L'ECO DI BERGAMO 22 marzo 2002CittàPagina 13 Un'arma graffiante che colpisce senza ferire Il graffito murale esiste praticamente da sempre: dall'antichità ad oggi si è collocato con prepotenza nei labirintici spazi quotidiani lanciando al vento insolenze, grida di aiuto, messaggi criptici. Oggi, però, non si può parlare solo di scritta murale, in quanto la presenza di questa particolarissima forma di comunicazione ha trovato molte possibilità di diffusione attraverso i supporti che fanno parte dell'arredo urbano. Nella foresta metropolitana non sono solo i muri, ma anche le vetrate delle cabine telefoniche e delle fermate degli autobus, o gli interni dei mezzi di trasporto, a trasformarsi in spazio dove è possibile concretizzare un linguaggio che, sotto certi aspetti, vorrebbe dire tanto in poco. Scrivendo sui vari supporti urbani si intende a sublimare la propria rabbia e il proprio desiderio di variare un processo che si ritiene ingiusto: non esistono regole, non esiste un codice linguistico, esiste l'improvvisazione e ancora la rabbia. In qualche caso c'è anche l'amore, si passa dall'«amore» del maggio francese: «Ti amo! Oh! Ditelo con i cubetti di porfido!», a quello meno violento e un po' enfatico del tifoso: «Atalanta primo amore», per raggiungere livelli più privati e incomprensibili per la maggioranza: «Ti amo Francesca!». Si scrive ovunque sia possibile cristallizzare il proprio pensiero mantenendo l'anonimato, servendosi così di una libertà espressiva assolutamente priva di regole e, in alcuni casi, dominata da un codice noto solo a pochi addetti. Qualcosa di «esoterico» come questo misterioso 052 color fucsia che sui nostri muri è diventato un leit motiv intorno al quale esistono tesi, pareri, e illazioni. Non esiste un limite, se non quello spaziale, in quanto gli autori delle scritte sono consapevoli di possedere un'arma sempre graffiante ma innocua, che non colpisce mai ma, al limite, ferisce offendendo o esaltando vittime note o sconosciute: vecchi e nuovi bersagli delle ire o della passione di noi comuni mortali. E certe accuse che appaiono sui muri, anche pesanti, basate principalmente sull'effetto, hanno l'identico risultato dell'urlo o della battuta gettati da uno sconosciuto nel buio di una sala cinematografica dove, nel buio, si perde. Massimo Centini