priscagif.gif (2354 byte)

     Manga Scans   Gallery    Fanficsneko-up.gif (2869 byte) Skins

Personalizza   Wallpapers   Sigle   Il Film  Aggiornamenti



 

Una nuova vita

di Macri

Disclaimer: i personaggi appartengo a Ryoko Ikeda. Le bellissime poesie sono state scritte da una cara amica, Terry Gugliucci, se vi piacciono e volete leggerne altre, fatemelo sapere, ma non usatele o prendetele senza il mio e soprattutto il suo consenso. Questa Fanfic la dedico a tutte le persone che conosco, spero che vi piaccia. Se volete mandare commenti scrivete a dscully@snet.it I commenti dell'autrice sono tra parentesi. Ho messo i pensieri dei protagonisti in corsivo. Se non amate le storie romantiche non leggete, penso che possa essere letta da tutti. Buona lettura

 

Una nuova vita

 

Nell'assolato pomeriggio di aprile, gli uccellini cantavano sugli alberi. Nel cielo di un azzurro pallido qualche nuvoletta bianca come la neve creava effetti di luce e ombra, su case e persone. Il soldato fuori dalla caserma, restituì il saluto che il suo comandante gli aveva dato; l'andatura del cavallo era lenta, al trotto. Il soldato notò che il suo bel comandante aveva un'aria stanca, afflitta. Lo sguardo era serio, freddo, ma gli occhi erano vuoti. Il comandante rientrava in caserma dopo una lunga mattinata di impegni ufficiali alla reggia di Versailles. Nel pomeriggio avrebbe dovuto far fare un'esercitazione ai soldati, in serata avrebbe dovuto stilare rapporti da mandare ai suoi superiori. Quel soldato sapeva perché il comandante era così abbattuto, stava per perdere una persona molto cara….

I soldati in caserma non avevano accettato subito l'arrivo del nuovo comandante. I motivi erano più che seri. In primo luogo era un nobile, non volevano essere comandati da una persona di grado sociale diverso; era già capitato e non si erano trovati per niente bene. Odiavano troppo i nobili, la loro boria, la loro inettitudine, erano soltanto bravi a comandare, ma di fatto non sapevano fare nulla, nemmeno tenere un'arma in mano. Erano loro, i soldati, a dover combattere e morire in battaglia. Erano i figli del popolo a doversi sacrificare, fare i lavori più difficili. I nobili stavano in seconda linea e si godevano lo spettacolo. In secondo luogo il nuovo comandante era una donna. "Ehi, la sai la novità? Il comandante è una donna!" la voce era ben presto girata per tutta la caserma. "Bene, così ci divertiremo un po'….ma sotto le coperte." Le battute di cattivo gusto non finivano mai. Una donna era pur sempre una donna. Doveva stare a casa a fare figli, ad ubbidire al marito. Figuriamoci una donna nobile, cosa poteva fare? I soldati pensavano che fosse una di quelle stupide damine incipriate che sapevano solo ballare, il loro unico scopo nella vita era di divertirsi, di vestirsi e truccarsi alla moda. Le donne nobili erano stupide e ignoranti.

Oscar Françoise De Jarjayes aveva dimostrato ben presto il suo carattere. Aveva incassato tutti i colpi, le battute oscene, le sfide dei soldati e le aveva affrontate a testa alta e vinte, la loro disubbidienza, ma non si era mai arresa. Era una partita che non poteva perdere, nei confronti di suo padre, che pensava che i rudi soldati parigini, l'avrebbero fatta scappare dopo pochi giorni; ma soprattutto verso se stessa. Voleva dimostrare a se stessa di poter vivere come un uomo. Sapeva bene che era impossibile, era una donna. Come le aveva detto André, il suo migliore amico, niente avrebbe potuto cambiare questo fatto. Le aveva gridato il suo essere donna con tutta la rabbia e l'amore nascosto in vent'anni di vita passati assieme. Lei c'era rimasta così male, non riusciva a credere che proprio il suo amico d'infanzia si sarebbe potuto innamorare di lei. Proprio a causa di questo, lei aveva rotto con lui. Non aveva più voluto vederlo. Voleva provare a vivere la sua vita con stimoli nuovi. Comandare questi soldati era una sfida e un rischio, lo sapeva bene, ma voleva continuare. Quando finalmente aveva pensato di essersi sbarazzata di lui, ecco ritrovarselo davanti, in uniforme, nel suo stesso reggimento. All'inizio era furente, non sopportava il suo modo di fare protettivo, la rendeva debole e consapevole di essere donna. Che cosa diavolo ci fa qui, gli avevo detto che non avevo più bisogno di lui. André la guardava serio, vedeva l'ira sul suo viso. Ti ho contrariato, sei furente, vedo lampi di odio nei tuoi occhi, ma io rimarrò vicino a te, che tu lo voglia o no. Nel suo ufficio lo aveva affrontato, con i pugni stretti… André era rimasto irremovibile; lei lo aveva congedato con un "Fa quello che ti pare." André Grandier le era rimasto vicino anche in questa occasione.

I soldati pensavano che il comandante si sarebbe arreso in pochi giorni. Passarono le settimane, i mesi…. Lo scherno, l'insubordinazione, le scaramucce non l'avevano spaventata. Non se n'era ancora andata. Erano rimasti in pochi ad odiarla veramente. La maggior parte di questi uomini rudi avevano capito che era un comandante inusuale. Una donna diversa dal comune, fiera, fredda, a volte altezzosa., per questo la odiavano. Come si permetteva un'insulsa donnicciola di dare ordini a degli uomini. Dovevano riconoscere però, che era un comandante onesto, rispettoso delle regole, dei suoi uomini. Era il primo comandante a trattarli con umanità, a considerarli persone, non carne da macello, come invece facevano gli altri nobili. Era stato l'unico comandante ad intercedere per uno di loro. Quando Lasalle era stato accusato e condannato a morte per aver venduto un fucile, lei aveva fatto di tutto per salvarlo, lui era ritornato tra i suoi compagni. Molti uomini per questo avevano deciso di ubbidirle. Alcuni si erano perfino invaghiti di lei. Tra i soldati si era sparsa la voce che il comandante Oscar non fosse in grado di amare. Tutti sapevano che Andrè era innamorato di lei; che avrebbe fatto di tutto per starle vicina e proteggerla. All'inizio André era stato oggetto di scherno, lo odiavano perché per anni aveva servito una nobile e non solo, le andava dietro come un cagnolino. Nonostante i rischi che correva André sapeva che doveva continuare a stare vicino alla donna che amava, costi quel che costi. Alain che conosceva bene l'amico, lo aveva avvertito più volte; era convinto che questo tipo d'amore lo avrebbe portato alla distruzione. "E' una donna fredda, insensibile. Fa molto bene il suo lavoro, ma non è capace di amare. Credimi, rifatti una vita con una donna vera." André scuoteva la testa, guardava l'amico seduto al tavolo giocare a carte. "Tu non la conosci come la conosco io, sono anni che vivo insieme a lei. Conosco bene il suo carattere, i suoi pensieri." André dopo queste parole si sedeva nella sua cuccetta prendeva un libro e leggeva. Gli altri soldati lo consideravano un compagno affidabile, leale, ma c'era una barriera tra loro. Andrè essendo cresciuto in un ambiente nobile, a contatto con i nobili, aveva sviluppato una certa raffinatezza nei gesti quotidiani, nel modo di muoversi, di parlare. Per questo gli altri lo consideravano diverso (non in quel senso, non fate battutacce!) André sapeva bene che Oscar poteva apparire fredda, insensibile, ma nel suo cuore era capace di amare. Era come quando si lascia spegnere il fuoco la sera. Il mattino dopo ci sono solo le braci spente e la cenere, ma se si guarda con più attenzione si vede che sotto sotto le braci sono ancora calde, tanto da poter riaccendere il fuoco. Oscar era un'insieme di ghiaccio e fuoco. Ghiaccio, freddezza apparente all'esterno, fuoco, passione all'interno, nel suo cuore. Sapeva che se solo Oscar avesse voluto essere amata, avrebbe trovato una felicità completa. Il vero problema era che lei aveva provato ad amare, ma era stata respinta. Per questo aveva rinunciato ad essere donna, aveva rinunciato all'amore. Con questi pensieri André si addormentava e si svegliava il mattino dopo ricominciando a pensare alla donna bionda che amava da tutta una vita.

Il giorno dopo il comandante Oscar aveva ricevuto un messaggio dal generale Bouille'. Oscar si era diretta nelle camerate. La sua visita fu inaspettata. Gli uomini avrebbero dovuto avere la mattinata libera. Indaffarati com'erano non la sentirono entrare. Alcuni giocavano a carte, altri a freccette, altri dormivano sonoramente sui lettini, altri ancora rattoppavano buchi in calzini e calzoni, lucidavano stivali o armi. Bussando allo stipite della porta aveva richiamato l'attenzione dei soldati. Tutti si erano alzati in piedi, accogliendola con il saluto militare.

"Oggi ci aspetta un compito delicato, mi spiace, per molti di voi era giorno di riposo, ma ho ricevuto l'ordine questa mattina." Un brusio di protesta si alzò unanime. Oscar si guardò intorno, vide Andrè appoggiato allo stipite della porta con le braccia incrociate sul petto. Alain era seduto su una sedia con uno stivale in mano, nell'altra uno strofinaccio. Quando gli uomini finirono di lamentarsi, continuò: "Dobbiamo fermare un traffico di armi rubate. Le armi di sicuro sono dei ribelli. Preparatevi, faremo come di consueto la ronda per le vie di Parigi. Vi invito a segnalare qualsiasi movimento sospetto. Alcuni di voi dovranno andare in giro in borghese, per non dare nell'occhio. Più tardi vi farò sapere i nomi. Per ora è tutto." Uscì dalla stanza senza voltarsi indietro.

Per le vie di Parigi i soldati divisi in gruppi da tre, perlustravano tutte le zone. I viottoli stretti e bui, i quartieri residenziali, le piazze spaziose. Alain si trovava con Lasalle e André in un quartiere popolare. Cavalcavano lentamente, guardandosi attorno. Sopra le loro teste erano stesi panni appena lavati. Dalle finestre delle case si sentivano piangere neonati, alcune donne incuriosite dai tre uomini si erano affacciate per osservarli. Tre bambini per strada si fermarono spaventati alla vista dei soldati a cavallo, vedendo che non facevano nulla ricominciarono il loro gioco, rincorrendosi per le viuzze. "Alain, non mi sembra che questa zona sia pericolosa. E' un quartiere residenziale, ci sono solo donne e bambini." Disse Lasalle, guardandosi intorno. "Forse è meglio tornare indietro." Gli fece eco André. Alain assentì. Girarono i cavalli e ritornarono verso il centro della città. Appena se ne furono andati una figura mascherata, con capelli castani, fini e un lungo mantello scuro, guardò i tre soldati andarsene via. Accanto a lui, un uomo in mantello nero, con il viso coperto gli disse "Sono ovunque, dobbiamo sbrigarci o troveranno le armi." L'uomo dalla maschera di ferro assentì.

Nella parte ovest della città il comandante con altri tre uomini perlustrava il mercato. La via principale era piena di gente, si sentiva il vociare invitante dei commercianti, il loro invito a comprare la loro merce a prezzi bassissimi. Ogni volta che i soldati passavano, lentamente per non innervosire uomini e cavalli, tutte le donne, di qualsiasi età, si giravano per osservare meglio i soldati. Erano attratte dal bel comandante biondo. A Oscar quegli sguardi non creavano imbarazzo, fin dall'età di 14 anni era abituata a sentirsi osservata, da dame e cavalieri, servitù. A Versailles una ragazza, comandante delle guardie reali di sua maestà era un evento fuori dal comune. Anche ora, i suoi lineamenti delicati, il volto privo di barba, l'uniforme che non metteva certo in risalto le sue curve, la facevano apparire un giovane comandante. Ovunque andasse faceva sempre lo stesso effetto, incuriosiva le persone di tutte le età. Un soldato arrivò di corsa, "Comandante, Chante e Brondeur hanno avuto una soffiata, questa notte i fucili verranno imbarcati sulla senna, per essere poi trasportati fuori dalla città" Oscar rimase un attimo in silenzio, stava pensando che era inutile far stancare gli uomini, era meglio tornare in caserma e riprendere ricerche più accurate verso sera. Ordinò la rientrata in caserma.

Erano da poco passate le sette di sera, il sole aveva ceduto il posto alla luna, uno spicchio d'argento iniziava a intravedersi nel cielo ancora azzurro, più in alto diventava blu notte, le prime stelle brillavano timide. Oscar aveva radunato i soldati in cortile. In fila, sui cavalli, armati, in assetto da combattimento. Ascoltavano la voce alta e decisa del comandante. "Questa notte perlustreremo la Senna. Quando troveremo la barca e i contrabbandieri li bloccheremo, solo in caso di aggressione useremo le armi. Non voglio inutili spargimenti di sangue. Ci divideremo a gruppi di quattro. State attenti, potrebbero sapere che stiamo facendo delle ricerche, potrebbe essere una trappola. E ora in marcia."

Lungo la Senna Oscar cavalcava tranquilla, concentrata. André, dietro di lei, vedeva i suoi lunghi capelli ondulare ad ogni passo del cavallo. Oscar pensava che avrebbero dovuto perquisire ogni battello, fermare qualsiasi raduno di persone sospetto, provò a immaginare dove si potevano nascondere per far sparire le armi. L'ideale sarebbe stato un ponte. Ma Parigi era una città fatta di ponti, erano troppi e loro non avrebbero avuto così tanto tempo. Più avanti vide un uomo completamente ubriaco, venirle incontro, era vestito di nero, un cappello nero gli copriva gli occhi, la faccia e le mani sporche di fuliggine. Lo spazzacamino aveva voglia di compagnia. "Ehi, bello. Hai voglia di venire a farti un goccetto con me?" Alain rispose subito pronto alla battuta. "Magari, ma devo lavorare, non vedi che sono in servizio?" "Non tu, bestione. Il biondino sul cavallo bianco." André stava per scendere da cavallo per spaccargli la faccia, ma si fermò, gli sembrava di aver già visto quell'uomo. Oscar scese da cavallo, si avvicinò al simpatico ubriacone e gli mise in mano una moneta d'oro. "Uh, uh. Grazie amico che generosità." Si avvicinò alla donna prendendola a braccetto cercò di trascinarla verso una bettola. Dopo alcuni passi, e un ultimo tentativo di avvicinarsi alla porta, la giovane si fermò, si scostò dall'uomo dicendogli "Non questa sera, domani forse accetterò il tuo invito." Risalì calma sul suo cavallo. L'ubriaco alzò le spalle, lanciò in aria la moneta riprendendola al volo. Si diresse verso la bettola più vicina. Oscar continuò a cavalcare tranquilla. Alain e André pensarono che c'era gente davvero strana a questo mondo, se avessero visto il viso concentrato del comandante avrebbero capito. Il travestimento era stato perfetto, nemmeno i suoi compagni avevano riconosciuto Chante. Oscar guardava avanti, ma non vedeva la strada. Ripensava alle parole sussurrate dallo spazza camino. Dieci metri più indietro un uomo vestito di nero spiava il gruppo da lontano. Oscar rallentò un po' per poter parlare con i due uomini senza voltarsi. "Continuate a cavalcare, c'è un uomo vestito di nero che ci sta spiando. Il battello con le armi si trova sotto il ponte vicino alla Conciergerie." Dopo una decina di minuti incontrarono il colonnello Dagout. Oscar gli fece il saluto militare, che il colonnello restituì. La donna lo mise al corrente delle informazioni ricevute, ordinandogli di precederla al ponte con l'altro gruppo di soldati.

Accadde tutto molto in fretta. A Oscar era sembrato di vedere la stessa scena a rallentatore un centinaio di volte, era seduta davanti alla porta dell'infermeria e aspettava, i vestiti sporchi di sangue, appiccicati alla pelle, i capelli bagnati, ma non ci faceva caso, il suo corpo fu percorso da un brivido. Era concentrata sugli avvenimenti di quella notte.

Sotto il ponte, era buio. Era scesa per controllare l'imbarcazione sospetta. Uomini vestiti di nero, con visi coperti, caricavano casse sulla poppa. Quando si accorsero di essere stati circondati dai soldati, alcuni si buttarono in acqua per scappare, altri tirarono fuori le armi e iniziarono a sparare. I soldati risposero al fuoco. Le bocche dei fucili illuminarono la notte, come le lucciole in campagna. Ormai sulla barca erano rimasti in pochi. Oscar era a pochi passi da quello che sembrava il capo, un uomo mascherato, si vedevano solo gli occhi. "Ci incontriamo un'altra volta, comandante" Le disse. "Hai trovato quello che cercavi, ma non le avrete mai." Oscar si accorse che aveva in mano un candelotto di dinamite. In pochi secondi l'uomo tirò fuori la pistola sparò, ma non colpì lei. Oscar si girò per vedere un soldato cadere nel fiume. "André, nooo" Gridò. Guardò l'uomo mascherato accendere la dinamite e fuggire. "Tutti via, è dinamite." Oscar si buttò in acqua, sperò di riuscire a raggiungere Andrè e a salvarsi dall'esplosione. L'acqua era gelida e buia, avvolgeva il suo corpo dandole una sensazione di fastidio, il contatto dei vestiti che si appiccicavano al corpo non le piaceva. Iniziò a preoccuparsi era molto buio, non sarebbe riuscita a vederlo immersa in quell'oscurità. André aveva addosso le armi, il peso lo tirava più velocemente verso il fondo. Cercò di stare calma, ancora due bracciate verso il basso. Ancora niente. Sopra la sua testa sentì l'esplosione, ma il rumore era ovattato. L'ossigeno iniziava a mancarle. Non posso tornare su senza di lui. Non potrei mai perdonarmelo. Altre bracciate nell'acqua pesante. Toccò qualcosa. Era un braccio, è il suo, pensò. Lo prese da sotto la ascelle e iniziò a risalire. Era molto pesante, un corpo morto, ma non volle pensarci. Risalendo sentì mancarle l'aria, devo resistere, si impose. Finalmente l'aria, sono fuori. Prese lunghe boccate di aria, cercando di tenere la testa di André fuori dall'acqua. Vide Alain senza stivali e parte superiore della divisa, l'espressione del viso preoccupata, stava per buttarsi anche lui. Issarono fuori dall'acqua prima André, poi Oscar si sentì prendere di peso. Per un istante si sentì mancare, cadde in ginocchio, il respiro affannoso. "Comandante, non respira." Oscar schizzò accanto ad André. Ascoltò il battito del cuore, era appena percepibile. Fu molto veloce, non ci pensò due volte. Gli mise una mano sotto il collo, in modo da inclinargli la testa, gli aprì la bocca e iniziò a soffiargli aria nei polmoni. Minuti interminabili, continuava ad appoggiare le labbra sulle sue, per far entrare la vita che sembrava voler lasciare quel corpo. Nessuno aveva osato fermarla, i soldati guardavano la scena preoccupati. Non conoscevano tutti André, ma era pur sempre uno di loro. Alain si inginocchiò davanti a Oscar, voleva dirle che ormai non c'era più niente da fare, lo sguardo di Oscar lo atterrì. Gli occhi erano freddi, duri, capì che se l'avesse fermata avrebbe rischiato grosso, fisicamente più che la galera. André tossì, Oscar gli voltò la testa di lato vide che stava vomitando acqua, che riprendeva a respirare. Era fuori pericolo. Tirò un sospiro di sollievo, durò poco. Si accorse di avere le mani e la divisa sporche di sangue. "Oh, no è stato colpito." Lo portarono in caserma, il medico militare gli stava medicando la spalla sinistra. Il proiettile era entrato in profondità, erano riusciti a toglierlo, ma aveva perduto molto sangue. Quando il medico uscì dalla stanza, Oscar si alzò in piedi. "Non posso dire nulla, è troppo presto per dire se sarà fuori pericolo. Ho tolto il proiettile, ma ha perso molto sangue. Ora sta riposando, meglio non disturbarlo." "Posso riportarlo a casa?" Chiese Oscar. "Per i primi giorni è meglio non muoverlo." Oscar ringraziò il medico. Rimase seduta sulla panca di legno, davanti alla porta. Le mani sul viso. "Farebbe meglio a cambiarsi quei vestiti, comandante." Vide il soldato avvicinarsi alla porta, voleva entrare per vedere come stava il suo amico, ma Oscar lo fermò. "Niente visite per oggi, il medico ha detto che deve riposare." Alain rimase fuori dalla porta, vide la donna andare verso il suo ufficio. Le sopracciglia corrucciate. Guardò fuori dalla finestra. Il sole era da poco spuntato, l'alba di un nuovo giorno era iniziata.

Oscar era rimasta tutto il giorno in caserma. Si sentiva stanca fisicamente, ma soprattutto dentro. Non poteva credere che proprio André si trovasse in quelle condizioni. Tra la vita e la morte. Quando la notte prima aveva appoggiato le sue labbra sulle sue le aveva sentite così fredde. Aveva pensato più volte è già morto e io sto facendo tutto questo per niente. Si era fatta forza e aveva continuato. Non si era arresa e l'aveva salvato, ma ora? Ora André si trovava tra la vita e la morte e lei non poteva fare nulla per aiutarlo. Sentì bussare alla porta. Era Alain. "Comandante, sono venuto a chiederle come sta André" Oscar si alzò in piedi, girò attorno alla scrivania per avvicinarsi alla finestra. Con voce fredda disse: "Ancora non lo so, i medici mi hanno detto che ha bisogno di riposo, non deve essere disturbato." Lo sguardo di Alain era carico d'odio. Esplose in tutta la sua rabbia. "Come potete dire questo, sapete che André è innamorato di voi, ma non vi interessano le sue condizioni. I medici hanno detto…. Chi se ne frega cos'hanno detto. André ha bisogno di voi, non dei medici. Siete una donna senza cuore, non meritate il suo amore." Uscì dalla stanza sbattendo la porta. Se solo in quel momento si fosse girato avrebbe visto sul viso di Oscar scendere una lacrima, la donna si sedette per terra, raccolse le ginocchia al petto e iniziò a singhiozzare.

Il giorno dopo nonostante il parere contrario del medico Oscar prese una carrozza e ritornò a casa con André. Pensava che a casa, con le cure amorevoli della nonna si sarebbe ripreso più in fretta. Le sue condizioni erano stabili. Non era né migliorato né peggiorato, era ancora molto debole, il viaggio sarebbe stato rischioso, era consapevole di questo, ma voleva provare. La cosa che preoccupava di più il medico era lo strano torpore in cui l'uomo era caduto. Continuava a dormire, non beveva, non mangiava, dormiva sempre. Quando arrivarono a palazzo Jarjayes Oscar vide la nonna sulla porta, si contorceva le mani, gli occhi lucidi. Vide il nipote, pallido, gli occhi chiusi, pianse più forte. Il generale era all'interno della casa, anche lui aveva saputo dell'incidente. Anche se era un servo, ammirava il coraggio e la dedizione di André per Oscar. André fu portato nella sua camera, lì il medico lo aspettava. La nonna continuava a torcersi le mani, nervosa ripetendo "Il mio bambino." Oscar e il padre aspettarono fuori dalla stanza. Il generale parlò alla figlia "Ho sentito che l'uomo che ha sparato ad André aveva una maschera, era lo stesso che mi ha sparato, Oscar." Oscar sospirò "Quell'uomo uccide per il gusto di farlo, ero a pochi passi da lui, avrebbe potuto spararmi in fronte e farmi fuori, ha preferito colpire uno dei soldati." "Il carico di fucile è andato completamente perso durante l'esplosione. Ho parlato con il generale Bouiet, non ti da alcuna colpa per il fallimento della missione." Detto questo il generale se ne andò. Oscar rimase davanti alla porta, minuti interminabili. Il dottore uscì, il viso serio. "Madamigella, sono preoccupato per le condizioni di André." Oscar sentì i battiti del cuore rallentare. "Ha perso molto sangue, è debole, non si sveglia. Ho detto alla governante di farlo bere molto. Cercate di stargli vicino, è come se si stesse lasciando morire." Lasciarsi morire?No, non può essere. Il medico vide il turbamento sul viso della donna. Le mise una mano sulla spalla.

Oscar ringraziò il medico, poi entrò nella stanza. La nonna seduta accanto a lui piangeva e pregava. Il viso pallido dell'uomo era sofferente. Le ciglia lunghe e nere, sembravano piccoli ventagli, erano immobili. Le braccia di André erano appoggiate sulle coperte. La spessa fasciatura gli immobilizzava la spalla. La nonna si accorse di Oscar, "Madamigella, state voi un po' con André? Devo buttare l'acqua sporca di sangue, ma tornerò subito." "Si, vai pure, starò io con lui." L'anziana uscì, sembrava ancora più piccola, come se il dolore la stesse incurvando ancora di più. Povera donna, ha già sofferto tanto; e ora, anche il dolore di vedere tra la vita e la morte il nipote. Oscar cercava di rimanere lucida, di farsi forza. André, era il suo migliore amico, l'uomo che le aveva giurato di amarla per tutta la vita e da tutta una vita. Si sentiva annientata, impotente. Non voglio perderti, devi vivere. Rimase stupita, il cuore le batteva forte. Mi fa male il cuore, all'idea di perderlo, di non sentirlo più vicino a me, mi sento morire…. Si mise una mano sulla bocca. Mi sto innamorando di lui, tengo a lui più della mia stessa vita.. La scoperta la sconvolse. Sentì rientrare la nonna, Oscar le andò vicino, le mise una mano sulla spalla, "Si riprenderà, André è sempre stato forte." La nonna guardò la sua bambina, non la vedeva molto bene, perché le lacrime le offuscavano la vista. Le parole non riuscivano ad uscirle di bocca, assentì semplicemente. Oscar uscì dalla stanza, richiudendosi la porta alle spalle.

 

C'era molta calma in quel posto. La sabbia fine, il cielo azzurro, un azzurro intenso che poche volte aveva visto. Il mare azzurro come il cielo, come gli occhi di Oscar. Il suono delle onde del mare lo rilassava. Si sdraiò sulla sabbia calda, le braccia e le gambe aperte. Si stava bene. Poi si alzò a sedere, stiracchiandosi. Si guardò intorno, non c'era nessuno. Era tutto molto strano, non aveva chiesto ad Oscar giorni di ferie per poter andare al mare. Come mai si trovava lì e non aveva addosso la divisa, ma il solito paio di calzoni e la camicia bianca? L'ultima cosa che ricordava era di essere stato colpito alla spalla, ma guardando sotto la camicia non c'era nulla. Aveva sentito tanto freddo e poi più nulla. Era bello stare al sole, il suo calore gli riscaldava il corpo e l'anima. Chiuse gli occhi, il rumore delle onde del mare sembravano cullarlo. Rimase in questa posizione per ore, poi stufo decise di fare una passeggiata. Si alzò, andò verso la riva per bagnarsi i piedi. L'acqua era fresca, minuscoli pesciolini si avvicinarono alla sua ombra, ma subito sparirono appena si accorsero della sua mano nell'acqua. André iniziò a camminare sulla riva, quel posto gli piaceva, lo faceva sentire bene.

 

Era passata una settimana dall'incidente. In caserma le cose erano ritornate normali. C'era il lavoro di sempre da fare, esercitazioni, ronde, appostamenti. Per Alain e i suoi compagni la vita sembrava più triste, a loro mancava un amico, silenzioso, discreto. Ogni giorno Alain andava dal comandante per avere notizie di André. Ogni giorno si sentiva dire sempre le stesse cose. Rientrava nella camerata spazientito, si metteva le mani sui fianchi, cercando di imitare la voce del comandante "E' sempre stazionario, la ferita è migliorata, ma è ancora in coma." Alain sbottava "Quella donna è fatta di ghiaccio. Come fa ad essere così insensibile? Mi parla di André come se non esistesse. Un giorno di questi dopo che mi avrà detto come sta, la prenderò a schiaffi." Gli uomini intorno a lui dopo aver sentito le notizie sull'amico, riprendevano a fare le cose di sempre, ma ogni tanto lo sguardo veniva attirato dal letto vuoto, un libro con la copertina nera appoggiato sopra le coperte ai piedi del letto.

Per Oscar non era facile continuare a mantenere il controllo e la freddezza che si era imposta. Era una settimana che non chiudeva occhio, continuava a fare la vita di sempre in caserma, poi tornava a casa la sera e rimaneva per tutta la notte a vegliare André. Sua madre e la nonna erano preoccupate, soprattutto la nonna non voleva che Oscar si stancasse così tanto. Solo con l'anziana donna Oscar riusciva ad essere sincera e le diceva: "Quando sono caduta da cavallo e ho rischiato di morire, lui mi è rimasto vicino. E' il mio migliore amico, non voglio essergli da meno." Dava un po' di tregua alla nonna, ma a se stessa non concedeva un momento di riposo. Gli effetti si facevano sentire sul suo umore e sul fisico. Ai soldati non era sfuggito il fatto che il comandante fosse sempre arrabbiato, più nervosa del solito. Era sempre pallida, profonde occhiaie le segnavano il viso.

Oscar si stupì una sera quando vide sua madre entrare nella camera. La figlia si alzò dalla sedia per cedere il posto alla madre. La donna prima di sedersi guardò il volto pallido della figlia. "Sono preoccupata Oscar, per te e per lui." Per André? Ma per lei è solo un servo. "Oggi è venuto il medico, Oscar. Ha detto che la ferita si sta rimarginando nel modo corretto. André è fuori pericolo, ma il fatto che non si svegli è la cosa più preoccupante." Oscar sospirò, chiuse gli occhi, si appoggiò alla sedia. Da una parte era contenta perché era fuori pericolo, ma dall'altra era disperata perché non si svegliava. La madre si alzò, accarezzò una guancia della figlia. Oscar rimase stupita del gesto, era la prima volta che lei le dimostrava il suo affetto. Da suo padre sapeva che non avrebbe mai ricevuto un tocco gentile, sua madre aveva ricevuto ordini precisi dal marito, niente smancerie. La figlia prese la mano della madre, baciandole il palmo, le sorrise. "Mi sono accorta che tu tieni molto a quest'uomo, siete cresciuti insieme, è normale, ma so che lui ti ama. Non pensare che ora io ti dica che è inutile, che il suo amore per te non ha nessun significato perché lui è un servo e tu sei nobile. So bene che la vita non ti ha dato molti affetti. Non farti scappare la felicità, ce l'hai molto vicina. A me hanno imposto di amare tuo padre, con gli anni ho imparato a conoscerlo e ad amarlo. Tu puoi scegliere, bambina mia. Fa quello che ti dice il cuore." M.me Jarjayes rimase con la figlia al capezzale dell'uomo. Oscar rimase stupita, ma felice per le sue parole. Erano anni che non stavano insieme così a lungo. André manchi a tante persone, ma soprattutto a me, svegliati ti prego.

 

Da lontano vide una figura venirgli incontro, era una donna. Aveva un vestito azzurro, semplice. I capelli neri erano raccolti in una lunga treccia. André socchiuse gli occhi, per cercare di vedere meglio. Scosse la testa, non puoi essere tu, mamma. Il pensiero lo turbò, non poteva essere lei. Se n'era andata tanto tempo prima, lasciandolo solo. Era così piccolo quando l'aveva persa. Non ricordava quasi più il suo volto e questo lo rattristava. Si ricordava che da piccolo, poco dopo essere arrivato a palazzo Jarjayes, chiedeva sempre a sua nonna prima di addormentarsi "Nonna, com'era la mamma? La sto dimenticando." Gli occhi del bimbo si riempivano di lacrime. La nonna gli carezzava la testa, prendeva uno specchio piccolo e lo faceva specchiare. "Guarda André, guardati e rivedrai tua madre. Di lei hai preso gli stessi lineamenti, lo stesso sorriso. Ogni volta che sorriderai, vedrai sorridere tua madre." Il bimbo dopo queste parole si calmava e riusciva a dormire. Erano anni che André non ricordava queste parole. Allungò il passo per avvicinarsi alla figura. Quando fu più vicino, riconobbe in lei sua madre. La donna aprì le braccia, André fu avvolto in un caldo, materno abbraccio. "Aveva ragione la nonna, ti somiglio proprio tanto." Le disse sorridendole. "Come sei cresciuto, mi ricordi tuo padre." La voce della donna era dolce, triste. Gli prese le mani, lo fece sedere sulla sabbia. "Quando ci siamo lasciati non mi arrivavi nemmeno alla vita." Guardando il figlio disse: "Mi sei mancato tanto, ma non puoi rimanere ancora con me, non è il momento. E poi, c'è una certa persona che ti vuole accanto." André sorrise alla madre, "Io la amo." "Lo so." L'uomo sentì la mano sulla sua guancia, un tocco delicato. Sua madre lo accarezzava come quando era piccolo. André si alzò, diede una mano alla donna per aiutarla ad alzarsi. "Voglio restare ancora un po' con te. Passeggiamo?" La donna guardò il figlio negli occhi, gli sorrise. André si sentì tenere per la vita, mise un braccio sulle spalle esili della donna. Camminarono insieme lungo la spiaggia, il tepore del sole, il tocco gentile di sua madre, camminare e parlare con lei, aveva sognato di farlo da sempre.

 

Oscar era rientrata a Palazzo nel tardo pomeriggio. si era cambiata, aveva bevuto un po' di cioccolata, non se la sentiva di mangiare, ed era andata a trovare André. Il viso dell'uomo sembrava più sereno, tranquillo, il respiro ritmico e regolare. La sofferenza era sparita. La barba scura gli incorniciava il viso. Oscar si stupì, non l'aveva mai visto con la barba. Stava bene, gli dava un'aria più adulta. Sorrise al pensiero. Vide che sul comodino c'era un libro con la copertina rossa, lo aprì iniziò a leggere delle poesie. Il poeta era una donna italiana Teresa Gugliucci. Quando tornava a casa, per rilassarsi André leggeva queste poesie. Sentì aprirsi la porta, si girò guardò la nonna entrare, le sorrise. "Madamigella siete già tornata. Non siete stanca? Sono giorni che non chiudete occhio." "Volevo stare con André, fargli sentire la mia presenza." La nonna ringraziò mentalmente la sua padrona. "Guarda che barba lunga, dovrei fargliela ma ho paura di ferirlo." "E' meglio che se la faccia lui quando si sveglierà, non ti pare?" La donna fu colpita dalle parole della ragazza, era così sicura che si sarebbe svegliato. Assentì e si sedette accanto al nipote. Gli prese una mano, era calda. Oscar aprì il libro e iniziò a leggere ad alta voce, "Tra sogno e realtà". La voce di Oscar era calma, rassicurante, Rimbombava nella stanza spoglia, la nonna ascoltava le parole, le sembrava di vivere in un sogno.

 

TRA SOGNO E REALTA’

(UN’INCANTEVOLE VISIONE)

Navigare fra sponde di cielo

Sopra nuvole soffici

In un secco aprile.

L’odore di mandorle appena colte

E il fresco profumo di limoni gialli

Che ricerca il mio fiuto

Invaghito dall’armonia

E dalla scia che emana

Questo incantevole riquadro

Quando sognare

Non è più una realtà nascosta

E la vita ormai troppo sommersa

Fa capolino dietro una rosa appassita

Mentre una stella esprime un desiderio

E una finestra affacciata richiama il sole.

Ora una nuvola si specchia in un lago

E più avanti un fiore si disseta.

Le mie mani ora sono rami

Che accolgono il nido di un usignolo

Che non sa a chi donare il suo canto.

Faccio parte anch’io di questa meravigliosa visione

Quando seduta sopra colline in fiore

Apro le braccia al cielo

E sorridendo ringrazio Dio

Di questo magico sogno

E del profumo

E di questa dolce melodia

Che ora posso udire anch’io

E raccontare

Con occhi di orgoglio e foglie di luna

A chi non può nemmeno immaginare

Questo stupendo paesaggio

Che è un tuffo al cuore

Pieno di miele e di latte fresco

In cui adoro immergermi

E che mi fa sentire viva più che mai!

 

Oscar girò la pagina, alcuni versi erano stati sottolineati, forse i più belli per lui. Le piaceva leggere, ma di solito non lo faceva ad alta voce, leggeva per se stessa, non per qualcuno. Ora lo stava facendo per André, era convinta che in un certo qual modo la sua voce lo avrebbe risvegliato dal lungo sonno. La sua attenzione fu attratta da un'altra poesia, André aveva sottolineato anche questa. Era una delle sue preferite, lesse anche questa ad alta voce.

 

A DUE PASSI DAL CIELO

IL CAPO CHINOA RECITARE IL MARE

SU NEVE SCIOLTA

AD ASCIUGARE AL SOLE.

LA BIANCA SCIA

DI UN VOLO

ORMAI LONTANO

FERISCE IL CIELO

CON UN PIANTO STANCO.

OMBRE

DI UN VERDE COLLINARE

BACIANO UN TRAMONTO

APPENA ACCENNATO.

MENTRE L’ALBA CRESCE

E SI COLORA

MI FERMO.

A DUE PASSI DAL CIELO.

Teresa Gugliucci

Quando finì si accorse che la nonna dormiva appoggiata al letto del nipote. La notte era calata, la luna quasi piena era velata da sbuffi di nuvole scure. Era stata una bella giornata calda, primaverile, ma la notte aveva portato un po' di fresco. Rabbrividì, la camicetta bianca era troppo leggera, si alzò per andare a prendere la giacca. Prima di uscire il suo sguardo fu attratto dalla giacca marrone di André appesa dietro alla porta, la prese, se la mise addosso. Era molto grande, le maniche erano lunghe, le coprivano le mani, se le tirò un po' su. L'ha portata Andrè, posso sentire il suo profumo, con questa non sentirò più freddo. Si avvicinò alla nonna per metterle sulle spalle una coperta, ma la donna si svegliò. "Vai a dormire, questa notte starò io con André" l'anziana tentò una protesta, ma vedendo il viso della giovane preoccupato decise di ascoltarla. "Verrò domani mattina. Se dovesse succedere qualsiasi cosa, mi faccia chiamare." Oscar assentì. Si avvicinò al letto dell'amico, ma questa volta invece di stare seduta sulla sedia si sedette sul letto. Con una mano, accarezzò il volto dell'uomo, sfiorò la mascella, la barba le solleticava le dita, la bocca il naso, le sopracciglia.

Gli prese una mano, la tenne nella sua, ne notò la differenza. Una mano grande, callosa, le dita affusolate, la strinse; quasi volesse svegliarlo. "Ti prego André, svegliati. Ho bisogno di te." Una lacrima, cadde sulla mano, poi un'altra, e un'altra ancora. Oscar si sentiva inutile, impotente. Rivoleva il suo amico accanto a se, rivoleva l'uomo più importante della sua vita. Voleva ancora sentire la sua risata, la sua voce. Rivedere il suo sorriso. I suoi occhi quando la guardavano pieni di affetto.

Rimase così per ore, tenendogli la mano, sperava che il suo tocco lo risvegliasse. Si avvicinò al viso di André lentamente, gli diede un bacio sulla guancia, la barba le solleticò il viso.

 

André e sua madre si erano di nuovo seduti sulla sabbia. Il tramonto stava colorando nei suoi colori caldi il cielo, il mare, la sabbia. C'era una calma incredibile in quel posto. La donna guardò il viso triste del figlio, prese il viso tra le mani avvicinando la fronte alla sua. "E' ora che tu vada, è stato bello rivederti, tesoro mio. Mi mancherai." André sentì sulla sua guancia il bacio dolce di sua madre. Poi più nulla.

 

Oscar si era addormentata, teneva una mano su quella di André, la schiena era appoggiata alla sedia, la testa inclinata a destra. Sentì un ticchettio provenire dalla finestra, il rumore della pioggia la svegliò. Fuori era ancora buio, nuvole nere di tempesta si erano addensate per rilasciare lacrime di pioggia.

Oscar si stropicciò gli occhi, stiracchiò le braccia, si alzò in piedi. Andò verso al finestra, guardò fuori. La pioggia scendeva forte, creava rigagnoli lungo il viale principale. La fontana già piena di acqua, straripava. "Sta piovendo forte." Oscar aveva solo immaginato quelle parole, non le aveva dette ad alta voce. Si girò di scatto. André era sveglio, la guardava. "Ti sei svegliato." Sussurrò, inghiottì, si sentiva la bocca secca, gli occhi sbarrati. Non riuscì a dire altro. Si avvicinò al letto, gli prese la mano. André strinse quella di Oscar nella sua. Si accorse che Oscar stava piangendo, grosse lacrime bagnavano il lenzuolo. "Non piangere, ti prego, Ora sono qui, non me ne andrò più." Oscar si asciugò le lacrime, deglutì, assentì con la testa. Ora si era seduta sul letto. André le teneva la mano, come se non volesse farla scappare. Non riusciva a dire niente, era solo molto felice che si fosse risvegliato. "Oscar, quando mi sarò ripreso del tutto, vorrei tornare nella casa in Normandia, vorrei rivedere il mare." Oscar fu stupita dalla strana richiesta, avrebbe chiesto al medico il permesso di portarlo fino al mare. "Va bene, e io verrò con te. Ho bisogno anche io di un po' di riposo. "Grazie Oscar." L'uomo le sorrise, chiuse gli occhi e si riaddormentò.

Il giorno dopo il cielo era carico di nubi grigie che riversava sulla terra grosse gocce di pioggia, il vento piegava i rami degli alberi fino quasi a spezzarli. La brutta giornata faceva da contrasto con la gioia all'interno del Palazzo. Ora che André finalmente si era svegliato.

Quella mattina Oscar tornò in caserma, di malavoglia. Avrebbe voluto stare con André, parlargli, ma il dovere come al solito aveva preso il sopravvento. Dopo essersi asciugata andò direttamente nelle camerate. I soldati quando la videro sulla soglia, si alzarono subito in piedi, aspettandosi il peggio. "Si è svegliato questa mattina, è salvo." Il sorriso incurvò le labbra della donna, vedendo la gioia dei soldati. "Quando tornerà?" Le chiese Alain avvicinandosi. "Penso tra due settimane, ma devo prima sentire il parere del medico. L'uomo si girò verso i compagni "Ragazzi, 'sta sera si fa baldoria. Dobbiamo festeggiare la guarigione di André" Oscar uscì dalla stanza, lasciandosi alle spalle ovazioni di gioia.

 

Il sole era caldo, sulla spiaggia dalla sabbia fine, un uomo guardava il cielo azzurro e il mare verde. Si godeva gli ultimi giorni di una vacanza tranquilla. Sentire il sole scaldare la pelle, il suono ritmico delle onde. Gli ricordava il posto che aveva sognato, ma era stato davvero un sogno? C'erano tanta pace e tranquillità. Si sdraiò sulla sabbia calda. Girò la testa a sinistra, intravide da lontano una figura. Si mise la mano sulla fronte per vedere meglio. La donna bionda stava passeggiando sulla riva, i capelli mossi dalla lieve brezza. Le ricordò sua madre. Oscar era riuscita a portarlo in Normandia, erano anni che non andavano lì assieme. Il medico non aveva fatto problemi, aveva detto che un cambiamento d'aria avrebbe giovato alla salute del ferito. Aveva ragione. Oscar si era stupita nel vedere rifiorire André. Il viso abbronzato, la voglia di camminare e scherzare. Si era ripreso bene. La donna aveva fatto di testa sua, come sempre. Era stato difficile ottenere un permesso per concedersi questa vacanza. Suo padre era furente, non concepiva questa mancanza di disciplina, lasciare il lavoro per andarsi a divertire. Lei era stata irremovibile. Doveva ammettere che questo periodo di riposo aveva giovato anche a lei. Il viso era più rilassato, le occhiaie erano sparite, sul naso erano comparse le efelidi, la voglia di mangiare era tornata.

Oscar andò a sedersi vicino all'amico. "Non stai prendendo troppo sole?" "No, mi piace. Tu piuttosto, stai attenta che sei molto bianca" Oscar sorrise. "Ti va di fare il bagno?" André la guardò. Ma non le rispose subito. "Ho un po' paura dell'acqua." "Tranquillo, se vai giù ti ripesco io." André rise, "Se non ci fossi stata tu sarei morto." Disse serio. Oscar rimase un momento zitta, non osando chiedere. "Vuoi chiedermi cosa ho visto dopo che sono…" Oscar assentì. "C'era un posto bello come questo, calma, silenzio. C'era anche mia madre." La donna gli mise una mano sul braccio. "Era come me la ricordavo da piccolo." Sorrise al pensiero, "Mi ha detto che non potevo stare con lei, perché c'era una persona che mi voleva accanto." André guardò Oscar, lei si sentì arrossire, sospirò, ma invece di distogliere lo sguardo girò la testa per sostenere quello dell'uomo. "E' vero, mi sono sentita persa, quando ho sentito che non respiravi. Quando le mie labbra hanno toccato le tue, ma erano gelide. Quando tu non ti risvegliavi." Andrè le prese la mano, baciò il palmo. "Se sono qui, lo devo a te." André avvicinò il viso a quello di Oscar, gli diede un bacio sulla guancia. Un gesto delicato, un bacio lieve. Oscar lo guardò, una luce di gioia negli occhi. Si fece più vicina, André le mise un braccio intorno alle spalle, lei gli si appoggiò al petto. Voltò il viso per guardarlo, vicino sempre più vicino. Oscar chiuse gli occhi ed aspettò. André, stupito guardò il suo viso e poi sorrise. Il bacio fu dolce, ma profondo, le labbra morbide e calde di André dischiudevano quelle di Oscar. Non sono come quella notte, fredde prive di vita. André si sdraiò sulla sabbia, portandosela sopra di se. Continuò a baciarla, a stringerla forte. E' qui che voglio stare, tra le braccia dell'uomo che mi ama e che amo. Pensò Oscar. Oscar guardò André gli occhi lucidi, di gioia. Non riuscirono a parlare, le parole sarebbero risultate superflue, per due anime che fin da bambini si capivano con un solo sguardo. Abbracciati sulla sabbia, Oscar si strinse ad André, capì finalmente cosa significava amare qualcuno, dare e ricevere amore. Non era troppo tardi, non era mai troppo tardi per amare.

Fine        ^_^ Vi è piaciuta? Fatemi sapere.