31.3.02

Rifondazione comunista e l'appuntamento con le elezioni amministrative del 26 maggio: nei programmi di coalizione la proposta del "bilancio partecipativo"

Movimenti e innovazioni programmatiche

Gianluigi Pegolo

 

Che le prossime elezioni amministrative si carichino di un particolare significato politico è del tutto evidente. Dopo i cattivi risultati elettorali conseguiti dall'Ulivo in occasione delle elezioni regionali del Molise e della tornata amministrativa siciliana, l'appuntamento del 26 maggio acquista, inevitabilmente, il significato di una prova d'appello del centro sinistra. Una prova tanto più importante nel momento in cui la destra si presenta sempre più aggressiva e con il proposito di operare uno sfondamento anche sui governi locali. Alcuni fatti recenti hanno contribuito, inoltre, a rafforzare il valore di questo test amministrativo. Mi riferisco, in particolare, a due elementi di novità. Il primo è rappresentato dall'estendersi nel Paese di un movimento di protesta che pone direttamente la necessità di un salto di qualità nell'opposizione contro il governo Berlusconi. Dopo le mobilitazioni del movimento No Global, la discesa in campo dei lavoratori per la difesa dell'articolo 18, in particolare a seguito dello straordinario successo della manifestazione nazionale indetta dalla Cgil, e la crescita di iniziative della società civile in difesa della democrazia è evidente che ci troviamo di fronte ad una nuova sensibilità di massa. Il secondo elemento di novità è rappresentato da un miglioramento dei rapporti fra centro sinistra e Rifondazione comunista, con i primi segnali di possibili convergenze su alcuni obiettivi di una battaglia di opposizione. Questi fatti non sono privi di riflessi sulla vicenda elettorale amministrativa. In particolare, essi possono favorire la costituzione di schieramenti sociali e politici in grado di cimentarsi nella prova elettorale per battere le destre e avviare esperienze di governo locale socialmente avanzate.

 


L'insufficienza di una
prospettiva frontista
Il punto è se queste potenzialità, presenti nella situazione attuale, possano effettivamente concretizzarsi. Nella gran parte dei comuni al di sopra di una certa soglia (assumiamo per comodità quella dei 15000 abitanti) e nelle province chiamate al voto il confronto fra Rifondazione comunista e le forze del centro sinistra si è avviato. I primi riscontri confermano (a parte alcune eccezioni) una disponibilità a ricercare le intese e, certamente, il clima è migliore rispetto alla fase precedente. Si può pertanto ritenere che esistano condizioni per un confronto serio e pacato, il che è di per sé un fatto positivo. Ciò premesso, sarebbe però sbagliato assumere un atteggiamento ispirato ad un facile ottimismo. Lo sottolineo non per un eccesso di cautela, che in questi frangenti è d'obbligo, ma per una considerazione più di fondo circa la natura della prossima competizione elettorale e i requisiti essenziali che dovrebbe possedere una nuova politica delle alleanze. Occorre innanzi tutto precisare che se la scelta di dar vita ad alleanze è necessaria per battere le destre a livello locale, essa non può essere considerata sufficiente. Voglio cioè sostenere che non è possibile fare proprio una schema classicamente frontista. La ragione sta, in primo luogo, nelle trasformazioni subite nel corso di questi anni dalle società locali e, in particolare, dalle istituzioni locali e gli effetti che queste hanno prodotto sul piano delle dinamiche politiche.


Necessità di una svolta
nelle politiche locali
In particolare, a me pare che si sbaglierebbe se si pensasse che l'estensione dell'egemonia delle destre nelle società locali, testimoniata dalla crescita di consensi ottenuta nelle scorse elezioni amministrative, si sia prodotta semplicemente come effetto di un mutamento di orientamenti politico-culturali generali. Questi hanno inciso, certamente, ma esiste anche uno specifico locale. Nel corso di questi anni, infatti, a livello locale abbiamo assistito ad una crisi del sistema della rappresentanza, testimoniato dal crescente distacco dei cittadini dalle istituzioni o, peggio, dal riaffermarsi di accentuati meccanismi di delega, all'evidente impoverimento delle funzioni pubbliche, sia sul piano della gestione (col dilagare delle privatizzazioni), sia su quello del controllo, all'attenuarsi delle politiche redistributive e di tutela dei diritti (in parte per effetto del fenomeno precedente, in parte per la restrizione delle risorse). Questi processi hanno alimentato una diffusa insoddisfazione. A ciò si aggiunge, fatto rilevante, che in coincidenza con questi fenomeni si sono venute progressivamente attenuando la differenze fra gli schieramenti politici. Molto spesso, infatti, le distinzioni fra le politiche dei governi di centro-destra e di centro-sinistra sono diventate talmente sfumate da sollecitare nel corpo elettorale opzioni basate più sul gradimento dei singoli candidati che sulla condivisione dei progetti politici. Per questo, se il recente mutamento di clima politico nel Paese, con il riaprirsi di una incisiva battaglia di opposizione, costituisce una condizione favorevole per affrontare la prova elettorale amministrativa, tuttavia, è assolutamente necessario che si producano evidenti segnali di svolta sul piano locale.


L'apertura alla società
civile e ai movimenti
Ciò significa, in particolare, che una alternativa alle destre a livello locale implica oggi, per essere credibile, non solo la realizzazione di alleanze ampie ma anche, e soprattutto, elementi di discontinuità sul piano politico/programmatico e sul piano delle relazioni sociali. Cosa significa concretamente? Significa che su due questioni fondamentali si gioca in gran parte la credibilità delle alleanze locali. La prima è relativa al rapporto che si viene a stabilire con la società civile e con i movimenti. Nel corso di questi mesi, è inutile negarlo, per molti versi la società civile ha svolto un ruolo di supplenza rispetto all'inerzia della società politica. Lo si è visto con lo sviluppo del movimento No Global e, nell'ultimo periodo, con l'iniziativa dei lavoratori e lo sviluppo del movimento dei "girotondi". E' credibile cimentarsi nella competizione amministrativa senza porsi il problema di come valorizzare queste risorse? E ancora, è possibile individuare proposte programmatiche senza rispondere alle aspettative che sono presenti nelle società. Non credo, significherebbe depotenziare il ruolo delle stesse alleanze. Ma per rispondere a queste esigenze è necessario che i movimenti abbiano uno spazio nella prossima vicenda amministrativa. Ciò può significare: coinvolgimento delle realtà sociali più significative, a partire dai social forum, nella elaborazione delle piattaforme programmatiche, apertura delle liste a rappresentanti dei movimenti, gestione comune della campagna elettorale.


La discontinuità
programmatica
La seconda grande questione, ovviamente strettamente intrecciata alla prima, riguarda le proposte programmatiche che si intendono avanzare per città e province. Qui occorre essere chiari: o si assume fino in fondo la rilevanza della crisi sociale e politica che attraversa le società locali, e ci si pone quindi nell'ottica di promuovere una coraggiosa innovazione sul piano degli orientamenti delle politiche locali, o si finisce in uno sterile continuismo che non consentirebbe di raccogliere significativi consensi. Come Rifondazione comunista abbiamo identificato alcuni assi di una proposta generale che ci pare possa rispondere a queste esigenze ed è su questa base che abbiamo avviato dovunque le trattative. I punti essenziali della nostra proposta, in particolare per i comuni, ambito istituzionale in cui si concentrerà in larga misura la sfida elettorale, sono riconducibili a cinque questioni decisive. La prima riguarda la democrazia. Come rianimare un corpo sociale deluso? Come riconnettere i cittadini alle istituzioni? A nostro avviso, affiancando alle forme della democrazia delegata esperienze di democrazia diretta. Per questo dovunque stiamo proponendo l'assunzione nei programmi di coalizione della proposta del "bilancio partecipativo". La seconda questione è quella di una politica di inclusione sociale e di sostegno ai redditi più bassi. Su questo punto riteniamo essenziale l'allargamento dell'offerta dei servizi sociali, la predisposizione di pacchetti di servizi gratuiti e una politica tariffaria e impositiva rigidamente progressiva. In terzo luogo, riteniamo indispensabile una inversione di rotta rispetto alla alienazione delle funzioni pubbliche a cui si è assistito nel corso di questi anni. Per questo siamo per il rifiuto delle privatizzazioni e una riqualificazione della gestione pubblica attraverso l'estensione delle forme di controllo degli utenti. In quarto luogo, riproponiamo la centralità di politiche ispirate al criterio della sostenibilità ambientale e sottolineiamo la rilevanza del recupero nelle città delle aree urbanisticamente e socialmente degradate, come risposta all'esigenza di determinare una riappropriazione collettiva e socialmente equa dello spazio urbano. Infine, poniamo al centro, specie nelle aree più compromesse socialmente, il tema del lavoro, a cui pensiamo si debba dare una risposta anche attraverso l'intervento diretto dei governi locali, per promuovere nuova occupazione e per tutelare i diritti dei lavoratori.


Per autonomia
degli enti locali
Questi cinque assi a nostro parere configurano una piattaforma generale che ha il pregio: a) di intervenire sui nodi più critici delle politiche locali, b) di prospettare degli orientamenti alternativi a quelli delle destre. Un'ultima osservazione si rende necessaria. E' del tutto evidente, specie dopo la sciagurata legge finanziaria varata dal governo Berlusconi, che gli enti locali non possono adempiere a funzioni socialmente rilevanti se sono sottoposti al taglio indiscriminato delle risorse. La rimozione di questo vincolo costituisce oggi una sorta di prerequisito per promuovere una svolta in senso progressista delle politiche locali. Non che ciò significhi che, in assenza di inversioni di rotta negli indirizzi della politica economica nazionale, sia impossibile alcuna azione riformatrice a livello locale. Questo non è vero. E' certo, tuttavia, che questo nodo non può in prospettiva essere eluso. Per questo sarebbe positivo che nei programmi delle coalizioni si riservasse un punto specifico su questo tema e, cioè, quello relativo alle condizioni necessarie a garantire l'autonomia locale. Perché ciò sia significativo, e non si ricada nella riproposizione di una rivendicazione astratta, occorre assumere con decisione l'impegno a condurre nei confronti dei vari livelli istituzionali (a partire dallo Stato) una battaglia per l'incremento delle risorse disponibili per gli enti locali e contro le limitazioni poste alle scelte di spesa.