La scuola materna
Padre Ribero
Un Asilo nato ottant'anni fa
La benemerita istituzione di
Pratavecchia, ultimata nel 1913 e avviata nel 1923
Pratavecchia, un piccolo
borgo accoccolato intorno alla sua parrocchiale di San Giacomo Maggiore dal
quale un tempo prendeva il nome: agricolo e artigiano, per le sue fertili
campagne e per le sue numerose e antiche fucine di falci e falciole, forgiate
dalle mani di abili fabbri al suono di potenti magli, oggi muti. Di buon mattino
le campane dell'Ave Maria e il canto dei magli intonavano la sveglia agli
abitanti del borgo. È bello e giusto riandare talvolta alle pagine della piccola
storia dei nostri borghi per ricordare qualche data particolare e interessante,
perché non vada dimenticata. Andando indietro nel tempo si ricordano due date 1913 e 1923 che riguardano l'Asilo
dedicato a Padre Giovan Battista Ribero: un bell'edificio costruito novant'anni
fa e gli 80 dal giorno in cui aprirono le porte al primo nugolo di bambini. Era,
a quei tempi, un sogno dei parroci poter istituire una scuola per l'infanzia
onde sollevare le fatiche dei genitori, impegnati nei duri lavori dei campi e
delle officine.
L'iniziativa di un Asilo a
Pratavecchia sorse, per primo, nel cuore di don Ludovico Calandri, parroco dal
1866 al 1906, negli ultimi anni della sua vita. Nel 1904 era andato, come ogni
anno, a Torino per la Festa della Consolata e laggiù ne parlò con la Madonna,
con la zia Massimina, della quale era sovente ospite, e con altre persone. Aveva
in mente di comperare la casa di don Bertolotti. La cosa trapelò nel giro delle
sue amicizie, cosicché l'avv. Enrico Farina scrisse una lettera all'arciprete di
Dronero Don Mattio (conservata nell'archivio) proponendo l'acquisto della casa
di sua moglie, la nobile Matilde Massimino Farina al prezzo di favore di lire
10.000. Don Calandri ci pensò, si consigliò e rispose che preferiva costruire un
edificio ex-novo “perché sapeva per esperienza che, quanti si servono di vecchi
fabbricati, finiscono per spendere molto di più in sito obbligato e poco
adatto”. Fece l'offerta, insieme a Giovanni Simondi e Giuseppe Tosello, di
lire10.000 per l'erigendo Asilo e la donazione di un appezzamento di campo del
Beneficio parrocchiale di giornate 1,10. È il terreno dove sorgerà l'Asilo e il
campo sportivo. Purtroppo il 22 febbraio 1906, a soli 64 anni, moriva don
Calandri. Gli succedette don Giovanni Battista Bonetto (1906-1922), deciso a
portare avanti l'iniziativa del suo predecessore. Incaricò l'ingegner Sgherlino,
proprietario di una cascina in paese. Iniziarono i lavori nel luglio 1911 e
furono ultimati due anni dopo, nel settembre 1913, sotto l'Amministrazione del
parroco, di Simondi Giovanni, Tosello Giuseppe, Riba Angelo e Isoardi Giovanni.
I lavori eseguiti in economia, con l'assistenza dell'ing. Sgherlino, sono opera
degli impresari Castellano-Rinaudo, dei falegnami Albis Giuseppe e Giorgio, del
serragliere Lamberti, del lattoniere Perottino con l'aiuto manuale di tutta la
popolazione, per la spesa complessiva di lire 37.496,24. L'Asilo era fatto e la
Relazione di collaudo dei lavori del geom. Faccio di Dronero del 20 febbraio
1914 dichiarava che era stato ultimato “un Asilo modello, presentemente il
migliore e il più moderno che esiste non solo in questo Comune, ma anche nei
paesi circostanti”. Sopraggiunse la prima guerra mondiale e fermò tutto. Per
diversi anni fu dato in affitto a negozianti da frutta che non lo trattarono
molto bene. Nel luglio 1922 don Bonetto rinunciò alla parrocchia e gli
succedette il teologo Guglielmi, professore nel Seminario di Saluzzo. Nel breve
volgere di un anno, egli portò l'opera a compimento. Dal 1917 Padre Ribero
Giovan Battista, nativo di Pratavecchia, era diventato il V° successore del
Cottolengo e Superiore generale della Città di Torino. Don Guglielmi
probabilmente lo conosceva bene, e chiese ed ottenne che ad aprire e a dirigere
il nuovo Asilo venissero le suore cottolenghine.Raccontava suor Maria Massa
che le tre suore, scelte da P. Ribero e destinate a Pratavecchia, partirono in
treno da Torino l'11 settembre 1923 e giunsero alla Stazione di
Monastero-Pratavecchia accolte dal parroco, con Notu Riba e il sig. Dolce col
biroccio sul quale salirono le suore con le loro valigie. Accomiatandosi da
loro, P. Ribero, benedicendole, aveva detto: “Quando entrerete in quella chiesa,
salutatemi Gesù e dite una preghiera davanti al fonte battesimale, dove questo
biricchino è diventato cristiano”. Insieme a lei, suor Massa c'era la Superiora,
suor Gioventina e suor Giuseppina. Tre giovani suore che trovarono una casa
ancora in disordine, senza luce, con tanti vetri rotti, senza l'acqua potabile
che andavano ad attingere al vicino bialot. Si rimboccarono le maniche e agli
inizi di ottobre di ottant'anni fa le porte si aprirono per accogliere la prima
nidiata di 42 bambini. Le suore cottolenghine, com'è nei loro programmi, oltre
alla scuola e mensa per i bimbi, da subito, si interessarono per l'Azione
Cattolica, per l'Oratorio, il laboratorio femminile, il catechismo, la scuola di
cucito e di canto diretta dal fratello di suor Massa, la pulizia della Chiesa,
la filodrammatica… E, dal 25 aprile, dopo la benedizione della semente, fino a
metà maggio si occupavano anche per la camera di incubazione dei bachi, con la
stima e la fiducia della popolazione e gente dei dintorni. Suor Gioventina fu
Superiora fino al 1936, suor Massa per 32 anni come maestra d'asilo e poi
superiora, che mi aveva fornito tante notizie. Di altre ho sentito parlare con
venerazione, altre le ho conosciute e abbiamo lavorato insieme Suor Angelica,
sepolta in quel cimitero, suor Serena - la maestra e l'organista, suor
Antonietta - la samaritana di malati e anziani, suor Ernesta, suor Anna Bergamin,
suor Cecilia, suor Pia, suor Giovanna senza dimenticare suor Angela, a
Pratavecchia dal 1971 che insieme a suor Rosa e suor Anna sono oggi la generosa
collaboratrici dell'attuale Superiora Suor Teresa Ghirardini e del parroco don
Sandro.
Un breve album, incompleto,
con i soli nomi della professione, perché non mi è possibile saperne di più, ma
che ricorderà a tanti che sono passati all'asilo il volto di una suora
sorridente che ha voluto loro bene, ha loro insegnato tante cose belle, ha loro
dedicato anni della sua vita e, ad altri, l'ospitalità durante l'occupazione
tedesca e i bombardamenti di Dronero nel febbraio 1945. Sulla facciata della
casa dov'era nato P. Ribero venne collocata una lapide, nel settembre 1973, per
ricordare questo illustre figlio di Pratavecchia ma anche la presenza delle sue
figlie mandate, un giorno, da lui a lavorare nel suo paese natio.
Don Giovanni Rovera
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