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quiArtePittura a cura di Nino Lo Castro

Agostino Perrini: in equilibrio tra forma e colore


Sopra: Si annuncia, si separa, 1999, smeriglio su vetro, 80x43cm.
Tutte le fotografie pubblicate in questa pagina sono di Roberto Covre

L'artista
Agostino Perrini è nato nel 1955 a Sale Marasino, un paese sulle sponde del lago d'Iseo dal quale, giovanissimo, è partito alla volta di Venezia per frequentare l'Accademia di Belle Arti. Proprio nella città lagunare, alla fine degli anni 70, è venuto a contatto con le realtà artistiche contemporanee, dall'arte povera fino alle esperienze concettuali, che hanno inevitabilmente influenzato i suoi primi lavori. Ha collaborato in quel periodo con la Fondazione Bevilaqua La Masa, esponendo le sue opere all'interno di due mostre curate da Toni Toniato: "Periferie dello sguardo" e "Proiezioni Arte nel Veneto 1970/80", entrambe del 1981. Già nei primi anni '80 il lavoro di Perrini è stato ospitato da importanti gallerie, sia in Italia sia all'estero: la Kunsthalle di Norimberga, il Museo cantonale di Belle Arti di Losanna, la Camera Base Internazionale di Lione e la Axe Actuelle di Toulouse. Poco dopo ha poi intrapreso un discorso di collaborazione con i critici Claudio Cerritelli e Dino Marangon, che gli ha permesso di proporre le sue opere in alcune note mostre, come quella dal titolo "Sguardi a Nord-Est" allestita al Palazzo dei Diamanti di Ferrara nel 1986. Anche lo Studio Tommaseo, galleria d'arte contemporanea di Trieste, ha esposto le opere di Perrini in due occasioni, quando proponeva all'inizio degli anni '90 le opere di giovani artisti emergenti, una sorta di spazio aperto attorno al quale ruotava la curiosità di alcuni critici molto importanti, tra i quali Gillo Dorfles. Nella nostra città Perrini ha organizzato nel 1984 e nell'88 due personali alla galleria Minini. Qualche anno più tardi ha partecipato, con altri giovani artisti bresciani, al progetto "L'Aura", uno spazio espositivo autogestito per l'arte contemporanea che ha chiuso i battenti nel 1993: un laboratorio di idee che si discostava dalle gallerie tradizionali, rimanendo totalmente estraneo alle logiche del mercato dell'arte. L'ultima mostra in ordine di tempo dell'artista bresciano ha avuto luogo alla Galleria Multigraphic di Venezia dove, insieme con Riccardo Curti, ha presentato "Risonanti Figure".

Sopra a sinistra: Tra terra e cielo, 1992, olio su legno, 100x75 cm. A destra: Ascolto, 1994, olio su legno, 120x200 cm.
Sotto a sinistra: Corpo estraneo, 1999, plexiglass sabbiato e ferro. A destra: Ostaggio, 1999, plexiglass sabbiato e ferro. In basso a destra Corpo estraneo, 1999, ferro e prexiglass, 50x70.


Le sue opere
Il lavoro di Perrini ha subìto nel corso degli anni una costante trasformazione, sia dal punto di vista tecnico sia da quello concettuale. Le varie soluzioni tecniche adottate dall'artista sono comunque la conseguenza di una ricerca ben precisa, che ha puntato l'attenzione sui rapporti visivi tra il colore, la forma e lo spazio espositivo. I primi lavori esprimevano un forte dinamismo gestuale: si trattava di composizioni astratte, spesso bicromatiche, che esploravano le forme consuete del linguaggio e del corpo attraverso l'ossessiva ricerca della forma "antigraziosa", nate forse dall'interesse verso la pittura informale di Emilio Vedova. Ma con il passare degli anni i quadri di Perrini hanno perso ogni riferimento figurativo. Non compaiono più immagini e oggetti riconoscibili, ma l' interesse si è spostato verso uno studio più approfondito delle superfici cromatiche, del rapporto tra la densità e la risonanza del colore. Le opere "Ascolto" e "Traterra" ricordano le suggestioni metafisiche e sono il risultato dello studio tra equilibrio e disequilibrio delle forme: il supporto è diventato tridimensionale, costruito con precisione estrema, studiando angoli irregolari e complementari, che abbiano un peso percettivo speculare rispetto alle diverse intensità del blu dipinto. La differenza rispetto al dinamismo delle tele degli Anni Ottanta sta in un perfetto controllo della materia che viene applicata in funzione della costruzione del supporto. E' questa ricerca di compenetrazione tra struttura e colore che spinge Perrini all'uso del vetro, o della trasparenza in generale, e il segno torna a comparire nelle sue opere ma in maniera totalmente dissimulata. L'uso di un supporto freddo e inerme come il vetro e l'estrema semplicità delle linee incise, non sono mirati a togliere espressività all'opera, ma cercano, attraverso un gioco di ombre, di coinvolgere nella complessa rete di equilibri anche la parete retrostante. Per fare questo l'artista studia con precisione l'omogeneità delle sabbiature, gli spessori del vetro e il perfetto angolo di incisione della luce, elemento essenziale per rendere visibile l'immagine progettata. Sono nate così opere di grande gusto poetico, che vibrano di tonalità appena accennate e confondono lo spettatore che per un attimo annulla, per un effetto ottico, la distanza tra i la lastra trasparente e il muro. I segni graffiati e le loro ombre assumono la medesima importanza, l'eleganza della composizione ricorda a tratti le immagini incise dai Camuni sulle pietre della Valcamonica, strutture complesse che sembrano descrivere qualcosa di reale, rimanendo però sempre sospese nella inconsistenza della luce.

Agostino Perrini vive a Brescia, per contattarlo agostino@mac.com


In alto, a sinistra, Corpo estraneo, 1999, plexiglass sabbiato e ferro, 50x70 cm.
Sopra a sinistra: Lo sguardo tra le sue ombre, 2000, sabbiature e incisione su vetro, 70x94 cm. A destra L'ombra della luce, 2000, sabbiature e incisione su vetro, 70x94.



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