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quiArte
a
cura di Nino Lo Castro
I giochi
geometrici di Giuseppina Marchetti
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Qui sopra: Gioco senza fine, 1993-94,
plexiglass colorato. In basso a destra: Senza
titolo, fotocopia e tempera su carta.
L'artista
Giuseppina
Marchetti è nata a Tremosine, sul lago di
Garda, nel 1950. La passione per quello che sarebbe
diventato il suo lavoro è iniziata presto,
spingendola a frequentare l'istituto d'arte di
Gargnano. Diplomata, ha deciso di recarsi a Milano
e qui, durante alcuni corsi alla scuola Politecnica
di Design, è avvenuto l'incontro che forse,
più di tutti, ha influenzato il suo modo di
intendere l'arte. Docente in quel periodo, infatti,
era Bruno Munari e i suoi insegnamenti sono
facilmente ritrovabili nell'opera della Marchetti.
Le forme geometriche delle sue composizioni,
l'utilizzo dei materiali più disparati, resi
oggetti artistici perché piegati a precise
volontà estetiche, sono segni inconfondibili
di un certo modo di
sentire, condiviso dall'allieva e dal maestro. E
così, nel 1972, la Marchetti ha partecipato
alla sua prima collettiva, allestita alla galleria
Santelmo di Salò. In questo periodo, le sue
opere erano rigorosamente geometriche, con
triangoli e rettangoli composti in modo da dare
vita a nuove forme, poligoni, rombi, quadrati,
incastrati e sovrapposti. Una ricerca continua di
un simbolismo primario, rafforzato dalle scelte
cromatiche che privilegiavano i rossi, i gialli e i
blu. Dopo aver attraversato una fase di stallo, tra
la metà degli Anni 70 e la fine degli 80, la
Marchetti, grazie all'incoraggiamento dell'artista
Gianfranco
Bergamaschi,
è tornata a esporre nel 1989, in una
personale a Villa di Tremosine. Ma questo periodo
di riflessione le ha permesso di far evolvere il
suo percorso artistico. La rigida
geometricità, non abbandonata, è
stata infatti trasfigurata. I triangoli dei primi
tempi si sono ritrovati a vivere in una nuova
spazialità, tridimensionale e quasi viva,
pulsante, caratterizzata da cromatismi forti e
accesi. Questo secondo periodo è stato
accompagnato anche da una impegnata attività
espositiva. Tra le collettive, vanno ricordate
quelle all' Università La Sorbonne di
Parigi, alla Galleria d'Arte Rotini di Livorno, al
Centro di iniziative culturali e sociali "Carlo
Cattaneo" di Lissone, alla Mostra Internazionale
d'Arte di Vienna, all'Aab di Brescia e al Word
festival art on papier in Slovenja. Numerose anche
le personali, a Brescia, Tremosine, Limone sul
Garda, Toscolano Maderno e Pisa.
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Qui sopra a sinistra:
Senza titolo, 1989. A destra: Gioco senza
fine, particolare di una scultura di plexiglass,
1993-94. Sotto, tre opere della serie Cadaveri, 2000,
fotocopie e tempera su carta. In basso: Gioco senza
fine, 1993-94, plexiglass colorato.
Le sue opere
L'opera
di Giuseppina Marchetti contiene in sé una
costante esplicita che la caratterizza da sempre,
il triangolo. Inteso come forma mentale, non solo
geometrica, e simbolo di trasformazione ha ispirato
quasi tutte le sue opere a partire dagli Anni '80
fino a oggi. Idealmente è costruito come un
triangolo rettangolo. Secondo l'artista, sulla base
è posta l'esperienza, sull'altezza la
felicità e sull'ipotenusa la disperazione.
Tutte le formule geometriche tradizionali possono
essere applicate a questo triangolo, ottenendo le
dovute equazioni tra le parti. Seguace da sempre di
Bruno Munari, suo maestro ai tempi della scuola, la
Marchetti ha inteso sempre il fare artistico come
ricerca di razionalità e gioco stimolante:
la sua opera può essere definita,
programmatica. I primi lavori erano delle pitture a
olio nelle quali il triangolo fungeva da modulo per
costruire nuove forme, quadrati, rombi, poligoni,
che si intrecciavano dinamicamente quasi fossero
origami. I colori, purissimi, ricercavano
all'interno nell'universo cromatico vibrazioni
emozionanti e sovrapposizioni
ardite. "Queste opere", ci ha detto l'artista, "mi
sono servite per liberarmi dagli schemi rigidi
della geometria e cominciare a improvvisare figure
astratte, dipinte su supporti inrregolari come le
carte stropicciate". Così, sono nati dei
lavori più liberi, dove le forme e i colori
si fondevano in composizioni movimentate ed
espressive. Pian piano, poi, sono entrati a far
parte dei lavori materiali di scarto, riutilizzati
dall'artista alla maniera del collage. Giornali,
pagine telefoniche incollate, argilla e persino
rifiuti quotidiani affogati nella resina rendono
l'opera più aderente alla realtà e
sempre più specchio della vita. In alcuni
casi, durante i momenti espositivi, lo spettatore
era addirittura invitato a manipolare le forme, a
modificarle seguendo la propria fantasia, per
creare foggie inedite e sempre nuove. Arte da
toccare, quindi, da usare, da rivoluzionare,
mettendo per un attimo nella posizione dell'artista
(che deve fare i conti con la forma e con la sua
armonia) chi di solito era relegato al ruolo di
osservatore. Da questi lavori, dove l'immagine
è in continua mutazione, sono nate le
sculture di plexiglass. L'artista questa volta
gioca, sempre attraverso la forma triangolare, con
la luce. Il materiale trasparente permette di
modificare in continuazione lo spazio e di
conseguenza l'opera stessa, attraverso la
rifrazione. Questi prismi di plexiglass colorato
venivano posti in ambienti esterni, emettendo uno
spettro di colori sempre in movimento, grazie alla
diversa angolazione della luce naturale. In questo
caso non era più lo spettatore a modificare
l'opera ma interveniva l'ambiente stesso. Negli
ultimi tempi, invece, il lavoro della Marchetti
è tornato a essere bidimensionale, ma con
interventi fotografici di grande impatto emotivo.
Il risultato sono alcune tavole monocromatiche
sulle quali l'artista pone delle immagini tratte da
alcuni manuali di medicina legale. I corpi,
tristemente dilaniati dal fuoco, piuttosto che
dall'aggressione di un maniaco, diventano i
protagonisti dell'opera, tagliati da alcuni profili
triangolari di tinte accese. Il lavoro di
Giuseppina Marchetti assume connotazioni quasi pop.
La crudezza delle immagini, unita alla rigorosa
struttura e alla ricercata composizione cromatica,
ricorda infatti alcune serigrafie di Wharol, come
gli incidenti stradali o le sedie elettriche.
Giuseppina
Marchetti vive a Brescia. Per contattarla 030
310045.
Qui sopra a
sinistra: Senza titolo, 2000, immagini
lavorate al computrer e tempera su carta. A destra:
Senza titolo, 2000, immagini lavorate al
computrer e tempera su carta.
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