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L’ABITO DA SERA

Parte quinta episodio A

di Gaia

 

"Finalmente!!" state pensando, vero? Lo so che ce n’è voluta… un parto difficile. Ma cosa ci devo fare se ci metto tre secoli per scrivere quattro righe? Il fatto è che soffro di improvvisi cali di ispirazione, per cui, dopo un primo momento di estasi artistica, piombo in uno stato di inedia sconsolante in cui rimango di solito fino a che non mi ritorna l’ispirazione per un’altra ff che ovviamente, come la precedente, rimane incompiuta. Le cose sarebbero andate così se non fosse stato per Sonia che mi ha costretto a continuare. La poverina è da Natale che pazienta per la fine della storia, ma alla fine ce l’ho fatta. Io penso che il tempo impiegato non giustifichi il risultato, ma lascio a voi il terribile giudizio.

*** 

- E’ quasi l’alba- sospirò Oscar, guardando fuori dal finestrino. Il blu profondo della notte stingeva in un pallido celeste mentre una luce argentea cresceva all’orizzonte accendendo di rosa e giallo i campi ricamati di brina.

- Questa notte è volata!- continuò con lo sguardo perso nei colori dell’alba.

Fersen la fissava. Era bella. Le linee pure del volto appena turbate dalla stanchezza estranea di una notte insonne. "Avete ragione Oscar" pensò, "Questa notte è volata".

Il bacio rubato qualche ora prima gli bruciava ancora sulle labbra; come, nonostante tutto, dimenticare? Forse la stanchezza del ballo gli confondeva i pensieri, ma gli sembrava che il pentimento per quel gesto audace stesse sfumando come la notte. Confuso, non riusciva a definire il tumulto che era in lui… Quella donna seduta di fronte, quella rivelazione di femminilità, quale strano incantesimo gli aveva scagliato contro? Forse era la sua vendetta per quel suo imperdonabile abbaglio? Eppure… se solo pensava all’altra, a quella cui aveva giurato in notti lontane e disperate di appartenere corpo e anima, sentiva che niente e nessuno avrebbe potuto cancellare il sentimento che li legava. Maria Antonietta, che per tutta quella lunga sera non gli aveva rivolto altro che un formale saluto e l’aveva osservato da lontano con gli occhi velati da un senso di colpa che solo lui poteva capire…

L’arrestarsi improvviso della carrozza fermò i suoi pensieri. Erano arrivati a palazzo Jarjayes. Il cocchiere aprì lo sportello. Scesero.

- Hans, non so come ringraziarvi per questa serata…- iniziò Oscar – forse potrei farvi cosa gradita ospitandovi questa notte, la strada per Parigi è ancora lunga e voi siete stanco…-

- Non preoccupatevi per me, vi ringrazio per l’invito, ma è ora che voi rientriate, è molto tardi…-

Oscar lo guardò un istante con aria interrogativa, forse era il sonno, ma non riusciva a capire il significato di quella frase.

- Senza di voi la mia vita non potrebbe essere più la stessa, vorrei solo ricambiare la vostra gentilezza …-

Gli occhi del conte la carezzarono dolcemente. – Entrate, Oscar, vi aspettano!-

- Ma se non c’è nessuno!- il conte sorrise fra sé, lei proprio non capiva. Ma anche se fioca, anche se lontana, aveva visto brillare una piccola luce da una finestra del palazzo. Era ora di andare per lui. Aveva imparato che nella vita il destino non poteva essere avversato, ma, e solo in alcuni casi, aiutato a compiersi. Quello era uno di quei casi. Nonostante tutto, sapeva quello che doveva fare. Lo aveva promesso.

- Arrivederci Oscar!! E’ stato un piacere danzare con voi!!- rispose lui, montando in carrozza, la vettura si mosse subito.

Un po’ sorpresa, Oscar rientrò in casa. Strano il comportamento del conte, di solito così formale ed elegante, ora, invece, così frettoloso… chissà… forse qualcuno lo stava aspettando, magari non così lontano… magari non a Parigi…

" Vi aspettano!" le riecheggiò la frase con cui Fersen l’aveva salutata.

- Siiì!!- si disse - Qua non c’è nessuno!! È tutto buio! per fortuna si sono degnati di lasciarmi accesa una candela!!- esclamò afferrando un doppiere.

" Vi aspettano!! ", ancora quell’eco. – Ma chi? Ma dove! Voglio proprio vedere come faccio a levarmi questa tenda di dosso da sola!!- brontolava alludendo al vestito ingombrante.

" Vi aspettano!! ", vide una luce accesa provenire dal salone: una sola persona poteva aspettarla sveglia all’alba.

- André!!- cominciò a salire le scale di corsa, sollevando il vestito con una mano per non inciampare, poi rallentò il passo: i suoi tacchi facevano troppo rumore.

" Vi aspettano!! " Entrò nel salone. Riverso sul grande divano, con i piedi sopra un bracciolo, un braccio sulla pancia e l’altro che toccava terra, c’era André che ronfava beatamente.

"Mi ha aspettata sveglio fino a poco fa!" pensò, guardando la candela sul tavolo, iniziata da poco. Fece per avvicinarsi al divano, ma i suoi passi risuonarono nella stanza " Maledette scarpacce!". Con un gesto misto di stizza e di sollievo, scese dai tacchi, avendo ben cura di non far troppo rumore.

Avanzò ancora di qualche passo verso di lui. "André, possibile che debba vederti solo quando dormi, ultimamente?" pensò guardandolo. Doveva essere crollato, dopo avere vegliato tutta la notte ad aspettarla, ora dormiva, in una posa rilassata e…bellissima. Oscar avvampò, in un primo tempo non aveva notato che la camicia, sbottonata fino all’ombelico, aveva lasciato quasi completamente scoperto il torso. Lui dormiente e bellissimo, lei che lo osserva nel sonno furtiva, con la luce in mano…come Psiche di fronte ad Amore.

Ricacciò con rabbia quello stupido paragone…eppure…lui…in quel momento era sì molto bello…così… … … attraente… senza sapere neanche lei perché avanzò ancora di un passo verso di lui, voleva illuminargli meglio il volto, (proprio come Psiche) solo un piccolo passo…

-Ah!!!- urlò lasciando cadere il candelabro per terra. Le candele si spensero all’istante.

André si sollevò di scatto.

- Che? Cosa? Oscar!!- esclamò con gli occhi sbarrati.

Oscar era seduta sulla sedia di fronte al divano, mentre si teneva forte un piede con la mano, tra le dita colava sangue.

- André, portami qualcosa!!- Il giovane si guardò un istante intorno con gli occhi stralunati prima di riprendere la cognizione del tempo. La guardò un istante, fu tutt’uno capire quello che stava succedendo.

- Ecco!! – disse tirando subito fuori dalla tasca un fazzoletto, si inginocchiò di fronte a lei, esaminando la ferita: un triangolino di vetro aveva lacerato la calza di seta conficcandosi nella pianta del piede, con un gesto sicuro lo tirò via.

- Ah!- si lamentò Oscar. Il sangue uscì più abbondante. André annodò ben stretto il fazzoletto attorno al piede, un istante dopo l’emorragia si fermò.

Oscar, appoggiata con la testa sulla spalliera, gli occhi chiusi, respirava affannosamente.

- Che? Non mi sverrai mica per così poco!!- esclamò André tra l’ironico e lo stupito.

Oscar aprì gli occhi faticosamente. Da quando André era stato ferito la vista del sangue la impressionava, le dava un senso di precarietà… un presagio sinistro.

- No!! Che dici? Sono solo molto stanca!!- fece riappoggiando il capo sullo schienale. André controllò la fasciatura, il sangue non usciva più. La ferita non era profonda, ma dolorosamente fastidiosa. Le accarezzò il piede. La finissima seta che lo ricopriva rivelò alle sue dita una serica sensualità ancora sconosciuta. Si accorse con un brivido misto a pudore che le gambe di Oscar erano ora scoperte, fin sopra il ginocchio, nell’intenzione, tutta femminile, di non macchiare di sangue il prezioso vestito. Distolse lo sguardo arrossendo, non doveva indugiare così… Anche se abbandonata e dolorante Oscar non aveva perso la sua naturale eleganza, le gambe accavallate, vestite di seta… André sospirò, non poteva permettersi oltre, non doveva. Sospirò ancora, con una lieve carezza le lasciò il piede.

Pensare ad altro.

- Mi dispiace, prima mi è caduto un bicchiere…mi è sfuggito un pezzo…- si scusava impacciato (per le scuse in sé o per quelle gambe?)

Oscar gli sorrise, conciliante.

– Forza- disse alzandosi – Aiutami ad andare in camera. Fece per appoggiarsi a lui, ma con un gesto forte e repentino André la prese in braccio.

- Non è necessario!- protestò stupita.

André tacque guardandola sorridente. La dolcezza di quello sguardo Oscar la sentiva addosso, concreta, come una devota carezza…forse in quel momento avrebbe davvero voluto che lui la accarezzasse. I loro corpi vibrarono all’unisono scossi da un brivido intenso lungo la schiena, un brivido che per qualche momento tolse loro la parola.

- Mi dispiace Oscar- André interruppe il silenzio – voglio farmi perdonare, no? Forse non potrai camminare per qualche giorno!-

- Sh!! Dispiace a me di averti svegliato con un urlaccio, tante scene per una feritina…- un tempo lo avrebbe ricoperto di urla per una cosa del genere, ma adesso non riusciva proprio ad arrabbiarsi con lui, anzi era l’ultima cosa che voleva. Appoggiò la testa sul suo petto scoperto, il viso contro la pelle liscia e profumata della sua pancia, sospirò, una sensazione nuova, ma era come se lei conoscesse da sempre quel corpo…

- Sei bellissima Oscar, non te lo avevo detto ancora, sei splendida, lo giuro!- Oscar abbassò la testa sul petto, imbarazzata, quel complimento le faceva piacere, troppo forse per come doveva essere. Un tempo non gli avrebbe permesso una simile libertà, un tempo non sarebbe mai stata in braccio a lui a farsi portare in camera per un taglietto doloroso, ma insignificante… un tempo… sapeva che qualcosa stava cambiando.1

André la stringeva forte, ora che poteva tenerla tra le sue braccia non voleva lasciarla più, lei abbandonata contro il suo petto, con il respiro addosso, lei vestita di seta, così diversa e così donna, il suo amore non ancora disilluso gliela faceva sentire ancora disperatamente sua… che stupido era!

Poi arrivarono, aprì la porta dell’anticamera, pochi passi ancora e avrebbe dovuta lasciarla. La guardò ancora, doveva imprimersi nella mente quella splendida immagine negli occhi, un’immagine che avrebbe evocato quando tutto sarebbe stato buio attorno a lui. La posò delicatamente sul letto. Doloroso distacco.

- Hai bisogno di qualcosa ? forse è meglio bendare la ferita per bene, vado a prendere dell’acqua-

- No, André, aspetta, non ho bisogno di nulla, non preoccuparti, vai pure a dormire, è tardi- André indugiò un attimo.

- Va bene Oscar, buonanotte,- un primo raggio di sole illuminò la stanza- anzi buon giorno- fece sorridendole mentre chiudeva le tende.

- Buonanotte, grazie per avermi aspettato- Oscar si adagiò sui cuscini, non le importava di stropicciare il vestito. Adesso, con ancora addosso la sensazione della pelle di André, voleva solo dormire. Appena toccò i cuscini si rialzò, André era quasi uscito.

- André!! Aspetta!! Vieni qua!!- il giovane si avvicinò.

- Siediti un momento, per favore- il cuore di André batteva forte, temeva che lei lo potesse sentire. Si sedette sul letto. Cosa sperava, non lo sapeva più neanche lui. Oscar gli posò una mano sulla fronte, un lungo momento. André ebbe un guizzo, un deja-vu.

- Non scotti più- disse lei sorridendo – ieri sera avevi la febbre alta, sono contenta che tu stia meglio, ora però vai a dormire anche tu, buonanotte.-

- Buonanotte Oscar- balbettò. Era lei, era lei!! Allora non era stato un sogno! Era davvero lei al suo capezzale la sera prima! Sua la mano che lo aveva accarezzato! Sua la mano che lui aveva baciato.

"Oscar!", pensava ripetendo il suo nome nella mente, mille volte. Forse allora Fersen aveva ragione, forse… lei era innamorata di…LUI, LUI, ANDRE’!

Perché avrebbe dovuto illuderlo così se non fosse stato vero…vero… VERO!!

Quando la sua testa toccò i cuscini André ebbe chiara la sensazione che quello che stava spuntando era davvero un giorno nuovo.

FINE

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