Prizzi Prizzi (PA) - Il paese del "ballo dei diavoli" di Pasqua
La storia
Le origini di Prizzi si perdono nella notte dei tempi. Ancor prima che l'attuale sito che ospita il paese, i predecessori dei prizzesi abitavano intorno al 470 a.C. una città, chiamata Hippana, distrutta dai romani nel 258 a.C. durante la prima guerra punica, che si trovava sulla montagna che si trova proprio di fronte ad esso. Furono loro, molto probabilmente, a insediarsi dove adesso sorge il paese. Maggiori dettagli su Hippana si trovano alla sezione HIPPANA.
Negli anni che precedettero l'invasione musulmana in Sicilia dell'827, i bizantini provvidero a edificare sulle alture castelli e fortilizi. Verso il 745 sorge dunque il castello di Prizzi, protetto da un presidio militare, a cui affidano la funzione di controllare il territorio e trasmettere informazioni con segnali di fuoco e di fumo. Grazie alla posizione in cima a una rocca isolata e la sua altitudine, Prizzi era una eccellente stazione ricevente e trasmittente per questi segnali. Da qui il nome del paese. Sull'origine di nessun altro nome di città si è discusso quanto su quello di Prizzi, che non deriva né da "prius" nè "prexis" né "baris", bensì da "pyrizein" che, per l'appunto, significa "accendere fuochi".
Con i suoi quasi 1.100 metri sul mare, Prizzi (che è uno dei 10 comuni più alti della Sicilia) offre una visuale tale che, nei giorni di cielo sereno, è possibile spaziare da un capo all'altro dell'intera isola, dal mare di Sciacca alle nevi dell'Etna.
Grazie al castello e al presidio militare, Prizzi attrae gli abitanti dai casali della pianura. Sorgono così, un po' alla volta, i quartieri più antichi, adiacenti al castello. In un centinaio di anni il paese prende la sua forma, espandendosi a sud e non attorno al castello in quanto sul lato nord vi è uno strapiombo che la protegge.
Dopo l'840, in seguito alla caduta dei bizantini, vi è l'insediamento dei musulmani che, grazie alla loro intelligente politica agraria, hanno il merito della costruzione di molti casali, della bonifica di varie terre e dell'introduzione delle colture ortofrutticole nonché della costruzione di moltissimi abbeveratoi e mulini idraulici.
Successivamente alla riconquista cristiana (1080 d.C.), l'insediamento urbano si estende fino a rendere Prizzi capoluogo dei villaggi e casali vicini.
Poiché la Prizzi contemporanea ha scelto altri spazi per espandersi, tra vecchio e nuovo non vi è contaminazione, a tutto vantaggio del centro storico la cui architettura, con le sue case, le botteghe, le chiese, le strade ripide e tortuose, esprime un modello di sviluppo che a 1.100 metri è il più bello e il più efficiente tra i modelli urbani possibili, grazie a un'architettura montana alla cui realizzazione ha concorso la creatività di molte generazioni e che offre un esempio irripetibile di equilibrio e armonia funzionale tra l'uomo e l'ambiente.
Oggi Prizzi è un organismo di 7000 abitanti che vive e produce, con artigiani che lavorano il legno e il cuoio e battono il ferro, con strade che vengono attraversate (ormai raramente) da asini, muli e cavalli e, all'alba, da qualche gregge.
Un tempo, le donne prizzesi erano state abilissime ricamatrici e tessitrici di lino, lana e cotone. Dalle loro mani, specialmente nel quartiere del "Terrazzo" (dall'arabo "tiraz", laboratorio di stoffe), uscivano tappeti (come i bellissimi "carpituna", ancora oggi prodotti e reperibili), bisacce, bèrtole e corredi nuziali.
Il terriorio di Prizzi possiede una straordinaria quantità di insediamenti umani, come stazioni preistoriche e protostoriche, villaggi indigeni ellenizzati e punicizzati, fattorie romane, casali bizantini e musulmani. Dei casali medievali di cui Prizzi era capoluogo, come Misita, Raia, Gibilcanna, Sciumesi, Gaggialamara, oggi sopravvive solo Filaga. Il suo nome, bizantino come quello di Prizzi ("Phylaké", guarnigione, presidio) svela lo scopo a cui era destinata, cioè presidiare le vie di comunicazione e protegtgere i casali bizantini del territorio circostante. Oggi Filaga è un borgo sereno, con un piccolo centro storico, un grande abbeveratoio e caseggiati della prima e seconda riforma agraria.
L'Accademia delle Belle Arti di Palermo e artisti come Mario Bardi, Totò Bonanno e Franco Nocera, hanno adornato vari prospetti di case ma soprattutto trasfigurato Spiazzo Sparacio in un teatro di sogni e ricordi.