UNIVERSITÀ DEGLI STUDI
ISTITUTO DI INGEGNERIA AGRARIA
* I - 20133 MILANO - VIA G. CELORIA, 2
DISPENSE DEL CORSO DI
MECCANICA AGRARIA (Prof. E. Gasparetto - Prof. D. Pessina)MACCHINE PER LA CONCIMAZIONE ORGANICA
A cura di : Prof. Domenico Pessina
a.a. 1998/1999
Indice 1. Tipologie e composizione dei reflui1.1 Premesse
1.3 La legislazione
2. Macchine per i trattamenti3. Macchine per la distribuzione
3.1.1 Il sistema di alimentazione
3.1.2 Il sistema di frantumazione-distribuzione
3.1.3 Qualità del lavoro e aspetti operativi
3.1.4 Le problematiche relative alla circolazione su strada
3.2 Carri spandiliquame3.2.1 Aspetti legislativi
3.3 Distribuzione superficiale
3.4 Distribuzione con interramento
3.5 Fertirrigazione
Le caratteristiche chimico-fisiche delle deiezioni dipendono dal tipo di allevamento attuato (specie animale, tipo e livello di produzione, peso corporeo, tipo di dieta, tipologia edilizia dell'allevamento). In funzione della tipologia di stabulazione e delle modalità di evacuazione delle deiezioni i reflui animali possono essere distinti in:
letami, costituiti da deiezioni solide e liquide. Si tratta di un tipico sottoprodotto caratterizzato da un contenuto in sostanza secca compreso tra il 20 e il 25%, tipico delle zone di riposo degli allevamenti bovini a stabulazione libera con lettiera permanente e di quelli con stabulazione alla posta. La sua evacuazione viene effettuata: nel caso della stabulazione fissa, 2 volte al giorno con operazione meccanica (trasporto alla concimaia con trasportatore a palette orientabili o a catene raschianti); nella stabulazione libera, con una determinata periodicità a mezzo di operatrici attrezzate (trattori o movimentatori aziendali dotati di appositi forconi e/o lame frontali). La produzione di tale tipo di refluo è legata soprattutto alla disponibilità aziendale di sottoprodotti vegetali ad essere utilizzati come lettimi (paglie di cereali);
liquami normali, costituiti dalle deiezioni solide e liquide e da piccole quantità di razione alimentare, caratterizzati da un contenuto in sostanza secca variabile dal 5 al 12 %. Vengono prodotti negli allevamenti bovini a stabulazione libera con grigliato e nelle corsie di alimentazione e di accesso e negli allevamenti suini che prevedono l'uso del grigliato o l'allontanamento meccanico delle deiezioni. Quando è previsto lo stoccaggio all'esterno dell'edificio di allevamento, l'evacuazione può essere effettuata per mezzo di un trattore dotato di lama frontale oppure di raschiatori a farfalla che operano nelle corsie di alimentazione o smistamento o nelle aree di esercizio. Nel caso di accumulo sotto pavimento grigliato, invece, lo svuotamento delle vasche avviene in corrispondenza delle operazioni di distribuzione;
liquami diluiti, costituiti dalle deiezioni solide e fluide addizionate delle acque di lavaggio, con un contenuto in sostanza secca sempre inferiore al 5%, caratteristici degli allevamenti in cui è previsto l'allontanamento idraulico delle deiezioni. Si tratta di un sistema di evacuazione che può essere completamente automatizzato, ma che tuttavia determina una notevole diluizione del refluo, con conseguente necessità di grandi vasche di accumulo dello stesso. Tale tecnica è soprattutto diffusa nelle porcilaie a pavimento pieno, mentre limitato è il suo impiego negli allevamenti bovini.
Il problema degli odori provenienti dagli allevamenti zootecnici è andato accentuandosi negli ultimi anni a causa dello sviluppo, in termini di edilizia abitativa, dei piccoli centri rurali. Ciò ha portato ad una sostanziale modificazione della popolazione che, non essendo più legata allattività agricola, è poco disposta, se non decisamente contraria a tollerare forme di inquinamento quali quelle percettibili a livello olfattivo. Gli odori che si sviluppano a causa dello stoccaggio dei liquami e del letame sono dovuti a composti volatili (gas e vapori) che si liberano durante la decomposizione delle sostanze organiche ad opera di microrganismi.
L'entità delle emissioni risulta strettamente legata al contenuto di sostanza secca del liquame, alle modalità di stoccaggio e alle fermentazioni che si instaurano nella massa.
Le platee per lo stoccaggio dei letami, unitamente al relativamente elevato contenuto di sostanza secca dei medesimi, determinano condizioni ottimali per la fermentazione aerobica, processo questo caratterizzato da emissioni di odori abbastanza accettabili. Per contro, le fosse e le vasche di stoccaggio dei liquami favoriscono le fermentazioni anaerobiche, responsabili della emissione di odori sgradevoli. In questo caso l'emissione delle sostanze maleodoranti varia in funzione della superficie libera e del grado di turbolenza della massa indotto dai flussi di entrata ed uscita. Il rilascio degli odori risulta particolarmente intenso soprattutto al momento della omogeneizzazione e ripresa del liquame e nelle successive fasi di distribuzione in campo.
Al fine di contenere le emissioni di odori durante lo stoccaggio è possibile additivare le deiezioni con formulati chimici commercializzati come deodorizzanti, oppure effettuare trattamenti aerobici o elettrolitici che risultano in grado di limitare la formazione dei composti che sono alla base dei cattivi odori (idrogeno solforato, mercaptani, diammine, solfuri e disolfuri).
Con il trattamento aerobico viene favorita l'azione dei batteri aerobi facoltativi per immissione di aria all'interno della massa di liquame, mentre col trattamento elettrolitico viene inibita l'azione dei microrganismi attraverso la solubilizzazione di piccole quantità (100 m g/l) di ioni di rame. Dal punto di vista qualitativo, il liquame sottoposto a tale trattamento si presenta con una riduzione del contenuto di azoto dell'ordine del 20% e con un pH pressoché neutro, il che ne rende possibile la distribuzione anche in copertura.
Diversamente, i1 controllo degli odori nella fase di distribuzione in campo può essere ottenuto con l'interramento dei liquami o con la loro distribuzione raso terra. In quest'ultimo caso, il liquame dovrà essere distribuito: in quantità tali da formare uno strato sottile per favorirne il rapido essiccamento e possibilmente nelle ore meno calde della giornata. Dovranno essere invece evitati i sistemi a lunga gittata e quelli che prevedono un'elevata polverizzazione del liquido.
Lo smaltimento dei liquami provenienti da allevamenti zootecnici è regolato da una serie abbastanza numerosa di provvedimenti legislativi. Senza entrare nel dettaglio, perché non è argomento specifico di trattazione, giova ricordare che vengono regolate le modalità delle operazioni di omogeneizzazione, deodorizzazione, inattivazione di microrganismi patogeni e, soprattutto, di smaltimento (in acque superficiali, su suolo agricolo, su suolo non agricolo).
Tali disposizioni rende necessario luso di macchine per i trattamenti descritti, che riguardano la ripresa. Per i letami si utilizzano caricatori a gru, trattori dotati di caricatori frontali, movimentatori aziendali. Per i liquami semisolidi si considerano sempre caricatori a gru, dotati però di benne o elevatori a coclea. Per i liquami veri e propri, invece, sono previste delle pompe centrifughe di tipo portato, azionate dalla pdp del trattore.
Diversamente dal letame che, in genere, non è sottoposto ad alcun trattamento apparente (venendo effettuato lo stoccaggio per un periodo di tempo tale da consentirne la «maturazione» conseguente all'instaurarsi di fermentazioni aerobiche), i liquami, prima della distribuzione, possono essere soggetti a diverse operazioni, quali:
la separazione liquido-solido;
l'omogeneizzazione;
la stabilizzazione.
La separazione liquido-solido viene effettuata con lo scopo di evitare gli inconvenienti che possono insorgere con l'impiego di liquami particolarmente densi: possibilità di occlusione dei sistemi di pompaggio, necessità di ricorrere a sistemi di aerazione e movimentazione caratterizzati da elevate potenze, voluminosi sistemi di accumulo, ecc. Generalmente, si tratta di un'operazione che precede quella di deodorizzazione, stabilizzazione e depurazione.
I sistemi di vagliatura più impiegati prevedono la selezione, in funzione della loro dimensione, dei solidi sospesi (vagli e filtri) o la separazione di questi ultimi dalla frazione liquida che li contiene sfruttando la loro diversa densità (sedimentatori o centrifughe).
L' omogeneizzazione è un'operazione indispensabile per consentire un'utilizzazione razionale del liquame. Infatti, causa la naturale stratificazione che si ha nelle vasche di accumulo, l'agricoltore si trova ad avere, al momento della distribuzione, un materiale il cui contenuto è continuamente variabile in funzione del livello di svuotamento della vasca e del punto di prelievo.
L'operazione permette inoltre di «correggere» i liquami, ad esempio con l'aggiunta di fertilizzanti chimici.
La scelta del sistema di omogeneizzazione è legata alle dimensioni del bacino e alle caratteristiche delle deiezioni. Risulta in ogni caso sconsigliabile, a meno di vasche di accumulo di dimensioni inferiori a 300 m³, ricorrere alla omogeneizzazione solamente in occasione dello spargimento in campo e ciò sia per gli odori che si liberano in tale occasione, sia per l'impossibilità di ottenere una buona miscelazione e, quindi, un'uniforme distribuzione. Pertanto, è importante che il trattamento sia effettuato per tutto il periodo di conservazione ripetendolo a brevi intervalli.
Le soluzioni adottabili si possono individuare in:
omogeneizzazione per ricircolo nella vasca di sollevamento e ripompaggio nel bacino. Questa operazione può essere eseguita anche per mezzo di carri-botte (successivamente presentati), sfruttando sia l'immissione di aria compressa, sia il ricircolo del liquido. Nel primo caso, l'aria compressa viene immessa utilizzando lo scarico della pompa del vuoto di cui è dotato il carro-botte a pressioni di 1-2 bar. Nel secondo caso si ricorre generalmente ad un carro-botte preventivamente riempito con acqua, colaticcio o liquame, che vengono vigorosamente scaricati all'interno della fossa. Quest'ultima soluzione è efficace per liquami fluidi (6-8% sostanza secca) che non presentano crosta, per fosse di dimensioni inferiori a 800 m³ e per liquami suini, con inserimento nel bacino di apposite attrezzature di miscelazione (adatte per bacini medio-grandi). La tecnica consiste nel ricircolo del liquame per mezzo di pompe che immettono il prodotto in una tubazione disposta intorno alla vasca e munita di vari ugelli di uscita, in grado di interessare tutto il bacino. Risultati più soddisfacenti, tuttavia, si ottengono con gli agitatori meccanici ad elica con asse di rotazione orizzontale mossi o dalla presa di potenza del trattore o direttamente da motori elettrici.
La stabilizzazione è un processo attuato per ottenere un liquame nel quale restano attivi solo processi «lenti» di fermentazione. In pratica, tale condizione si registra quando si raggiunge un abbattimento del carico organico superiore al 50%; il liquame in tal caso diventa quasi inodore. Per arrivare a questo risultato occorre procedere però ad un vero e proprio trattamento, aerobico od anaerobico.
L'aerazione del liquame consiste nell'installare nel bacino una turbina in grado di assolvere la funzione di miscelare ed ossigenare il prodotto, ottenendo una quasi totale deodorizzazione.
3. Macchine per la distribuzione
I rimorchi spandiletame rappresentano una tipologia di macchine che, diffusasi largamente negli anni '60, attraversa da tempo un periodo di stasi sia in termini di tecnologia, sia di macchine vendute. Ciò a causa della generale tendenza, manifestatasi da diversi anni a questa parte, verso sistemi d'allevamento che producono essenzialmente deiezioni fluide.
Tali macchine sono tuttavia destinate a un rilancio, in quanto utili anche per la distribuzione in pieno campo di diversi materiali di consistenza solida o semisolida, quali la frazione solida separata meccanicamente dai liquami, i fanghi di depurazione, i compost e terricciati ottenuti dal riciclaggio di rifiuti organici di natura diversa e infine le lettiere esauste (di paglia o truciolo), ottenute dalle tipologie stabulative talvolta attuate per i suini.
I1 carro spandiletame è in sostanza una macchina operatrice idonea per la distribuzione non solo del letame, ma di tutti i residui organici palabili.
Si tratta di una macchina concettualmente molto semplice, i cui diversi modelli si differenziano sostanzialmente per il sistema che provvede alla distribuzione del materiale e per le modalità di convogliamento.
3.1.1 Il sistema di alimentazione
Il prodotto è avviato al sistema distributore grazie alla presenza di un sistema di convogliamento, che, nella maggior parte dei modelli disponibili, è del tipo a nastro trasportatore. Posto sul fondo del pianale, questo può essere a doppia o tripla catena, con barre trasversali di collegamento (fig. 1).
Fig. 1 Particolari del nastro trasportatore di un carro spandiletame.
La velocità di avanzamento è mediamente compresa tra 0,3 e 2-3 m/min; valori più elevati (sino a 15 m/min) si raggiungono in caso di azionamento idraulico.
La possibilità di intervenire sulla velocità di avanzamento del nastro trasportatore, solitamente mediante un apposito cambio meccanico (che permette di scegliere sino a 6 diverse velocità) o, in qualche caso, la regolazione continua permette la variazione della quantità distribuita. La presenza inoltre di un dispositivo che consente l'inversione del moto del nastro è utile in caso di intasamento del sistema distributore.
Con materiali semisolidi, privi di paglia o altro materiale a fibra lunga, quali i fanghi di depurazione e la pollina, il nastro trasportatore può presentare problemi di presa sul prodotto (avanza senza trascinare il materiale, creando una superficie liscia di scorrimento).
Per tale genere di materiale risulta più idoneo il sistema di convogliamento, denominato a sponda mobile, azionato idraulicamente o meccanicamente. Questo, scorrendo in senso longitudinale all'interno della tramoggia, sospinge il prodotto verso gli organi distributori.
Un altro sistema di convogliamento presente nei modelli idonei per materiali semisolidi e quello a coclea (semplice o doppia) (fig. 2). Questa, posizionata in senso longitudinale sul fondo del cassone, sospinge il materiale verso il sistema di distribuzione.
Fig. 2 Sistema di convogliamento a coclea semplice.
3.1.2 Il sistema di frantumazione-distribuzione
In funzione del sistema di frantumazione-distribuzione, i diversi modelli disponibili possono essere classificati in quattro tipologie:
a rotori orizzontali (fig. 3). I rotori sono in numero di 1 o 2 e risultano collocati posteriormente sul cassone; possono essere dotati di palette, cilindri dentati o viti senza fine. La larghezza effettiva di lavoro (tenendo conto delle necessarie sovrapposizioni) è limitata e di norma non supera i 3-3,5 m;
Fig. 3 Differenti soluzioni di spandiletame con sistema distributore ad un rotore (a destra) o a due rotori orizzontali (a sinistra).
a rotori verticali (fig. 4). In numero variabile da 1 a 4 e anchessi possono essere dotati di denti, palette, cilindri dentati o viti senza fine. Nel caso di rotore unico a denti, questultimo è posizionato anteriormente ed ha diametro pressoché pari alla larghezza del cassone. La disposizione verticale dei distributori permette di ottenere una maggiore larghezza effettiva di lavoro, che può arrivare a 6-7 m;
Fig. 4 Differenti soluzioni di spandiletame con sistema distributore a rotori verticali.
a disco alettato verticale od orizzontale: il primo è situato anteriormente sul cassone e provvede alla distribuzione laterale su una lunghezza di 6-8 m (fig. 5, sopra); il secondo è posizionato posteriormente e abbinato ad un convogliatore a coclea (fig. 5, sotto). In alcuni modelli il disco orizzontale è anteriore e montato a valle di un rotore orizzontale;
Fig. 5 - Differenti soluzioni di spandiletame a disco alettato: verticale (sopra, vista dallinterno del cassone) e orizzontale (sotto, a sinistra: vista dallesterno; sotto, a destra: vista complessiva).
a turbina (fig. 6). Di grande diametro e posizionata anteriormente, è alimentata da un convogliatore a coclea ed effettua una distribuzione laterale per una larghezza di lavoro di 8-10 m.
Fig. 6 Spandiletame con sistema distributore a turbina.
con flagelli a catena, a distribuzione laterale per tutta la lunghezza del cassone (fig. 7). Il cassone di carico è dotato di deflettore superiore e da un rotore ad asse orizzontale, disposto internamente al cassone nel senso della lunghezza. Il rotore è dotato di flagelli a catena, che hanno la funzione di frantumare il letame e lanciarlo verso il deflettore, dal quale viene convogliato lateralmente e distribuito in campo. I1 deflettore è generalmente ripieghevole (spesso mediante un martinetto idraulico) per facilitare le operazioni di carico del cassone. Queste operatrici consentono una migliore visuale all'operatore sul lavoro svolto, anche se si può osservare un sovradosaggio particolarmente evidente in una fascia compresa tra i 2 e i 4 metri di distanza rispetto all'asse longitudinale del cassone ed una variazione della dose distribuita da un passaggio all'altro, dovuta alla posizione relativa dei flagelli rispetto al prodotto da distribuire durante lo svuotamento del cassone.
Fig. 7 Spandiconcime a distribuzione laterale per tutta la larghezza del cassone, con rotore a flagelli.
con boccaporto dotato di rotore, situato lateralmente in posizione avanzata (fig. 8). Il letame viene convogliato verso la parte anteriore del cassone da una coclea disposta sul fondo e distribuito lateralmente da un rotore dotato di palette radiali con bordi taglienti per una contemporanea frantumazione ed omogeneizzazione del letame. La tipologia di queste macchine assomiglia molto a quella di alcuni carri miscelatori per le preparazione "unifeed", la miscelata per lalimentazione dei bovini.
Fig. 8 Spandiletame con boccaporto laterale di uscita del prodotto, dotato di rotore con palette radiali a bordi taglienti.
3.1.3 Qualità del lavoro e aspetti operativi
La quantità distribuita può essere aumentata, o diminuita, come già accennato, agendo sulla velocità di movimento del nastro di alimentazione (o altro dispositivo), oppure sulla velocità di avanzamento del mezzo (di norma compresa tra i 2-3 e i 6 km/h). L'intervento su quest'ultimo fattore è tuttavia da ritenersi complementare e utile per mantenere quanto più possibile costante la quantità scaricata. La quantità distribuita per unità di superficie, di conseguenza, risulta solo empiricamente dal rapporto tra il numero dei carri svuotati e la superficie coperta (variabile in funzione della velocità di avanzamento). In altre parole, la possibilità di distribuire la dose voluta è affidata all'esperienza dell'operatore, che conoscendo bene le prestazioni della macchina è in grado di stabilire velocità del nastro e di avanzamento del mezzo.
Il fatto che la maggiore larghezza utile di lavoro si ottiene con i sistemi aventi gli organi frantumatori-distributori posti in senso verticale, oltre a tradursi in una maggiore capacità di lavoro della macchina, comporta un minor numero di passaggi e di conseguenza un compattamento diminuito.
L'omogeneità di distribuzione non differisce in modo sostanziale tra i diversi sistemi: occorre piuttosto prestare particolare attenzione ad alcuni aspetti operativi. E bene infatti procedere ad un accurato e regolare riempimento del cassone; in caso contrario, si può avere un peggioramento dell'omogeneità della dose distribuita in senso trasversale, soprattutto nei sistemi ad organi verticali.
Indipendentemente dal sistema di distribuzione, la quantità distribuita in senso longitudinale diminuisce di norma a inizio e a fine spandimento, poiché può darsi che il dispositivo distributore venga alimentato in modo parziale o irregolare; anche in questo caso un carico ben fatto non può che influenzare positivamente tale aspetto. L'inconveniente può comunque essere superato riducendo la velocità di avanzamento del mezzo.
La presenza al di sopra del sistema distributore - quando del tipo a rotori - di una griglia metallica a denti regolarizza la quantità di prodotto che si presenta agli organi distributori. Essendo, inoltre, il movimento dei vari organi derivato direttamente dalla presa di potenza della trattrice, è fondamentale mantenere durante la distribuzione un regime di rotazione costante e prossimo a quello nominale.
Un altro importante aspetto che condiziona l'omogeneità di distribuzione è il grado di disaggregazione che presenta il prodotto all'uscita del sistema di frantumazione-distribuzione. Questo, oltre che dal tipo di prodotto, dipende dal numero e dal tipo di organi di cui è dotato il sistema distributore. In termini generali, i sistemi a più rotori lavorano più finemente di quelli a rotore singolo; lo stesso si può dire dei sistemi a rotori elicoidali rispetto a quelli a denti variamente conformati. In linea teorica, a parità di quantità distribuita, i migliori risultati si ottengono procedendo a velocità contenuta e riducendo adeguatamente la velocità del sistema di convogliamento; ciò permette agli organi frantumatori-distributori di affrontare, nell'unità di tempo, una minore quantità di prodotto.
3.1.4 Le problematiche relative alla circolazione su strada
Le macchine di questo tipo sono nella quasi totalità dei casi di tipo trainato, quasi sempre monoasse. La maggior parte dei modelli è omologabile per la circolazione su strada. Tale caratteristica viene considerata come optional, e di conseguenza viene generalmente offerta con un incremento di prezzo, a causa del montaggio dei dispositivi di frenatura e di segnalazione visiva, e per le spese di omologazione.
La capacità di carico di questi mezzi differisce se si considera la massima portata (in massa, kg) o la capacità del cassone (in volume, m³). Gioca in questo caso la massa volumica dei prodotti, che può variare significativamente.
Per i modelli omologati infatti, la massima capacità di carico è da intendersi in massa e indica la massima quantità trasportabile su strada. Secondo la normativa vigente, questo dato risulta strettamente correlato alle caratteristiche del telaio portante (numero assi, numero ruote per asse, portata dei pneumatici). Per ogni modello è rigidamente stabilita una massa massima complessiva ammessa; di conseguenza, a parità di dimensione del telaio, ad un aumento del volume di carico (determinato dalle dimensioni del cassone) corrisponde una riduzione della quantità caricabile ammessa per il trasporto su strada a causa della maggiore tara.
I carri spandiliquame, definiti anche carri-botte, botti spandiliquame o, più familiarmente, "botti", sono schematicamente costituiti da un serbatoio e da una serie di attrezzature per mettere in pressione, regolare la dose ed effettuare la distribuzione del liquame. Le principali caratteristiche costruttive sono principalmente riconducibili alle modalità con le quali viene messo in pressione il liquame. Tale operazione può avvenire, in sintesi, per immissione di aria nel serbatoio (spandiliquame con serbatoi in pressione), o per azione diretta con liquido, per mezzo di pompe volumetriche o centrifughe, negli spandiliquame con serbatoio a pressione atmosferica.
Dal punto di vista tecnico, l'evoluzione delle macchine è orientata verso:
elevate capacità di carico;
incremento della larghezza di lavoro;
migliore uniformità di distribuzione;
adeguamento delle macchine ai vincoli imposti per la tutela dell'ambiente, con particolare riferimento al contenimento delle emissioni di odori.
Gli spandiliquame con serbatoio in pressione (fig. 9) sono senza dubbio le macchine oggi più diffuse, poiché possono effettuare tutte le operazioni connesse con l'omogeneizzazione, la ripresa e la distribuzione del liquame creando, per mezzo di una pompa per l'aria, che funziona come pompa del vuoto nella fase di carico e come compressore nella fase di scarico, un differenziale di pressione fra il liquame contenuto nel serbatoio e l'ambiente esterno. La pompa per l'aria - del tipo a capsulismi, a lobi o ad anello liquido - collegata con il serbatoio a mezzo di una valvola di troppo pieno è in grado di interrompere l'estrazione dell'aria quando il liquame nel serbatoio oltrepassa il livello di sicurezza. Inoltre, sempre per impedire che il liquame venga in contatto con la pompa dell'aria, può essere inserito, tra questa e la valvola del troppo pieno, un sifone di sicurezza.
Elementi caratterizzanti tali macchine sono le basse pressioni (0,5-2 bar) e depressioni (0,5 bar) di lavoro, raggiunte peraltro solo in brevi periodi del loro funzionamento, e ciò, oltre al limitato numero di parti in movimento a diretto contatto con il liquame, si traduce in ridotti problemi legati alla corrosione dei materiali e ad a basse probabilità di intasamento e rotture per la presenza di corpi estranei accidentalmente presenti nel refluo.
Fig. 9 - Spandiliquame trainato a due assi ravvicinati, con serbatoio in pressione.
Negli spandiliquame con serbatoio a pressione atmosferica (fig. 10) una pompa centrifuga, di tipo aperto o semiaperto, ha la funzione di mettere in pressione il liquido e di avviarlo verso il sistema di distribuzione posto nella parte posteriore della macchina. Tali macchine risultano generalmente sprovviste di sistemi per la ripresa del liquame; il riempimento del serbatoio avviene di conseguenza per mezzo di un'apposita pompa a turbina. I1 serbatoio di queste macchine ha pertanto la sola funzione di contenimento del liquame e non subisce variazioni di pressione rispetto all'esterno. Ciò rende possibile lutilizzo in sicurezza di materiali di minor spessore, il che comporta, rispetto ai serbatoi in pressione, una sensibile riduzione sia della massa a vuoto della macchina sia del suo costo. Per contro tale sistema è caratterizzato da maggiori usura e pericoli di intasamento.
Fig. 10 - Spandiliquame trainato monoasse con serbatoio a pressione atmosferica.
In Italia esiste una specifica regolamentazione per la fabbricazione e il controllo funzionale dei serbatoi adibiti al trasporto e alla distribuzione del liquame, che fa riferimento al D.M. 21.9.82 «Norme per la progettazione, costruzione, approvazione e mantenimento in servizio dei serbatoi adibiti al trasporto e allo spandimento dei liquami» e alle successive modifiche. La normativa viene applicata per i serbatoi a pressione atmosferica aventi capacità superiore ai 5000 litri e per tutti i serbatoi in pressione; regola le caratteristiche costruttive e le modalità di installazione degli stessi sui veicoli. Tutti i serbatoi utilizzati sul territorio nazionale devono essere muniti di certificato di approvazione rilasciato dal Ministero dei Trasporti.
I serbatoi devono:
avere tenuta ermetica;
essere costruiti in acciaio;
avente uno spessore minimo di 3 mm e opportunamente dimensionato in funzione della pressione massima di esercizio;
avere una capacità geometrica massima di 20 m³;
non possono essere riempiti di liquame in misura superiore al 97% del loro volume.
Per capacità superiori ai 3 m³ i serbatoi devono essere provvisti di frangiflutti, in numero proporzionale alla capacità del serbatoio, che lo dividono in tanti scomparti ognuno dei quali deve essere dotato di portelli a passo d'uomo.
E prevista, inoltre, una revisione quadriennale per la verifica della funzionalità dei serbatoi e dell'equipaggiamento di servizio. In particolare, i serbatoi in pressione devono essere dotati di:
valvola di sicurezza ripristinabile automaticamente affinchè la pressione all'interno del serbatoio non superi quella di progetto;
un dispositivo atto ad evitare che si verifichino depressioni tali da comprometterne la sicurezza;
almeno un manometro, ben visibile dal posto di guida e con opportuna scala con in buona evidenza le indicazioni dello zero, della massima pressione di prova e dalla massima depressione ammissibile;
almeno una chiusura a saracinesca che permetta di verificare se vi sia pressione all'interno del serbatoio stesso con forma e direzioni tali che, in caso di apertura sotto pressione non rechi danno al manovratore;
uno o più dispositivi di carico e di scarico.
E prevista una revisione quadriennale, a partire dall'anno di costruzione, che comporta verifiche dello stato interno ed esterno del serbatoio, il controllo dell'efficienza dell'equipaggiamento di servizio e la prova di pressione idraulica.
I1 serbatoio può essere omologato indipendentemente dal veicolo sul quale verrà poi collocato; tuttavia, la normativa regola il dimensionamento degli attacchi dello stesso al telaio del veicolo.
Anche i serbatoi costruiti prima del marzo 1983 sono stati sottoposti alla verifica illustrata, entro 3 anni dalla data di pubblicazione del DM.
Quando i serbatoi sono del tipo a pressione atmosferica e hanno una capacità inferiore a 5 m³ non sono necessarie né l'approvazione né le revisioni. In questo caso non viene richiesta la tenuta ermetica del serbatoio. Tuttavia, in condizioni di marcia normale, non dovrà verificarsi alcuna fuoriuscita di liquame.
3.2.2 Dose ed uniformità di distribuzione
Dal punto di vista agronomico ed ambientale risulta della massima importanza distribuire i liquami nella medesima dose su tutta la superficie e quindi operare con una sufficiente uniformità di distribuzione sia trasversale che longitudinale.
In termini pratici la distribuzione può ritenersi sufficientemente uniforme quando il Coefficiente di Variazione (C.V.), che è indice di variabilità relativa ai valori medi definito come rapporto tra lo scarto quadratico medio e il valore medio dei dati rilevati, risulta inferiore al 10%.
La regolazione della dose da distribuire viene ottenuta agendo sulla regolazione del flusso del liquame in uscita, sulla larghezza di lavoro e sulla velocità di avanzamento secondo la seguente equazione:
dove:
D = dose da distribuire (m ³/ha)
Q = portata in uscita (m³/min)
l = larghezza di lavoro (m)
v = velocità di avanzamento (km/h)
Tutti i parametri considerati nell'equazione risentono, durante le operazioni in campo, di scostamenti più o meno elevati rispetto ai valori stabiliti, dovuti sia alle caratteristiche costruttive delle macchine, sia alle particolari condizioni in cui si opera. Più in particolare, la quantità di liquame distribuita nell'unità di tempo risente di:
velocità di rotazione della pompa;
variazioni di pressione all'interno del serbatoio (in funzione anche del grado di riempimento);
perdite di carico nel sistema di distribuzione;
viscosità e contenuto in sostanza secca del liquame.
Inoltre, durante la distribuzione in campo, la velocità di avanzamento subisce variazioni legate al tipo di terreno e alla sua umidità e giacitura e, quindi, difficilmente la dose teorica di distribuzione corrisponde a quella effettiva.
Per ovviare a tali inconvenienti, sono stati da qualche tempo introdotti sul mercato (in primis in quello tedesco) sistemi elettronici per il controllo della dose.
Interessanti risultano due soluzioni particolarmente idonee per essere applicate su spandiliquame dotati di pompe volumetriche, ma che possono essere impiegate, con opportune modifiche, anche su spandiliquame con serbatoio in pressione.
La prima, di costruzione relativamente semplice è di tipo passivo, cioè di semplice monitoraggio del l'operazione. Due sensori misurano il flusso del liquame in uscita (per mezzo della rilevazione del regime di rotazione della pompa), e la velocità di avanzamento della macchina (attraverso la determinazione della velocità di rotazione delle ruote dello spandiliquame). Per mezzo di un semplice elaboratore è possibile determinare in modo istantaneo la dose che si sta distribuendo e visualizzarla all'operatore; questi, variando la velocità di avanzamento, è in grado di far coincidere la dose di distribuzione reale con quella stabilita. Il grosso limite del sistema è rappresentato dalle possibili variazioni di portata della pompa che si possono registrare a regimi di rotazione superiori ai 400 min-1, a causa della variazione del contenuto in sostanza secca del liquame.
Il secondo sistema, più sofisticato e costoso, è di tipo attivo, intervenendo direttamente sulle modalità di esecuzione del lavoro. E' simile a quelli utilizzati sulle macchine irroratrici, e consente di mantenere fissa la dose da distribuire indipendentemente dalla velocità di avanzamento del trattore. In pratica, sulla base delle informazioni ricevute, un elaboratore è in grado di parzializzare la portata della pompa, per mezzo di un'elettrovalvola, in funzione della velocità di avanzamento istantanea e della larghezza di lavoro prescelta dall'operatore. La determinazione del flusso di erogazione viene effettuata per mezzo di un flussimetro induttivo, strumento che non risente in modo apprezzabile delle variazioni delle caratteristiche fisiche del liquame (contenuto in sostanza secca, viscosità, quantità di solidi sospesi) e risulta pertanto in grado di effettuare una lettura sufficientemente esatta in ogni condizione operativa.
3.3 Distribuzione superficiale
Il sistema di distribuzione superficiale più diffuso in Italia è quello a mezzo di piatto deviatore del getto (fig. 11), caratterizzato da una notevole semplicità costruttiva e da un limitato numero di componenti a diretto contatto con il liquame. L'utilizzo di tale sistema determina, tuttavia, considerevoli problemi operativi legati essenzialmente a:
un'elevata polverizzazione del getto, con conseguenti considerevoli emissioni di odori, fenomeni di deriva e scarsa uniformità di distribuzione;
limitata larghezza di lavoro. La gittata massima di queste macchine, infatti può raggiungere i 16-20 m; tuttavia, per operare con buona uniformità di distribuzione trasversale, è bene non superare il 50% di tale valore;
insufficiente uniformità di distribuzione trasversale. Sotto questo aspetto, i migliori risultati si ottengono quando la superficie del deflettore è leggermente concava, a condizione, però, che il getto colpisca il deflettore esattamente nella sua parte centrale. Risulta quindi indispensabile una corretta regolazione e manutenzione del sistema in quanto anche minimi errori di posizionamento, piccole incrostazioni o lesioni della superficie del deflettore, peraltro abbastanza frequenti a causa delle particolari condizioni in cui si opera, possono portare ad asimmetrie del diagramma di distribuzione con conseguente scarsa uniformità di distribuzione trasversale.
Fig. 11 - Distributore di liquame di tipo a piatto deviatore del getto. A sinistra, con piastra sagomata sovrastante. A destra, con piastra piatta sottostante e relativo diagramma di distribuzione.
Al fine di raggiungere una migliore qualità del lavoro, negli ultimi anni si è assistito ad un notevole sviluppo dei sistemi di distribuzione. Le ricerche hanno portato alla realizzazione di soluzioni più complesse dal punto di vista meccanico rispetto alle precedenti, ma in grado di fornire una maggiore larghezza di lavoro e una migliore uniformità di distribuzione trasversale, oltre che una minore nebulizzazione e, quindi, una ridotta diffusione di odori.
I principali sistemi oggi disponibili sono:
a getto oscillante (fig. 12). Si tratta di un sistema di distribuzione che presenta soluzioni tecniche molto simili a quelle degli spandiconcime centrifughi a tubo oscillante e permette di raggiungere considerevoli larghezze di lavoro (anche superiori a 15 m) grazie alla particolare forma del diagramma di distribuzione trasversale che richiede ridotte sovrapposizioni (2-2,5 m) tra una passata e quella contigua il che consente, inoltre, di operare con una larghezza di lavoro effettiva prossima alla gittata massima. Per raggiungere una buona uniformità di distribuzione è necessario, tuttavia, che la frequenza di oscillazione sia adeguatamente correlata alla velocità di avanzamento;
Fig. 12 - Distributore a getto oscillante, con relativo diagramma di distribuzione.
a piatto deviatore oscillante (fig. 13), caratterizzati da un diagramma di distribuzione che richiede sovrapposizioni limitate e permette di raggiungere una buona uniformità di distribuzione trasversale con una larghezza di lavoro pari all'80% della massima;
Fig. 13 - Distributore a piatto deviatore oscillante, con relativo diagramma di distribuzione.
a barra con getti deviati, costituiti da una serie di piccoli ugelli a getto deviato montati, a distanza reciproca di 60-80 cm su una barra di distribuzione della lunghezza di 10-12 m (fig. 14). Gli ugelli possono essere sostituiti in funzione delle caratteristiche fisiche del materiale da distribuire; è possibile, inoltre, sostituire i deflettori con appositi tubi adduttori per la localizzazione superficiale del liquame. Tale attrezzatura risulta particolarmente utile, oltre che per contenere gli odori, nelle distribuzioni in postemergenza su mais e su colture foraggere. Il limite di questo sistema di distribuzione è rappresentato dalla difficoltà di ottenere una portata uniforme dei singoli ugelli a causa delle elevate perdite di carico che si registrano lungo la conduttura e che risultano tanto più rilevanti quanto maggiore è la densità del liquido. Ciò viene evidenziato dal tipico diagramma di distribuzione trasversale caratterizzato da una netta diminuzione della dose distribuita in prossimità dell'estremità della barra. Per ridurre tale inconveniente risulta consigliabile effettuare l'alimentazione separata delle semibarre. Ciò permette inoltre di parzializzare la larghezza di lavoro della macchina, ove se ne presenti la necessità;
Fig. 14 - Distributore a barra con getti deviati, con relativo diagramma di distribuzione.
a tubi flessibili (fig. 15). Messo a punto in Germania, permette la localizzazione superficiale del liquame e, conseguentemente, un efficace controllo dell'emissione di odori e un limitato imbrattamento della parte epigea dalla pianta. Tale elemento risulta particolarmente utile quando si opera su colture foraggere ad avanzato stadio di sviluppo. Grazie alle caratteristiche costruttive del sistema, non è richiesta alcuna sovrapposizione tra due passate contigue il che generalmente si traduce in una buona uniformità di distribuzione. La dose da distribuire può essere regolata agendo sia sulla velocità di avanzamento, sia sulla distanza reciproca dei tubi di distribuzione;
Fig. 15 - Distributore a tubi flessibili adduttori per la distribuzione raso terra, con relativo diagramma di distribuzione.
distributori a dischi centrifughi (fig. 16). Sono costituiti da una serie di dischi rotanti su un piano orizzontale, ciascuno azionato da un motore elettrico e posto ad una distanza reciproca di 4,5 m. Ogni disco può essere rifornito di una quantità variabile di liquame per mezzo di un apposito dosatore. Il regime di rotazione costante dei dischi assicura una larghezza uniforme di lavoro, indipendentemente dal regime di rotazione del motore della macchina motrice. Anche in questo sistema, così come peraltro per tutti quelli fino a qui esaminati, i migliori risultati in termini di uniformità di distribuzione si ottengono agendo con liquami a basso contenuto di sostanza secca (1-3%).
Fig. 16 - Distributore a dischi centrifughi, con relativo diagramma di distribuzione.
Infine, un'applicazione che può essere effettuata su tutti gli spandiliquame con serbatoio in pressione è quella che prevede l'inserimento di un getto irrigatore, (del tutto simile a quelle usate per la normale irrigazione con acqua) orientabile su 360° e funzionante con elevate pressioni di esercizio (6-7 bar) e in grado di coprire larghezze di lavoro di 60-70 m. Per ottenere tali pressioni vengono applicate allo spandiliquame pompe centrifughe o a vite, in serie o in parallelo alla pompa per l'aria. Peculiarità di tale sistema è quella di consentire la distribuzione dei liquami senza necessità di accesso all'appezzamento e, quindi, anche quando quest'ultimo non è praticabile dai mezzi meccanici. Tuttavia, il suo impiego ha, come conseguenza negativa, una limitata uniformità di distribuzione e l'emissione violenta di odori dovuta alla spinta nebulizzazione del liquido.
3.4 Distribuzione con interramento
L'evoluzione di macchine per la distribuzione dei liquami ha portato all'individuazione di tecniche che riducono le perdite di azoto ed eliminano l'emissione degli odori.
In realtà l'interramento dei liquami è pratica nota già da alcuni decenni, ma è stata già da qualche anno riproposta con forza a livello europeo, a seguito del recepimento di normative comunitarie che prevedono l'eliminazione degli odori molesti al momento della distribuzione.
I potenziali vantaggi dell'interramento rispetto alla distribuzione superficiale possono essere così riassunti:
maggior controllo degli odori;
migliore utilizzo degli elementi nutritivi (riduzione delle perdite di azoto ammoniacale);
riduzione della contaminazione della parte aerea della coltura e conseguente riduzione dello sviluppo di microrganismi patogeni;
eliminazione dei rischi di scorrimento superficiale del liquame e di contaminazione delle acque superficiali;
miglioramento delle condizioni fisiche del suolo;
possibilità di distribuire il liquame anche in prossimità dei centri abitati.
Per contro, gli svantaggi legati a tale tecnica sono essenzialmente dovuti a:
maggiore complessità dell'operazione di distribuzione dei liquami ed incremento dei costi energetici ad essa connessi;
possibile danneggiamento della cotica erbosa per azione dei denti assolcatori;
non uniforme risposta della coltura alla concimazione in seguito alla localizzazione degli elementi nutritivi;
impraticabilità del terreno per un certo periodo dopo la distribuzione;
maggiori slittamenti e difficoltà di guida del trattore in eventuali successive lavorazioni del terreno.
Per limitare, almeno in parte, tali inconvenienti le macchine per l'interramento dei liquami devono risultare in grado di:
limitare il compattamento del terreno;
variare la regolazione della dose di distribuzione e della profondità di applicazione;
essere sufficientemente manovrabili;
garantire il completo interramento del liquame e un'accurata chiusura della fenditura anche operando su cotica erbosa.
Le macchine oggi disponibili sul mercato effettuano l'applicazione del liquame direttamente nello strato coltivato del terreno (20-30 cm di profondità) per mezzo di sistemi ad utensili fissi o rotanti.
I sistemi di interramento ad utensili fissi (fig. 17) sono dotati di 2-6 elementi aprisolco ad ognuno dei quali è fissato, posteriormente, un tubo adduttore attraverso il quale il liquame viene depositato, per gravità o in leggera sovrapressione (0,5 bar), sul fondo del solco aperto dal dente. Generalmente, per ragioni di semplicità costruttiva, l'organo interratore viene applicato alla parte posteriore dello spandiliquame.
Fig. 17 - Sistema di interramento ad utensile fisso (particolare, a sinistra), con tubo adduttore attraverso il quale il liquame viene depositato, per gravità o in leggera sovrapressione (0,5 bar), sul fondo del solco aperto dal dente (a destra).
Tuttavia, tale soluzione impedisce il controllo visivo dell'attrezzo da parte dell'operatore e quindi la tempestiva identificazione di eventuali irregolarità di funzionamento del sistema. Comporta inoltre una difficile regolazione della profondità di applicazione. In particolare, quest'ultima risulta generalmente di minore entità in prossimità dei denti che operano nella traccia lasciata dalle ruote di appoggio dello spandiliquame a causa del maggior compattamento del terreno in tale zona. Per ovviare a questo inconveniente è preferibile impiegare organi di lavoro indipendenti e dotati di regolatori di profondità. I sistemi che prevedono la regolazione della profondità per mezzo di rulli tastatori disposti posteriormente agli organi di interramento risultano particolarmente utili soprattutto quando si opera su cotica erbosa, in quanto contribuiscono al pareggiamento della superficie smossa dai denti iniettori (fig. 18).
Fig. 18 - Regolazione della profondità per mezzo di rulli tastatori disposti posteriormente agli organi di interramento.
Per contro, l'applicazione dell'interratore all'attacco a 3 punti del trattore e quindi in posizione anteriore rispetto al serbatoio del carro spandiliquame, determina l'insorgere di grossi problemi per il traino dello spandiliquame che si muove su terreno smosso e bagnato. Ciò si traduce in un affondamento delle ruote di appoggio e, di conseguenza, in maggiori forze di trazione. Risulta pertanto necessario posizionare opportunamente i denti sulla barra lasciando spazi tali da permettere un agevole transito delle ruote di appoggio dello spandiliquame nella zona non interessata dal trattamento.
I sistemi di interramento a utensili rotanti sono schematicamente costituiti da un sistema per la distribuzione del liquame ubicato subito a valle del rotore di una zappatrice rotativa. Tale soluzione consente una omogenea distribuzione del liquame all'interno dello strato attivo del terreno e, soprattutto, l'effettuazione, in un'unica passata, della distribuzione del liquame e della preparazione del letto di semina senza praticamente richiedere alcuna forza di trazione. In questo caso, per le evidenti necessità di limitare il compattamento del suolo, il liquame può essere inviato alla macchina per mezzo di un tubo flessibile collegato ad uno spandiliquame che opera in parallelo su terreno arato o ad una bobina del tipo di quelle utilizzate per l'irrigazione.
La distribuzione in campo dei reflui zootecnici può essere effettuata a scorrimento o a pioggia, a condizione che si impieghino liquami diluiti con acqua in un rapporto di almeno 1:2 e comunque con un contenuto massimo di sostanza secca dell'1%.
Prima della distribuzione del prodotto risulta necessario provvedere alla sua omogeneizzazione e agitazione oltre che ad una energica separazione dei solidi.
All'uopo si possono usare agitatori a pale elicoidali o a dischi rotanti inclinati oppure si può ricorrere al ricircolo del prodotto per mezzo delle medesime pompe utilizzate per la fertirrigazione.
Per la fertirrigazione per scorrimento si ricorre all'utilizzo delle canalizzazioni esistenti e, quindi, non sono coinvolti impianti per la distribuzione ma solo quelli per la miscelazione e il sollevamento. L'elevata diluizione del liquame e l'assoluta mancanza di polverizzazione del liquido consentono di contenere l'emissione di odori e, nel medesimo tempo, di effettuare la distribuzione dei liquami sottochioma evitando, così, la contaminazione della parte epigea della pianta. Con l'impiego di tale tecnica risulta, per contro, estremamente difficile ottenere una sufficiente uniformità di distribuzione dei liquami e degli elementi fertilizzanti in essi contenuti in quanto le particelle solide (se non previamente separate) tendono a sedimentare e ad essere trattenute dall'erba presente nei fossi. Inoltre, la non omogenea distribuzione dell'acqua sul campo dovuta alle perdite di percolazione determina una dose di distribuzione decrescente verso la zona inferiore dell'appezzamento.
Per la fertirrigazione a pioggia si ricorre a tubazioni e irrigatori classici, salvo adottare opportuni accorgimenti costruttivi (diametro delle condutture, materiali ecc.) necessari per evitare eccessive perdite di carico e ostruzioni nelle saracinesche e negli irrigatori. Le tubazioni sono disponibili con diametri da 50 a 160 mm; le sezioni più piccole lavorano a pressioni intorno a 20 bar, mentre quelle più grandi non superano i 10 bar. Gli irrigatori sono a getto unico e possono lavorare a pressioni da 1,5 a 5 bar. Vengono utilizzati ugelli in gomma che permettono il passaggio di corpi estranei. Essi sono in grado di coprire un'area variabile di 0,2-0,8 ha (con gittate variabili da 8 a 50 m) per basse e bassissime intensità di pioggia (1-4 mm/h). Per una buona distribuzione del prodotto è necessario che le gocce siano di elevato diametro.
Al momento di spargere i liquami occorre anche disporre di un abbondante quantitativo d'acqua necessaria per effettuare il lavaggio finale delle attrezzature.
La scelta di una o dell'altra tecnica di distribuzione del liquame deve tener conto, oltreché delle caratteristiche del liquame stesso, dell'organizzazione aziendale, della disponibilità di manodopera e delle perdite di valore fertilizzante connesse con le singole tecniche.