iia.jpg (3282 bytes) UNIVERSITÀ DEGLI STUDI

ISTITUTO DI INGEGNERIA AGRARIA

* I - 20133 MILANO - VIA G. CELORIA, 2

 

DISPENSE DEL CORSO DI

 MECCANICA AGRARIA

(Prof. E. Gasparetto - Prof. D. Pessina)

 

MACCHINE PER LA CONCIMAZIONE ORGANICA

copert.jpg (99990 bytes)

 

 A cura di : Prof. Domenico Pessina

 a.a. 1998/1999

Indice

1. Tipologie e composizione dei reflui

    1.1 Premesse

    1.2 Il problema degli odori

    1.3 La legislazione

2. Macchine per i trattamenti

3. Macchine per la distribuzione

    3.1 Carri spandiletame

        3.1.1 Il sistema di alimentazione

        3.1.2 Il sistema di frantumazione-distribuzione

        3.1.3 Qualità del lavoro e aspetti operativi

        3.1.4 Le problematiche relative alla circolazione su strada

    3.2 Carri spandiliquame

        3.2.1 Aspetti legislativi

    3.3 Distribuzione superficiale

    3.4 Distribuzione con interramento

    3.5 Fertirrigazione


1. Tipologie e composizione dei reflui

1.1 Premesse

Le caratteristiche chimico-fisiche delle deiezioni dipendono dal tipo di allevamento attuato (specie animale, tipo e livello di produzione, peso corporeo, tipo di dieta, tipologia edilizia dell'allevamento). In funzione della tipologia di stabulazione e delle modalità di evacuazione delle deiezioni i reflui animali possono essere distinti in:

 

1.2 Il problema degli odori

Il problema degli odori provenienti dagli allevamenti zootecnici è andato accentuandosi negli ultimi anni a causa dello sviluppo, in termini di edilizia abitativa, dei piccoli centri rurali. Ciò ha portato ad una sostanziale modificazione della popolazione che, non essendo più legata all’attività agricola, è poco disposta, se non decisamente contraria a tollerare forme di inquinamento quali quelle percettibili a livello olfattivo. Gli odori che si sviluppano a causa dello stoccaggio dei liquami e del letame sono dovuti a composti volatili (gas e vapori) che si liberano durante la decomposizione delle sostanze organiche ad opera di microrganismi.

L'entità delle emissioni risulta strettamente legata al contenuto di sostanza secca del liquame, alle modalità di stoccaggio e alle fermentazioni che si instaurano nella massa.

Le platee per lo stoccaggio dei letami, unitamente al relativamente elevato contenuto di sostanza secca dei medesimi, determinano condizioni ottimali per la fermentazione aerobica, processo questo caratterizzato da emissioni di odori abbastanza accettabili. Per contro, le fosse e le vasche di stoccaggio dei liquami favoriscono le fermentazioni anaerobiche, responsabili della emissione di odori sgradevoli. In questo caso l'emissione delle sostanze maleodoranti varia in funzione della superficie libera e del grado di turbolenza della massa indotto dai flussi di entrata ed uscita. Il rilascio degli odori risulta particolarmente intenso soprattutto al momento della omogeneizzazione e ripresa del liquame e nelle successive fasi di distribuzione in campo.

Al fine di contenere le emissioni di odori durante lo stoccaggio è possibile additivare le deiezioni con formulati chimici commercializzati come deodorizzanti, oppure effettuare trattamenti aerobici o elettrolitici che risultano in grado di limitare la formazione dei composti che sono alla base dei cattivi odori (idrogeno solforato, mercaptani, diammine, solfuri e disolfuri).

Con il trattamento aerobico viene favorita l'azione dei batteri aerobi facoltativi per immissione di aria all'interno della massa di liquame, mentre col trattamento elettrolitico viene inibita l'azione dei microrganismi attraverso la solubilizzazione di piccole quantità (100 m g/l) di ioni di rame. Dal punto di vista qualitativo, il liquame sottoposto a tale trattamento si presenta con una riduzione del contenuto di azoto dell'ordine del 20% e con un pH pressoché neutro, il che ne rende possibile la distribuzione anche in copertura.

Diversamente, i1 controllo degli odori nella fase di distribuzione in campo può essere ottenuto con l'interramento dei liquami o con la loro distribuzione raso terra. In quest'ultimo caso, il liquame dovrà essere distribuito: in quantità tali da formare uno strato sottile per favorirne il rapido essiccamento e possibilmente nelle ore meno calde della giornata. Dovranno essere invece evitati i sistemi a lunga gittata e quelli che prevedono un'elevata polverizzazione del liquido.

 

1.3 La legislazione

Lo smaltimento dei liquami provenienti da allevamenti zootecnici è regolato da una serie abbastanza numerosa di provvedimenti legislativi. Senza entrare nel dettaglio, perché non è argomento specifico di trattazione, giova ricordare che vengono regolate le modalità delle operazioni di omogeneizzazione, deodorizzazione, inattivazione di microrganismi patogeni e, soprattutto, di smaltimento (in acque superficiali, su suolo agricolo, su suolo non agricolo).

Tali disposizioni rende necessario l’uso di macchine per i trattamenti descritti, che riguardano la ripresa. Per i letami si utilizzano caricatori a gru, trattori dotati di caricatori frontali, movimentatori aziendali. Per i liquami semisolidi si considerano sempre caricatori a gru, dotati però di benne o elevatori a coclea. Per i liquami veri e propri, invece, sono previste delle pompe centrifughe di tipo portato, azionate dalla pdp del trattore.

 

2. Macchine per i trattamenti

Diversamente dal letame che, in genere, non è sottoposto ad alcun trattamento apparente (venendo effettuato lo stoccaggio per un periodo di tempo tale da consentirne la «maturazione» conseguente all'instaurarsi di fermentazioni aerobiche), i liquami, prima della distribuzione, possono essere soggetti a diverse operazioni, quali:

La separazione liquido-solido viene effettuata con lo scopo di evitare gli inconvenienti che possono insorgere con l'impiego di liquami particolarmente densi: possibilità di occlusione dei sistemi di pompaggio, necessità di ricorrere a sistemi di aerazione e movimentazione caratterizzati da elevate potenze, voluminosi sistemi di accumulo, ecc. Generalmente, si tratta di un'operazione che precede quella di deodorizzazione, stabilizzazione e depurazione.

I sistemi di vagliatura più impiegati prevedono la selezione, in funzione della loro dimensione, dei solidi sospesi (vagli e filtri) o la separazione di questi ultimi dalla frazione liquida che li contiene sfruttando la loro diversa densità (sedimentatori o centrifughe).

L' omogeneizzazione è un'operazione indispensabile per consentire un'utilizzazione razionale del liquame. Infatti, causa la naturale stratificazione che si ha nelle vasche di accumulo, l'agricoltore si trova ad avere, al momento della distribuzione, un materiale il cui contenuto è continuamente variabile in funzione del livello di svuotamento della vasca e del punto di prelievo.

L'operazione permette inoltre di «correggere» i liquami, ad esempio con l'aggiunta di fertilizzanti chimici.

La scelta del sistema di omogeneizzazione è legata alle dimensioni del bacino e alle caratteristiche delle deiezioni. Risulta in ogni caso sconsigliabile, a meno di vasche di accumulo di dimensioni inferiori a 300 m³, ricorrere alla omogeneizzazione solamente in occasione dello spargimento in campo e ciò sia per gli odori che si liberano in tale occasione, sia per l'impossibilità di ottenere una buona miscelazione e, quindi, un'uniforme distribuzione. Pertanto, è importante che il trattamento sia effettuato per tutto il periodo di conservazione ripetendolo a brevi intervalli.

Le soluzioni adottabili si possono individuare in:

omogeneizzazione per ricircolo nella vasca di sollevamento e ripompaggio nel bacino. Questa operazione può essere eseguita anche per mezzo di carri-botte (successivamente presentati), sfruttando sia l'immissione di aria compressa, sia il ricircolo del liquido. Nel primo caso, l'aria compressa viene immessa utilizzando lo scarico della pompa del vuoto di cui è dotato il carro-botte a pressioni di 1-2 bar. Nel secondo caso si ricorre generalmente ad un carro-botte preventivamente riempito con acqua, colaticcio o liquame, che vengono vigorosamente scaricati all'interno della fossa. Quest'ultima soluzione è efficace per liquami fluidi (6-8% sostanza secca) che non presentano crosta, per fosse di dimensioni inferiori a 800 m³ e per liquami suini, con inserimento nel bacino di apposite attrezzature di miscelazione (adatte per bacini medio-grandi). La tecnica consiste nel ricircolo del liquame per mezzo di pompe che immettono il prodotto in una tubazione disposta intorno alla vasca e munita di vari ugelli di uscita, in grado di interessare tutto il bacino. Risultati più soddisfacenti, tuttavia, si ottengono con gli agitatori meccanici ad elica con asse di rotazione orizzontale mossi o dalla presa di potenza del trattore o direttamente da motori elettrici.

La stabilizzazione è un processo attuato per ottenere un liquame nel quale restano attivi solo processi «lenti» di fermentazione. In pratica, tale condizione si registra quando si raggiunge un abbattimento del carico organico superiore al 50%; il liquame in tal caso diventa quasi inodore. Per arrivare a questo risultato occorre procedere però ad un vero e proprio trattamento, aerobico od anaerobico.

L'aerazione del liquame consiste nell'installare nel bacino una turbina in grado di assolvere la funzione di miscelare ed ossigenare il prodotto, ottenendo una quasi totale deodorizzazione.

 

3. Macchine per la distribuzione

3.1 Carri spandiletame

I rimorchi spandiletame rappresentano una tipologia di macchine che, diffusasi largamente negli anni '60, attraversa da tempo un periodo di stasi sia in termini di tecnologia, sia di macchine vendute. Ciò a causa della generale tendenza, manifestatasi da diversi anni a questa parte, verso sistemi d'allevamento che producono essenzialmente deiezioni fluide.

Tali macchine sono tuttavia destinate a un rilancio, in quanto utili anche per la distribuzione in pieno campo di diversi materiali di consistenza solida o semisolida, quali la frazione solida separata meccanicamente dai liquami, i fanghi di depurazione, i compost e terricciati ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici di natura diversa e infine le lettiere esauste (di paglia o truciolo), ottenute dalle tipologie stabulative talvolta attuate per i suini.

I1 carro spandiletame è in sostanza una macchina operatrice idonea per la distribuzione non solo del letame, ma di tutti i residui organici palabili.

Si tratta di una macchina concettualmente molto semplice, i cui diversi modelli si differenziano sostanzialmente per il sistema che provvede alla distribuzione del materiale e per le modalità di convogliamento.

 

3.1.1 Il sistema di alimentazione

Il prodotto è avviato al sistema distributore grazie alla presenza di un sistema di convogliamento, che, nella maggior parte dei modelli disponibili, è del tipo a nastro trasportatore. Posto sul fondo del pianale, questo può essere a doppia o tripla catena, con barre trasversali di collegamento (fig. 1).

fig01.jpg (37102 bytes)

Fig. 1 – Particolari del nastro trasportatore di un carro spandiletame.

La velocità di avanzamento è mediamente compresa tra 0,3 e 2-3 m/min; valori più elevati (sino a 15 m/min) si raggiungono in caso di azionamento idraulico.

La possibilità di intervenire sulla velocità di avanzamento del nastro trasportatore, solitamente mediante un apposito cambio meccanico (che permette di scegliere sino a 6 diverse velocità) o, in qualche caso, la regolazione continua permette la variazione della quantità distribuita. La presenza inoltre di un dispositivo che consente l'inversione del moto del nastro è utile in caso di intasamento del sistema distributore.

Con materiali semisolidi, privi di paglia o altro materiale a fibra lunga, quali i fanghi di depurazione e la pollina, il nastro trasportatore può presentare problemi di presa sul prodotto (avanza senza trascinare il materiale, creando una superficie liscia di scorrimento).

Per tale genere di materiale risulta più idoneo il sistema di convogliamento, denominato a sponda mobile, azionato idraulicamente o meccanicamente. Questo, scorrendo in senso longitudinale all'interno della tramoggia, sospinge il prodotto verso gli organi distributori.

Un altro sistema di convogliamento presente nei modelli idonei per materiali semisolidi e quello a coclea (semplice o doppia) (fig. 2). Questa, posizionata in senso longitudinale sul fondo del cassone, sospinge il materiale verso il sistema di distribuzione.

fig02.jpg (20312 bytes)

Fig. 2 – Sistema di convogliamento a coclea semplice.

3.1.2 Il sistema di frantumazione-distribuzione

In funzione del sistema di frantumazione-distribuzione, i diversi modelli disponibili possono essere classificati in quattro tipologie:

fig03.jpg (25104 bytes)

Fig. 3 – Differenti soluzioni di spandiletame con sistema distributore ad un rotore (a destra) o a due rotori orizzontali (a sinistra).

fig04.jpg (39417 bytes) 

Fig. 4 – Differenti soluzioni di spandiletame con sistema distributore a rotori verticali.

   fig05.jpg (23864 bytes)

Fig. 5 - Differenti soluzioni di spandiletame a disco alettato: verticale (sopra, vista dall’interno del cassone) e orizzontale (sotto, a sinistra: vista dall’esterno; sotto, a destra: vista complessiva).

fig06.jpg (12700 bytes)

Fig. 6 – Spandiletame con sistema distributore a turbina.

fig07.jpg (31808 bytes)

Fig. 7 – Spandiconcime a distribuzione laterale per tutta la larghezza del cassone, con rotore a flagelli.

fig08.jpg (21047 bytes)

Fig. 8 – Spandiletame con boccaporto laterale di uscita del prodotto, dotato di rotore con palette radiali a bordi taglienti.

 

3.1.3 Qualità del lavoro e aspetti operativi

La quantità distribuita può essere aumentata, o diminuita, come già accennato, agendo sulla velocità di movimento del nastro di alimentazione (o altro dispositivo), oppure sulla velocità di avanzamento del mezzo (di norma compresa tra i 2-3 e i 6 km/h). L'intervento su quest'ultimo fattore è tuttavia da ritenersi complementare e utile per mantenere quanto più possibile costante la quantità scaricata. La quantità distribuita per unità di superficie, di conseguenza, risulta solo empiricamente dal rapporto tra il numero dei carri svuotati e la superficie coperta (variabile in funzione della velocità di avanzamento). In altre parole, la possibilità di distribuire la dose voluta è affidata all'esperienza dell'operatore, che conoscendo bene le prestazioni della macchina è in grado di stabilire velocità del nastro e di avanzamento del mezzo.

Il fatto che la maggiore larghezza utile di lavoro si ottiene con i sistemi aventi gli organi frantumatori-distributori posti in senso verticale, oltre a tradursi in una maggiore capacità di lavoro della macchina, comporta un minor numero di passaggi e di conseguenza un compattamento diminuito.

L'omogeneità di distribuzione non differisce in modo sostanziale tra i diversi sistemi: occorre piuttosto prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti operativi. E’ bene infatti procedere ad un accurato e regolare riempimento del cassone; in caso contrario, si può avere un peggioramento dell'omogeneità della dose distribuita in senso trasversale, soprattutto nei sistemi ad organi verticali.

Indipendentemente dal sistema di distribuzione, la quantità distribuita in senso longitudinale diminuisce di norma a inizio e a fine spandimento, poiché può darsi che il dispositivo distributore venga alimentato in modo parziale o irregolare; anche in questo caso un carico ben fatto non può che influenzare positivamente tale aspetto. L'inconveniente può comunque essere superato riducendo la velocità di avanzamento del mezzo.

La presenza al di sopra del sistema distributore - quando del tipo a rotori - di una griglia metallica a denti regolarizza la quantità di prodotto che si presenta agli organi distributori. Essendo, inoltre, il movimento dei vari organi derivato direttamente dalla presa di potenza della trattrice, è fondamentale mantenere durante la distribuzione un regime di rotazione costante e prossimo a quello nominale.

Un altro importante aspetto che condiziona l'omogeneità di distribuzione è il grado di disaggregazione che presenta il prodotto all'uscita del sistema di frantumazione-distribuzione. Questo, oltre che dal tipo di prodotto, dipende dal numero e dal tipo di organi di cui è dotato il sistema distributore. In termini generali, i sistemi a più rotori lavorano più finemente di quelli a rotore singolo; lo stesso si può dire dei sistemi a rotori elicoidali rispetto a quelli a denti variamente conformati. In linea teorica, a parità di quantità distribuita, i migliori risultati si ottengono procedendo a velocità contenuta e riducendo adeguatamente la velocità del sistema di convogliamento; ciò permette agli organi frantumatori-distributori di affrontare, nell'unità di tempo, una minore quantità di prodotto.

3.1.4 Le problematiche relative alla circolazione su strada

Le macchine di questo tipo sono nella quasi totalità dei casi di tipo trainato, quasi sempre monoasse. La maggior parte dei modelli è omologabile per la circolazione su strada. Tale caratteristica viene considerata come optional, e di conseguenza viene generalmente offerta con un incremento di prezzo, a causa del montaggio dei dispositivi di frenatura e di segnalazione visiva, e per le spese di omologazione.

La capacità di carico di questi mezzi differisce se si considera la massima portata (in massa, kg) o la capacità del cassone (in volume, m³). Gioca in questo caso la massa volumica dei prodotti, che può variare significativamente.

Per i modelli omologati infatti, la massima capacità di carico è da intendersi in massa e indica la massima quantità trasportabile su strada. Secondo la normativa vigente, questo dato risulta strettamente correlato alle caratteristiche del telaio portante (numero assi, numero ruote per asse, portata dei pneumatici). Per ogni modello è rigidamente stabilita una massa massima complessiva ammessa; di conseguenza, a parità di dimensione del telaio, ad un aumento del volume di carico (determinato dalle dimensioni del cassone) corrisponde una riduzione della quantità caricabile ammessa per il trasporto su strada a causa della maggiore tara.

 

3.2 Carri spandiliquame

I carri spandiliquame, definiti anche carri-botte, botti spandiliquame o, più familiarmente, "botti", sono schematicamente costituiti da un serbatoio e da una serie di attrezzature per mettere in pressione, regolare la dose ed effettuare la distribuzione del liquame. Le principali caratteristiche costruttive sono principalmente riconducibili alle modalità con le quali viene messo in pressione il liquame. Tale operazione può avvenire, in sintesi, per immissione di aria nel serbatoio (spandiliquame con serbatoi in pressione), o per azione diretta con liquido, per mezzo di pompe volumetriche o centrifughe, negli spandiliquame con serbatoio a pressione atmosferica.

Dal punto di vista tecnico, l'evoluzione delle macchine è orientata verso:

Gli spandiliquame con serbatoio in pressione (fig. 9) sono senza dubbio le macchine oggi più diffuse, poiché possono effettuare tutte le operazioni connesse con l'omogeneizzazione, la ripresa e la distribuzione del liquame creando, per mezzo di una pompa per l'aria, che funziona come pompa del vuoto nella fase di carico e come compressore nella fase di scarico, un differenziale di pressione fra il liquame contenuto nel serbatoio e l'ambiente esterno. La pompa per l'aria - del tipo a capsulismi, a lobi o ad anello liquido - collegata con il serbatoio a mezzo di una valvola di troppo pieno è in grado di interrompere l'estrazione dell'aria quando il liquame nel serbatoio oltrepassa il livello di sicurezza. Inoltre, sempre per impedire che il liquame venga in contatto con la pompa dell'aria, può essere inserito, tra questa e la valvola del troppo pieno, un sifone di sicurezza.

Elementi caratterizzanti tali macchine sono le basse pressioni (0,5-2 bar) e depressioni (0,5 bar) di lavoro, raggiunte peraltro solo in brevi periodi del loro funzionamento, e ciò, oltre al limitato numero di parti in movimento a diretto contatto con il liquame, si traduce in ridotti problemi legati alla corrosione dei materiali e ad a basse probabilità di intasamento e rotture per la presenza di corpi estranei accidentalmente presenti nel refluo.

fig09.jpg (17363 bytes)

Fig. 9 - Spandiliquame trainato a due assi ravvicinati, con serbatoio in pressione.

Negli spandiliquame con serbatoio a pressione atmosferica (fig. 10) una pompa centrifuga, di tipo aperto o semiaperto, ha la funzione di mettere in pressione il liquido e di avviarlo verso il sistema di distribuzione posto nella parte posteriore della macchina. Tali macchine risultano generalmente sprovviste di sistemi per la ripresa del liquame; il riempimento del serbatoio avviene di conseguenza per mezzo di un'apposita pompa a turbina. I1 serbatoio di queste macchine ha pertanto la sola funzione di contenimento del liquame e non subisce variazioni di pressione rispetto all'esterno. Ciò rende possibile l’utilizzo in sicurezza di materiali di minor spessore, il che comporta, rispetto ai serbatoi in pressione, una sensibile riduzione sia della massa a vuoto della macchina sia del suo costo. Per contro tale sistema è caratterizzato da maggiori usura e pericoli di intasamento.

fig10.jpg (28350 bytes)

Fig. 10 - Spandiliquame trainato monoasse con serbatoio a pressione atmosferica.

3.2.1 Aspetti legislativi

In Italia esiste una specifica regolamentazione per la fabbricazione e il controllo funzionale dei serbatoi adibiti al trasporto e alla distribuzione del liquame, che fa riferimento al D.M. 21.9.82 «Norme per la progettazione, costruzione, approvazione e mantenimento in servizio dei serbatoi adibiti al trasporto e allo spandimento dei liquami» e alle successive modifiche. La normativa viene applicata per i serbatoi a pressione atmosferica aventi capacità superiore ai 5000 litri e per tutti i serbatoi in pressione; regola le caratteristiche costruttive e le modalità di installazione degli stessi sui veicoli. Tutti i serbatoi utilizzati sul territorio nazionale devono essere muniti di certificato di approvazione rilasciato dal Ministero dei Trasporti.

I serbatoi devono:

Per capacità superiori ai 3 m³ i serbatoi devono essere provvisti di frangiflutti, in numero proporzionale alla capacità del serbatoio, che lo dividono in tanti scomparti ognuno dei quali deve essere dotato di portelli a passo d'uomo.

E’ prevista, inoltre, una revisione quadriennale per la verifica della funzionalità dei serbatoi e dell'equipaggiamento di servizio. In particolare, i serbatoi in pressione devono essere dotati di:

E’ prevista una revisione quadriennale, a partire dall'anno di costruzione, che comporta verifiche dello stato interno ed esterno del serbatoio, il controllo dell'efficienza dell'equipaggiamento di servizio e la prova di pressione idraulica.

I1 serbatoio può essere omologato indipendentemente dal veicolo sul quale verrà poi collocato; tuttavia, la normativa regola il dimensionamento degli attacchi dello stesso al telaio del veicolo.

Anche i serbatoi costruiti prima del marzo 1983 sono stati sottoposti alla verifica illustrata, entro 3 anni dalla data di pubblicazione del DM.

Quando i serbatoi sono del tipo a pressione atmosferica e hanno una capacità inferiore a 5 m³ non sono necessarie né l'approvazione né le revisioni. In questo caso non viene richiesta la tenuta ermetica del serbatoio. Tuttavia, in condizioni di marcia normale, non dovrà verificarsi alcuna fuoriuscita di liquame.

3.2.2 Dose ed uniformità di distribuzione

Dal punto di vista agronomico ed ambientale risulta della massima importanza distribuire i liquami nella medesima dose su tutta la superficie e quindi operare con una sufficiente uniformità di distribuzione sia trasversale che longitudinale.

In termini pratici la distribuzione può ritenersi sufficientemente uniforme quando il Coefficiente di Variazione (C.V.), che è indice di variabilità relativa ai valori medi definito come rapporto tra lo scarto quadratico medio e il valore medio dei dati rilevati, risulta inferiore al 10%.

La regolazione della dose da distribuire viene ottenuta agendo sulla regolazione del flusso del liquame in uscita, sulla larghezza di lavoro e sulla velocità di avanzamento secondo la seguente equazione:

formula.jpg (1846 bytes)

dove:

D = dose da distribuire (m ³/ha)

Q = portata in uscita (m³/min)

l = larghezza di lavoro (m)

v = velocità di avanzamento (km/h)

Tutti i parametri considerati nell'equazione risentono, durante le operazioni in campo, di scostamenti più o meno elevati rispetto ai valori stabiliti, dovuti sia alle caratteristiche costruttive delle macchine, sia alle particolari condizioni in cui si opera. Più in particolare, la quantità di liquame distribuita nell'unità di tempo risente di:

Inoltre, durante la distribuzione in campo, la velocità di avanzamento subisce variazioni legate al tipo di terreno e alla sua umidità e giacitura e, quindi, difficilmente la dose teorica di distribuzione corrisponde a quella effettiva.

Per ovviare a tali inconvenienti, sono stati da qualche tempo introdotti sul mercato (in primis in quello tedesco) sistemi elettronici per il controllo della dose.

Interessanti risultano due soluzioni particolarmente idonee per essere applicate su spandiliquame dotati di pompe volumetriche, ma che possono essere impiegate, con opportune modifiche, anche su spandiliquame con serbatoio in pressione.

La prima, di costruzione relativamente semplice è di tipo passivo, cioè di semplice monitoraggio del l'operazione. Due sensori misurano il flusso del liquame in uscita (per mezzo della rilevazione del regime di rotazione della pompa), e la velocità di avanzamento della macchina (attraverso la determinazione della velocità di rotazione delle ruote dello spandiliquame). Per mezzo di un semplice elaboratore è possibile determinare in modo istantaneo la dose che si sta distribuendo e visualizzarla all'operatore; questi, variando la velocità di avanzamento, è in grado di far coincidere la dose di distribuzione reale con quella stabilita. Il grosso limite del sistema è rappresentato dalle possibili variazioni di portata della pompa che si possono registrare a regimi di rotazione superiori ai 400 min-1, a causa della variazione del contenuto in sostanza secca del liquame.

Il secondo sistema, più sofisticato e costoso, è di tipo attivo, intervenendo direttamente sulle modalità di esecuzione del lavoro. E' simile a quelli utilizzati sulle macchine irroratrici, e consente di mantenere fissa la dose da distribuire indipendentemente dalla velocità di avanzamento del trattore. In pratica, sulla base delle informazioni ricevute, un elaboratore è in grado di parzializzare la portata della pompa, per mezzo di un'elettrovalvola, in funzione della velocità di avanzamento istantanea e della larghezza di lavoro prescelta dall'operatore. La determinazione del flusso di erogazione viene effettuata per mezzo di un flussimetro induttivo, strumento che non risente in modo apprezzabile delle variazioni delle caratteristiche fisiche del liquame (contenuto in sostanza secca, viscosità, quantità di solidi sospesi) e risulta pertanto in grado di effettuare una lettura sufficientemente esatta in ogni condizione operativa.

3.3 Distribuzione superficiale

Il sistema di distribuzione superficiale più diffuso in Italia è quello a mezzo di piatto deviatore del getto (fig. 11), caratterizzato da una notevole semplicità costruttiva e da un limitato numero di componenti a diretto contatto con il liquame. L'utilizzo di tale sistema determina, tuttavia, considerevoli problemi operativi legati essenzialmente a:

  fig11.jpg (31044 bytes)

Fig. 11 - Distributore di liquame di tipo a piatto deviatore del getto. A sinistra, con piastra sagomata sovrastante. A destra, con piastra piatta sottostante e relativo diagramma di distribuzione.

Al fine di raggiungere una migliore qualità del lavoro, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo dei sistemi di distribuzione. Le ricerche hanno portato alla realizzazione di soluzioni più complesse dal punto di vista meccanico rispetto alle precedenti, ma in grado di fornire una maggiore larghezza di lavoro e una migliore uniformità di distribuzione trasversale, oltre che una minore nebulizzazione e, quindi, una ridotta diffusione di odori.

I principali sistemi oggi disponibili sono:

fig12.jpg (32714 bytes)

Fig. 12 - Distributore a getto oscillante, con relativo diagramma di distribuzione.

fig13.jpg (33057 bytes)

Fig. 13 - Distributore a piatto deviatore oscillante, con relativo diagramma di distribuzione.

fig14.jpg (39824 bytes)

Fig. 14 - Distributore a barra con getti deviati, con relativo diagramma di distribuzione.

 

 

fig15.jpg (39563 bytes)

Fig. 15 - Distributore a tubi flessibili adduttori per la distribuzione raso terra, con relativo diagramma di distribuzione.

fig16.jpg (26663 bytes) 

Fig. 16 - Distributore a dischi centrifughi, con relativo diagramma di distribuzione.

Infine, un'applicazione che può essere effettuata su tutti gli spandiliquame con serbatoio in pressione è quella che prevede l'inserimento di un getto irrigatore, (del tutto simile a quelle usate per la normale irrigazione con acqua) orientabile su 360° e funzionante con elevate pressioni di esercizio (6-7 bar) e in grado di coprire larghezze di lavoro di 60-70 m. Per ottenere tali pressioni vengono applicate allo spandiliquame pompe centrifughe o a vite, in serie o in parallelo alla pompa per l'aria. Peculiarità di tale sistema è quella di consentire la distribuzione dei liquami senza necessità di accesso all'appezzamento e, quindi, anche quando quest'ultimo non è praticabile dai mezzi meccanici. Tuttavia, il suo impiego ha, come conseguenza negativa, una limitata uniformità di distribuzione e l'emissione violenta di odori dovuta alla spinta nebulizzazione del liquido.

 

3.4 Distribuzione con interramento

L'evoluzione di macchine per la distribuzione dei liquami ha portato all'individuazione di tecniche che riducono le perdite di azoto ed eliminano l'emissione degli odori.

In realtà l'interramento dei liquami è pratica nota già da alcuni decenni, ma è stata già da qualche anno riproposta con forza a livello europeo, a seguito del recepimento di normative comunitarie che prevedono l'eliminazione degli odori molesti al momento della distribuzione.

I potenziali vantaggi dell'interramento rispetto alla distribuzione superficiale possono essere così riassunti:

Per contro, gli svantaggi legati a tale tecnica sono essenzialmente dovuti a:

Per limitare, almeno in parte, tali inconvenienti le macchine per l'interramento dei liquami devono risultare in grado di:

Le macchine oggi disponibili sul mercato effettuano l'applicazione del liquame direttamente nello strato coltivato del terreno (20-30 cm di profondità) per mezzo di sistemi ad utensili fissi o rotanti.

I sistemi di interramento ad utensili fissi (fig. 17) sono dotati di 2-6 elementi aprisolco ad ognuno dei quali è fissato, posteriormente, un tubo adduttore attraverso il quale il liquame viene depositato, per gravità o in leggera sovrapressione (0,5 bar), sul fondo del solco aperto dal dente. Generalmente, per ragioni di semplicità costruttiva, l'organo interratore viene applicato alla parte posteriore dello spandiliquame.

  fig17.jpg (19504 bytes)

Fig. 17 - Sistema di interramento ad utensile fisso (particolare, a sinistra), con tubo adduttore attraverso il quale il liquame viene depositato, per gravità o in leggera sovrapressione (0,5 bar), sul fondo del solco aperto dal dente (a destra).

Tuttavia, tale soluzione impedisce il controllo visivo dell'attrezzo da parte dell'operatore e quindi la tempestiva identificazione di eventuali irregolarità di funzionamento del sistema. Comporta inoltre una difficile regolazione della profondità di applicazione. In particolare, quest'ultima risulta generalmente di minore entità in prossimità dei denti che operano nella traccia lasciata dalle ruote di appoggio dello spandiliquame a causa del maggior compattamento del terreno in tale zona. Per ovviare a questo inconveniente è preferibile impiegare organi di lavoro indipendenti e dotati di regolatori di profondità. I sistemi che prevedono la regolazione della profondità per mezzo di rulli tastatori disposti posteriormente agli organi di interramento risultano particolarmente utili soprattutto quando si opera su cotica erbosa, in quanto contribuiscono al pareggiamento della superficie smossa dai denti iniettori (fig. 18).

fig18.jpg (17637 bytes)

Fig. 18 - Regolazione della profondità per mezzo di rulli tastatori disposti posteriormente agli organi di interramento.

Per contro, l'applicazione dell'interratore all'attacco a 3 punti del trattore e quindi in posizione anteriore rispetto al serbatoio del carro spandiliquame, determina l'insorgere di grossi problemi per il traino dello spandiliquame che si muove su terreno smosso e bagnato. Ciò si traduce in un affondamento delle ruote di appoggio e, di conseguenza, in maggiori forze di trazione. Risulta pertanto necessario posizionare opportunamente i denti sulla barra lasciando spazi tali da permettere un agevole transito delle ruote di appoggio dello spandiliquame nella zona non interessata dal trattamento.

I sistemi di interramento a utensili rotanti sono schematicamente costituiti da un sistema per la distribuzione del liquame ubicato subito a valle del rotore di una zappatrice rotativa. Tale soluzione consente una omogenea distribuzione del liquame all'interno dello strato attivo del terreno e, soprattutto, l'effettuazione, in un'unica passata, della distribuzione del liquame e della preparazione del letto di semina senza praticamente richiedere alcuna forza di trazione. In questo caso, per le evidenti necessità di limitare il compattamento del suolo, il liquame può essere inviato alla macchina per mezzo di un tubo flessibile collegato ad uno spandiliquame che opera in parallelo su terreno arato o ad una bobina del tipo di quelle utilizzate per l'irrigazione.

 

3.5 Fertirrigazione

La distribuzione in campo dei reflui zootecnici può essere effettuata a scorrimento o a pioggia, a condizione che si impieghino liquami diluiti con acqua in un rapporto di almeno 1:2 e comunque con un contenuto massimo di sostanza secca dell'1%.

Prima della distribuzione del prodotto risulta necessario provvedere alla sua omogeneizzazione e agitazione oltre che ad una energica separazione dei solidi.

All'uopo si possono usare agitatori a pale elicoidali o a dischi rotanti inclinati oppure si può ricorrere al ricircolo del prodotto per mezzo delle medesime pompe utilizzate per la fertirrigazione.

Per la fertirrigazione per scorrimento si ricorre all'utilizzo delle canalizzazioni esistenti e, quindi, non sono coinvolti impianti per la distribuzione ma solo quelli per la miscelazione e il sollevamento. L'elevata diluizione del liquame e l'assoluta mancanza di polverizzazione del liquido consentono di contenere l'emissione di odori e, nel medesimo tempo, di effettuare la distribuzione dei liquami sottochioma evitando, così, la contaminazione della parte epigea della pianta. Con l'impiego di tale tecnica risulta, per contro, estremamente difficile ottenere una sufficiente uniformità di distribuzione dei liquami e degli elementi fertilizzanti in essi contenuti in quanto le particelle solide (se non previamente separate) tendono a sedimentare e ad essere trattenute dall'erba presente nei fossi. Inoltre, la non omogenea distribuzione dell'acqua sul campo dovuta alle perdite di percolazione determina una dose di distribuzione decrescente verso la zona inferiore dell'appezzamento.

Per la fertirrigazione a pioggia si ricorre a tubazioni e irrigatori classici, salvo adottare opportuni accorgimenti costruttivi (diametro delle condutture, materiali ecc.) necessari per evitare eccessive perdite di carico e ostruzioni nelle saracinesche e negli irrigatori. Le tubazioni sono disponibili con diametri da 50 a 160 mm; le sezioni più piccole lavorano a pressioni intorno a 20 bar, mentre quelle più grandi non superano i 10 bar. Gli irrigatori sono a getto unico e possono lavorare a pressioni da 1,5 a 5 bar. Vengono utilizzati ugelli in gomma che permettono il passaggio di corpi estranei. Essi sono in grado di coprire un'area variabile di 0,2-0,8 ha (con gittate variabili da 8 a 50 m) per basse e bassissime intensità di pioggia (1-4 mm/h). Per una buona distribuzione del prodotto è necessario che le gocce siano di elevato diametro.

Al momento di spargere i liquami occorre anche disporre di un abbondante quantitativo d'acqua necessaria per effettuare il lavaggio finale delle attrezzature.

La scelta di una o dell'altra tecnica di distribuzione del liquame deve tener conto, oltreché delle caratteristiche del liquame stesso, dell'organizzazione aziendale, della disponibilità di manodopera e delle perdite di valore fertilizzante connesse con le singole tecniche.