Parliamo di arte. Anzi per questa volta, facendo riferimento alle sventure
capitate al litigioso sottosegretario ai Beni Culturali Vittorio Sgarbi, parliamo
del rapporto arte-commercialità. Sia ben inteso, non abbaimo la presunzione
(forse qualcuno l'avrebbe) di fare enormi digressioni a riguardo, iniziando dalla
preistoria, fino ad arrivare alle litografie di questi giorni, però vogliamo
comunque fare qualche accenno ad hoc. In particolare avremmo piacere di parlare
delle famose litografie, tanto criticate, nel bene e nel male; partiamo perciò
dalla definizione, tratta dal Garzanti: "s. f. procedimento di stampa a colori in cui si
fa passare l'inchiostro attraverso un tessuto di seta a trama rada fissato a un
telaio di legno e reso impermeabile nelle parti che non devono essere stampate;
consente di operare su materiali diversi dalla carta | la stampa ottenuta con
tale procedimento." Già la parola procedimentodi stampa, ci fa venire in
mente qualcosa di seriale, qualcosa di non proprio unico, qualcosa che forse
(non necessariamente) si concede a pochi.
Forse c'e' stato un cambiamento,
anche se non riusciamo bene a rendercene conto: prima eravamo noi che andavamo
dall'Arte. Ora è l'arte che viene da noi. Forse è tutto qui. Non ci sembra forse
una nota stonata della nostra evoluzione (lo so, sto impelagandomi in un discorso
universale!) il fatto di alzare la cornetta ed ordinare 10 copie di un'opera
d'arte? (la lettera minuscola dovrebbe fungere da
spia di qualità!)
Se così non è allora non dobbiamo più stupirci. In fondo
ad analizzare nel corso dei suoi sviluppi la questio, non si può che dar ragione
ai suoi risultati. Si è cominciato dalle commissioni in cambio di denaro (anche
Fidia, anche Giotto, anche Michelangelo avevano ricevuto il vil-denaro!) e si
è finito con il cedere denaro in cambio di commissioni (leggasi vil-ipendio!)
Qualche
giorno fa mi trovavo in Ospedale, c'era un paziente ricoverato per un occlusione
intestinale in preda a dolori lancinanti. In pochi minuti, alla luce della radiografia, è
stato operato con successo ed è stato di lì a poco dimesso, miracoli della moderna
chirurgia, uscendo però con il volto scuro per aver patito le pene dell'inferno
all'apice dei sintomi. Forse se si fosse chiamato Manzoni
(non Alessandro, l'agorafobo, ma Piero) e fosse stato uno scultore contemporaneo
avrebbe trovato il modo di guadagnare "aprendo" (lui, l'occluso!) la
causa del suo patire alle gallerie d'arte e dimostrando che è l'artista a rendere importante anche l'oggetto più semplice
(!)
indipendentemente dal valore intrinseco dei materiali(!), seppur nauseabondi.
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