La città cambia: e la Giunta cosa fa?

 

I dati statistici, recentemente pubblicati sulla stampa locale, sull’andamento demografico, la distribuzione lavorativa nonché gli indicatori economici relativi alla città di Bergamo, nonostante siano in parte poco aggiornati, consentono interessanti riflessioni in merito alle prospettive di sviluppo della nostra città ed ai “progetti, se così possono essere definiti, della Giunta Veneziani.

Da tali statistiche emerge, nell’anno 1999, una “esplosione” demografica rispetto all’anno precedente, con notevole aumento della natalità, dell’immigrazione da altri Comuni e dei nuclei famigliari e altrettanto notevole diminuzione della mortalità e dell’emigrazione verso altri Comuni.

I nati sono infatti saliti da 996 a 1058, gli immigrati da 3486 a 4291 e i nuclei famigliari da 50714 a 51524, mentre i morti sono scesi da 1390 a 1313 e gli emigrati da 3518 a 3392.

Per quanto riguarda il “peso” della città nell’ambito provinciale, emerge una notevole importanza della città nei settori sanitario e scolastico, testimoniata dal numero di posti-letto ospedalieri (43,5% sul totale provinciale) e di alunni delle scuole superiori (51%).

E’ evidente il notevole influsso che questi sviluppi demografici hanno sul futuro della città e sulle scelte politico-amministrative che si impongono nell’interesse dei cittadini.

L’aumento demografico, in particolare la sempre più evidente tendenza alla crescita dei nuclei famigliari, impone una politica dei servizi sociali che non tenda al loro smantellamento – come è ormai chiaro sia presente neo progetti della Giunta Veneziani – ma al loro sviluppo ed una attenta politica della casa, lontana dalle tentazioni speculativo-affaristiche che dominano l’attuale Giunta e rivolta alle esigenze delle fasce sociali più deboli, in particolare incrementando e valorizzando l’edilizia economico-popolare.

Anche la discussione in merito alle caratteristiche del nuovo ospedale – conservazione degli attuali posti-letto od ospedale ad alta specializzazione – non può che essere influenzata dall’incremento demografico recentemente verificatosi, in quanto una eventuale consistente riduzione dei posti-letto non sarebbe compatibile con le attuali prospettive di aumento demografico.

Anche la politica dei trasporti va sicuramente riconsiderata, in quanto la crescita dei residenti ed il notevole   numero   degli    studenti   impongono   un

 

deciso cambio di rotta verso forme di trasporto più razionali e compatibili con l’ambiente, ovvero verso la valorizzazione e l’aumento di efficienza del trasporto pubblico.

Fabio Paganoni

 

Una biblioteca a braccio

 

Colpiscono la copertina e la reclame dell’ultimo libro del leader del Polo. Gli ultimi discorsi a braccio di Silvio Berlusconi.

Quell’espressione ci lascia credere grandi capacità retoriche e di convinzione. Uno straordinario potere dell’affabulazione che corrisponde alla chiarezza del pensiero. Una meraviglia dell’uomo e della sua capacità di parola.

Fermiamoci un attimo e ripartiamo da principio. Ovvero dagli esponenti locali della formazione di destra. Dalla loro politica delle biblioteche che i libri organizzano. Appare da subito un venir meno della razionalità. Detto più semplicemente. Di un principio che tutto sceglie e imposta coerentemente.

L’incontro con il libro e la cultura, non la finanza, naturalmente. In questa chiave allora la restrizione del numero delle biblioteche, dei tempi di accesso ad esse diventa determinante. Ancora di più importante, ci sembra, la scelta di affidarle alle cosiddette cooperative, al lavoro in affitto. Che per sua stessa definizione non prevede la continuità nel tempo. Avremmo personale che, di due mesi in due mesi, si improvvisa sul libro, mentre dall’ufficio più lungimirante arriverebbe l’ordine di acquisto per l’ultimo libro di Iva Zanicchi o di Emilio Fede. La foglia di fico.

Straordinario. E’ la celebrazione della occasionalità e della improvvisazione. Come ci raccontava un nostro amico. Assunto da uno dei tanti Club del libro, doveva presentarsi alle porte e riuscire a piazzare un abbonamento. Non importa come. Doveva solamente parlare e parlare. Poi il fascino della persona o della sola voce avrebbe dovuto compiere il resto. Naturalmente doveva sempre sorridere, anche se aveva il pesante catalogo fra le mani.

Mani, braccio. Ci sembra piuttosto che col libro ci stiamo rimettendo la testa.

Carlo Angelillo

 

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Il lavoro flessibile?

E’ uno schifo

 

Ivan Giordan, giovane delegato della Tnt Traco, ha incontrato il giorno 28 marzo Massimo D’Alema, in visita nell’azienda. << Come va la flessibilità? >>, gli ha chiesto con un sorriso il presidente del consiglio.

<< E’ uno schifo >>, ha risposto pronto l’operaio. Ecco una notizia che vale da sola più di mille convegni: sulla flessibilità s’interrogano da mesi (o anni) sociologi, esperti del lavoro, sindacalisti, padroni, politici.

Ma Ivan Giordan ha detto l’essenziale, in tre parole.

 

Esuberi umani: questi i primi “successi” delle privatizzazioni

 

Un’altra parola “magica” è ricomparsa nelle cronache di questi giorni: << esuberi >>. Viene da esuberante: ciò che eccede una quantità stabilita, ciò che è eccessivo, o non rientra negli standard. Un tempo lo si riferiva a fatti di natura come un raccolto esuberante. Oggi, purtroppo, riguarda prevalentemente esseri umani: lavoratori che non rientrano più nei piani di un’azienda. Lavoratori da espellere dal lavoro, da licenziare, prepensionare, “sistemare” in qualche modo.

Ecco dove sono: 13.500 Telecom, 18.000 Ferrovie, 30.000 Banche, 15.500 Poste, 25.000 Enel, 2.400 Poligrafico, 3.000 Tabacchi, 5.000 Esattorie.

I telegiornali, annunciano che nei servizi e settori pubblici in via di privatizzazione, ci sono ormai 100.000 “esuberi”, e lo dicono in una trentina di secondi, tra un incidente e una nota di costume. Come se questi centomila “in sovrappiù” non fossero persone, lavoratori, storie di vita, famiglie; ma fossero, appunto, mele, pere o patate sovrabbondanti, da mandare al macero.

 

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