Un dolce sorriso
di Macri
Disclaimer: I personaggi di questa fanfic appartengono a Ikeda
Ryoko. Non scrivo a fini di lucro, ma per divertirmi.
Se non amate le storie romantiche, non leggete. Penso che questa storia possa
essere letta da tutti.Dedico questa fanfic alle mie amiche Valeria, Tina, Terry. Mi danno
sempre buoni consigli su come andare avanti, i loro commenti mi spronano a darmi una
mossa, quando scrivo.
Un dolce sorriso
Era tornata da poco a casa. Era stata una giornata faticosa, era stanca, si
sentiva triste. Iniziò a spogliarsi, lentamente. Prima gli stivali bianchi, poi la
cintura, i calzoni e la giacca blu della divisa. Era rimasta in camicia, si tolse anche
quella. Ora era nuda, davanti allo specchio. Si guardò. Vide una donna, alta e magra. Era
dimagrita ancora. Poteva contare le costole, vedere le ossa delle anche. Il viso
leggermente abbronzato dal primo sole primaverile. Le lentiggini sul naso, facevano da
contrasto con il resto del corpo candido. Le braccia erano muscolose, il seno sodo, il
ventre piatto, le gambe snelle e muscolose. Non sembrava una nobildonna dell'epoca,
florida e rosea. Si guardò meglio allo specchio, le prime rughe attorno agli occhi, rughe
di espressione, le venivano ogni volta che sorrideva. Ma sorrideva così poco ultimamente.
Sto invecchiando, pensò. Si portò una mano prima al seno, lo sentì pesante e duro, poi
al ventre, un'altra fitta. Erano giorni che si sentiva strana, il seno le faceva male, per
non parlare del basso ventre. Conosceva bene i sintomi, ci conviveva da vent'anni. Ogni
mese, puntuale, come capitava a ogni donna, aveva il ciclo. E ogni mese si sentiva
frustrata, depressa più delle altre donne. Era difficile per lei accettarlo, perché
proprio io che devo vivere come un uomo, sono costretta a questo fastidio. Io non sono una
donna, si ripeteva da sempre. Eppure ogni mese il dolore e il sangue che perdeva glielo
ricordava. Era duro accettarlo. Si chiedeva sempre a cosa potesse servire tutto questo.
Visto che lei non avrebbe mai avuto dei figli. Con Fersen aveva provato ad essere donna,
ma lui non l'aveva considerata tale. "Siete il mio migliore amico." Si era
rivolto a lei al maschile. Lui la sua scelta l'aveva fatta molti anni prima; aveva scelto
di amare e rimanere fedele per sempre alla regina. Quell'amore così fedele l'aveva
commossa fino alle lacrime. Quel giorno quando si erano incontrati per la prima volta al
ballo, lui l'aveva scambiata per un uomo. Così era rimasta per lui per oltre vent'anni.
Per lui per la prima volta nella sua vita aveva provato ad indossare un vestito. L'aveva
trovato scomodissimo, inciampava nella gonna troppo lunga e il corsetto le impediva di
respirare, ma doveva ammettere che era una donna, una donna molto bella. Anche André
l'aveva guardata, i suoi occhi erano così dolci e tristi. Forse anche lui per la prima
volta l'aveva vista come donna. Ma no, lui la conosceva da sempre solo come donna. Glielo
dimostrava sempre, con il suo modo di fare dolce e gentile, la faceva sentire insicura,
indifesa. Per questo lo aveva voluto allontanare da se. Ma non era servito. Si sdraiò sul
letto. Sentì un'altra fitta al ventre. Sarebbe dovuta andare a mangiare, ma non se la
sentiva. Pensò ad André, al suo amore impossibile. Proprio quando aveva più bisogno di
lui come amico, le aveva fatto quella bella sorpresa. Era stato uno shock. Si era sentita
tradita dal suo migliore amico. Da quel giorno il loro rapporto era cambiato. Per parecchi
mesi non si erano più parlati, lei non aveva voluto più rivolgergli la parola tranne che
per lo stretto indispensabile. Era rimasta senza parole e arrabbiatissima quando se l'era
trovato davanti tra i soldati della guardia. Ma non aveva potuto farci niente. Non
riuscirò mai a togliermelo di torno, le sue labbra si incurvarono in un sorriso. Si mise
sotto le coperte, guardò il soffitto. Gli mancava tanto come amico. Gli mancava la sua
vicinanza che gli dava sicurezza. Il suo sorriso. Soffriva guardando gli occhi verdi
sempre tristi, sentiva la mancanza delle lunghe chiacchierate, delle loro passeggiate a
cavallo. Era passato tanto tempo, ora non ce l'aveva più con lui. In un certo senso lo
aveva perdonato. Riusciva quasi a comprendere la sua rabbia, quando si era sentito
respinto. Si era dovuto tenere tutto dentro per tanti anni, quando ne aveva avuto la
possibilità, tutto l'amore represso era esploso violentemente. Oscar sapeva che non le
avrebbe mai fatto del male, sapeva che le voleva troppo bene per farla soffrire. Era
arrivato il momento di perdonarlo. In fondo era lui il più dispiaciuto per averle fatto
quella violenza. Chiuse gli occhi, si addormentò. Fece uno strano sogno. Si trovava in un
campo di fiori; un'immensa distesa di tulipani. Lei era in mezzo al campo, ma non
indossava vestiti maschili, aveva addosso un lungo abito bianco scollato a v. L'abito era
semplice, non era arricchito da merletti o decorazioni. La vita era sottolineata da una
fascia azzurra. Il sole era molto forte, si mise una mano davanti alla fronte per farsi
ombra. Da lontano vide due bambini avvicinarsi a lei. Correvano felici, le loro grida
erano allegre; mentre si avvicinavano si sentì il cuore battere sempre più
veloce
riconobbe in quei bambini lei e André piccoli. I due bambini le si
avvicinarono, la guardarono, le sorrisero. Ora si tenevano per mano, continuando a
correre. Oscar li vide scomparire nel nulla come fantasmi. Rabbrividì, si sentiva strana.
Camminando nel campo di fiori, vide da lontano una grande quercia, decise di raggiungerla,
il sole era troppo forte. Ad un tratto il vento si alzò, dense nubi nere si addensarono
nel cielo. Grosse gocce di pioggia iniziarono a cadere. Oscar corse sempre più in fretta
verso la quercia. Quando vi arrivò era bagnata dalla testa ai piedi, aveva freddo. Si
accasciò a terra, ansante per la corsa. Raccolse le ginocchia al petto per cercare di
scaldarsi, la pioggia cadeva sempre più forte. La grande quercia le dava un po' di
riparo, ma si sentiva infreddolita. Chiuse gli occhi, pensò a una coperta, a qualcosa di
caldo. Sentì che qualcuno le appoggiava sulle spalle un mantello. Aprì gli occhi, André
era accanto a lei, le sorrideva. Era bagnato, ma le dava il suo mantello per scaldarla; il
mantello era caldo del suo corpo. Lei si sentì subito meglio. André le si era seduto
vicino, ora era lui a tremare. Oscar gli diede un pezzo del suo mantello, lui le si
avvicinò, le mise un braccio attorno alle spalle. Si trovavano vicini, così vicini.
Oscar si sentiva rassicurata, appoggiò la testa sulla spalla di André. Lui le baciò la
fronte. Lei voltò il viso verso di lui: "Io voglio stare con te, per tutta la vita.
Ti amo, ma non so se avrò mai il coraggio di dirtelo." Gli disse. André le sorrise,
le prese il viso tra le mani "Lo so che mi ami, l'ho sempre saputo." André le
diede un bacio. Un bacio dolcissimo, non rabbioso come quello che gli aveva dato quella
notte. Si svegliò di soprassalto, i capelli spettinati. Il sogno l'aveva sconvolta. Lei
che amava André e glielo diceva? Era assurdo. Sentì bussare, era André, riconobbe il
suono della voce attutito dalla porta. Si guardò intorno, si rese conto di essere a
letto, nuda. Preferì non rispondere, si voltò sul fianco, voltando le spalle alla porta.
Sentì una fitta più forte delle altre, gemette. Vattene via, André, lasciami in pace.
Lo pensò, ma non lo disse. Ora era in posizione fetale. Respirò a fondo per rilassarsi,
ci riuscì. André fuori dalla porta stava aspettando una risposta, ma non ne ricevette.
Forse si era addormentata, pensò, meglio lasciarla dormire. Ultimamente le era sembrata
molto stanca, affaticata. Tornò in cucina, dicendo che Oscar stava dormendo. André
sapeva che lei ce l'aveva ancora con lui. Non sapeva come comportarsi con lei. La sentiva
fredda, distante. L'aveva persa per sempre? Sentiva la mancanza della sua testarda amica,
amica da una vita. Visto che per lui, da sempre innamorato di lei, non poteva essere
altro. Anche se l'amava da troppo tempo. Cercava di soffocare il suo dolore nel vino,
beveva tanto da stordirsi, ma non bastava a fargli dimenticare la sua situazione. Avrebbe
voluto tanto abbracciarla, tenerla stretta, amarla. Ma lei si sforzava di vivere come un
uomo. E lui lo aveva accettato. Doveva ammettere che Oscar era una donna molto forte, nel
corpo e nello spirito. Non aveva paura di niente, né di affrontare degli uomini più
grossi di lei, né di usare le armi. Senza dubbio Oscar non poteva considerarsi una donna
normale. Le donne nel settecento erano deboli, svenevoli, terrorizzate da tutto ciò che
le circondava. Non sapevano andare a cavallo, usare le armi, dare ordini; anzi di solito
erano proprio loro a riceverne e a dover dire sempre si, prima nei confronti del padre poi
nei confronti del marito. André sapeva che dietro la dura scorza che Oscar mostrava a
tutti, ai soldati, a suo padre, anche a lui, c'era una donna sola, insicura dei suoi
sentimenti, bisognosa d'amore. Esternamente sembrava fredda come il ghiaccio. Anche Alain
gli e lo aveva detto, quando Lasalle era stato portato via
. "André, come puoi
amare una donna così fredda, che è capace di vendere i suoi uomini. Lei non merita il
tuo amore." Ma Alain si sbagliava, non aveva visto Oscar trasalire alle sue parole,
gli occhi lucidi. In quel momento era troppo arrabbiato. Ma lui se ne era accorto. Oscar
dentro di sé nascondeva tanto amore, un animo gentile e generoso. Alain si era dovuto
ricredere, Lasalle era ritornato sano e salvo grazie al suo intervento.
André era seduto in salotto, era tardi. A palazzo dormivano tutti, ma lui non
aveva sonno, fissava il fuoco nel caminetto. Un bicchiere pieno di vino sul tavolo. Gli
scese una lacrima senza accorgersene. Fissava il fuoco e pensava. Pensava alla sua
condizione di servo, al fatto che non avrebbe mai potuto essere amato da una donna come
Oscar. La cosa che lo straziava di più era di non poterla più vedere. Stava diventando
cieco. Non gli importava non vedere più la luce del sole, poteva sentire il suo calore.
Non gli importava non vedere più le rose in giardino, ne poteva sentire l'odore e
toccarle. Ma Oscar. Come avrebbe fatto con lei? Non sarebbe più potuto stare con lei come
aveva sempre fatto. Non avrebbe più potuto vederla. Questo non lo rattristava più di
tanto. Lui conosceva ogni parte di lei. La sua memoria visiva l'aveva impressa nella sua
mente. Ricordava Oscar a sette anni, la prima volta che l'aveva vista. A quattordici con
la divisa bianca. Oscar con la divisa rossa e infine con quella blu. Oscar a cavallo
davanti a lui. Oscar al mare in Normandia con i capelli mossi dal vento. Oscar con una
mela in mano. Oscar mentre suona il piano, legge un libro davanti al fuoco. Eppure la
cecità lo spaventava. Un'altra lacrima gli rotolò sulla guancia. Non si preoccupò
neppure di asciugarsela. Era talmente assorto nei suoi pensieri che non sentì arrivare
l'oggetto dei suoi pensieri.
Oscar era scesa perché sentiva fame. Aveva dormito parecchio, si era svegliata
sporca di sangue. Si era cambiata, era scesa in cucina per cercare qualcosa da mangiare.
Trovò un vassoio coperto da uno strofinaccio. La nonna le aveva lasciato la cena. Era
fredda ma buona. Accanto al vassoio c'era una mela rossa, di sicuro l'aveva lasciata
Andrè. Mangiò tranquilla, nel silenzio della casa. Quando finì prese la mela. Andò
verso le scale, vide la luce del fuoco in salotto. Riconobbe André seduto sulla poltrona.
Si avvicinò senza fare rumore. Sembrava addormentato, vide che aveva pianto, le guance
erano rigate. Le lunghe ciglia nere si mossero. Aprì gli occhi, guardandola. Lei non
disse nulla, sentì il suo sguardo su di sé. Si avvicinò al tavolino accanto alla
poltrona. Il bicchiere era ancora pieno di vino. Lo prese in mano, bevve un sorso proprio
nel punto in cui lui aveva appoggiato le sue labbra. Il vino era dolce, buono. Le invase
il corpo dopo poco, quando entrò in circolo. Lui fissava il fuoco, non aveva il coraggio
di guardarla. Lei appoggiò la mela sul tavolo. Finì di bere il vino, le avrebbe fatto
bene. Rimise il bicchiere sul tavolo, ma una fitta la piegò in due. Gemette di dolore, il
bicchiere cadde sul tavolo. Andrè si alzò dalla poltrona, le fu subito accanto
preoccupato. "Oscar, cosa?" lei era in ginocchio. "Oscar ti senti male?
Chiamo la nonna?" Oscar aveva alzato una mano "No, André sto bene." André
la guardava preoccupato "Sei sicura?" "Si, un calo di pressione
E'
normale." Oscar era imbarazzata, aveva paura che lui potesse scoprire che lei era
indisposta. Arrossì quando lo guardò, i suoi occhi le dicevano che aveva capito. Sentì
le guance diventare di porpora. Abbassò la testa. André le sorrise. "Vuoi che ti
accompagni in camera? Ce la fai a camminare?" "Si ce la faccio, bevo ancora un
po' di vino, poi vado a letto." Lui si era alzato per cederle il posto. Lei lo aveva
guardato, gli aveva sorriso. "Grazie" La poltrona era calda, accogliente, forse
perché lui c'era stato seduto a lungo. Come il mantello nel sogno. Appoggiò la testa
sullo schienale, si sentiva l'odore di André, un buon odore. Un'altra fitta. Oscar aveva
raccolto le gambe, la posizione le dava un po' di sollievo. André stava mettendo legna
nel camino, il legno riprese a scoppiettare. Il fuoco diventò più vivace, Ora i capelli
di André erano color marrone chiaro, il suo viso era contornato da ombre e luci. Si girò
per guardarla, era bellissima. Fissava il bicchiere sul tavolo, i capelli lunghi avevano
riflessi d'oro, il viso era pallido. Quando si sentì lo sguardo di André puntato
addosso, trasalì e lo guardò. "Grazie per la mela." Gli sorrise. André la
guardò stupito, il primo sorriso dopo tanto tempo. Ricambiò il sorriso. "E' meglio
che vada a dormire" disse André. Buona notte, Oscar. Buona notte, André.
Oscar lo vide andare via, poi fissò il fuoco. Ripensò al
sogno. Le labbra di André erano così morbide. No, non era possibile, si stava
innamorando del suo migliore amico. Era talmente assorta che non sentì la coperta. Quando
si accorse che qualcuno le metteva la coperta sulle ginocchia, trasalì spaventata. André
le era andato a prendere una coperta, aveva pensato che se fosse stata tutta la notte lì
avrebbe preso freddo. "Scusa, non volevo spaventarti." Sembrava dispiaciuto.
Aveva avuto la stessa premura verso di lei, come nel sogno. "Non ti avevo sentito,
ero così assorta." Prese la coperta che gli aveva dato, si alzò. "Grazie
André, ma penso di andare in camera, tieni la coperta." André la riprese, fece per
andarsene quando "André, domani andremo insieme in Caserma. E non ce l'ho più con
te per quello che è successo." Ora gli sorrideva. Glielo aveva già detto una volta,
ma era arrabbiata, non aveva il coraggio di guardarlo negli occhi. Stava andando in
Normandia, era sul suo cavallo bianco e gli aveva detto: "E per quello che è
successo l'altra notte non ce l'ho con te." Aveva spronato il cavallo ed era fuggita.
Lui si era sentito ancora più male, aveva affogato i suoi dispiaceri nell'alcool, come
sempre. Ma ora
era diverso. André guardò il suo sorriso, un sorriso dolce,
sincero, che lei riservava soltanto alle persone più care. Oscar passando accanto a lui,
gli mise una mano sulla spalla, poi salì le scale. André rimase nella saletta degli
ospiti, davanti al camino, la coperta tra le mani. Quel sorriso, pensò, non lo
dimenticherò mai finché vivrò.
Fine
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