Una
nuova vita
di Macri
Disclaimer: i personaggi appartengo a
Ryoko Ikeda. Le bellissime poesie sono state scritte da una cara amica, Terry Gugliucci,
se vi piacciono e volete leggerne altre, fatemelo sapere, ma non usatele o prendetele
senza il mio e soprattutto il suo consenso. Questa Fanfic la dedico a tutte le persone che
conosco, spero che vi piaccia. Se volete mandare commenti scrivete a dscully@snet.it I commenti dell'autrice sono tra
parentesi. Ho messo i pensieri dei protagonisti in corsivo. Se non amate le storie
romantiche non leggete, penso che possa essere letta da tutti. Buona lettura
Una nuova vita
Nell'assolato pomeriggio di aprile,
gli uccellini cantavano sugli alberi. Nel cielo di un azzurro pallido qualche nuvoletta
bianca come la neve creava effetti di luce e ombra, su case e persone. Il soldato fuori
dalla caserma, restituì il saluto che il suo comandante gli aveva dato; l'andatura del
cavallo era lenta, al trotto. Il soldato notò che il suo bel comandante aveva un'aria
stanca, afflitta. Lo sguardo era serio, freddo, ma gli occhi erano vuoti. Il comandante
rientrava in caserma dopo una lunga mattinata di impegni ufficiali alla reggia di
Versailles. Nel pomeriggio avrebbe dovuto far fare un'esercitazione ai soldati, in serata
avrebbe dovuto stilare rapporti da mandare ai suoi superiori. Quel soldato sapeva perché
il comandante era così abbattuto, stava per perdere una persona molto cara
.
I soldati in caserma non avevano
accettato subito l'arrivo del nuovo comandante. I motivi erano più che seri. In primo
luogo era un nobile, non volevano essere comandati da una persona di grado sociale
diverso; era già capitato e non si erano trovati per niente bene. Odiavano troppo i
nobili, la loro boria, la loro inettitudine, erano soltanto bravi a comandare, ma di fatto
non sapevano fare nulla, nemmeno tenere un'arma in mano. Erano loro, i soldati, a dover
combattere e morire in battaglia. Erano i figli del popolo a doversi sacrificare, fare i
lavori più difficili. I nobili stavano in seconda linea e si godevano lo spettacolo. In
secondo luogo il nuovo comandante era una donna. "Ehi, la sai la novità? Il
comandante è una donna!" la voce era ben presto girata per tutta la caserma.
"Bene, così ci divertiremo un po'
.ma sotto le coperte." Le battute di
cattivo gusto non finivano mai. Una donna era pur sempre una donna. Doveva stare a casa a
fare figli, ad ubbidire al marito. Figuriamoci una donna nobile, cosa poteva fare? I
soldati pensavano che fosse una di quelle stupide damine incipriate che sapevano solo
ballare, il loro unico scopo nella vita era di divertirsi, di vestirsi e truccarsi alla
moda. Le donne nobili erano stupide e ignoranti.
Oscar Françoise De Jarjayes aveva
dimostrato ben presto il suo carattere. Aveva incassato tutti i colpi, le battute oscene,
le sfide dei soldati e le aveva affrontate a testa alta e vinte, la loro disubbidienza, ma
non si era mai arresa. Era una partita che non poteva perdere, nei confronti di suo padre,
che pensava che i rudi soldati parigini, l'avrebbero fatta scappare dopo pochi giorni; ma
soprattutto verso se stessa. Voleva dimostrare a se stessa di poter vivere come un uomo.
Sapeva bene che era impossibile, era una donna. Come le aveva detto André, il suo
migliore amico, niente avrebbe potuto cambiare questo fatto. Le aveva gridato il suo
essere donna con tutta la rabbia e l'amore nascosto in vent'anni di vita passati assieme.
Lei c'era rimasta così male, non riusciva a credere che proprio il suo amico d'infanzia
si sarebbe potuto innamorare di lei. Proprio a causa di questo, lei aveva rotto con lui.
Non aveva più voluto vederlo. Voleva provare a vivere la sua vita con stimoli nuovi.
Comandare questi soldati era una sfida e un rischio, lo sapeva bene, ma voleva continuare.
Quando finalmente aveva pensato di essersi sbarazzata di lui, ecco ritrovarselo davanti,
in uniforme, nel suo stesso reggimento. All'inizio era furente, non sopportava il suo modo
di fare protettivo, la rendeva debole e consapevole di essere donna. Che cosa diavolo
ci fa qui, gli avevo detto che non avevo più bisogno di lui. André la guardava
serio, vedeva l'ira sul suo viso. Ti ho contrariato, sei furente, vedo lampi di odio
nei tuoi occhi, ma io rimarrò vicino a te, che tu lo voglia o no. Nel suo ufficio lo
aveva affrontato, con i pugni stretti
André era rimasto irremovibile; lei lo aveva
congedato con un "Fa quello che ti pare." André Grandier le era rimasto vicino
anche in questa occasione.
I soldati pensavano che il comandante
si sarebbe arreso in pochi giorni. Passarono le settimane, i mesi
. Lo scherno,
l'insubordinazione, le scaramucce non l'avevano spaventata. Non se n'era ancora andata.
Erano rimasti in pochi ad odiarla veramente. La maggior parte di questi uomini rudi
avevano capito che era un comandante inusuale. Una donna diversa dal comune, fiera,
fredda, a volte altezzosa., per questo la odiavano. Come si permetteva un'insulsa
donnicciola di dare ordini a degli uomini. Dovevano riconoscere però, che era un
comandante onesto, rispettoso delle regole, dei suoi uomini. Era il primo comandante a
trattarli con umanità, a considerarli persone, non carne da macello, come invece facevano
gli altri nobili. Era stato l'unico comandante ad intercedere per uno di loro. Quando
Lasalle era stato accusato e condannato a morte per aver venduto un fucile, lei aveva
fatto di tutto per salvarlo, lui era ritornato tra i suoi compagni. Molti uomini per
questo avevano deciso di ubbidirle. Alcuni si erano perfino invaghiti di lei. Tra i
soldati si era sparsa la voce che il comandante Oscar non fosse in grado di amare. Tutti
sapevano che Andrè era innamorato di lei; che avrebbe fatto di tutto per starle vicina e
proteggerla. All'inizio André era stato oggetto di scherno, lo odiavano perché per anni
aveva servito una nobile e non solo, le andava dietro come un cagnolino. Nonostante i
rischi che correva André sapeva che doveva continuare a stare vicino alla donna che
amava, costi quel che costi. Alain che conosceva bene l'amico, lo aveva avvertito più
volte; era convinto che questo tipo d'amore lo avrebbe portato alla distruzione. "E'
una donna fredda, insensibile. Fa molto bene il suo lavoro, ma non è capace di amare.
Credimi, rifatti una vita con una donna vera." André scuoteva la testa, guardava
l'amico seduto al tavolo giocare a carte. "Tu non la conosci come la conosco io, sono
anni che vivo insieme a lei. Conosco bene il suo carattere, i suoi pensieri." André
dopo queste parole si sedeva nella sua cuccetta prendeva un libro e leggeva. Gli altri
soldati lo consideravano un compagno affidabile, leale, ma c'era una barriera tra loro.
Andrè essendo cresciuto in un ambiente nobile, a contatto con i nobili, aveva sviluppato
una certa raffinatezza nei gesti quotidiani, nel modo di muoversi, di parlare. Per questo
gli altri lo consideravano diverso (non in quel senso, non fate battutacce!) André sapeva
bene che Oscar poteva apparire fredda, insensibile, ma nel suo cuore era capace di amare.
Era come quando si lascia spegnere il fuoco la sera. Il mattino dopo ci sono solo le braci
spente e la cenere, ma se si guarda con più attenzione si vede che sotto sotto le braci
sono ancora calde, tanto da poter riaccendere il fuoco. Oscar era un'insieme di ghiaccio e
fuoco. Ghiaccio, freddezza apparente all'esterno, fuoco, passione all'interno, nel suo
cuore. Sapeva che se solo Oscar avesse voluto essere amata, avrebbe trovato una felicità
completa. Il vero problema era che lei aveva provato ad amare, ma era stata respinta. Per
questo aveva rinunciato ad essere donna, aveva rinunciato all'amore. Con questi pensieri
André si addormentava e si svegliava il mattino dopo ricominciando a pensare alla donna
bionda che amava da tutta una vita.
Il giorno dopo il comandante Oscar
aveva ricevuto un messaggio dal generale Bouille'. Oscar si era diretta nelle camerate. La
sua visita fu inaspettata. Gli uomini avrebbero dovuto avere la mattinata libera.
Indaffarati com'erano non la sentirono entrare. Alcuni giocavano a carte, altri a
freccette, altri dormivano sonoramente sui lettini, altri ancora rattoppavano buchi in
calzini e calzoni, lucidavano stivali o armi. Bussando allo stipite della porta aveva
richiamato l'attenzione dei soldati. Tutti si erano alzati in piedi, accogliendola con il
saluto militare.
"Oggi ci aspetta un compito
delicato, mi spiace, per molti di voi era giorno di riposo, ma ho ricevuto l'ordine questa
mattina." Un brusio di protesta si alzò unanime. Oscar si guardò intorno, vide
Andrè appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto. Alain era
seduto su una sedia con uno stivale in mano, nell'altra uno strofinaccio. Quando gli
uomini finirono di lamentarsi, continuò: "Dobbiamo fermare un traffico di armi
rubate. Le armi di sicuro sono dei ribelli. Preparatevi, faremo come di consueto la ronda
per le vie di Parigi. Vi invito a segnalare qualsiasi movimento sospetto. Alcuni di voi
dovranno andare in giro in borghese, per non dare nell'occhio. Più tardi vi farò sapere
i nomi. Per ora è tutto." Uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.
Per le vie di Parigi i soldati divisi
in gruppi da tre, perlustravano tutte le zone. I viottoli stretti e bui, i quartieri
residenziali, le piazze spaziose. Alain si trovava con Lasalle e André in un quartiere
popolare. Cavalcavano lentamente, guardandosi attorno. Sopra le loro teste erano stesi
panni appena lavati. Dalle finestre delle case si sentivano piangere neonati, alcune donne
incuriosite dai tre uomini si erano affacciate per osservarli. Tre bambini per strada si
fermarono spaventati alla vista dei soldati a cavallo, vedendo che non facevano nulla
ricominciarono il loro gioco, rincorrendosi per le viuzze. "Alain, non mi sembra che
questa zona sia pericolosa. E' un quartiere residenziale, ci sono solo donne e
bambini." Disse Lasalle, guardandosi intorno. "Forse è meglio tornare
indietro." Gli fece eco André. Alain assentì. Girarono i cavalli e ritornarono
verso il centro della città. Appena se ne furono andati una figura mascherata, con
capelli castani, fini e un lungo mantello scuro, guardò i tre soldati andarsene via.
Accanto a lui, un uomo in mantello nero, con il viso coperto gli disse "Sono ovunque,
dobbiamo sbrigarci o troveranno le armi." L'uomo dalla maschera di ferro assentì.
Nella parte ovest della città il
comandante con altri tre uomini perlustrava il mercato. La via principale era piena di
gente, si sentiva il vociare invitante dei commercianti, il loro invito a comprare la loro
merce a prezzi bassissimi. Ogni volta che i soldati passavano, lentamente per non
innervosire uomini e cavalli, tutte le donne, di qualsiasi età, si giravano per osservare
meglio i soldati. Erano attratte dal bel comandante biondo. A Oscar quegli sguardi non
creavano imbarazzo, fin dall'età di 14 anni era abituata a sentirsi osservata, da dame e
cavalieri, servitù. A Versailles una ragazza, comandante delle guardie reali di sua
maestà era un evento fuori dal comune. Anche ora, i suoi lineamenti delicati, il volto
privo di barba, l'uniforme che non metteva certo in risalto le sue curve, la facevano
apparire un giovane comandante. Ovunque andasse faceva sempre lo stesso effetto,
incuriosiva le persone di tutte le età. Un soldato arrivò di corsa, "Comandante,
Chante e Brondeur hanno avuto una soffiata, questa notte i fucili verranno imbarcati sulla
senna, per essere poi trasportati fuori dalla città" Oscar rimase un attimo in
silenzio, stava pensando che era inutile far stancare gli uomini, era meglio tornare in
caserma e riprendere ricerche più accurate verso sera. Ordinò la rientrata in caserma.
Erano da poco passate le sette di
sera, il sole aveva ceduto il posto alla luna, uno spicchio d'argento iniziava a
intravedersi nel cielo ancora azzurro, più in alto diventava blu notte, le prime stelle
brillavano timide. Oscar aveva radunato i soldati in cortile. In fila, sui cavalli,
armati, in assetto da combattimento. Ascoltavano la voce alta e decisa del comandante.
"Questa notte perlustreremo la Senna. Quando troveremo la barca e i contrabbandieri
li bloccheremo, solo in caso di aggressione useremo le armi. Non voglio inutili
spargimenti di sangue. Ci divideremo a gruppi di quattro. State attenti, potrebbero sapere
che stiamo facendo delle ricerche, potrebbe essere una trappola. E ora in marcia."
Lungo la Senna Oscar cavalcava
tranquilla, concentrata. André, dietro di lei, vedeva i suoi lunghi capelli ondulare ad
ogni passo del cavallo. Oscar pensava che avrebbero dovuto perquisire ogni battello,
fermare qualsiasi raduno di persone sospetto, provò a immaginare dove si potevano
nascondere per far sparire le armi. L'ideale sarebbe stato un ponte. Ma Parigi era una
città fatta di ponti, erano troppi e loro non avrebbero avuto così tanto tempo. Più
avanti vide un uomo completamente ubriaco, venirle incontro, era vestito di nero, un
cappello nero gli copriva gli occhi, la faccia e le mani sporche di fuliggine. Lo
spazzacamino aveva voglia di compagnia. "Ehi, bello. Hai voglia di venire a farti un
goccetto con me?" Alain rispose subito pronto alla battuta. "Magari, ma devo
lavorare, non vedi che sono in servizio?" "Non tu, bestione. Il biondino sul
cavallo bianco." André stava per scendere da cavallo per spaccargli la faccia, ma si
fermò, gli sembrava di aver già visto quell'uomo. Oscar scese da cavallo, si avvicinò
al simpatico ubriacone e gli mise in mano una moneta d'oro. "Uh, uh. Grazie amico che
generosità." Si avvicinò alla donna prendendola a braccetto cercò di trascinarla
verso una bettola. Dopo alcuni passi, e un ultimo tentativo di avvicinarsi alla porta, la
giovane si fermò, si scostò dall'uomo dicendogli "Non questa sera, domani forse
accetterò il tuo invito." Risalì calma sul suo cavallo. L'ubriaco alzò le spalle,
lanciò in aria la moneta riprendendola al volo. Si diresse verso la bettola più vicina.
Oscar continuò a cavalcare tranquilla. Alain e André pensarono che c'era gente davvero
strana a questo mondo, se avessero visto il viso concentrato del comandante avrebbero
capito. Il travestimento era stato perfetto, nemmeno i suoi compagni avevano riconosciuto
Chante. Oscar guardava avanti, ma non vedeva la strada. Ripensava alle parole sussurrate
dallo spazza camino. Dieci metri più indietro un uomo vestito di nero spiava il gruppo da
lontano. Oscar rallentò un po' per poter parlare con i due uomini senza voltarsi.
"Continuate a cavalcare, c'è un uomo vestito di nero che ci sta spiando. Il battello
con le armi si trova sotto il ponte vicino alla Conciergerie." Dopo una decina di
minuti incontrarono il colonnello Dagout. Oscar gli fece il saluto militare, che il
colonnello restituì. La donna lo mise al corrente delle informazioni ricevute,
ordinandogli di precederla al ponte con l'altro gruppo di soldati.
Accadde tutto molto in fretta. A
Oscar era sembrato di vedere la stessa scena a rallentatore un centinaio di volte, era
seduta davanti alla porta dell'infermeria e aspettava, i vestiti sporchi di sangue,
appiccicati alla pelle, i capelli bagnati, ma non ci faceva caso, il suo corpo fu percorso
da un brivido. Era concentrata sugli avvenimenti di quella notte.
Sotto il ponte, era buio. Era scesa
per controllare l'imbarcazione sospetta. Uomini vestiti di nero, con visi coperti,
caricavano casse sulla poppa. Quando si accorsero di essere stati circondati dai soldati,
alcuni si buttarono in acqua per scappare, altri tirarono fuori le armi e iniziarono a
sparare. I soldati risposero al fuoco. Le bocche dei fucili illuminarono la notte, come le
lucciole in campagna. Ormai sulla barca erano rimasti in pochi. Oscar era a pochi passi da
quello che sembrava il capo, un uomo mascherato, si vedevano solo gli occhi. "Ci
incontriamo un'altra volta, comandante" Le disse. "Hai trovato quello che
cercavi, ma non le avrete mai." Oscar si accorse che aveva in mano un candelotto di
dinamite. In pochi secondi l'uomo tirò fuori la pistola sparò, ma non colpì lei. Oscar
si girò per vedere un soldato cadere nel fiume. "André, nooo" Gridò. Guardò
l'uomo mascherato accendere la dinamite e fuggire. "Tutti via, è dinamite."
Oscar si buttò in acqua, sperò di riuscire a raggiungere Andrè e a salvarsi
dall'esplosione. L'acqua era gelida e buia, avvolgeva il suo corpo dandole una sensazione
di fastidio, il contatto dei vestiti che si appiccicavano al corpo non le piaceva. Iniziò
a preoccuparsi era molto buio, non sarebbe riuscita a vederlo immersa in quell'oscurità.
André aveva addosso le armi, il peso lo tirava più velocemente verso il fondo. Cercò di
stare calma, ancora due bracciate verso il basso. Ancora niente. Sopra la sua testa sentì
l'esplosione, ma il rumore era ovattato. L'ossigeno iniziava a mancarle. Non posso
tornare su senza di lui. Non potrei mai perdonarmelo. Altre bracciate nell'acqua
pesante. Toccò qualcosa. Era un braccio, è il suo, pensò. Lo prese da sotto la ascelle
e iniziò a risalire. Era molto pesante, un corpo morto, ma non volle pensarci. Risalendo
sentì mancarle l'aria, devo resistere, si impose. Finalmente l'aria, sono fuori. Prese
lunghe boccate di aria, cercando di tenere la testa di André fuori dall'acqua. Vide Alain
senza stivali e parte superiore della divisa, l'espressione del viso preoccupata, stava
per buttarsi anche lui. Issarono fuori dall'acqua prima André, poi Oscar si sentì
prendere di peso. Per un istante si sentì mancare, cadde in ginocchio, il respiro
affannoso. "Comandante, non respira." Oscar schizzò accanto ad André. Ascoltò
il battito del cuore, era appena percepibile. Fu molto veloce, non ci pensò due volte.
Gli mise una mano sotto il collo, in modo da inclinargli la testa, gli aprì la bocca e
iniziò a soffiargli aria nei polmoni. Minuti interminabili, continuava ad appoggiare le
labbra sulle sue, per far entrare la vita che sembrava voler lasciare quel corpo. Nessuno
aveva osato fermarla, i soldati guardavano la scena preoccupati. Non conoscevano tutti
André, ma era pur sempre uno di loro. Alain si inginocchiò davanti a Oscar, voleva dirle
che ormai non c'era più niente da fare, lo sguardo di Oscar lo atterrì. Gli occhi erano
freddi, duri, capì che se l'avesse fermata avrebbe rischiato grosso, fisicamente più che
la galera. André tossì, Oscar gli voltò la testa di lato vide che stava vomitando
acqua, che riprendeva a respirare. Era fuori pericolo. Tirò un sospiro di sollievo, durò
poco. Si accorse di avere le mani e la divisa sporche di sangue. "Oh, no è stato
colpito." Lo portarono in caserma, il medico militare gli stava medicando la spalla
sinistra. Il proiettile era entrato in profondità, erano riusciti a toglierlo, ma aveva
perduto molto sangue. Quando il medico uscì dalla stanza, Oscar si alzò in piedi.
"Non posso dire nulla, è troppo presto per dire se sarà fuori pericolo. Ho tolto il
proiettile, ma ha perso molto sangue. Ora sta riposando, meglio non disturbarlo."
"Posso riportarlo a casa?" Chiese Oscar. "Per i primi giorni è meglio non
muoverlo." Oscar ringraziò il medico. Rimase seduta sulla panca di legno, davanti
alla porta. Le mani sul viso. "Farebbe meglio a cambiarsi quei vestiti,
comandante." Vide il soldato avvicinarsi alla porta, voleva entrare per vedere come
stava il suo amico, ma Oscar lo fermò. "Niente visite per oggi, il medico ha detto
che deve riposare." Alain rimase fuori dalla porta, vide la donna andare verso il suo
ufficio. Le sopracciglia corrucciate. Guardò fuori dalla finestra. Il sole era da poco
spuntato, l'alba di un nuovo giorno era iniziata.
Oscar era rimasta tutto il giorno in
caserma. Si sentiva stanca fisicamente, ma soprattutto dentro. Non poteva credere che
proprio André si trovasse in quelle condizioni. Tra la vita e la morte. Quando la notte
prima aveva appoggiato le sue labbra sulle sue le aveva sentite così fredde. Aveva
pensato più volte è già morto e io sto facendo tutto questo per niente. Si era
fatta forza e aveva continuato. Non si era arresa e l'aveva salvato, ma ora? Ora André si
trovava tra la vita e la morte e lei non poteva fare nulla per aiutarlo. Sentì bussare
alla porta. Era Alain. "Comandante, sono venuto a chiederle come sta André"
Oscar si alzò in piedi, girò attorno alla scrivania per avvicinarsi alla finestra. Con
voce fredda disse: "Ancora non lo so, i medici mi hanno detto che ha bisogno di
riposo, non deve essere disturbato." Lo sguardo di Alain era carico d'odio. Esplose
in tutta la sua rabbia. "Come potete dire questo, sapete che André è innamorato di
voi, ma non vi interessano le sue condizioni. I medici hanno detto
. Chi se ne frega
cos'hanno detto. André ha bisogno di voi, non dei medici. Siete una donna senza cuore,
non meritate il suo amore." Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Se solo in quel
momento si fosse girato avrebbe visto sul viso di Oscar scendere una lacrima, la donna si
sedette per terra, raccolse le ginocchia al petto e iniziò a singhiozzare.
Il giorno dopo nonostante il parere
contrario del medico Oscar prese una carrozza e ritornò a casa con André. Pensava che a
casa, con le cure amorevoli della nonna si sarebbe ripreso più in fretta. Le sue
condizioni erano stabili. Non era né migliorato né peggiorato, era ancora molto debole,
il viaggio sarebbe stato rischioso, era consapevole di questo, ma voleva provare. La cosa
che preoccupava di più il medico era lo strano torpore in cui l'uomo era caduto.
Continuava a dormire, non beveva, non mangiava, dormiva sempre. Quando arrivarono a
palazzo Jarjayes Oscar vide la nonna sulla porta, si contorceva le mani, gli occhi lucidi.
Vide il nipote, pallido, gli occhi chiusi, pianse più forte. Il generale era all'interno
della casa, anche lui aveva saputo dell'incidente. Anche se era un servo, ammirava il
coraggio e la dedizione di André per Oscar. André fu portato nella sua camera, lì il
medico lo aspettava. La nonna continuava a torcersi le mani, nervosa ripetendo "Il
mio bambino." Oscar e il padre aspettarono fuori dalla stanza. Il generale parlò
alla figlia "Ho sentito che l'uomo che ha sparato ad André aveva una maschera, era
lo stesso che mi ha sparato, Oscar." Oscar sospirò "Quell'uomo uccide per il
gusto di farlo, ero a pochi passi da lui, avrebbe potuto spararmi in fronte e farmi fuori,
ha preferito colpire uno dei soldati." "Il carico di fucile è andato
completamente perso durante l'esplosione. Ho parlato con il generale Bouiet, non ti da
alcuna colpa per il fallimento della missione." Detto questo il generale se ne andò.
Oscar rimase davanti alla porta, minuti interminabili. Il dottore uscì, il viso serio.
"Madamigella, sono preoccupato per le condizioni di André." Oscar sentì i
battiti del cuore rallentare. "Ha perso molto sangue, è debole, non si sveglia. Ho
detto alla governante di farlo bere molto. Cercate di stargli vicino, è come se si stesse
lasciando morire." Lasciarsi morire?No, non può essere. Il medico vide il
turbamento sul viso della donna. Le mise una mano sulla spalla.
Oscar ringraziò il medico, poi
entrò nella stanza. La nonna seduta accanto a lui piangeva e pregava. Il viso pallido
dell'uomo era sofferente. Le ciglia lunghe e nere, sembravano piccoli ventagli, erano
immobili. Le braccia di André erano appoggiate sulle coperte. La spessa fasciatura gli
immobilizzava la spalla. La nonna si accorse di Oscar, "Madamigella, state voi un po'
con André? Devo buttare l'acqua sporca di sangue, ma tornerò subito." "Si, vai
pure, starò io con lui." L'anziana uscì, sembrava ancora più piccola, come se il
dolore la stesse incurvando ancora di più. Povera donna, ha già sofferto tanto; e
ora, anche il dolore di vedere tra la vita e la morte il nipote. Oscar cercava di
rimanere lucida, di farsi forza. André, era il suo migliore amico, l'uomo che le aveva
giurato di amarla per tutta la vita e da tutta una vita. Si sentiva annientata, impotente.
Non voglio perderti, devi vivere. Rimase stupita, il cuore le batteva forte. Mi
fa male il cuore, all'idea di perderlo, di non sentirlo più vicino a me, mi sento
morire
. Si mise una mano sulla bocca. Mi sto innamorando di lui, tengo a lui
più della mia stessa vita.. La scoperta la sconvolse. Sentì rientrare la nonna,
Oscar le andò vicino, le mise una mano sulla spalla, "Si riprenderà, André è
sempre stato forte." La nonna guardò la sua bambina, non la vedeva molto bene,
perché le lacrime le offuscavano la vista. Le parole non riuscivano ad uscirle di bocca,
assentì semplicemente. Oscar uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.
C'era molta calma in quel posto. La
sabbia fine, il cielo azzurro, un azzurro intenso che poche volte aveva visto. Il mare
azzurro come il cielo, come gli occhi di Oscar. Il suono delle onde del mare lo
rilassava. Si sdraiò sulla sabbia calda, le braccia e le gambe aperte. Si stava bene. Poi
si alzò a sedere, stiracchiandosi. Si guardò intorno, non c'era nessuno. Era tutto molto
strano, non aveva chiesto ad Oscar giorni di ferie per poter andare al mare. Come mai si
trovava lì e non aveva addosso la divisa, ma il solito paio di calzoni e la camicia
bianca? L'ultima cosa che ricordava era di essere stato colpito alla spalla, ma guardando
sotto la camicia non c'era nulla. Aveva sentito tanto freddo e poi più nulla. Era bello
stare al sole, il suo calore gli riscaldava il corpo e l'anima. Chiuse gli occhi, il
rumore delle onde del mare sembravano cullarlo. Rimase in questa posizione per ore, poi
stufo decise di fare una passeggiata. Si alzò, andò verso la riva per bagnarsi i piedi.
L'acqua era fresca, minuscoli pesciolini si avvicinarono alla sua ombra, ma subito
sparirono appena si accorsero della sua mano nell'acqua. André iniziò a camminare sulla
riva, quel posto gli piaceva, lo faceva sentire bene.
Era passata una settimana
dall'incidente. In caserma le cose erano ritornate normali. C'era il lavoro di sempre da
fare, esercitazioni, ronde, appostamenti. Per Alain e i suoi compagni la vita sembrava
più triste, a loro mancava un amico, silenzioso, discreto. Ogni giorno Alain andava dal
comandante per avere notizie di André. Ogni giorno si sentiva dire sempre le stesse cose.
Rientrava nella camerata spazientito, si metteva le mani sui fianchi, cercando di imitare
la voce del comandante "E' sempre stazionario, la ferita è migliorata, ma è ancora
in coma." Alain sbottava "Quella donna è fatta di ghiaccio. Come fa ad essere
così insensibile? Mi parla di André come se non esistesse. Un giorno di questi dopo che
mi avrà detto come sta, la prenderò a schiaffi." Gli uomini intorno a lui dopo aver
sentito le notizie sull'amico, riprendevano a fare le cose di sempre, ma ogni tanto lo
sguardo veniva attirato dal letto vuoto, un libro con la copertina nera appoggiato sopra
le coperte ai piedi del letto.
Per Oscar non era facile continuare a
mantenere il controllo e la freddezza che si era imposta. Era una settimana che non
chiudeva occhio, continuava a fare la vita di sempre in caserma, poi tornava a casa la
sera e rimaneva per tutta la notte a vegliare André. Sua madre e la nonna erano
preoccupate, soprattutto la nonna non voleva che Oscar si stancasse così tanto. Solo con
l'anziana donna Oscar riusciva ad essere sincera e le diceva: "Quando sono caduta da
cavallo e ho rischiato di morire, lui mi è rimasto vicino. E' il mio migliore amico, non
voglio essergli da meno." Dava un po' di tregua alla nonna, ma a se stessa non
concedeva un momento di riposo. Gli effetti si facevano sentire sul suo umore e sul
fisico. Ai soldati non era sfuggito il fatto che il comandante fosse sempre arrabbiato,
più nervosa del solito. Era sempre pallida, profonde occhiaie le segnavano il viso.
Oscar si stupì una sera quando vide
sua madre entrare nella camera. La figlia si alzò dalla sedia per cedere il posto alla
madre. La donna prima di sedersi guardò il volto pallido della figlia. "Sono
preoccupata Oscar, per te e per lui." Per André? Ma per lei è solo un servo.
"Oggi è venuto il medico, Oscar. Ha detto che la ferita si sta rimarginando nel
modo corretto. André è fuori pericolo, ma il fatto che non si svegli è la cosa più
preoccupante." Oscar sospirò, chiuse gli occhi, si appoggiò alla sedia. Da una
parte era contenta perché era fuori pericolo, ma dall'altra era disperata perché non si
svegliava. La madre si alzò, accarezzò una guancia della figlia. Oscar rimase stupita
del gesto, era la prima volta che lei le dimostrava il suo affetto. Da suo padre sapeva
che non avrebbe mai ricevuto un tocco gentile, sua madre aveva ricevuto ordini precisi dal
marito, niente smancerie. La figlia prese la mano della madre, baciandole il palmo, le
sorrise. "Mi sono accorta che tu tieni molto a quest'uomo, siete cresciuti insieme,
è normale, ma so che lui ti ama. Non pensare che ora io ti dica che è inutile, che il
suo amore per te non ha nessun significato perché lui è un servo e tu sei nobile. So
bene che la vita non ti ha dato molti affetti. Non farti scappare la felicità, ce l'hai
molto vicina. A me hanno imposto di amare tuo padre, con gli anni ho imparato a conoscerlo
e ad amarlo. Tu puoi scegliere, bambina mia. Fa quello che ti dice il cuore." M.me
Jarjayes rimase con la figlia al capezzale dell'uomo. Oscar rimase stupita, ma felice per
le sue parole. Erano anni che non stavano insieme così a lungo. André manchi a tante
persone, ma soprattutto a me, svegliati ti prego.
Da lontano vide una figura venirgli
incontro, era una donna. Aveva un vestito azzurro, semplice. I capelli neri erano raccolti
in una lunga treccia. André socchiuse gli occhi, per cercare di vedere meglio. Scosse la
testa, non puoi essere tu, mamma. Il pensiero lo turbò, non poteva essere lei. Se
n'era andata tanto tempo prima, lasciandolo solo. Era così piccolo quando l'aveva persa.
Non ricordava quasi più il suo volto e questo lo rattristava. Si ricordava che da
piccolo, poco dopo essere arrivato a palazzo Jarjayes, chiedeva sempre a sua nonna prima
di addormentarsi "Nonna, com'era la mamma? La sto dimenticando." Gli occhi del
bimbo si riempivano di lacrime. La nonna gli carezzava la testa, prendeva uno specchio
piccolo e lo faceva specchiare. "Guarda André, guardati e rivedrai tua madre. Di lei
hai preso gli stessi lineamenti, lo stesso sorriso. Ogni volta che sorriderai, vedrai
sorridere tua madre." Il bimbo dopo queste parole si calmava e riusciva a dormire.
Erano anni che André non ricordava queste parole. Allungò il passo per avvicinarsi alla
figura. Quando fu più vicino, riconobbe in lei sua madre. La donna aprì le braccia,
André fu avvolto in un caldo, materno abbraccio. "Aveva ragione la nonna, ti
somiglio proprio tanto." Le disse sorridendole. "Come sei cresciuto, mi ricordi
tuo padre." La voce della donna era dolce, triste. Gli prese le mani, lo fece sedere
sulla sabbia. "Quando ci siamo lasciati non mi arrivavi nemmeno alla vita."
Guardando il figlio disse: "Mi sei mancato tanto, ma non puoi rimanere ancora con me,
non è il momento. E poi, c'è una certa persona che ti vuole accanto." André
sorrise alla madre, "Io la amo." "Lo so." L'uomo sentì la mano sulla
sua guancia, un tocco delicato. Sua madre lo accarezzava come quando era piccolo. André
si alzò, diede una mano alla donna per aiutarla ad alzarsi. "Voglio restare ancora
un po' con te. Passeggiamo?" La donna guardò il figlio negli occhi, gli sorrise.
André si sentì tenere per la vita, mise un braccio sulle spalle esili della donna.
Camminarono insieme lungo la spiaggia, il tepore del sole, il tocco gentile di sua madre,
camminare e parlare con lei, aveva sognato di farlo da sempre.
Oscar era rientrata a Palazzo nel
tardo pomeriggio. si era cambiata, aveva bevuto un po' di cioccolata, non se la sentiva di
mangiare, ed era andata a trovare André. Il viso dell'uomo sembrava più sereno,
tranquillo, il respiro ritmico e regolare. La sofferenza era sparita. La barba scura gli
incorniciava il viso. Oscar si stupì, non l'aveva mai visto con la barba. Stava bene, gli
dava un'aria più adulta. Sorrise al pensiero. Vide che sul comodino c'era un libro con la
copertina rossa, lo aprì iniziò a leggere delle poesie. Il poeta era una donna italiana
Teresa Gugliucci. Quando tornava a casa, per rilassarsi André leggeva queste poesie.
Sentì aprirsi la porta, si girò guardò la nonna entrare, le sorrise. "Madamigella
siete già tornata. Non siete stanca? Sono giorni che non chiudete occhio."
"Volevo stare con André, fargli sentire la mia presenza." La nonna ringraziò
mentalmente la sua padrona. "Guarda che barba lunga, dovrei fargliela ma ho paura di
ferirlo." "E' meglio che se la faccia lui quando si sveglierà, non ti
pare?" La donna fu colpita dalle parole della ragazza, era così sicura che si
sarebbe svegliato. Assentì e si sedette accanto al nipote. Gli prese una mano, era calda.
Oscar aprì il libro e iniziò a leggere ad alta voce, "Tra sogno e realtà". La
voce di Oscar era calma, rassicurante, Rimbombava nella stanza spoglia, la nonna ascoltava
le parole, le sembrava di vivere in un sogno.
TRA SOGNO E REALTA
(UNINCANTEVOLE VISIONE)
Navigare fra sponde di cielo
Sopra nuvole soffici
In un secco aprile.
Lodore di mandorle appena colte
E il fresco profumo di limoni gialli
Che ricerca il mio fiuto
Invaghito dallarmonia
E dalla scia che emana
Questo incantevole riquadro
Quando sognare
Non è più una realtà nascosta
E la vita ormai troppo sommersa
Fa capolino dietro una rosa appassita
Mentre una stella esprime un desiderio
E una finestra affacciata richiama il
sole.
Ora una nuvola si specchia in un lago
E più avanti un fiore si disseta.
Le mie mani ora sono rami
Che accolgono il nido di un usignolo
Che non sa a chi donare il suo canto.
Faccio parte anchio di questa
meravigliosa visione
Quando seduta sopra colline in fiore
Apro le braccia al cielo
E sorridendo ringrazio Dio
Di questo magico sogno
E del profumo
E di questa dolce melodia
Che ora posso udire anchio
E raccontare
Con occhi di orgoglio e foglie di luna
A chi non può nemmeno immaginare
Questo stupendo paesaggio
Che è un tuffo al cuore
Pieno di miele e di latte fresco
In cui adoro immergermi
E che mi fa sentire viva più che mai!
Oscar girò la pagina, alcuni versi
erano stati sottolineati, forse i più belli per lui. Le piaceva leggere, ma di solito non
lo faceva ad alta voce, leggeva per se stessa, non per qualcuno. Ora lo stava facendo per
André, era convinta che in un certo qual modo la sua voce lo avrebbe risvegliato dal
lungo sonno. La sua attenzione fu attratta da un'altra poesia, André aveva sottolineato
anche questa. Era una delle sue preferite, lesse anche questa ad alta voce.
A DUE PASSI DAL CIELO
IL CAPO CHINOA RECITARE IL MARE
SU NEVE SCIOLTA
AD ASCIUGARE AL SOLE.
LA BIANCA SCIA
DI UN VOLO
ORMAI LONTANO
FERISCE IL CIELO
CON UN PIANTO STANCO.
OMBRE
DI UN VERDE COLLINARE
BACIANO UN TRAMONTO
APPENA ACCENNATO.
MENTRE LALBA CRESCE
E SI COLORA
MI FERMO.
A DUE PASSI DAL CIELO.
Teresa Gugliucci
Quando finì si accorse che la nonna
dormiva appoggiata al letto del nipote. La notte era calata, la luna quasi piena era
velata da sbuffi di nuvole scure. Era stata una bella giornata calda, primaverile, ma la
notte aveva portato un po' di fresco. Rabbrividì, la camicetta bianca era troppo leggera,
si alzò per andare a prendere la giacca. Prima di uscire il suo sguardo fu attratto dalla
giacca marrone di André appesa dietro alla porta, la prese, se la mise addosso. Era molto
grande, le maniche erano lunghe, le coprivano le mani, se le tirò un po' su. L'ha
portata Andrè, posso sentire il suo profumo, con questa non sentirò più freddo. Si
avvicinò alla nonna per metterle sulle spalle una coperta, ma la donna si svegliò.
"Vai a dormire, questa notte starò io con André" l'anziana tentò una
protesta, ma vedendo il viso della giovane preoccupato decise di ascoltarla. "Verrò
domani mattina. Se dovesse succedere qualsiasi cosa, mi faccia chiamare." Oscar
assentì. Si avvicinò al letto dell'amico, ma questa volta invece di stare seduta sulla
sedia si sedette sul letto. Con una mano, accarezzò il volto dell'uomo, sfiorò la
mascella, la barba le solleticava le dita, la bocca il naso, le sopracciglia.
Gli prese una mano, la tenne nella
sua, ne notò la differenza. Una mano grande, callosa, le dita affusolate, la strinse;
quasi volesse svegliarlo. "Ti prego André, svegliati. Ho bisogno di te." Una
lacrima, cadde sulla mano, poi un'altra, e un'altra ancora. Oscar si sentiva inutile,
impotente. Rivoleva il suo amico accanto a se, rivoleva l'uomo più importante della sua
vita. Voleva ancora sentire la sua risata, la sua voce. Rivedere il suo sorriso. I suoi
occhi quando la guardavano pieni di affetto.
Rimase così per ore, tenendogli la
mano, sperava che il suo tocco lo risvegliasse. Si avvicinò al viso di André lentamente,
gli diede un bacio sulla guancia, la barba le solleticò il viso.
André e sua madre si erano di nuovo
seduti sulla sabbia. Il tramonto stava colorando nei suoi colori caldi il cielo, il mare,
la sabbia. C'era una calma incredibile in quel posto. La donna guardò il viso triste del
figlio, prese il viso tra le mani avvicinando la fronte alla sua. "E' ora che tu
vada, è stato bello rivederti, tesoro mio. Mi mancherai." André sentì sulla sua
guancia il bacio dolce di sua madre. Poi più nulla.
Oscar si era addormentata, teneva una
mano su quella di André, la schiena era appoggiata alla sedia, la testa inclinata a
destra. Sentì un ticchettio provenire dalla finestra, il rumore della pioggia la
svegliò. Fuori era ancora buio, nuvole nere di tempesta si erano addensate per rilasciare
lacrime di pioggia.
Oscar si stropicciò gli occhi,
stiracchiò le braccia, si alzò in piedi. Andò verso al finestra, guardò fuori. La
pioggia scendeva forte, creava rigagnoli lungo il viale principale. La fontana già piena
di acqua, straripava. "Sta piovendo forte." Oscar aveva solo immaginato quelle
parole, non le aveva dette ad alta voce. Si girò di scatto. André era sveglio, la
guardava. "Ti sei svegliato." Sussurrò, inghiottì, si sentiva la bocca secca,
gli occhi sbarrati. Non riuscì a dire altro. Si avvicinò al letto, gli prese la mano.
André strinse quella di Oscar nella sua. Si accorse che Oscar stava piangendo, grosse
lacrime bagnavano il lenzuolo. "Non piangere, ti prego, Ora sono qui, non me ne
andrò più." Oscar si asciugò le lacrime, deglutì, assentì con la testa. Ora si
era seduta sul letto. André le teneva la mano, come se non volesse farla scappare. Non
riusciva a dire niente, era solo molto felice che si fosse risvegliato. "Oscar,
quando mi sarò ripreso del tutto, vorrei tornare nella casa in Normandia, vorrei rivedere
il mare." Oscar fu stupita dalla strana richiesta, avrebbe chiesto al medico il
permesso di portarlo fino al mare. "Va bene, e io verrò con te. Ho bisogno anche io
di un po' di riposo. "Grazie Oscar." L'uomo le sorrise, chiuse gli occhi e si
riaddormentò.
Il giorno dopo il cielo era carico di
nubi grigie che riversava sulla terra grosse gocce di pioggia, il vento piegava i rami
degli alberi fino quasi a spezzarli. La brutta giornata faceva da contrasto con la gioia
all'interno del Palazzo. Ora che André finalmente si era svegliato.
Quella mattina Oscar tornò in
caserma, di malavoglia. Avrebbe voluto stare con André, parlargli, ma il dovere come al
solito aveva preso il sopravvento. Dopo essersi asciugata andò direttamente nelle
camerate. I soldati quando la videro sulla soglia, si alzarono subito in piedi,
aspettandosi il peggio. "Si è svegliato questa mattina, è salvo." Il sorriso
incurvò le labbra della donna, vedendo la gioia dei soldati. "Quando tornerà?"
Le chiese Alain avvicinandosi. "Penso tra due settimane, ma devo prima sentire il
parere del medico. L'uomo si girò verso i compagni "Ragazzi, 'sta sera si fa
baldoria. Dobbiamo festeggiare la guarigione di André" Oscar uscì dalla stanza,
lasciandosi alle spalle ovazioni di gioia.
Il sole era caldo, sulla spiaggia
dalla sabbia fine, un uomo guardava il cielo azzurro e il mare verde. Si godeva gli ultimi
giorni di una vacanza tranquilla. Sentire il sole scaldare la pelle, il suono ritmico
delle onde. Gli ricordava il posto che aveva sognato, ma era stato davvero un sogno?
C'erano tanta pace e tranquillità. Si sdraiò sulla sabbia calda. Girò la testa a
sinistra, intravide da lontano una figura. Si mise la mano sulla fronte per vedere meglio.
La donna bionda stava passeggiando sulla riva, i capelli mossi dalla lieve brezza. Le
ricordò sua madre. Oscar era riuscita a portarlo in Normandia, erano anni che non
andavano lì assieme. Il medico non aveva fatto problemi, aveva detto che un cambiamento
d'aria avrebbe giovato alla salute del ferito. Aveva ragione. Oscar si era stupita nel
vedere rifiorire André. Il viso abbronzato, la voglia di camminare e scherzare. Si era
ripreso bene. La donna aveva fatto di testa sua, come sempre. Era stato difficile ottenere
un permesso per concedersi questa vacanza. Suo padre era furente, non concepiva questa
mancanza di disciplina, lasciare il lavoro per andarsi a divertire. Lei era stata
irremovibile. Doveva ammettere che questo periodo di riposo aveva giovato anche a lei. Il
viso era più rilassato, le occhiaie erano sparite, sul naso erano comparse le efelidi, la
voglia di mangiare era tornata.
Oscar andò a sedersi vicino
all'amico. "Non stai prendendo troppo sole?" "No, mi piace. Tu piuttosto,
stai attenta che sei molto bianca" Oscar sorrise. "Ti va di fare il bagno?"
André la guardò. Ma non le rispose subito. "Ho un po' paura dell'acqua."
"Tranquillo, se vai giù ti ripesco io." André rise, "Se non ci fossi
stata tu sarei morto." Disse serio. Oscar rimase un momento zitta, non osando
chiedere. "Vuoi chiedermi cosa ho visto dopo che sono
" Oscar assentì.
"C'era un posto bello come questo, calma, silenzio. C'era anche mia madre." La
donna gli mise una mano sul braccio. "Era come me la ricordavo da piccolo."
Sorrise al pensiero, "Mi ha detto che non potevo stare con lei, perché c'era una
persona che mi voleva accanto." André guardò Oscar, lei si sentì arrossire,
sospirò, ma invece di distogliere lo sguardo girò la testa per sostenere quello
dell'uomo. "E' vero, mi sono sentita persa, quando ho sentito che non respiravi.
Quando le mie labbra hanno toccato le tue, ma erano gelide. Quando tu non ti
risvegliavi." Andrè le prese la mano, baciò il palmo. "Se sono qui, lo devo a
te." André avvicinò il viso a quello di Oscar, gli diede un bacio sulla guancia. Un
gesto delicato, un bacio lieve. Oscar lo guardò, una luce di gioia negli occhi. Si fece
più vicina, André le mise un braccio intorno alle spalle, lei gli si appoggiò al petto.
Voltò il viso per guardarlo, vicino sempre più vicino. Oscar chiuse gli occhi ed
aspettò. André, stupito guardò il suo viso e poi sorrise. Il bacio fu dolce, ma
profondo, le labbra morbide e calde di André dischiudevano quelle di Oscar. Non sono
come quella notte, fredde prive di vita. André si sdraiò sulla sabbia, portandosela
sopra di se. Continuò a baciarla, a stringerla forte. E' qui che voglio stare, tra
le braccia dell'uomo che mi ama e che amo. Pensò Oscar. Oscar guardò André gli
occhi lucidi, di gioia. Non riuscirono a parlare, le parole sarebbero risultate superflue,
per due anime che fin da bambini si capivano con un solo sguardo. Abbracciati sulla
sabbia, Oscar si strinse ad André, capì finalmente cosa significava amare qualcuno, dare
e ricevere amore. Non era troppo tardi, non era mai troppo tardi per amare.
Fine
^_^ Vi è piaciuta? Fatemi sapere.
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