AZOTO

(dal fr. azote, comp. del gr.alfa- priv., e ***, vita), elemento chimico di simbolo N, numero atomico 7, peso atomico 14.0067.

Appartiene al quinto gruppo a del sistema periodico degli elementi. Dell'A. si conoscono due isotopi stabili: quello di numero di massa 14, costituente il 99,64% dell'A. totale e quello di numero di massa 15, costituente il rimanente 0.36%.

Scoperto da D. Rutherford nel 1772, fu isolato da K. W. Scheele nel 1777 ed ebbe il nome di A. da A.- L. Lavoisier che lo studiò nel corso delle sue celebri esperienze sulla composizione dell'aria. Il nome attribuitogli da Lavoisier in base alla sua incapacità di mantenere il fenomeno della respirazione è tuttavia alquanto improprio, perchè l'A. è un componente delle proteine e, come tale, si ritrova in tutti gli organismi viventi:

nell'organismo umano è presente nella misura del 3%. Sempre in natura si trova libero nell'aria sotto forma di molecole biatomiche, N2 (l'aria contiene 4/5 di A. e 1/5 di ossigeno), e sotto forma di nitrato in alcuni minerali ( per. es. nel salnitro del Cile, o nitrato di sodio, NaNO3). L'espressione "ciclo dell'A." è riferita alla serie di reazioni chimiche, che si svolgono a opera di organismi viventi, che portano alla "fissazione" dell'A. atmosferico e alla "assimilazione" dei nitrati presenti nel terreno, con formazione di ammoniaca; questa viene utilizzata soprattutto dalle piante e dai vari batteri per la sintesi di amminoacidi e di altri composti contenenti A. Tali sostanze passano poi dalle piante agli animali erbivori e da questi ai carnivori. Il passo successivo nel ciclo è rappresentato dalla trasformazione, ad opera di batteri e di funghi, dei composti azotati escreti dagli animali (urea, acido urico) o derivati dai processi putrefattivi in ammoniaca e in sali d'ammonio: questi possono venir riutilizzati dalle piante, ma più spesso vengono trasformati in nitrati (processo di nitrificazione), i quali, a loro volta, possono venir assimilati dalle piante, oppure andare incontro a un processo di denitrificazione, dando origine ad A. gassoso, che ritorna nell'atmosfera.

PREPARAZIONE INDUSTRIALE

Industrialmente l'A. si ottiene per distillazione frazionata dell'aria liquida; in piccole quantità si può ottenere dall'aria eliminando l'ossigeno per combustione di fosforo oppure facendo passare l'aria su rame rovente. In questo modo l'A. ottenuto contiene però tracce di ossigeno e di gas rari e viene chiamto A. atmosferico; puro (A. chimico) si ottiene per decomposizione, a ca. 70øC, del nitrito ammonico in soluzione concentrata secondo la reazione

NH4NO2 --- N2 + 2H2O

nitrito azoto acqua

ammonico

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

L'A. è un gas incoloro e inodoro. Gli atomi di A. sono tutti assieme nella molecola biatomica N2 da un triplo legame; l'energia di disossidazione, 225.1 kcal/mole, è una delle più alte e ciò spiega la grande inerzia dell'A., la più elevata, dopo quella dei gas nobili, a temperatura ordinaria. Il peso specifico dell'A. rispetto all'aria è 0.97, se puro, un pò più alto se contiene i gas rari. La sua temperatura critica è - 147.1øC, mentre la pressione critica è di 33.5 atm. ‚ pochissimo solubile in acqua.

Si combina direttamente a temperatura più o meno elevata con alcuni metalli, specialmente con il litio e con il titanio, dando nitriri. L molecola N2 è isoelettronica con CN-, CO e NO^+ e ci si aspetterebbe che come questi ultimi debba comportarsi da legante in molti complessi con metalli di transizione. Ciò è stato provato per la prima volta solo nel 1965 attraverso la preparazione del complesso di rutenio Ru[(NH3)5N2]^2+, da allora a oggi sono state ottenute diverse decine di complessi in cui è presente il legame neutro N2.

BERILLIO

(det. da berillo, lat. beryllus, gr. *** ), elemento chimico di simbolo BE, numero atomico 4 e peso specifico 9.01218.

Appartiene al secondo gruppo a del sistema periodico degli elementi. Il B. è estremamente raro, non si trova libero in natura, ma combinato soprattutto come silicato, BE3 AL2 SI6 O18 (berillo).

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il B. è un metallo di color bianco-grigio; è leggero (peso specifico 1.85), molto duro (durezza 6-7); fonde a 1280øC.

Non si altera all'aria; a temperatura ambiente non scompone l'acqua neanche a 100øC; è facilmente solubile negli acidi solforico e cloridrico, non si scioglie nell'acido nitrico diluito; si scioglie nella soda caustica formando berillati, NA2 BE O2.

IN tutti i suoi composti presenta lo stato di ossidazione +2.

Forma un ossido, BE O, bianco. che si ottiene riscaldando l'idrossido, BE(OH)2; qust'ultimo, che è di aspetto bianco gelatinoso, si ottiene trattando con ammoniaca una soluzione di sali di B. hanno tutti un sapore dolce, da cui il nome di glucinio dato a questo elemento dagli Anglosassoni.

PREPARAZIONE INDUSTRIALE

la preparazione industriale del B. è basata essenzialmente sull'ottenimento dell'ossido a elevato grado di purezza (processi di Copeaux-Kawecki e di Sawyer-Kyellgren) e sulla sua trasformazione in B. (metodo termico ed elettrolitico). Secondo il processo Copeaux-Kawecki, dal berillo, per azione, 750øC, di una miscela di fluosilicato sodico, si ottiene il fluoberillato di sodio, NA2 BE F4, che viene successivamente trasformato, mediante soda caustica, in idrossido; quest'ultimo per calcinazione, si trasforma in ossido, BEO. Nel processo Sawyer-Kyellgren, il berillio, dopo fusione a 1500øC con carbonato sodico e dopo granulazione, viene trattato a 200-300øC con acido solforico concentrato così da ottenere il solfato, BESO4. Questo sale, per reazione con la soda caustica si trasforma in idrossido che viene successivamente calcinato a ossido. L'ossido di B. ottenuto con i processi precedentemente descritti deve essere trasformato in metallo. A questo scopo, secondo il metodo termico, esso viene trasformato, mediante floruro di ammonio, in fluoberillato di ammonio, (NH4)2BEF4,che, riscaldato, si decompone in floruro di ammonio e floruro di B., BEF2. Da quest'ultimo, per riduzione sotto vuoto a 900-1400øC con magnesio, si ottiene il B.

Secondo il metodo elettrolitico l'ossido di B. viene prima trasformato a 700-800øC, mediante cloro e carbone, in cloruro, BECL2, che, elettrolizzato allo stato fuso, viene decomposto in cloro e B. Il B. ottenuto con i processi descritti viene ulteriormente purificato mediante rifusione sotto vuoto.

USI DEL BERILLIO

Il B., specialmente se associato a cobalto e nichel, indurisce il rame, e per questa proprietà viene usato nella preparazione dei bronzi di B., leghe particolarmente adatte per costruire pezzi meccanici che devono resistere a notevoli sollecitazioni. IL B. viene usato in alcuni reattori come moderatore di neutruni, avendo la proprietà di rallentarli; inoltre miscele B.-radio possono essere usate come sorgenti di neutroni. I composti del B. hanno applicazioni limitate; così, per esempio, gli alogenuri vengono usati in chimica organica come catalizzatori, mentre l'ossido è un buon materiale refrattario. Alcuni isotopi radioattivi del B. sono interessanti per la determinazione di età geologiche. Il B. e alcuni suoi composti sono tossici e possono provocare avvelenamento acuto o cronico.

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BISMUTO

(dal lat. scient. bisemutum, latinizzazione del nome Wiszmut coniato da Paracelso in riferimento a una località della Sassonia), elemento chimico di simbolo Bi, numero atomico 83 e peso atomico 208.9804. Appartiene al quinto gruppo a del sistema periodico degli elementi. Del b. sono noti alcuni isotopi radioattivi di massa 215, 214, 213, 212, 211 e 210; hanno periodo di semitrasformazione compreso fra pochi minuti e qualche giorno e sono importanti nello studio nelle famiglie di elementi radioattivi. Il b. è piuttosto raro in natura; si può trovare allo stato nativo, ma comunemente è combinato con altri elementi a costituire importanti minerali, quali bismutina (solfuro di b.,Bi2S3), bismutite (ossicarbonato di b., [BiO2]CO3), bismutosferite (carbonato di bismutile, [BiO]2CO3), bismutocra (ossido di b., Bi203), tetradimite (tellururo di b., Bi2Te3), solfuri doppi, specialmente con piombo, argento e rame.

Il b., già noto agli antichi, fu distinto dal piombo da C. Geoffroy nel 1753; viene generalmente preparato dalla bismutina, dal cui arrostimento si ottiene l'ossido, Bi2O3, che viene ridotto successivamente a b. mediante carbone. Il metallo ottenuto è ulteriormente purificato per fusione ossidante con un miscuglio di carbonato e di nitrato di sodio. Industrialmente il b. si ottiene come sottoprodotto dei processi di lavorazione del piombo, del rame e dello stagno.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il b. è un metallo di aspetto cristallino, colore bianco-grigio con riflessi rosei; è duro, fragile, fonde a 271.3øC dando un liquido (temperatura di ebollizione, 1440øC) che ha peso specifico superiore a quello del solito; rispetto agli altri metalli è un cattivo conduttore del colore e dell'elettricità; presenta comunemente numero di ossidazione +3, ma può dare composti in cui si comporta da pentavalente. E' stabile all'aria secca, ma in presenza di umidità si ricopre di ossido; reagisce direttamente con lo zolfo e gli alogeni formando rispettivamente solfuro, Bi2S3, e alogenuri (BiX3); non viene attaccato dagli idrossidi e dagli acidi non ossidanti. Si scioglie invece in acqua regia e negli acidi ossidanti come negli acidi nitrico e solforico concentrati, formando rispettivamente cloruro, BiCl3, nitrato, Bi(NO3)3 e solfato, Bi2(SO4)3.

COMPOSTI

L'ossido, Bi2O3, si ottiene bruciando all'aria il metallo, oppure calcinando alcuni suoi sali, come il carbonato e il nitrato; è insolubile negli alcali, solubile negli acidi; viene usato per prodotti ceramici e, unitamente all'ossido di piombo, nella preparazione di vetri ad elevato indice di rifrazione.

Il nitrato, Bi(NO3)3+5H2O, è ottenuto sciogliendo il b. nell'acido nitrico; diluendo fortemente la sua soluzione, viene idrolizzato con deposizione di nitrati basici, fra cui il sottonitrato che è usato in medicina; come pigmento bianco (bianco di spagna) e nella preparazione delle porcellane dipinte a fuoco. Il solfuro, Bi2S3, si ottiene per reazione dell'idrogeno solforato su soluzioni contenenti sali di b.; è un composto nero insolubile in acqua e negli acidi diluiti, solubile in acido nitrico diluito a caldo e in acido cloridrico concentrato e bollente; ha interesse nella ricerca qualitativa e nel dosaggio quantitativo del b. stesso.

Molti composti del b. trivalente, sia inorganici (ossido, ioduro di bismutile, ioduro doppio di sodio e b., carbonato basico ecc.)

sia organici (citrato doppio d'ammonio e b., b.-etil-canforato, tartrato doppio di potassio e b. ecc.), trovano impiego in medicina come antisettici locali, come antisifilitici e nei disturbi del tubo gastroenterico (diarrea e ulcera gastroduodenale) manifestando però una certa dose di tossicità, specialmente a carico dei reni. I principali composti del b. con numero di ossidazione +5 sono il bismutato di sodio, NABiO3, e il pentafluoruro, BiF5.Il bismuto di sodio si prepara fondendo il nitrato di b. con un miscuglio di idrossido di sodio e di perossido di sodio; per le sue energiche proprietà ossidanti che presenta viene impiegato come reattivo in chimica analitica.

Il pentafluoruro si ottiene facendo reagire il fluoruro con il trifluoruro di b., BiF3; viene usato come agente fluorurante in alcune reazioni organiche.

USI

Il b. entra come componente in alcune leghe per caratteri da stampa, ma principalmente viene usato per preparare leghe bassofondenti (temperatura di fusione inferiore a 100øC), che trovano impiego per saldature speciali, per valvole elettriche di sicurezza e per segnalatori automatici di aumenti di temperatura. Le principali leghe bassofondenti sono le seguenti:

lega di Lipowitz (50% b., 26.5% piombo, 13.5% stagno, 10% cadmio;

p.f. 60øC); lega di Wood (50% b., 25% piombo, 12.5% stagno ;p.f.70øC); lega di Newton (50% b., 31.2% piombo, 18.8% stagno;

p.f. 94.5øC); lega di Rose (50% b., 25% stagno, 25% piombo; p.f. 95øC). Poiché assorbe pochissimo i neutroni e presenta un punto di fusione molto basso rispetto alla temperatura di ebollizione, il b. può essere usato anche come liquido refrigerante per reattori nucleari.

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BORO

(der. da borace, lat. mediev. borax, dall'ar. buraq), elemento chimico di simbolo B, numero atomico 5 e peso atomico 10.81.

Appartiene al terzo gruppo a del sistema periodico degli elementi. ‚ costituito da una miscela di due isotopi stabili di massa 10 e 11. Non esiste libero in natura; combinato con altri elementi costituisce importanti minerali: borace (tetraborato di sodio decaidrato, Na2B4O7 . 10H2O), kermite (tetraborato di sodio tetraidrato, Na2B4O7 . 4H2O), sassolite (acido borico, H3BO3), borosilicati ecc. Sotto forma di acido borico, è contenuto in alcune emanazioni di origine vulcanica (per es., nei soffioni boraciferi di Larderello in Toscana). Il B. fu isolato contemporaneamente (1808) da H. Davy. Gay-Lussac e L.J. Thènard, facendo agire il potassio sull'anidrite borica.

Il più importante metodo industriale per la preparazione del B. è basato sulla riduzione a caldo dell'anidrite borica B2O3, mediante magnesio con formazione anche di metaborato di magnesio. Il B. così preparato contiene l'8% ca. di magnesio e deve essere ulteriormente purificato fino a ottenere un prodotto al 99.8% di purezza.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il B. è un solido di colore nero; fonde a 2300øC e bolle a 2550øC;

la sua conducibilità elettrica aumenta con l'aumentare della temperatura; può essere cristallino (peso specifico = 2.3) o amorfo (peso specifico = 1.7). Il B. è un elemento trivalente e non ha proprietà metalliche (è infatti l'unico non metallo che possiede meno di quattro elettroni di valenza). A temperature elevate reagisce con ossigeno, alogeni, zolfo, metalli e azoto formando rispettivamente anidrite borica, B2O3, alogenuri (BX3), solfuri (B2S3 e B2S5), boruri (Cu3B2, NiB2, Ni2B ecc.) e azoturo, BN.

USI

Il B., oltre che nella preparazione di semiconduttori, trova impiego in metallurgia per eliminare dai metalli tracce di gas, specialmente ossigeno e azoto. Poiché la proprietà di assorbire i neutroni, viene usato anche per costruire barre di controllo per i reattori nucleari. Fra i derivati più importanti del B. dal punto di vista industriale vi sono l'acido borico (v. borico, acido), i borani, i borati, i perborati. Altri composti del B. interessanti per le loro applicazioni sono l'azoturo, il carburo e gli alogenuri. L'azoturo, che ha la durezza prossima a quella del diamante, si usa nella preparazione di abrasivi, semiconduttori e di alcuni formi a induzioni. Il carburo ha durezza leggermente inferiore a quella dell'azoturo e trova impiego nella preparazione di abrasivi, elementi di turbine, camere di combustione per razzi e prodotti ceramici sintetizzati. Gli alogenuri sono importanti catalizatori per numerose reazioni organiche.

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CARBONIO

(der. dal lat. carbo-onis, carbone),elemento chimico di di simbolo C, numero atomico 6 e peso atomico 12.011. Appartiene al quarto gruppo a del sistema periodico degli elementi.

Il C. naturale è formato dagli isotopi di massa 12 (98.9%) e 13 (1.1%). Gli isotopi di massa 10, 11, 14 e 15 sono artificiali. IL C. di massa 13, debolmente radioattivo, viene utilizzato per lo studio delle reazioni di cracking; il C. di massa 14, pure radioattivo, serve come tracciante e, in quest'uso permette di datare con precisione resti organici che hanno parecchi millenni di età. Il C. è relativamente poco abbondante sulla terra. Lo si riscontra sui terreni sedimentari, dove forma importanti giacimenti costituiti da combustibili solidi (carboni minerali), liquidi o gassosi (idrocarburi) e da carbonati (calcare, marmo, dolomite ecc.). ‚ presente anche nell'atmosfera sotto forma di anidrite carbonica gassosa. Il C. è d'altra parte il costituente fondamentale della materia vivente (l'organismo umano ne contiene il 18%) e lo studio dei componenti organici del C. costituisce una vastissima branca della fisica, che viene appunto denominata chimica organica.

varietà e prodotti

Esistono due modificazioni allotropiche del C. puro: diamante e grafite. Le varietà cosiddette "amorfe" sono in realtà formate da microcristalli aventi la struttura della grafite. Il reticolo cristallino del diamante è di tipo atomico: ciascun atomo di C. è circondato da altri quattro atomi disposti sui vertici di un tedraedro. I legami sono tutti covalenti. Questa struttura spiega la durezza eccezionale del diamante (solamente il carburo di boro lo può piegare) e parimenti la cattiva conduttività termica e la sua mancanza di conducibilità elettrica. A 1900øC il diamante si trasforma in grafite. oltre al loro impiego in gioielleria, i diamanti hanno numerosi usi nell'industria (abrasivi, punte di utensili ecc.). La struttura della grafite è lamellare:

il suo reticolo cristallino è formato da atomi di C. che occupano i vertici di esagono esposti secondo strati paralleli.

Gli atomi di C. appartenenti a uno stesso strato sono fortemente legati fra di loro da legami covalenti, mentre i legami covalenti fra strati diversi sono deboli. Questa struttura spiega sia la facilità con cui la grafite può essere sfaldata sia le sue qualità di buon conduttore del calore e dell'elettricità La grafite è una sostanza tenera, che si presenta perlopiù in masse nere, fibrose o compatte, untuose al tatto, di splendore metallico. La grafite ha numerosi impieghi (elettrodi, crogioli per fonderia, rallentatori di neutroni per i reattori nucleari, mine per matite, lubrificanti solidi). L'industria utilizza soprattutto il C. proveniente dai carboni: antraciti, litantraci, ligniti, torbe, ma prepara anche numerosi che sono costituiti da C. praticamente puro. Il nero animale proviene dalla calcinazione delle ossa fuori del contatto dell'aria; viene utilizzato come decolorante e come adsorbente. Il carbone di storta si deposita ad alta temperatura sulle pareti dei forni usati per la preparazione del coke e si forma a causa della dissociazione termica subita dai gas prodotti nell'operazione di cokizzazione; è duro, buon conduttore del calore e dell'elettricità e serve per fare elettrodi. Il pirocarbone (o carbone di pirolisi) si ottiene mediante cracking di idrocarburi, in particolare metano, su pareti di grafite. I neri di carbone, che hanno una considerevole importanza industriale, si formano nella combustione incompleta di alcuni idrocarburi e assumono nomi diversi in base alla provenienza (nero d'acetilene, nero fumo, nero di fiamma, nero di lampada, nero termico). Essi servono come pigmenti (preparazione dell'inchiostro di china, delle pitture ecc.) o come sostanze di carica (in particolare nell'industria della gomma). Esistono anche diversi carboni amorfi, provenienti dalla pirolisi di composti organici (per es. carbone di zucchero).

CARATTERISTICHE E COMPOSTI

Il C. dato il gruppo del sistema periodico cui appartiene, non ha praticamente alcuna tendenza a ionizzarsi. si comporta generalmente come elemento tetravalente formando quattro legami covalenti sia con elementi più elettropositivi sia con elementi più elettronegativi. Ad alta temperatura ha proprietà riducenti. I composti binari del C. con vari elementi sono i carburi; essi si formano generalmente a temperatura molto alta, nel forno elettrico, per reazione fra carbone e elemento o fra carbone e ossido dell'elemento. Si possono classificare in tre gruppi: carburi ionici, covalenti e refrattari.

I carburi ionici (o salini), formati da cationi metallici e da ioni C^4- (carburo di berillio, B2C, e carburo di alluminio, Al4C3) o C^2- (carburo di sodio, NA2C2; carburo di potassio, K2C2; carburo di rame, CU2C2; carburo di calcio, CAC2). I carburi ionici non conducono elettricità e per idrolisi liberano idrocarburi.

Per esempio:

CaC2 + 2H2O ----- Ca(OH)2 + C2H2

carburo acqua idrossido acetilene

di calcio di calcio

Essi si formano con gli elementi appartenenti ai gruppi la, lla, llla (escluso il boro), lb, llb, lllb, del sistema periodico degli elementi. Nei carburi covalenti il C. è tetravalente e forma un sistema macroionico, compatto a causa della disposizione covalente, che provoca la riunione di molecole singole con formazione di macromolecole. Sono composti assai duri, di elevata densità; resistono molto bene al calore e ai reattivi chimici; un esempio di carburi covalenti è dato dal carburo di cromo (Cr2C3)n. I carburi refrattari sono composti interstiziali, cioè gli atomi di C. occupano con regolarità alcuni spazi vuoti presenti nel reticolo cristallino del metallo. Hanno struttura metallica compatta, conducono l'elettricità è sono molto duri, come il carburo di boro, B4C. che riga il diamante e il Carborundum (carburo di silicio), SiC. oltre che con il boro e il silicio, essi formano con i metalli appartenenti ai gruppi IVb, Vb e Vib del sistema periodico. Simili ai carburi interstiziali, ma più complessi come struttura, sono quelli che derivano dai metalli del sottogruppo VIIb e del gruppo VIII, fra cui la cementite, Fe3C.

questi carburi sono molto importanti in metallurgia.

Importanti composti del C. con elementi non metallici sono i derivati alogenati del C., in generale legati alla chimica organica. Il più importante è il tetracloruro di C., CCl4, che è un ottimo solvente dei grassi; i suoi vapori sono pesanti, non infiammabili e hanno la proprietà di arrestare la combustione.

Per questo motivo il tetracloruro di C. può essere usato in alcuni tipi di estintori. I fluorometani e i clorofluorometani sono molto importanti nell'industria di frigoriferi sotto il nome di Freon.

Dei quattro solfuri di C. conosciuti (sottosolfuro C3S2, monosolfuro CS, monosolfuro polimerizzato (CS)n e disolfuro,(CS2)

il disolfuro è il più usato nell'industria con il nome di solfuro di C. Si prepara dagli elementi per sintesi diretta‚ un ottimo solvente, i suoi vapori sono tossici e hanno anche proprietà insetticide‚ un riducente e può comportarsi anche da energico agente solforante. Reagisce con il cloro per dare tetraclroruro di C. Con le alcalicellulose forma xantogenati di alcalicellulose, composti molto importanti nei processi di preparazione del cellophane e del raion viscosa. Fra i composti ossigenati del C., l'anidride carbonica, o biossido di carbonio,CO2, è abbastanza abbondante in natura (atmosfera, sacche sotterranee di gas, acque minerali gassate), ed esercita una funzione fondamentale per gli esseri viventi. Infatti, attraverso una serie di reazioni chimiche, che in parte avvengono a opera degli organismi viventi e in parte senza il loro intervento, l'anidride carbonica dell'atmosfera viene "fissata" sotto forma di composti organici, che vengono successivamente scissi con liberazione nuovamente di anidride carbonica, costituendosi quel processo che è conosciuto come ciclo del C. L'energia necessaria alla "fissazione" dell'anidride carbonica e alla sintesi dei composti carboniosi è fornita dalla luce del sole, utilizzata nel processo di fotosintesi clorofilliana, che si verifica nelle piante, nelle alghe e in alcuni microrganismi. Tali organismi sono capaci di sintetizzare tutti i composti carboniosi di cui sono costituiti e li immagazzinano soprattutto sotto forma di carboidrati. In questa parte di ciclo, quindi, l'energia viene trasformata in energia chimica contenuta nei composti formatisi. Le successive fasi del ciclo consistono nella liberazione di tale energia e nella sua utilizzazione, in forme diverse, a opera degli organismi viventi.

Parte dei composti formatisi a seguito della fotosintesi viene demolita (producendo nuovamente anidride carbonica) dai vegetali stessi che ne traggono l'energia necessaria alla loro vita;

parte serve da alimento per gli animali, la cui sopravvivenza dipende dalla disponibilità dell'energia ottenibile dalla demolizione di tali composti a nuova anidride carbonica.

Ancora anidride carbonica dalla composizione di una parte del materiale organico morto vegetale e animale, mentre la parte restante si deposita in sedimenti a formare, nel tempo, carbone e petrolio. L'anidride carbonica si può preparare in laboratorio per reazione di un acido con un carbonato, o derivare, come sottoprodotto, da numerose lavorazioni industriali (fermentazione alcoolica degli zuccheri, preparazione della calce viva, dei cementi, dell'idrogeno dal gas d'acqua ecc.). L'anidride carbonica è un gas incolore, pesante che liquefa a O øC alla pressione di 35 atmosfere; sublima a pressione ordinaria a - 78.1øC e fonde -57øC

alla pressione di 5 atmosfere. Ha un odore leggermente pungente e un sapore acido . A 15øC e a pressione atmosferica l'acqua scioglie un litro di anidride carbonica; questa solubilità aumenta con la pressione: questo spiega perché le soluzioni acquose di anidride carbonica vengono mantenute sotto pressione (per es. acqua di seltz); l'anidride carbonica non mantiene la respirazione, ma non è tossica. Ha proprietà acide; è molto stabile e può essere ridotta ad ossido di C. solamente per azione di energici riducenti a elevata temperatura. Cosi, per esempio, viene ridotta, al calor rosso, con il C. secondo l'equilibrio

CO2 + C --- 2CO

anidride carbonio ossido di carbonica carbonio

Tale processo esercita un ruolo fondamentale nella metallurgia del ferro. Allo stesso modo viene ridotta dall'idrogeno e da alcuni metalli. Le soluzioni acquose di anidride carbonica sono debolmente acide; esiste un equilibrio fra l'anidride carbonica sciolta e quella combinata con l'acqua sotto forma di acido carbonico (H2CO3)

CO2 + H2O --- H2CO3 --- H^+ + + HCO3 -

--- H^+ + CO3^2 -

I gas che derivano dallo ione HCO3- sono gli idrogenocarburi,

chiamati più comunemente bicarbonati o carbonati acidi

(per. es. il bicarbonato di sodio, NaHO3); quelli che derivano dallo ione CO3^2- sono detti carbonati neutri (per es. carbonato di sodio, Na2CO3). Per azione dell'ammoniaca sull'anidride carbonica si ottiene il carbommato d'ammonio, NH2COONH4.

L'ossido di C., CO, è una sostanza che deriva dall'ossidazione incompleta del carbone da parte di diversi ossidanti. Esso costituisce la parte combustibile del gas d'aria e, insieme all'idrogeno, quella del gas d'acqua. ‚ un eccellente riducente per uso industriale, ma serve anche come punto di partenza per numerose sintesi. Si può ottenere in laboratorio per disidratazione dell'acido formico. ‚ un gas incolore e inodore, di densità leggermente inferiore a quella dell'aria. Bolle a - 19øC a una atmosfera e solidifica a - 199øC. A temperatura ordinaria è in equilibrio metastabile, mentre è stabile al di sopra dei 1000‡C.

‚ Un riducente e brucia, in presenza di ossigeno, secondo la reazione.

1

CO + - O2 ---- CO2 + 68 kcal

2

ossido ossigeno anidrite

di carbonio carbonica

Per quest'ultima proprietà viene usato come combustibile industriale. L'ossido di C. riduce ossidi metallici, in particolare quelli del ferro. le relative reazioni sono fondamentali in siderurgia. I metalli in transizione

(in particolari quelli appartenenti alla famiglia del ferro)

formano l'ossido di C. dei complessi chiamati metallo-carbonili,

o, più semplicemente, carbonili. L'ossido di C. è tossico perché reagisce con l'emoglobina contenuta nel sangue formando carbossiemoglobina, composto incapace di trasportare ossigeno ai tessuti che conseguentemente diventano asfittici.

--,fibre di, materiali composti quasi esclusivamente di carbonio

(a seconda delle qualità, C -- 97% o anche C -- 99.5%), che si ottengono da fibre organiche artificiali, per esempio rayon o fibre acriliche. Queste vengono pirolizzate senza combustione in modo da eliminare l'idrogeno, l'ossigeno e l'azoto lasciando lo scheletro di carbonio. La pirolisi si effettua a 200-400øC e si fa seguire da un forte riscaldamento (generalmente fino a 1700øC ma per le qualità superiori anche fino a 3000øC)in atmosfera inerte,

eventualmente effettuando contemporaneamente lo stiramento delle fibre. In un certo senso questo processo è l'equivalente artificiale del lento processo naturale di carbonizzazione del legno. Le fibre di C. costituiscono un materiale tecnologico assai pregiato per resistenza termica e meccanica e si impiegano come materiale rinforzante per parti di veicoli, aerei e razzi.

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CLORO

(dal gr. ***, verde), elemento chimico di simbolo CL, numero atomico 17 e peso atomico 35.453.

Appartiene alla famiglia degli alogeni e quindi al settimo gruppo a del sistema periodico degli elementi. ‚ abbastanza abbondante in natura (lo 0.19% della crosta terrestre) dove, tranne che in alcune emanazioni vulcaniche, non esiste allo stato libero, ma sotto forma di composti, specialmente cloruri, dei quali il più

abbondante è il cloruro di sodio, il sale comune. Sotto forma di cloruro di sodio è presente negli organismi vegetali e animali. Nel corpo umano si trova nella quantità dello 0.46% ca.

Il C. fu preparato per la prima volta nel 1774 da K.W. Scheele per azione dell'acido cloridico (allora "acido muriatico") sulla pilorusite e battezzato "acido muriatico ossigenato", ma fu H. Davy che lo riconobbe come elemento nel 1810.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il C. è un gas di colore giallo-verdastro, abbastanza tossico in quanto attacca le mucose delle vie respiratorie; a pressione atmosferica liquefa a -34.6øC; è un non-metallo, costituito da due isotopi stabili di massa 35 e 37; ha la molecola biatomica (CL2) tipicamente covalente; è leggero solubile in acqua (la soluzione acquosa, che a 20øC contiene al massimo lo 0.7% di C., si chiama acqua di C.). Del C. si conoscono anche idrati solidi (idrati di C.) di formula CL2 * 6H2O e CL2 * 8H2O stabili a temperature non superiori a OøC. Ha proprietà ossidanti ed è molto reattivo; infatti reagisce praticamente con tutti i metalli e con parecchi non-metalli (idrogeno, fosforo, zolfo ecc.). Puro si combina con uguale volume di idrogeno a formare acido cloridrico. Scompone l'acqua con liberazione di ossigeno e formazione di acido cloridrico e libera lo zolfo dall'acido solfidrico, sempre con formazione di acido cloridrico. L'oro viene attaccato dal C. con formazione di cloruro aurico, AUCL3. Con l'ossigeno il C. non si combina direttamente; per via indiretta si ottengono composti nel quale esso assume numero di ossidazione +1 (anidride ipoclorosa;

acido ipocloroso); +5 (anidride clorica; acido clorico); +7

(anidride perclorica; acido perclorico), e inoltre +4 e +6

PREPARAZIONE INDUSTRIALE

La preparazione industriale del C. è generalmente abbinata a quella dell'idrossido di sodio e avviene mediante elettrolisi di soluzioni acquose di cloruro sodico, usando celle a diaframma (cioè celle elettroniche in cui i compartimenti catodico e anodico

sono separati da una parete che impedisce il contatto e la reazione fra il C. e l'idrossido di sodio formatisi) o celle a catodo di mercurio. Quantitativi inferiori di C. si ottengono durante la preparazione elettrolitica di alcuni metalli, specialmente quelli alcalini, a partire dai corrispondenti cloruri fusi. I metodi industriali di preparazione basati sull'ossidazione dell'acido cloridico con aria in presenza di catalizzatori a base di sali di rame (processo Deacon) o mediante biossido di magnese (processo Weldon) attualmente sono quasi del tutto abbondanti. tuttavia il processo Weldon viene ancora usato per preparare in laboratorio piccole quantità di C.

USI

Il C. viene commerciato allo stato liquido in bombole sotto pressione e i suoi impieghi sono numerosissimi. In laboratorio viene usato specialmente sotto forma di acqua di C. soprattutto per le sue proprietà ossidanti; nell'industria serve per preparare l'acido cloridrico e alcuni cloruri, nella fabbricazioni di liquidi da sbianca, di coloranti, di insetticidi clorurati, di materie plastiche (cloruro di polivinile) e di particolari solventi.

‚ inoltre usato per la potabilizzazione dell'acqua. Il C. è tossico per inalazione: provoca danni all'apparato respiratorio, e a carico del sangue (anemia) per esposizioni prolungate.

Vv. anche clorato; clorico, acido; cloridico, acido, clorito; cloroso, acido; ipocloriti; perclorico, acido; perclorati.

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ELIO

(lat. scient. helium, dal gr. ***, sole), elemento chimico di simbolo HE, numero atomico 4.00260.

Appartiene alla famiglia dei gas nobili, e quindi al gruppo zero del sistema periodico degli elementi. Si trova libero in natura (il 10-6% ca. della crosta terrestre) ed è presente nell'atmosfera, in alcuni gas naturali (gas vulcanici, soffioni ecc.) e in minerali radioattivi (le particelle alfa emesse dai corpi radioattivi sono nuclei di atomi di E.). L'E. si ricava generalmente dai gas naturali mediante un procedimento industriale nel quale vengono prima eliminati il vapor d'acqua e l'anidride carbonica, quindi vengono liquefatti e separati tutti i componenti del miscuglio gassoso rimasto, ad eccezione dell'E., e infine si eliminano le ultime impurezze adsorbendole su carboni attivi raffreddati con azoto liquido. L'E. può essere ricavato anche dall'aria attraverso una liquefazione che lascia allo stato gassoso una miscela costituita solamente da idrogeno, neon ed E.; l'idrogeno, viene eliminato bruciandolo in modo da ottenere acqua, mentre il neon viene adsorbito, a temperatura molto bassa, su carbone attivo; un ultimo metodo è quello rappresentato dall'estrazione dai minerali che lo contengono per trattamento con acido solforico.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

L'E. è un gas inodoro, incoloro e privo di sapore; è fra le sostanze gassose il più difficile da liquefare; alla pressione atmosferica bolle a -268.9øC. allo stato liquido esiste sotto due forme, chiamate E.I ed E.II. L'E.I, che ha proprietà normali, è stabile al disopra di -270.96øC (temperatura di trasmissione, o punto y), mentre l'E.II, che manifesta alcune caratteristiche anomale, quali viscosità molto bassa, conducibilità termica superiore di 800 volte ca. a quella del rame ecc., è stabile al di sotto del punto y. L'E. non ha praticamente tendenza a reagire per formare composti; tuttavia in condizioni particolari si possono formare cationi HE+ capaci di dare legami molto deboli.

USI

L'E. gassoso viene usato per riempire aerostati e palloni sonda, come fluido raffreddante nei reattori nucleari, come fase nobile nella gascromatografia, come gas inerte nella saldatura ad arco.

In medicina viene usato per aumentare l'efficacia dell'ossigenoterapia in numerose affezioni e in anestesia come diluente di anestetici volatili. Straordinaria è l'importanza dell'E. liquido (v.) nel campo delle ricerche a bassissima temperatura (fino a circa -272øC).

-liquido, l'elio, che solitamente si presenta come una miscela dei due isotopi HE3 e HE4, liquefà alla pressione ordinaria a una temperatura T di circa 4.18 K; a differenza degli altri gas però esso rimane liquido anche allo zero assoluto. Infatti alla temperatura T=0K per la solidificazione dell'elio si richiede una forte pressione, pari almeno a 25 atmosfere. Questo fatto può essere spiegato solo con il ricorso alla meccanica quantistica; è noto infatti che secondo la meccanica classica tutti i corpi dovrebbero essere solidi allo zero assoluto. La persistenza dello stato liquido anche a T=0K si può spiegare osservando che gli atomi di elio oltre a essere molto leggeri sono caratterizzati da una debolissima attrazione reciproca; le due circostanze concomitanti fanno sì che l'energia di punto zero permetta alle particelle una così ampia mobilità da impedire la solidificazione. La circostanza che nessun altro gas nobile sia liquido a T=0K si giustifica con la massa maggiore degli atomi, mentre la solidificazione dell'idrogeno, più leggero dell'elio, è dovuta alla più forte attrazione molecolare. Tuttavia i fatti più notevoli intorno alla fenomenologia dell'E. liquido sono presentati solo dall'isotopo HE4 che mostra un ulteriore passaggio di stato, dalla fase liquida HE II. questa trasformazione, detta transizione y, avviene ad una temperatura Ty che alla pressione atmosferica è uguale a 2.18 K. L'andamento del calore specifico Cv intorno a Ty unitamente alla mancanza di calore latente di trasformazione rende il fenomeno simile, in apparenza, a quanto osservato nei solidi ferromagnetici vicino alla temperatura di Curie. La circostanza che gli atomi di HE4 sono bosoni, unitamente al dato sperimentale che gli atomi di HE3, che sono fermioni, non presentano nessuna transizione di fase del tipo detto, avalla l'ipotesi che la transizione y si possa interpretare come una sorta di condensazione di Bose-Einstein, con le ovvie modifiche richieste dal fatto che gli atomi di HE4 costituiscono un gas di bosoni non ideale, essendo formato da particelle interagenti. Il carattere bosonico dell'HE4 incide sul comportamento statico proprio, perché si tratta di un liquido le cui particelle sono dotate di una certa mobilità La fenomenologia dell'HE II è singolare e riveste il massimo interesse; essa può essere interpretata mediante il modello di Tisza, detto anche modello a due fluidi. Secondo questo schema si può pensare all'HE II, avente densità ro, come costituito da un fluido normale di densità ro n pedice e da un superfluido di densità ro s pedice tale che

ro=ro n pedice + ro s pedice

Un'esperienza dovuta ad Andronikashvili permette di esserire che per T<Ty solo la componente normale è presente, mentre per T<Ty la percentuale di superfluido va aumentando fino a che, allo zero assoluto, l'HE II è diventato tutto superfluido. Mentre il liquido normale - che costituisce tutto l'HE I - si comporta come un fluido ordinario classico dotato di viscosita, il superfluido scorre senza alcuna viscosità anche in tubi capillari del diametro di 1/10 di millimetro; inoltre l'entropia associata al superfluido è nulla. Le proprietà di superfluidità dell'HE II permettono di interpretare l'effetto termomeccanico.

Si abbiamo due recipienti V1, V2, contenenti HE II alla stessa temperatura e connessi tramite un tubo sottilissimo. Una piccola differenza di pressione permette di pompare il superfluido da V1 a V2; poiché al superfluido non è associata alcuna entropia, si ha che l'entropia per l'unità di volume (entropia specifica) aumenta in V1, che così si riscalda, mentre diminuisce in V2,

che viene a raffreddarsi. Un effetto inverso è l'effetto fontana.

Un altro fenomeno che si può spiegare con il modello a due fluidi è la propagazione di calore nell'HE II in modo assolutamente non classico, per onde. Tali onde termiche associate ad onde di entropia sono dette secondo suono. La teoria quantistica microscopica dell'HE II esce dai limiti di una esposizione elementare. ‚ fondamentale in essa la considerazione degli stati del sistema aventi energia di poco superiore all'energia E0 dello stato fondamentale in cui l'He II si trova allo zero assoluto.

Tale energia si può scrivere come somma delle energie possedute da un piccolo numero di oggetti, dette eccitazione elementari, a cui è possibile attribuire anche un impulso; quest'ultima circostanza rende le eccitazioni elementari simili a particelle, da cui la denominazione di quasi-particelle. Nell'HE II si considerano eccitazioni elementari dette fononi, la cui energia dipende dalla prima potenza dell'impulso, ed eccitazioni elementari dette rotoni in cui l'energia dipende dal quadrato dell'impulso. Si può affermare che il numero di quasi-particelle presenti, proporzionale alla temperatura assoluta, è pure proporzionale alla percentuale di fluido normale presente nell'HE II.

Allo zero assoluto non c'è eccitazione elementare e il sistema è perfettamente superfluido. L'E. liquido è utilizzato sia nella ricerca fondamentale per studiare le proprietà dei solidi in prossimità dello zero assoluto (superconduttivita, calori specifici, proprietà ottiche e magnetiche, giunzioni Josephson ecc.) per cui, in particolare, diventano trascurabili i moti di agitazione termica, sia nella fisica applicata e nella tecnologia come miscela refrigerante, per superconduttori, rivelatori e telecamere per lontano infrarosso.

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FLUORO

(dal lat. fuor-oris, flusso), elemento chimico di simbolo F, numero atomico 9 e peso atomico 18.9984.

Appartiene alla famiglia degli alogeni e quindi al settimo gruppo a del sistema periodico degli elementi. Non è molto abbondante in natura (lo 0.03% ca. della crosta terrestre), dove esiste come sostituente di diversi minerali: i più importanti sono fluorite, CAF2, criolite, NA3 ALF6, fluoroapatite. ‚ inoltre presente in piccole quantità nei denti, nelle ossa, nella tiroide, nella pelle e nel circolo sanguigno. Ha un isotopo stabile e quattro radioattivi, di vita brevissima. Scoperto da H. Moissan nel 1886,

viene attualmente preparato mediante elettrolisi del fluoro di potassio sciolto in acido fluoridico anidro, usando anodi di grafite o di nichel e mantenendo la temperatura a 100øC ca.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il F. è un gas debolmente colorato in giallo, molto tossico, che bolle a -188øC. ‚ l'elemento più elettronegativo che si conosca, presenta numero di ossidazione -1 ed è estremamente reattivo; infatti si combina con tutti gli elementi ad eccezione dei gas più leggeri. Con l'idrogeno si combina con esplosione a temperatura ordinaria e all'oscuro. Forma con diversi cationi importanti ioni complessi; reagisce con i composti inorganici spostandone l'idrogeno o l'ossigeno contenuti e con i composti organici sostituendo l'idrogeno o atomi di altri alogeni. Fra i composti più importanti vi sono l'acido fluoridico, HF, i vari fluoruri per esempio di calcio, CAF2, l'acido fluoridico, H2SIF6.

USI

Il F. viene usato principalmente nei processi di arricchimento dell'uranio naturale per preparare l'esafluoro di uranio;

in chimica organica ha assunto una grande importanza nella preparazione dei fluidi per macchine frigorifere (Freons) e polimeri termoplastici (Teflon), elastomeri (da olefine fluorate e siliconi fluorurati). In medicina il F. è usato in odontoiatria:

agisce nella profilassi della carie con un duplice meccanismo:

inibisce lo sviluppo dei batteri e aumenta la resistenza dei tessuti duri combinandosi chimicamente ad essi con formazione di

fluoroapatite La fluoroprofilassi viene realizzata con la fluorizzazione delle acque potabili mediante fluoruro sodico in ragione di l mg/l, oppure con toccature sui denti con fluoruro di sodio o ancora per somministrazione orale (microcompresse).

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IDROGENO

(dal fr. hydrogène). elemento chimico di simbolo H, numero atomico 1 e peso atomico 1.0079.Appartiene al primo gruppo A del sistema periodico degli elementi. Dell'I. sono noti un isotopo stabile naturale di massa 2 chiamato deuterio (v.) e un isotopo radioattivo artificiale, di massa 3, il trizio (v.) costituisce lo 0.90% ca. della crosta terrestre; in natura si trova allo stato libero in quantità molto piccola soltanto in alcune emanazione vulcaniche e in miscugli gassosi che si formano durante processi di fermentazione; è invece più abbondante negli strati alti dell'atmosfera. Allo stato di combinazione è presente in molti composti quali acqua, acidi, idrossidi, carbon fossile e sostanze organiche. In laboratorio l'I. viene ottenuto facendo reagire lo zinco con acido solforico diluito nell'apparecchio di Kipp.

Zn + H2 SO4 --> Zn SO4 + H2

zinco acido solfato idrogeno

solforico di zinco

per reazione con acqua dei metalli alcaline, quali il sodio o il magnesio; trattando con gli acidi i metalli che precedono l'I. nella serie elettronica degli elementi, come il ferro; per sostituzione dell'I. delle basi con metallo o un non metallo e infine per decomposizione dell'acqua con alcuni idruri come l'idruro di calcio. L'I. venne identificato e isolato da H. Cavendish nel 1766 e il nome gli fu attribuito da A.L. Lavoisier nel 1783; J. Dalton lo usò come unità dei pesi atomici.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

L'I. è un gas incoloro e inodoro. Allo stato atomico è pochissimo stabile e forma quasi istantaneamente una molecola biatomica, che può esistere in due forme, ortoidrogeno e paraidrogeno, in equilibrio fra di loro secondo rapporti ponderali che variano con la temperatura. Nella molecola dell'ortoidrogeno i due nuclei costituenti ruotano nello stesso senso, nel paraidrogeno in senso opposto. L'I. costituisce la sostanza più leggera che si conosca (ha peso specifico 0.06949); è poco solubile in acqua e viene adsorbito, anche in quantità notevoli, da alcuni metalli come il palladio; si conserva in bombole sotto pressione. L'I. liquido, ottenibile con le macchine di Linde o di Claude, bolle a -252.21øC e solidifica a -259.21øC. L'I., che nei suoi composti ha sempre numero di ossidazione + (tranne negli idruri dove manifesta numero di ossidazione -1), è caratterizzato da elevata reattività chimica e si comporta da energico riducente. Data la grande affinità per l'ossigeno, asporta tale elemento dai composti che lo contengono. Si combina con gli alogeni per formare i corrispondenti acidi alogenedrici (la combinazione è istantanea e violenta con il fluoro già a basse temperature); riduce parecchi ossidi e i sali dei metalli che lo seguono nella serie elettronica degli elementi formando i corrispondenti metalli; inoltre reagisce con alcuni metalli per formare gli idruri. Il miscuglio gassoso costituito da due volumi di I. e un volume di ossigeno viene chiamato gas tonante (se innescata, la miscela dà la reazione esplosiva di formazione dell'acqua, con sviluppo di forte quantità di calore). Le proprietà chimiche dell'I. atomico, o I. nascente (nell'atto stesso cioè in cui si svolge da una reazione chimica) sono molto più energiche di quelle dell'I. molecolare. I composti dell'I. comprendono l'acqua, l'ammoniaca, gli acidi, gli idruri e quasi tutti i composti organici.

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MERCURIO

(dal nome del pianeta Mercurio), elemento chimico di simbolo Hg, numero atomico 80 e peso atomico 200.59. Appartiene al secondo gruppo b del sistema periodico degli elementi. Il M. è una miscela di sette isotopi naturali aventi numeri di massa 196, 198, 199, 200, 201. 202 e 204. Pur essendo uno degli elementi meno abbondanti in natura (3.10-6% ca. della crosta terrestre), il M. è facilmente accessibile in quanto si trova in depositi molto concentrati costituiti solitamente dal solfuro HgS, nelle due forme polimorfe cinabro e metacinnabarite e talvolta anche da

montroite, HgO, coloradoite, HgTe, o dall'elemento allo stato nativo. Il M. viene prevalentemente estratto dal solfuro mediante un processo di arrostimento. Raffreddando i gas di combustione condensa un prodotto grezzo, costituito da M., sali di M. e altre impurezze, dal quale si ricava l'elemento puro mediante processi basati essenzialmente su una distillazione sotto vuoto o su lavaggio con soluzioni di acido nitrico al 5%.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

Il M. è un metallo di colore argenteo, liquido a temperatura ambiente, che solidifica a -38.87øC, bolle a 356.58øC e ha peso specifico 13.5955 a 0øC; è un buon conduttore della elettricità

e, fra tutti i metalli, è il più volatile. Presenta le caratteristiche di metallo nobile e pertanto viene sciolto unicamente dagli acidi ossidanti, generalmente acido nitrico, acido solforico concentrato e acqua regia; si combina istantaneamente con gli alogeni e con lo zolfo formando rispettivamente gli alogenuri e il solfuro, mentre con diversi metalli forma leghe denominate amalgame. Manifesta numeri di ossidazione + 1(conposti mercuriosi) e + 2 (composti mercurici). Forma gli ossidi Hg2O e HgO; quest'ultimo è rosso se preparato riscaldando il M. metallico o il nitrato mercurico, giallo se si ottiene per precipitazione dalle soluzioni dei usi sali con idrossidi di sodio o di potassio.

USI

Il M. viene usato specialmente nella costruzione di raddrizzatori di corrente alternata ("raddrizzatori a vapori di M."), lampade, barometri, pompe a diffusione, valvole regolatrici di pressione ecc.; alcuni suoi derivati organici trovano impiego in medicina, anche se ormai limitatamente, come diuretici, altri, come il "mercurocromo" quali antisettici; esiste una pomata di ossido di M. come preparato oftalminico. Il M., a causa della sua volatilità, può passare nell'atmosfera sotto forma di vapore (fino a 10 mg per m^3 d'aria), causando gravi fenomeni di intossicazione. I paesi maggiori produttori di M. nel mondo sono URSS, Spagna, USA. Vv. anche mercurici, composti; mercurosi, composti.

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PALLADIO



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RAME

(lat. tardo aeramen, der. da aes aeris, rame bronzo), elemento chimico di sinbolo Cu, numero atomico 63.546.

Appartiene al primo gruppo b del sistema periodico degli elementi. ‚ costituito da una miscela di due isotopi naturali aventi numero di massa 63 e 65. Non è molto abbondante in natura (1*10-2% ca. della crosta terrestre), dove può trovarsi sia allo stato elementare (r. nativo) sia combinato con altri elementi a costituire minerali, fra i quali i più importanti sono le piriti cuprifere, la calcopirite (solfuro di rame e ferro, Cu2 Fe2 S4), la calcosina (solfuro rameoso, Cu2S) e la caprite (ossido rameoso, Cu2o). Carbonati basici di R. sono l'azzurite e la malachite, rispettivamente di formula 2CuCO3*Cu(OH)2 e CuCO3*Cu(OH)2.

Piccole quantità di R. sono anche contenute nella molecola dell'emoniaca, pigmento respiratorio di molti Invertebrati, e in quella della ceruloplasmina, proteina plasmatica che ossida gli ioni ferro presenti nel sangue perchè possano legarsi alla transferrina ed essere trasportati nelle sedi dell'eritropoiesi; il R. è quindi fra i più importanti oligoelementi (v. oligoelemento) e come si vede la sua biochimica è per molti aspetti simile a quella del ferro.

CARATTERISTICHE FISICHE E CHIMICHE

IL R. è un metallo di colore rosso chiaro, sufficientemente duro, malleabile, flessibile e assai duttile: conduce bene il calore e l'elettricità, fonde a 1083øC, bolle a 2595øC; ha peso specifico 8.92 e presenta la proprietà di legarsi ad altri metalli per formare diverse leghe aventi notevoli applicazioni pratiche. ‚ meno elettropositivo e dunque più nobile dell'idrogeno e si scioglie solamente negli acidi ossidanti (acidi nitrico e solforico concentrati), reagisce con gli alogeni e con lo zolfo;

all'aria umida si viene a ricoprire di un sottile strato protettivo costituito da carbonati basici, mentre in assenza di umidità subisce una ossidazione solamente se viene riscaldato a temperatura; è inoltre solubile nei cianuri alcalini con formazione di cianuri complessi.

METALLURGICA

L'estrazione del R. viene realizzata con tecniche diverse che vengono scelte in base alla natura del minerale di partenza.

Particolarmente importanti sono i metodi per la lavorazione dei minerali contenuti solfuri di R. (calcosina e calcopirite), che costituiscono l'80% ca. dei minerali utilizzati per l'estrazione del R. Tali metodi consistono essenzialmente in una macinazione del minerale e in un suo arricchimento mediante flottazione; segue un arrostimento che provoca una parziale ossidazione dello zolfo (presente come un solfuro) ad anidride solforosa, e l'eliminazione di elementi dannosi specialmente antimonio e bismuto. Il materiale subisce un ulteriore trattamento pirometallurgico che provoca la formazione di una miscela fusa denominata metallina contenente il 50% ca. e costituita da un miscuglio di solfuro rameoso e solfuro ferroso. La metallina, opportunamente ossidata con aria in uno speciale convertitore, si trasforma in R. grezzo con titolo del 98% ca. (R. nero o blister), che viene quindi purificato mediante un trattamento termico, cui segue una ulteriore raffinazione elettronica. Il R. può anche essere ricuperato dai suoi rottami di svariata provenienza (demolizione di navi, sostituzione di vecchie linee elettriche ecc.).

COMPOSTI

Il R. manifesta numeri di ossidazione +1 (composti rameosi) e +2 (composti rameici).I composti rameosi sono stabili quando si trovano sotto forma di complessi o di composti poco solubili; in caso contrario presentano grande tendenza a ossidarsi a sali rameici per azione dell'ossigeno atmosferico. Cu2O, è presente in natura come minerale cuprite; è solubile in natura come ammoniaca ed è trasformato dall'acido solforico in solfato rameico con separazione di R. metallico. ‚ usato come vernice per parti di navi a contatto con l'acqua. Degli alogenuri, il cloruro, CuCl, si ottiene per ebollizione di una soluzione di cloruro rameico con rame metallico; lo ioduro, Cul, si forma per aggiunta di ioduri alcalini a sali rameici. Il cianuro rameoso, CuCN, è solubile in accesso di cianuro alcalino, formando il sale doppio (cuprocianuro) le cui soluzioni sono usate in processi di galvanoplastica. Il solfuro, Cu2S, costituisce il minerale calcosina e può ottenersi per riscaldamento del solfuro rameico in corrente di idrogeno (400-500øC) e in presenza di zolfo. Il solfato, (Cu2 SO4, è decomposto dall'acqua in sale rameico e rame metilico con liberazione di calore. Fra i composti rameici, il solfato, CuSO4, si ottiene principalmente trattando il rame metallico con acido solforico a caldo e secondariamente per arrostimento all'aria del solfuro rameico.

Cristallizza dall'acqua in cristalli azzurri (CuSO4*5H2 O, il cosiddetto "vetriolo azzurro"). Il solfato rameico è usato in galvanoplastica, nella preparazione di pigmenti e smalti, in petrolchimica, e in agricoltura, dove, mescolato con latte di calce, costituisce la "poltiglia bordolese", un anticrittogamico.

L'ossido, CuO, costituisce il minerale tintore; è usato nell'industria vetraria per ottenere vetri colorati in verde o azzurro. L'idrato, Cu(OH)2, si ottiene da soluzioni di sali rameici per precipitazione con idrati alcalini.

Il cloruro, CuCl2, si ottiene sciogliendo in acido cloridrico l'ossido o il carbonato rameici. Fra i carbonati, quelli basici, malachite e azzurrite, sono usati rispettivamente come pietra ornamentale e in pittura come colore.

Il solfuro, CuS, presente in natura come covellina, si può ottenere in forma di precipitato nero per trattamento di sali rameici con acido solfidrico.

USI

Il R. è usato per la realizzazione di linee elettriche e parti di apparecchiature elettriche, per la costruzione di caldaie e scambiatore di calore, per la realizzazione di tubazioni e di rivestimenti in edilizia grazie alle buone resistenze nei confronti della corrosione atmosferica; di larghissimo impiego sono le varie leghe di R. (bronzi, ottoni, cupronichel, cuprallumini, alpacche, argentoni).

I paesi maggiori produttori di R. nel mondo sono Cile, URSS, USA, Canada.

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URANIO

(lat. scient. Uranium, dal nome del pianeta Urano), elemento chimico di simbolo U, numero atomico 92 e peso atomico 238.029. Appartiene alla famiglia degli attinidi‚ costituito da una miscela di 3 isotopi naturali radioattivi aventi numero di massa 243.235 e 238: abbondanza rispettivamente pari a 0.058%; 0.71% e 99.28%, e tempi di dimezzamento 2.5*10^5.7,1*10^8. e 4.5*10^9 anni. L'U. si trova generalmente associato con altri elementi a costituire diversi minerali, fra i quali i più importanti sono: pechblenda (ossido misto di uranio); carnotite (ortonovanadato idrato di uranile e potassio); autinide (fosfato di calcio e uranile).

Caratteristiche fisiche e chimiche;

L'U. È un metallo di colore bianco-argento che fonde a 1133øC, bolle a 3818øC e puo esistere in tre forme cristalline aventi peso specifico compreso fra 18 e 19; reagisce praticamente con tutti gli elementi non metallici, fatta eccezione per i gas nobili: si scioglie bene negli acidi cloridrico (ove rimane spesso un residuo nero, forse costituito da un idruro complesso) e nitrico, lentamente negli acidi solforico, fosforico e fluoridrico, mentre non viene attaccato dalle soluzioni alcaline; può manifestare numeri di ossidazione +2.+3.+4.+5.+6. I composti di U. più importanti sono quelli a numero di ossidazione +6, colorati in giallo, fra cui vi sono uranati e diuranati (il diuranato di sodio, Na2U2O7.6H2O, detto giallo di U., È usato come colorante per vetri e ceramiche). Al numero di ossidazione +6 corrisponde anche lo ione uranile, UO2^2+, di cui si conoscono diversi sali come il nitrato, l'acetato e il fosfato. L'esafluoruro, UF6, È un sodio bianco molto volatile preparato per fluorazione diretta dell'U., impiegato per la sua separazione di 235U con il metodo della diffusione gassosa che sfrutta la diversa velocità di fusione in base al diverso peso molecolare dei due fluoruri allo stato gassoso contenenti rispettivamente l'isotopo 235 e l'isotopo 238 . Fra gli ossidi, UO2, U3U8, UO3, il primo È quello sfruttato nei reattori nucleari. Nei reattori ad alta temperatura è usato il carburo, UC (sono noti pure i carburi UC2 e U2C3).

ESTRAZIONE

L'estrazione dell'U. è assai complessa; a tale scopo i minerali eventualmente arricchiti mediante trattamenti di flottazione e di separazione elettrostatica o gravimetrica, vengono sottoposti a una serie di processi chimico-fisici che portano alla formazione finale di tetrafluoruro di uranio,UF4, o di biossido di uranio,UO2. Questi composti vengono successivamente ridotti ad U. mediante magnesio o calcio. L'U. per usi nucleari richiede un grado di purezza, specie nei confronti di afnio, boro, cadmio, godolino e samario, la cui concentrazione non deve superare la frazione di una parte per milione. U. di purezza superiore può essere ottenuto mediante la raffinazione a zone o per decomposizione termica dello ioduro U. L'U., tal quale o convenientemente arricchito nell'isotopo a numero di massa 235, trova impiego nella preparazione di esplosivi nucleari (bomba atomica) o come combustibile per reattori nucleari; l'isotopo U238 serve inoltre per produrre l'isotopo del plutonio a numero di massa 239. L'U. forma con altri elementi quali titanio, zirconio, molibdeno, niobio, palladio e rodio, diverse leghe caratterizzate da buona lavorabilità e da ottima resistenza meccanica e chimica.

Le leghe di U. sostituiscono spesso nella tecnologia nucleare l'U. puro, la cui elevata reattività chimica non sempre è desiderata. I paesi maggiori produttori di uranio nel sono USA, Canada Sudafricana. Australia.

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ZOLFO

(lat. sulphur o sulfur), elemento chimico di simbolo S, numero atomico 16 e peso atomico 32.06. Appartiene al sesto groppo a del sistema periodico degli elementi. ‚ abbastanza diffuso in natura (lo 0.048% ca. della crosta terrestre), dove esiste sia allo stato libero, sia combinato con altri elementi a costituire diversi minerali, specialmente solfuri (blenda, solfuro di zinco, ZnS;