioattive da parte di sottili lamine metalliche, dimostrò infatti che l'a. doveva possedere un "nocciolo" o un "nucleo" in cui doveva essere concentrata sostanzialmente tutta la massa dell'a. Il "modello a panettone" fu allora trasformato nel modello planetario. Bohr perfezionò dopo qualche anno il modello planetario con lo scopo di giustificare i fatti sperimentali che nel frattempo venivano in luce: sostanzialmente lo spettro discreto di emissione. Bohr considerò ancora validi i principi della meccanica classica di Newton, ma introdusse l'ipotesi ad hoc che fossero permesse solamente quelle orbite (le considerava circolari e non ellittiche) tali che il relativo momento della quantità di moto fosse un multiplo intero di h/2pgreco. Suppose anche che la transizione da un'orbita di energia totale E1 a una di energia totale E2 comportasse l'emissione o l'assorbimento di una radiazione di frequenza v data dalla relazione


E2 - E1

V = ---------

H


Quest'ultima ipotesi non era in effetti del tutto nuova, perché M. Plansk aveva già ipotizzato qualche hanno prima che l'energia di una radiazione elettromagnetica di frequenza v dovesse sempre essre un multiplo intero della quantità hv: solo con questa ipotesi era possibile risolvare il famoso enigma (per quel tempo) dello "spettro del corpo nero". Il modello di Bohr può quindi essre definito "un modello planetario quantizzato". Sommerfeld perfezionò il modello di Bohr introducendovi le orbite ellittiche con eccentricità quantizzate. La metodologia ufficiale dell'indagine scientifica considera la fase modellistica come una fase transitoria che deve necessariamente precedere l'elaborazione di una teoria scientifica vera e propria, globale, esauriente, matematicamente logica e la cui validità viene misurata esclusivamente dal suo grado di aderenza ai fatti sperimentali. Come già detto sopra infatti, a metà degli anni Venti fu elaborata le MQ i cui principali padri fondatori furono Schrodinger, Jordan e Dirac. La MQ demolisce i principi fondamentali della Meccanica Classica e con processi logici e coerenti raggiunge le ipotesi ad hoc introdotte da Bohr e Sommerfeld, le generalizza e le supera, prevedendo nuovi fenomeni che poi la sperimentazione ha messo in luce. Per dare un'idea alla profondità dei principi da cui la MQ è partita per raggiungere logicamente ai risultati ai quali è pervenuta, è opportuno illustrare il "principio di indetdrminazione di Heisenberg". La famosa relazione di Newton F = ma che permette di risolvere tutti i problemi di dinamica del punto materiale, una volta che vi siano incorporate le correzioni imposte dalla relatività, è in effetti un'equazione differenziale del II ordine,

essndo l'accelerazione la derivata seconda dello spazio rispetto al tempo. Ora, un'equazione differenziale del II ordine è risolvibile solo se sono specificate le "condizioni iniziali". Ciò significa fisicamente che è possibile determinare il moto di unpunto materiale, a patto che a un dato istante siano note la posizione e la velocità del punto a quell'istante. Con una serrata e ineccepibile analisi critica di tutti i procedimenti sperimentali concettualmente concepibili per determinare contemporaneamente posizione e velocità di un corpuscolo. Heinsenberg dimostrò che tali determinazioni, contemporanee e con precisioni grandi a piacere, sono concettualmente impossibili. Poiché una teoria scientifica, che deve per principio rendere ragione di fatti sperimentali, non può dare per tacitamente scontata una ipotesi concettualmente irrealistica, la validità della relazione di Newton ne risultò mortalmente compromessa. La stessa logica può essere usata per invalidare il concetto di "traettoria" e quindi di "orbita". Infatti se un raggio luminoso nel vuoto congiuge il punto A con il punto B, l'ottica geometrica afferma che il raggio segue la linea retta che congiunge A con B. Con linguaggio più moderno si potrebbe dire che i fotoni costituenti il raggio luminoso descrivono la traettoria rettilinea congiungente A con B. Quali le prove sperimentali? Si dovrebbe disporre di uno schermo con un piccolo foro e dimostrare che quando il foro giace sul segmento rappresentato (SB), nel punto B e solo nel punto B c'è luce e che, quando non vi giace, nel punto B c'è buio. Ebbene, L'esperienza non dà affatto questo risultato, a causa del fenomeno della diffrazione: il fiorellino provoca la formazione di aloni concentrici chiari e scuri e quindi ambedue le previsioni dell'ottica geometrica risultato di fatto false.

Ne segue che il concetto di traettoria descritta dal fotone da A e B è un concetto non utilizzabile nella descrizione scientifica del comportamento del fotone.

La MQ, nonostante numerosi successi fin dal suo primo apparire, ebbe difficoltà a incorporare gli effetti relativistici e per contro l'accordo quantitativo tra i valori previsti delle energie dei livelli dell'a. di idrogeno e quelli sperimentalmente determinati fu, fino agli anni Trenta, buono ma non perfetto. Fu Dirac a elaborare una teoria quantistico-relativistica dell'elettrone, che ebbe come conseguenza un accordo apparentemente perfetto tra previsioni e dati sperimentali. L'accordo durò fino al 1948, quando un celebre esperimento di estrema precisione, dovuto a W.E. Lamb e collaboratori, rivelò una piccolissima differenza di energia tra i livelli 2s 1/2 e 2p 1/2 che la teoria di Dirac prevedeva esattamente uguali. Questo effetto, detto Lamb-Shift è oggi spiegato con l'introduzione di un raffinato concetto di interazione dell'elettrone con se stesso. La teoria quantistico-relativistica dell'elettrone (per altro formulata per l'elettrone, per la particella miuvettoriale e non per altre particelle), estesa a comprendere l'effetto di cui sopra, è detta "elettrodinamica quantistica" (QED). La QED non conosce alcuna contraddizione sperimentale ed è comunemente considerata come la teoria scientifica "esemplare". Puttroppo la sua applicazione è ristretta al campo delle interazioni elettromagnetiche e non è affatto applicabile, per esempio, alle interazioni nucleari cui sono soggetti i nucleoni e molte altre particelle.

MESICO, denominazione del sistema costituito da un nucleo e da un mesone pgreco^- che gli ruota intorno. L'interazione attrattiva tra nucleo e mesone pgreco^- è identica a quella tra nucleo e elettrone poiché pgreco^- è elettrone hanno la stessa carica elettrica, mentre la massa del pgreco^- è circa 280 volte più grande di quella dell'elettrone. Oltre a questa, la differenza più notevole rispetto a un atomo normale consiste nel fatto che tra nucleo e pgreco^- si esercita anche una forza attrattiva nucleare che provoca l'assorbimento del pgreco^- da parte del nucleo: gli atomi mesici sono quindi instabili e la loro vita media è dell'ordine di 10^-14 s. Per meglio comprendere i meccanismi di formazione e di decadimetro degli atomi mesici, si fissi l'attenzione su quello più semplice, cioè sull'a. mesico di idrogeno, cioè sul sistema protone-mesone pgreco^-

(P - pgreco^-). Questo è stato l'a. mesico più studiato e ha portato alla determinazione di una caratteristica fondamentale dei mesoni pgreco^-: "la loro parità intrinseca è negativa e il loro accoppiamento con protone e neutrone è pseudoscalare". Si immagini un fascio di pgreco^- di una certa energia cinetica prodotto da un acceleratore e che a questo fascio sia fatto attraversare un certo spessore di idrogeno liquido. Ciò che avviene ai pgreco^- può essere suddiviso in quattro stadi.

1) l'energia del pgreco^- scende dal valore iniziale a un valore dell'ordine di 1 K e V, causa la ionizzazione e l'eccitazione delle molecole di H2 urtate dal pgreco^- lungo il suo percorso in idrogeno; 2) uno ione ^+H2 (creato dal pgreco^- stesso) cattura il pgreco^ per attrazione elettrostatica in un'orbita con alto numero quantico principale

(n circa uguale 15 30). In parole povere si tratta di un'orbita di grande raggio, data l'energia ancora relativamente grande (circa 1 K e V) del pgreco^-;

3) il sistema pgreco^- -- ^-H2 così formato dissocia in pgreco^- P + H. Il sistema pgreco^- P, urtando le molecole H2, dà luogo a sistemi pgreco^- --^+H3 che poi dissociano in pgreco^- P e 2 H. In questi processi il sistema pgreco^- P diminuisce il numero quantico princioale; 4) emettendo radiazione, il sistema pgreco^- P decade sul livello più basso consentito di energia e di momento angolare (detto "stato S").

A questo punto avviene la "cattura" del pgreco^-. Cioè il pgreco^- viene assorbito dal protone secondo una di queste due reazioni


Pgreco^- + P---- N + pgreco^0 (mesone pigrecazero)

Pgreco^- + P---- N + y (fotone)


Il primo stadio avviene in un tempo dell'ordine di 10^-10 10^-11 s, mentre gli altri tre insieme avvengono in un tempo dell'ordine di 10^-14 s. i primi tre stadi dovuti all'interazione elettromagnetica del pgreco^-, il quarto è dovuto all'interazione elettromagnetica, se la reazione di cattura è pgreco^- P---- N + y, all'interazione nucleare se la reazione di cattura è pgreco^- P---- N + pgreco^0. Poiché l'interazione nucleare è molto più forte di quella elettromagnetica, ci si aspettava che le catture N pgreco^0 fossero molto più frequenti di quelle N y. L'esperimento smentì inaspettatamente questa previsione e ciò si spiega solo ammettendo che la parità intrinseca dei mesoni pgreco^- è negativa e il loro accoppiamento con protone e neutrone è del tipo "pseudoscalare". È stata rivelata anche la formazione di atomi

"miuvettoriale-mesici" e "k-mesici", oltre a quelli "pgerco-mesici" qui descritti.

I primi hanno un miuvettoriale (massa ca. 200 volte quella dell'elettrone e spin 1/2) e i secondi un k^- (massa ca. 1000 volte quella dell'elettrone e spin zero) al posto del pgreco^- (massa ca. 200 volte quella dell'elettrone e spin zero). La problematica è meno interessante perché il miuvettoriale^- è una particella che non può interagire nuclearmente e il k^- può interagire nuclearmente ma la reazione di cattura deve conservare un nuovo numero quantico detto "stranezza". I primi tre stadi di cui sopra sono naturalmente identici per miuvettoriale^-, k^- e pgreco^-. Il fatto che miuvettoriale^-, k^- e pgreco^- non sono particelle stabili (le loro vite medie sono rispettivamente 10^-6, 10^-10,10^-8 s) non ha alcuna importanza poicpoichéprocesso di cattura è molto più veloce. Avverrà comunque che una certa percentuale di queste particelle "decada in volo" prima di essere catturata, cioè prima di formare l'a. mesico.



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BOLTZMAN




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BOSONE

Il Bosone è una particella il cui numero quantico di spin è un numero intero.

Lo spin, o momento angolare intrinseco, è dato dalla relazione quantistica:

S=sqr(s(s+1)h)

Dove h=10^-34 J*sec ed s è un numero adimensionale caratteristico per ogni particella, detto numero quantico di spin. Per esempio protone, neutrone ed elettrone hanno s=1/2. Mesoni pigreco e Mesoni k HANNO S=0 e sono perciò Bosoni. L'origine del nome sta nel fatto che queste particelle seguono la statistica di Bose-Einstein. Le particelle di spin semintero seguono la statistica di E. Fermi e sono dette Fermioni. Nel linguaggio della fisica teorica la differenza tra le due statistiche è la seguente: la funzione d'onda totale di un sistema di bosoni è simmetrica, mentre quella di un sistema di Fermioni è antisimmetrica. Il principio di esclusione di Pauli è valido per i Fermioni, ma non per i Bosoni.




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MERCUROSI, COMPOSTI

composti del mercurio a numero di ossidazione +1, in cui è presente lo ione Hg2+^2, caratterizzato dal forte legame covalente fra i due atomi. Fra i più comuni il cloruro, Hg2CL2, di colore bianco, insolubile, che viene chiamato calomelano (parola composta di origine greca che significa "bel nero"), perché trattato con ammoniaca acquosa forma prodotti di un nero cupo in conseguenza della formazione di una miscela di cloruro di mercuriammonio e mercurio metallico finemente suddiviso. Può essere preparato per precipitazione da una soluzione di nitrato mercuroso con un cloruro solubile; è usato in elettrochimica per costruire elettrodi standard di riferimento e in medicina è stato usato come purgante energico e antiluetico; lo ioduro, Hg2I2, di colore giallo, insolubile, impiegato in medicina; il solfato, Hg2SO4, sostanza bianca, alquanto solubile in acqua: come catalizzatore per alcune reazioni organiche di ossidazione è ormai caduto in disuso, sostituito in quell'impiego dall'anidride vanadica. I composti M. possono essere facilmente ridotti a mercurio o ossidati a composti mercurici, rispetto ai quali sono anche meno tossici.



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FERMIONE

Dal nome del fisico E. Fermi. Nome attribuito globalmente a tutte le particelle di spin semintero (1/2, 3/2, 5/2, ecc.) aventi in comune la proprietà di ubbidire alla statistica di Fermi-Dirac che implica a sua volta la validità del principio di esclusione di Pauli. Sono Fermioni particelle quali l'elettrone, il neutrone, il protone, il neutrino. Per contro sono denominati Bosoni le particelle di spin intero (0, 1, 2, ecc.). Sono Bosoni particelle quali il fotone, i Mesoni pigreco, i Mesoni k. I Bosoni hanno in comune la proprietà di ubbidire alla statistica di Bose-Einstein che implica la non applicabilità del principio di esclusione di Pauli.



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PAULI, PRINCIPIO DI ESCLUSIONE




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SPAZIO - TEMPO




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STATISTICA DI FERMI - DIRAC

Nel linguaggio scientifico corrente i termine è usato nell'accezione non letterale di principio statistico cui debbono ubbidire i sistemi di particelle identiche e con numero di spin semintero (1/2, 3/2, 5/2, ecc.). Tali particelle sono dette anche fermioni. Il significato letterale, ma meno usato, del termine, sarebbe:

La statistica di Fermi - Dirac è quel settore della fisica teorica che si occupa delle proprietà globali dei sistemi di fermioni. La statistica di Fermi - Dirac si contrappone a quella di Bose - Einstein che governa i sistemi di particelle con spin intero (0, 1, 2, ecc.), dette anche bosoni. Entrambe sono dette talvolta "nuove statistiche" o "statistiche quantistiche", perché a differenza della statistica classica assumono il "principio dell'indistinguibilità". Ciò significa assumere il principio che lo scambio di due particelle identiche del sistema non può portare a nessuna differenza fisicamente rilevante nel sistema stesso. La statistica Fermi - Dirac contiene poi intrinsecamente il principio di esclusione di Pauli che impone alla funzione d'onda di due fermioni di essere antisimmetrica (cioè di cambiare segno) per uno scambio di tutte le variabili che caratterizzano i fermioni della coppia considerata. Il principio di esclusione non è valido per i bosoni.

La statistica è quantificata dalla funzione di Fermi - Dirac, che dà la probabilità P(E) per un insieme di fermioni in equilibrio termico alla temperatura assoluta T, che un livello di energia sia occupato:

P(E)=1/e^(E-Ef)/KT+1

Dove K è la costante di Boltzman ed Ef è l'energia di Fermi o il livello di Fermi che dipende dalla temperatura e dall'energia totale del sistema. Ef rappresenta l'energia del livello per cui la probabilità di occupazione è 1/2; per E>Ef si ha P<1/2 e per E<Ef si ha P>1/2. Quando (E-EF)/K*T è molto maggiore di 1 (cioè per temperature molto basse o livelli di energia molto alti rispetto ad Ef), l'espressione P(E) si riduce all'espressione classica di Boltzman.



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STATISTICA BOSE - EINSTEIN

Statistica quantistica che si occupa della distribuzione dell'energia fra le particelle di una determinata specie tra diversi valori permessi dell'energia tenendo conto della quantizzazione dell'energia stessa. La statistica si basa inoltre sul concetto di indistinguibilità di particelle identiche e si può così riassumere: siano n le particelle interagenti fra loro debolmente e siano distribuite sui vari livelli energetici: se le particelle sono indistinguibili, ogni distribuzione che conserva l'energia del sistema è ugualmente probabile e se inoltre ciascuna permutazione possibile di particelle fra i vari livelli è considerata come una distribuzione diversa, dovendosi però tener conto solo del numero di combinazioni differenti, allora la distribuzione delle particelle sui vari livelli dell'energia viene detta distribuzione di Bose - Einstein. La statistica di Bose - Einstein può essere espressa dalla relazione:

n(E)=1/e^(E-E0)/k*T

dove n(E) è il numero di particelle nello stato quantico E, ed E0 dipende dal numero di particelle presenti e da T, temperatura assoluta. Per energie molto grandi rispetto a k*T, l'espressione diventa quella classica della statistica Maxwell - Boltzman. A questa statistica ubbidiscono tutte le particelle, atomi e nuclei, con un valore intero del numero quantico di spin. Viceversa le particelle con numero quantico di spin semintero (1/2, 3/3, 5/2, ecc.) ubbidiscono alla statistica di Fermi - Dirac. Per questo motivo le particelle di spin intero sono dette anche "Bosoni" e quelle di spin semintero sono dette "Fermioni". La differenza tra le due statistiche consiste nel fatto che i fermioni devono ubbidire al principio di esclusione di Pauli, mentre ciò non deve avvenire per i bosoni. Il principio di Pauli, in una formulazione elementare, afferma che in un sistema di fermioni non ne possono esistere due con tutti i numeri quantici identici. Ciò non accade per un sistema di bosoni. Un classico esempio didattico immagina di avere due scatole dove sistemare due bosoni o due fermioni. Nel primo caso esistono quattro modi possibili: il bosone a nella scatola A e il bosone b nella scatola B, il bosone a nella scatola B e il bosone b nella scatola A, entrambi i bosoni nella scatola A, entrambi i bosoni nella scatola B. Nel secondo caso esistono solo due modi possibili: il fermione a nella scatola A e il fermione b nella scatola B, o viceversa il fermione a nella scatola B e il fermione b nella scatola A. Ciò perché il principio di Pauli impedisce di disporre entrambi i fermioni nella stessa scatola. Esiste poi il "principio di indistinguibilità delle particelle" per cui le disposizioni effettivamente distinguibili nell'esempio delle scatole sono tre per i bosoni e una per i fermioni. L'elettrone, il positrone, il neutrone, tutti gli iperoni e il neutrino sono fermioni. I mesoni pigreco, i mesoni k, il fotone sono bosoni.