I lavori in via S.Tomaso: un brutto sogno

 

Pare che il nome cinese Chang sia il più diffuso in tutto il mondo con quasi 80 milioni di casi. Qui a Bergamo se pensassimo per un momento di essere stati colpiti alla testa da un grosso macigno, il primato per il patronimico verrebbe conteso da pochissimi nomi. Sbarramenti stradali, macchine di diversa natura ai lati delle carreggiate, alte gru portano la loro insegna. L’edilizia pubblica parrebbe proprio essere la loro cittadella privilegiata, luogo per altro riconosciuto per la famosa laboriosità dei bergamaschi.

Ma, attenzione, la botta in testa non l’abbiamo presa e l’intera città non si confonde con la sola edilizia. Tante commesse pubbliche assegnate a pochissime aziende. Tante, probabilmente, è dir poco: se è vero che possiamo attraversare la città senza perder di vista un cantiere. Posatura di tubazioni o rifacimenti di varia natura sono entrate non solo nel corpo della nostra città, ma anche nelle nostre viscere per le attese, le code o i cambiamenti di percorso a cui siamo quotidianamente chiamati.

Per questi disagi qualcuno ha protestato. Si è chiesto legittimamente se era il caso di fare tutti questi lavori contemporaneamente. Essi costringono i cittadini a grossi disagi e c’è da pensare che nel momento in cui la città funzionerà a pieno ritmo, essi non potranno che aumentare. Il traffico per le vie della città non potrà che peggiorare. Facile naturalmente concordare con questo tipo di considerazioni. Tanto è vero che in buona parte le ha condivise il nostro sindaco Veneziani. Che come un buon padre di famiglia ha detto: ragazzi facciamo i sacrifici oggi perché domani saremo premiati. Il tempo dell’attesa non può preludere che a un ottimo raccolto: ottimi servizi per la popolazione della città. Insomma non c’è rosa senza spine e altri proverbi simili.

Noi protestiamo e facciamo qualcosa di più. Osserviamo come sono stati condotti i lavori in via S.Tomaso de’Calvi. Iniziati al termine delle scuole ora non sono stati ancora finiti. La strada pressochè interrotta, ma pochissimi uomini al lavoro. Pomeriggi troppo azzurri e solitari, in cui si usciva dall’oratorio e si dava un calcio a qualche sassolino sulla strada deserta. La mole enorme dei lavori pubblici nella nostra città, partoriva sottocasa un topolino accidioso con tempi da elefante. Ci vien di fermarci, allora, e facciamo un sogno ad occhi aperti. Le nostre scarpe non sono sporche di polvere  e i lavori sono stati terminati. Ma, subito, orrore, un martello pneumatico si introduce nel nostro sogno: i soliti noti stanno ribucando la strada.

Carlo Angelillo