Tempo libero

Ristoranti

Osterie

Birrerie, Pub

Bar

Per uno spuntino

Gelaterie

Cinema

Teatri

Dopo mezzanotte

Itinerari

Viaggi

Cucina

Fitness

Appuntamenti

Agenda

Link bresciani


Arte, cultura

Mostre

Musei

Biblioteche

Artisti bresciani

Gruppi musicali

Gruppi teatrali

Lirica e classica

Il nostro archivio


BRESCIA
DI NOTTE

Dove mangiare, bere, ascoltare musica dopo mezzanotte
 

 

 

 


quiLirica&dintorni a cura di Raffaello Malesci

Don Carlo, ovvero il passo più lungo della gamba
Deludente la proposta del capolavoro verdiano al Teatro Grande

Il Teatro Grande di Brescia ha riaperto la stagione lirica con un'edizione del Don Carlo di Giuseppe Verdi in un allestimento importato dal Teatro di Pisa. Pur apprezzando il coraggio di proporre un'opera complessa come Don Carlo, dobbiamo dire subito che a nostro avviso il risultato purtroppo non è stato soddisfacente.
La regia e le scene erano affidate a Pier Paolo Pacini, che ha scelto una scenografia stilizzata a fondale fisso con alcune gabbie che dovevano rappresentare il carcere e l'oppressione. Ma alla stilizzazione scenografica, probabilmente motivata anche da problemi di budget, non corrispondeva affatto una stilizzazione dei costumi, né tanto meno della regia.
I costumi, a cura di Massimo Poli, tentavano di richiamare quelli dell'epoca, ma erano ammantati da una tristezza puritana che con il Cinquecento spagnolo ha poco a che fare.
La regia, invece di tentare strade originali in una scena praticamente sempre vuota, ricalcava i solchi della tradizione con risultati davvero poco incisivi, soprattutto nella disposizione del coro. I movimenti dei cantanti sono stati ridotti al minimo, così da generare inevitabilmente un certo senso di torpore. A ciò si aggiungono alcune scelte discutibili come l'epilessia di Carlo con il tenore appoggiato su una panca a mo' di commensale romano, oppure il Grande Inquisitore che doma con la sua imponenza il popolo in rivolta piazzato su un cigolante sediolo a rotelle. Anche l'utilizzo della croce nel finale ci è parso un mero orpello, poiché in tutta la rappresentazione non si è riusciti a ricreare l'oppressione inquisitoria richiesta dall'opera. Avrebbe avuto più senso un allestimento antitradizionale e una lettura nuova del Don Carlo, piuttosto che cercare una linea tradizionale senza averne realmente le possibilità.
Sul piano dell'esecuzione, abbiamo assistito a una serata con esiti alterni (eravamo alla seconda rappresentazione, quella di venerdì 26 ottobre). E' vero che i cantanti erano tutti giovani e, in linea di massima, preparati. Quello che rende arduo l'allestimento di Don Carlo, è però il fatto che l'opera inizia a staccarsi dalla concezione ottocentesca del melodramma a pezzi chiusi costruito con personaggi che sono "tipi" stilizzati e ripetitivi, richiedendo invece degli interpreti che sappiano rendere in scena il personaggio a tutto tondo. Purtroppo, in questo senso tutti i cantanti non sono andati al di là delle buone intenzioni.
Il migliore della serata a cui abbiamo assistito è stato il Filippo II del basso Andreas Macco che, seppur con qualche incertezza nel settore acuto, in cui la voce si schiarisce eccessivamente, è riuscito a rendere dignitosamente il tormentato monarca, interpretando correttamente la sua grande aria "Ella giammai m'amò". Discrete anche l'Elisabetta di Simona Bertini, dai buoni mezzi vocali ma dall'interpretazione ancora confusa, e la Eboli di Federica Proietti, forse la più dotata dal punto di vista scenico, supportata anche da una voce schietta e naturale.
Gianfranco Montresor interpretava Rodrigo con buoni accenti e una voce dal timbro fascinoso completata da eccellenti smorzature. I limiti si sono evidenziati però ogni volta che tentava di forzare il suo strumento per creare l'accento drammatico. Montresor è un baritono che potrebbe convincere senza appello in un repertorio belcantistico probabilmente più adatto alla sua vocalità. Tonitruante il Grande Inquisitore di Nikolay Bikov. Scandaloso invece a nostro avviso il tenore Antonino Interisano, interprete di Don Carlo nella seconda serata, con acuti sempre al limite della nota, opachi e falsettanti, completa mancanza di musicalità, di fraseggio e una presenza scenica inesistente.
L'orchestra Città Lirica era affidata al maestro Antonello Allemandi che ha diretto correttamente e con piglio, contribuendo in buona parte a risollevare le sorti della serata. Allemandi non ha mai perso di vista l'insieme dell'opera e, ove rallentava eccessivamente, lo faceva per seguire i cantati. Senza infamia e senza lode il Coro Città Lirica e Società Corale Pisana.
Alla fine il pubblico abbastanza numeroso ha congedato tutti gli interpreti con una sola frettolosa chiamata a proscenio.

Consulta il programma della stagione 2001 del Teatro Grande


Consulta l'archivio della lirica in quiBresciaMusica

Consulta l'archivio dei gruppi bresciani in quiBresciaMusica

Scarica gratis gli Mp3 dei musicisti bresciani

Vai alla pagina indice della musica

Scrivi a musica@quiBrescia.it


 

Servizi pubblici

Ospedali

Professioni

Associazioni

Sindacati

Uffici pubblici

Luce, gas

Università

Chi ci rappresenta

Enti turistici


 

NUOVO

Le trame
dei film
da vedere
in città
e provincia

 

   

Dove andare a

Desenzano

Iseo

Palazzolo

Rovato

Salò

Sarnico

Sirmione

Toscolano