Già, tutto era terribile per
lui
una sottile tortura a cui doveva assistere in silenzio, e per di più era
obbligato anche mostrarsi felice per la sua padrona. Ma non lo era, e ogni colpo di
martello che dava al palo della staccionata era come il tentativo di abbattere quei
pensieri che aleggiavano intorno a lui, come pipistrelli folli in una notte nera.
Ma non era tanto quella situazione ridicola e paradossale- un ballo con
tutti i partiti di Versailles a disposizione di Oscar: lei si sarebbe certo divertita a
metterli in imbarazzo uno per uno! - ma il fatto che, a danzare con lei, sarebbe stato
Fersen. Andrè odiava scoprire in sé cattivi sentimenti, si chiedeva spesso se il suo
desiderio fosse egoistico oppure no, cercava di capire le esigenze di tutti come fossero
le sue ma
No, Fersen no
.Non poteva
.Andrè si era scoperto geloso, e
questo lato di sé non gli piaceva. Ancor meno gli piaceva l'idea di aver tutte le ragioni
per esserlo.
Fersen non era un piatto Girodel. Era stato il primo amore di Oscar, e
certo lei non doveva essergli stata del tutto indifferente. C'era un legame tra loro due,
anche solo a livello mentale. Fersen era l'unico uomo per il quale Oscar, sempre
razionale, aveva fatto una pazzia. E se l'avesse fatta di nuovo? Oh, il cuore gli sarebbe
scoppiato, esploso, andato in mille pezzi
non ne poteva più
Ma che diritto
aveva lui, di soffrire? Di essere geloso poi! Come uomo, tutto e anche di più. Come
attendente nessuno. Tirò un calcio al palo, si fece male al piede e lanciò un accidente
ai merli che gracchiavano nel silenzio dell'alba. Poi si rimise, ancor più nervosamente,
a lavorare
E ci dava giù con il martello sui pali, sentendo il sudore caldo
mischiarsi all'umidità che gli impregnava gli abiti. Sudore, lacrime e rugiada
Fersen si trovava in prossimità del parco di Palazzo Jarjayes. In
groppa al suo cavallo si avvicinava piano, gustando la sensazione di essere avvolto dalla
nebbia. Il sole tardava a sorgere, come fosse infreddolito da quei colori brumosi che
pervadevano l'aria, ma che a Fersen piacevano tanto. Gli ricordavano la sua patria, la sua
età spensierata
faceva sempre in modo di avere addosso qualcosa di grigio come le
pianure immense di Svezia, o del colore del ghiaccio. Era prestissimo, ma da un po' di
tempo era diventato insonne. Si interrogava su molte cose, e si dava dell'inetto non
riuscendo a trovare un risultato razionale. Per lui, in quel periodo, comandava il cuore
che non sempre è gentile amico della ragione. Era lì a quell'ora perché immaginava che,
con ogni probabilità, avrebbe incrociato una persona con cui sentiva il bisogno di
parlare e che , forse, avrebbe condiviso il suo stato d'animo.
Il biancore della nebbia offusca la vista e potenzia l'udito, così il
cuore di Fersen ebbe un sobbalzo quando, nel silenzio, udì un altro rumore oltre al pigro
scalpiccio del suo cavallo.
Un martello? Una zappa? Lui non sapeva distinguere. Si trovò a
pensare, sorpreso di sé stesso, che lui non conosceva affatto zappa e martello
Chi può' essere il pazzo che lavora a quest'ora?- si chiese, scendendo
da cavallo e avvicinandosi alla fonte del suono.
I primi raggi del sole andavano a riempire i fili densi della nebbia.
Camminando spedito , a rischio di inciampare, Fersen intravide una
sagoma scura, china su un recinto.
La sagoma scura si mosse e volse la testa verso di lui, ma non ebbe
reazioni, come se fissasse il vuoto.
" Chi è? C'è qualcuno lì, credo
Odio l'alba e il tramonto1,
perché non vedo
perché alle volte mi sembra di vedere ciò che non c'è, e Oscar
potrebbe accorgersene
.E io questo no, non lo voglio affatto!"
Andrè lasciò cadere il martello per terra, il tonfo fu attutito
dall'erba umida e fitta.
La sagoma che gli si avvicinava alzò la mano in segno di saluto
" Io esco a quest'ora perché voglio stare solo con me stesso, con
i miei pensieri
Se ci sono solo loro, forse posso capirli meglio
capire cosa
vuole Fersen
cosa succederà se Oscar si sposa
E invece, anche
all'alba
sarà un'altra anima in pena!"
Salve, Andrè
-
Riconobbe la voce - Fersen
Voi qui
a quest'ora?-
Voleva avere un tono sorpreso, ma evidentemente la finzione non era
affatto connaturata con Andrè, trasparente come un ruscello, e la sua voce uscì seccata
e , forse, lievemente acida. Era apparso, in carne ed ossa, il pensiero che lui cercava di
scacciare con ogni forza. Perché Girodel non lo preoccupava, e così tutti quei ridicoli
e granosi damini di Versailles, mentre Fersen era un' altra cosa
E' un periodo che soffro d'insonnia
- rispose gentilmente il conte
" E , guarda un po' tu il caso, vieni proprio quì a
galoppare
" pensò Andrè con amara ironia, ma si limitò a dire un - Mi
dispiace per voi.-
Beh, Andrè, certo anche voi non state passando un bel periodo.
Voglio dire, fare manutenzione alle staccionate prima che sorga il sole vuol dire cercare
la solitudine più totale
.-
"Ma bravo, come l'hai capito?" i pensieri di Andrè erano
sempre discordi da ciò che voleva e che poteva dire. Considerava quella visita di Fersen
affatto casuale e comunque, di pessimo gusto. Cos'era venuto a dirgli? A ricordargli che
la contessa si sposa con un conte e non certo con un servo?
-
e capisco bene che, in un certo senso, tra le cause del vostro
triste stato d'animo ci sono io
- Fersen disse quella frase in un sospiro, lasciando
Andrè senza parole. Fersen si era seduto su un tronco tagliato, incurante dell'umidità,
come se dire quelle parole lo avesse liberato di un peso e ora potesse lasciarsi andare
Cosa
?-
Andrè, io vi capisco. Non vi dovete preoccupare né pensare che io
voglia infliggere un'altra volta, a voi o a Oscar, una sofferenza. Spesso penso a quanto,
inconsapevolmente, per mia leggerezza, ho approfittato della vostra amicizia senza sapere
che con le mie confidenze spargevo sale su piaghe molto vive
Sono qui per parlarvi da
uomo a uomo.-
Sentiamo.- disse Andrè, che ormai poteva giocarsi il tutto per tutto
Andrè, io mi sono offerto di accompagnare madamigella Oscar a quel
ballo per proteggerla al vostro posto. I pretendenti, sapendo che siamo amici di lunga
data, si terranno lontani credendoci già coppia. Voglio chiarire oggi possibile equivoco
tra me e voi, Andrè
Ma anche mettere in chiaro una cosa, per il bene di tutti. Oscar
non è la mia donna, ma non è neppure la vostra. Oscar è libera, e potrebbe darsi che ,
a quel ballo, cambi idea e decida di sposarsi.-
Si, è vero. Oscar è libera. Non è mia e tantomeno vostra. Io lo so,
sono tranquillo con la mia coscienza. Non sono nato ieri, Fersen
Forse voi non
potrete mai capirmi, né io posso chiedervelo, ma io sono felice del fatto che Oscar sia
libera. Poter scegliere è un dono
A me non è dato, perché non sono nobile. Ma se
il generale obbligasse Oscar alle nozze con chiunque, anche lei dovrebbe obbedire. Invece
è libera, e io ne sono felice. -
Mentite, Andrè. - Fersen rispose di scatto, in un impeto di
sincerità- State mentendo a me e a voi stesso: nessun uomo è felice sapendo che la donna
amata è tra le braccia di un altro. Non lo si può essere, la gelosia è un sentimento
naturale , chi più chi meno ogni uomo la prova. E io non posso credere alle vostre
parole, quando il vostro sguardo mi ha chiaramente mostrato le vostre vere
preoccupazioni
.E' vero, un tempo Oscar mi ha amato. E se io non l'avessi conosciuta
come uomo, se non avessi il cuore pieno di
- si interruppe un attimo, mordendosi le
labbra. La tortura di non poter dire il nome dell'amata -
di quella donna
della quale tutti sapete
forse l'avrei amata anche io. Dunque , siccome quel tempo è
passato, sono venuto a dirvi che sarò l'angelo custode di Oscar , al ballo. Starò in sua
compagnia come se fosse la mia fidanzata, ma il mio ruolo non sarà molto diverso dal
vostro. Resta il fatto che Oscar è libera di scegliere, non lo dimenticate mai,
Andrè
-
Il sole era sorto e la nebbia era trasfigurata in un alone diafano,
ricolmo dei colori fatati dell'alba. Avevano parlato, ora si fissavano. Era diventato
difficile parlare, con il dissolversi della nebbia, perché avevano perso quella
protezione effimera che li separava. Ora che le , loro anime erano nude, che le loro
pupille potevano fissarsi provavano una sgradevole tensione. Fersen sapeva bene che Andrè
lo aveva sempre visto come un rivale in amore, e per di più un rivale che gioca
scorretto. Andrè sapeva ancor meglio che, se Fersen aveva parlato con quella insolita
chiarezza, aveva anche capito cosa stava provando lui. Paradossalmente si trovavano in una
situazione analoga: entrambi innamorati di donne dal destino, in buona parte , deciso.
Andrè non era abituato a parlare con altri uomini del suo splendido , assurdo sentimento:
con chi avrebbe potuto parlare? I soldati non lo avrebbero capito, i nobili poi ne
avrebbero fatto uno zimbello . Per Fersen, paradossalmente, la situazione era peggiore.
Non poteva neppure pronunciare il nome del suo unico e grande amore, pena la morte.
Così i due rivali di un tempo si erano trovati nella sgradevole
situazione di aprirsi reciprocamente il cuore, mostrate le vecchie ruggini, dire o lasciar
capire le cose non dette.
Conte Fersen, vi ringrazio per aver parlato chiaro. Ma vorrei farvi
notare che se Oscar sapesse che due uomini stanno discutendo sul fascino della sua
femminilità, non esiterebbe a sfidarci entrambi a duello!- Andrè buttò giù quella che
, più che una battuta , era una constatazione, e che ebbe l'ottimo effetto di troncare
una conversazione che si stava facendo troppo intima e personale, in cui le poche parole
dette sembravano sassi acuminati
Già
- Fersen si alzò, si scosse l'umidità di dosso con il
risultato di bagnarsi anche i guanti2 e andò verso il cavallo - Se ci
rivedremo, Andrè, sarà quando questa storia sarà finita. D'altronde, è il modo
migliore per far contento il Generale senza che a rimetterci sia Oscar. E' il male minore
per tutti
-
Fersen, un attimo
E, lei?
-
Ah, lei capirà
E' amica di Oscar da anni
e poi noi
riusciamo
come dire
il nostro è un legame che non ha bisogno di parole
è
una catena di gioia
e di dolore
- Fersen non si voltò dicendo tali parole.
Anche lui aveva pudore a mostrare i suoi sentimenti, e sapeva bene che il suo sguardo si
riempiva di chiarore, il suo volto faticava a mantenere un'espressione distaccata, quando
si parlava di Maria Antonietta.
Continua
Sonia