iia.jpg (3282 bytes)UNIVERSITÀ DEGLI STUDI

ISTITUTO DI INGEGNERIA AGRARIA

* I - 20133 MILANO - VIA G. CELORIA, 2

 

DISPENSE DEL CORSO DI

MECCANICA AGRARIA

(Prof. E. Gasparetto - Prof. D. Pessina)

cop.jpg (13174 bytes)

MACCHINE E IMPIANTI PER LA MUNGITURA E LA CONSERVAZIONE DEL LATTE

 

A cura di : Prof. Domenico Pessina

a.a. 1998/1999

Indice

Principio di funzionamento della mungitura meccanica

Macchine e impianti di mungitura per bovine

Macchina mungitrice

Sistema di stacco automatico

I lattometri

Impianti a lattodotto

Innovazioni sulle guaine

Innovazioni su collettori e gruppi di mungitura

I robot di mungitura

Impianti di mungitura

Mungitura alla posta

Impianti a secchio o a carrello

Impianti con lattodotto in stalla

Mungitura in sala

Sala di mungitura a tandem

Sala di mungitura a spina di pesce

Sala di mungitura a pettine

Sala di mungitura trigonale

Sala di mungitura poligonale

Impianti rotativi

Impianti per la conservazione del latte alla stalla


Principio di funzionamento della mungitura meccanica

La mungitura meccanica è uno dei momenti più importanti nel processo produttivo del latte ed essa, assieme alla genetica e all'alimentazione, ha contribuito a quel forte aumento della produttività dei singoli animali che ha caratterizzato la zootecnia nell'ultimo decennio.

La meccanizzazione dell'operazione di mungitura prevede l'estrazione del latte mediante l'applicazione di una depressione alla parte distale del capezzolo dell'animale. Non è possibile tuttavia mantenere applicata per tutta la durata della mungitura tale depressione. Qualora questo si verificasse, infatti, il flusso di latte cadrebbe rapidamente; il sangue che si trova nel capezzolo stesso non riuscirebbe a fluire verso l'alto, con conseguente congestionamento del medesimo e dolore per l'animale. Si provvede, pertanto, a interrompere ciclicamente la depressione applicata (fase di massaggio).

Se con la mungitura manuale il mungitore applica una pressione positiva sulla epidermide del capezzolo in modo graduale, partendo dall'attacco del capezzolo stesso al corpo della mammella fino a raggiungerne la punta, nella mungitura meccanica ciò non avviene. Il latte viene fatto fuoriuscire dalla cisterna del capezzolo applicando una pressione negativa (quello che in termine tecnico corrente viene chiamato vuoto) che determina l'apertura dello sfintere del capezzolo. Ciò è molto più simile al processo di suzione del vitello che non alla mungitura manuale.

E' importante chiarire che cosa si intende per "livello di vuoto". Se si prende un tubo pieno di mercurio (Hg), per semplicità della lunghezza di 1 m, chiuso ad una estremità e lo poniamo, facendo attenzione a non farvi entrare dell'aria, in posizione verticale al disopra di un contenitore anch'esso contente il medesimo elemento chimico, possiamo verificare che il liquido scende all'interno della colonna di una certa quota. Nello spazio liberato all'interno del tubo si è creato del vuoto. Se misuriamo il dislivello tra la superficie del mercurio nel contenitore e nel tubo troviamo che esso è pari a circa 760 mm. Intuitivamente saremmo portati a pensare che detto livello sia determinato dalla caduta verso il basso del mercurio che resta comunque "risucchiato dal vuoto" che si è creato nell'estremità superiore del tubo. In effetti non è così perché l'altezza del mercurio nel tubo è invece determinata dalla pressione atmosferica. La forza di gravità agisce sulle particelle dell'aria che a causa di tale fenomeno schiacciano la superficie libera del mercurio nel contentore e provocano una sua risalita all'interno del tubo per 760 mm.

Se più in specifico si collegasse l'estremità superiore del tubo con un punto di un generico impianto di mungitura subito a valle della pompa del vuoto e del relativo regolatore, si potrebbe osservare che l'altezza della colonna di mercurio non scenderebbe a 0 (raggiunta pressione atmosferica) ma si stabilizzerebbe a circa 380 mm. Sarebbe possibile affermare che nell'impianto c'è "circa mezzo vuoto".

In pratica in un generico impianto di mungitura c'è un dispositivo (la pompa del vuoto) che sposta verso l'esterno dell'impianto una quantità di aria tale per cui la densità di quella rimasta all'interno è pari alla metà (circa) di quella ambiente. Possiamo quindi affermare, che in un impianto di mungitura abbiamo una pressione assoluta P di 380 mm di mercurio (o, più correttamente, +50 kPa) o, che è lo stesso, una depressione rispetto a quella atmosferica di -380 mm di mercurio (-50 kPa).

Nella vacca, applicando al capezzolo una depressione di 50 kPa, lo sfintere si apre al massimo per 2 mm circa e consente il flusso di latte verso l'esterno. Il tutto avviene, nella macchina mungitrice, a livello di guaina e capezzolo. Quando si applica il prendicapezzolo, il capezzolo entra nella guaina per una certa lunghezza (che deve essere superiore a 20 mm) e comincia l'applicazione della depressione proprio sotto la punta dello stesso con la conseguente apertura dello sfintere ed emissione del latte contenuto nella cisterna.

La velocità di deflusso dipende dalla differenza di pressione che si determina tra interno ed esterno della mammella. Così all'inizio della mungitura abbiamo all'interno della mammella una pressione superiore a quella atmosferica mentre alla fine troviamo una depressione pari al 60-80% di quella applicata esternamente (il capezzolo si è gonfiato). Abbassando il livello di vuoto nell'impianto (avvicinandosi cioè alla pressione atmosferica) e passando a esempio dai convenzionali 50 kPa a 40 kPa si determina una riduzione della portata di latte mediamente del 15%.

Tuttavia, il lasciare applicata costantemente la depressione al capezzolo provoca una eccessiva congestione nei tessuti, dolore, interruzione degli stimoli ormonali per l'emissione del latte, lacerazioni ai tessuti con probabili insorgenza di infezioni, in definitiva rende impossibile una efficiente esecuzione dell'operazione. Per evitare tali inconvenienti è necessario che la depressione venga ciclicamente interrotta. Ciò si ottiene attraverso uno schiacciamento ritmico della guaina le cui pareti, avvicinandosi, permettono di ripristinare le condizioni di pressione atmosferica a livello dello sfintere. In tal modo, la circolazione sanguigna nel capezzolo riprende e lo stesso si decongestiona.

Lo schiacciamento della guaina viene determinato dall'immissione di aria nella camera esistente tra la stessa e il portaguaina (camera di pulsazione) che, per differenza di pressione, provoca il cedimento delle pareti della guaina stessa. Successivamente, il ritorno della depressione all'interno della camera di pulsazione - attraverso l'aspirazione attiva dell'aria in essa contenuta - comporta il ritorno della guaina alla posizione primitiva e il contemporaneo reinstaurasi delle condizioni di vuoto a livello dello sfintere.

Il compito della guaina, quindi, è quello di limitare il progredire della congestione e dell'edema nel capezzolo stesso provocati dalle forze generate dal vuoto di mungitura. Volendo essere più precisi, la guaina provoca anche un certo schiacciamento del capezzolo durante la sua chiusura - con l'applicazione di una pressione che, con un livello di vuoto nell'impianto di 50 kPa, è di circa 8-12 kPa; ma questo avviene durante la fase di massaggio e non durante quella di estrazione del latte, e ha lo scopo di facilitare la chiusura dello sfintere. Importante è, inoltre, che questa azione di schiacciamento duri per ogni ciclo più di 0,15 s.

In sostanza, la circolazione del sangue dipende dalla guaina che deve passare dalle condizioni di tensione proprie della fase di mungitura a quella di rilassamento, con conseguente collassamento, della fase di massaggio per potersi avvolgere il più possibile attorno alla punta del capezzolo ed esercitare, quindi, la massima pressione sulla punta stessa. Al termine della fase di flusso massimo di emissione, il prendicapezzolo, proprio a causa della limitata quantità di latte asportabile, tende ad arrampicarsi verso l'attaccatura del capezzolo al corpo principale della mammella. Quando ciò avviene si provoca uno schiacciamento che chiude il dotto collegante la cisterna del capezzolo e quella della mammella e impedisce l'ulteriore passaggio di latte tra le due.

Nel caso in cui la quantità di latte rimasta nella mammella sia limitata 200-300 g, non si verificano problemi in quanto la stessa verrà recuperata con la successiva mungitura. Quando, invece, tale quantità è superiore, la fisiologia della bovina tende a limitare la ulteriore emissione degli ormoni che regolano la produzione di latte e si verifica un decremento nella curva di lattazione. Per tale ragione è necessario che a fine mungitura venga verificata la presenza di latte non munto nella mammella e, nel caso in cui questo ecceda la normale quantità, sia effettuata l'operazione di sgocciolatura. Questa, è in genere effettuata attraverso una trazione, manuale o meccanica, del gruppo prendicapezzoli in modo da ripristinare il collegamento tra le cisterne della mammella e del capezzolo.

Recentemente, grazie al miglioramento genetico che ha portato a selezionare mammelle e capezzoli di forma più adatta alla mungitura e alla messa a punto di gruppi con limitata tendenza ad "arrampicarsi", il fenomeno assume minore importanza che non nel passato, anche se non si può considerare del tutto risolto.

Data la delicatezza di tutta l'operazione, il problema di base è quello di scegliere bene le macchine e gli impianti da installare, di conoscerne il funzionamento e i limiti di impiego e di seguire le norme igieniche prescritte.

Peraltro, una corretta scelta deve prendere in considerazione: il modello e la dimensione ottimale dell'impianto nel suo complesso in rapporto all'entità dell'allevamento e al tipo di stabulazione adottata; le caratteristiche tecniche e funzionali delle macchine in quanto tali. Ciò, con particolare riguardo alle interrelazioni che si instaurano con: le caratteristiche morfologiche delle mammelle e dei capezzoli; la curva e i tempi di cessione del latte; i tempi di sgocciolatura; la durata della lattazione; la produttività di ciascun animale.

Quanto all'impianto, poi, il suo dimensionamento deve essere tale da permettere di svolgere l'intera operazione in un determinato tempo limite (comunemente stabilito in 2,5-3 h per ogni mungitura) e da ottenere produttività del lavoro degli addetti tali da minimizzare i costi dell'operazione.

Dopo la mungitura, infine, e se la sosta del latte in azienda supera le 2 h di durata, si attua il raffreddamento (o la refrigerazione) del latte stesso, allo scopo di garantirne la salubrità e la stabilità chimico-fisica in vista delle sua successiva raccolta, commercializzazione e/o trasformazione.

Macchine e impianti di mungitura per bovine

Un impianto di mungitura è costituito da un insieme di componenti atti a svolgere il ciclo completo della mungitura stessa, cioè quel gruppo di operazioni che comprende:

La macchina mungitrice costituisce la parte centrale dell'impianto stesso, che si diversifica a seconda del tipo e della dimensione dell'allevamento, della disposizione degli animali ecc.

Macchina mungitrice

La macchina è costituita da un insieme di componenti, alcuni dei quali presenti o mancanti in funzione del tipo di impianto (fig. 1). Essa, comunque, risulta sempre composta da:

  1. un circuito dell'aria in depressione (o circuito del vuoto, riconoscibile con la linea continua sottile nella fig. 1) con annesso gruppo motore-pompa per la creazione della depressione stessa, che deve risultare dell'ordine di 40-50 kPa;

  2. un circuito del latte, pure in depressione (linea continua spessa, in fig. 1);

  3. accessori vari.

In particolare, il circuito dell'aria è costituito da:

fig01.jpg (13067 bytes)

Fig. 1 - Schema funzionale di una macchina mungitrice: 1 - pompa, generalmente di tipo rotativo; 2 - serbatoio del vuoto; 3 - serbatoio di protezione; 4 - regolatore del vuoto; 5 - indicatore del livello del vuoto; 6 - pulsatore; 7 - tubi lunghi del vuoto; 8 - porta-guaina rigidi; 9 - collettore-ripartitore; 10 - tubi corti del latte; 11 - tubi corti del vuoto; 12 - tubo lungo del latte; 13 - conduttura del latte o lattodotto; 14 - vaso terminale di raccolta; 15 - pompa, che invia il latte al serbatoio di raccolta; 16 - filtro.

fig02.jpg (18278 bytes)

Fig. 2 - Pulsatore a funzionamento elettronico. La valvola (5) viene comandata dal diaframma (3) tramite lo stelo (4), grazie al funzionamento di un solenoide (1) e di una rondella magnetica (2). Durante la fase di massaggio (a destra), il solenoide non riceve corrente, la rondella magnetica è nella propria sede e il diaframma è in posizione di chiusura. La pressione atmosferica entra così nella conduttura (6) e raggiunge la camera di pulsazione, facendo aderire le pareti della guaina al capezzolo. Durante la fase di mungitura (a sinistra), il solenoide è eccitato elettricamente e il processo è invertito, con invio di depressione alla camera di pulsazione.

La frequenza di pulsazione ottimale si aggira su 50-60 cicli/min (scarto massimo 5%), mentre il rapporto di pulsazione (rapporto fra la somma della fase di mungitura b e di quella di apertura della guaina a rispetto all'intero ciclo di pulsazione, fig. 3 sopra, deve essere pari a 0,5-0,6. Vale a dire: (a+b) / (a+b+c+d) = 0,5-0,6. Una carente manutenzione di questa componente porta a riduzioni delle sezioni di passaggio dell'aria, con conseguente modifica dei tempi di transizione fra le fasi di mungitura e quelle di massaggio e della durata delle stesse, pur senza alterazioni della frequenza di pulsazione (fig. 3, situazione A). Quando l'incidenza della fase d (massaggio) scende al disotto del 15% della durata dell'intero ciclo di pulsazione (fig. 3, situazione B), si va incontro a seri rischi di danno alle mammelle.

Negli impianti più moderni, il funzionamento del gruppo pompa e dei pulsatori è controllato da centraline elettroniche.

fig03a.jpg (11496 bytes)

fig03b.jpg (14235 bytes) 

Fig. 3 - In alto: cicli di pulsazione regolari in fase di mungitura. In basso, situazione A: pulsazione irregolare con fase utile minore e conseguente velocità inferiore di mungitura; situazione B: pulsazione irregolare con fase di massaggio insufficiente e conseguente danno all'animale.

Il circuito del latte, invece, è costituito da:

fig04.jpg (15062 bytes)

Fig. 4 - Schema di funzionamento di un gruppo di mungitura: 1 - tubo corto del vuoto; 2 - tubo corto del latte; 3 - collettore; 4 - tubo del latte; 5 - pulsatore; 6 - ingresso aria.

Alla macchina, così come è stata descritta, sono quasi sempre aggiunti, specie negli impianti in sala, due altri dispositivi che provvedono alla sgocciolatura a fine mungitura e allo stacco automatico del gruppo prendicapezzoli, nonché alla misurazione del latte emesso da ciascuna bovina.

Sistema di stacco automatico

La fase finale della mungitura prevede le seguenti operazioni:

Qualsiasi dispositivo che rende automatiche queste fasi basa il suo funzionamento sulla misurazione del flusso del latte. Ciò può avvenire a mezzo di flussometri o di lattometri elettronici.

I flussometri sono essenzialmente costituiti da una vaschetta posta tra collettore e lattodotto e sono dotati di galleggiante e dispositivo di troppo pieno. Quando la portata del latte scende sotto i 200-300 g/min, essi inviano un comando elettrico o pneumatico ad un dispositivo che interrompe il vuoto nei prendicapezzoli e provvede alla successiva operazione fisica di stacco del gruppo di mungitura. Grazie a ciò, il termine della mungitura può essere parzialmente o totalmente automatizzata.

Fine mungitura parzialmente automatizzata: è definita anche interruzione della mungitura senza stacco. Al termine della mungitura si ha una riduzione del livello di vuoto e della frequenza di pulsazione. Un apposito dispositivo avverte il mungitore della necessità di procedere al controllo dell'avvenuta mungitura e di staccare il gruppo.

Fine mungitura totalmente automatizzata: a differenza del sistema precedente, le operazioni effettuate dalle relative apparecchiature possono essere costituite da: solo stacco; sgocciolatura e stacco; sgocciolatura, stacco e disinfezione dei prendicapezzoli. Pinze pneumatiche poste sul tubo del latte, o apposite valvole o membrane, permettono di interrompere il vuoto. Se il dispositivo effettua solo lo stacco, il sistema, nella versione completa, è composto da un verricello e da un pistone che, una volta terminata l'operazione, provvede a spostare il gruppo di mungitura senza che esso tocchi il pavimento.

Se lo stacco deve essere preceduto dalla sgocciolatura, il gruppo di mungitura deve essere sostenuto con un parellelogramma articolato che, oltre ad agire sul piano verticale (per effettuare la sgocciolatura), deve anche ruotare orizzontalmente (per ritrarre il gruppo in posizione di riposo, fig. 5).

Infine, se oltre alle precedenti operazioni, si richiede la disinfezione automatica dei prendicapezzoli, deve essere previsto un dispositivo in grado di iniettare nel collettore un liquido detergente-disinfettante e acqua per il risciacquo.

fig05.jpg (9419 bytes)

Fig. 5 - Schema di un tipico dispositivo di stacco automatico del gruppo di mungitura.

Il maggiore vantaggio dei sistemi automatici è quello di ridurre il costo della mungitura perché riduce il tempo della routine, migliorando pertanto l'attività dei mungitori. E’ stato infatti calcolato che il miglioramento dei tempi di emissione del latte e di routine porta a risparmi fino al 30 % del costo della mungitura.

I lattometri

Sono attrezzature che permettono l'acquisizione automatica in ogni mungitura della quantità di latte prodotta ogni capo. Alcuni modelli prevedono il riconoscimento automatico dei capi. In altri, detta operazione viene eseguita manualmente; è cioè l'operatore che imposta il numero del capo su un'apposita tastiera.

Per la massima efficienza di utilizzo, questi strumenti devono essere ad un sistema di controllo ed elaborazione dati. Il riconoscimento automatico, peraltro, richiede un interrogatore per ogni posta di mungitura o un interrogatore posto all'ingresso della sala di mungitura (nel caso di impianti a spina di pesce).

Se collegati ad un computer, i lattometri possono segnalare anche che :

I lattometri elettronici sono di tipo diverso a seconda che l'impianto di mungitura sia a lattodotto, oppure con vasi misuratori. Nel primo caso, il latte di ogni bovina si unisce direttamente con quello delle altre a livello del lattodotto; nel secondo, si ha prima la raccolta nel vaso che viene successivamente scaricato al termine della mungitura delle bovine.

Impianti a lattodotto

Lo strumento, che fornisce misure volumetriche, viene installato tra il gruppo prendicapezzoli e la conduttura del latte, prima che il latte stesso si unisca a quello degli altri animali. Uno strumento del genere, oltre a fornire un buon livello di precisione di pesatura, non deve causare eccessive variazioni nel livello del vuoto dell'impianto di mungitura (max ± 3 kPa con un flusso di 3 kg/min) e deve essere facilmente pulibile con il ciclo di lavaggio dell'impianto (fig. 6 ).

fig06.jpg (13751 bytes)

Fig. 6 – Lattometri elettronici di vario tipo. La misura della produzione di latte è data da: A e B - registrazione del numero di volte in cui la camera si vuota; C – integrazione della portata per il tempo di emissione.

I modelli installati sui vasi misuratori, invece, devono essere dotati di calcolatore e agiscono all'interno o all'esterno del vaso misuratore stesso (fig. 7).

fig07.jpg (11803 bytes)

Fig. 7 – Vasi misuratori a pesatura automatica. A – a galleggianti; B – a sensori estensimetrici (celle di carico); C – con contatore a turbina; 1 – entrata aria e latte; 2 – uscita aria; 3 – uscita latte.

Nel primo caso (fig. 7A) un galleggiante si muove a contatto con un'asta sensibilizzata, posizionata verticalmente al centro del vaso. Viene così determinato il livello totale del latte a fine mungitura. Dall'altezza raggiunta dal galleggiante si calcola la quantità di latte, letta su un apposito visore. Nel secondo caso (fig. 7B), la rilevazione viene effettuata a mezzo di un estensimetro che pesa e visualizza in continuo la quantità di latte prodotta o anche prevedendone la registrazione; nel terzo caso (fig. 7C) un contatore rotante misura la quantità di latte durante la fase di scarico dal vaso. In tal caso si calcola solo la quantità totale di latte prodotto. Lo strumento è però più semplice, meno soggetto a starature e non necessariamente dipendente da un calcolatore.

Innovazioni sulle guaine

Sulle guaine viene attualmente accentrata la maggior attenzione da parte del mondo della ricerca, sia per ridurre l'effetto scivolamento, sia per ottimizzare il massaggio. I risultati di questi studi hanno portato a piccole ma sostanziali modifiche di queste componenti che hanno subito un processo di affinamento, basato sull’esperienza, durato più di 60 anni.

Lo scivolamento delle guaine durante la mungitura, fenomeno osservabile soprattutto negli impianti a linea alta, comporta l'ingresso di elevate quantità di aria che, a loro volta, provocano il verificarsi di condizioni di riflusso di microscopiche goccioline (ed eventuali microrganismi) all'interno del capezzolo omologo del lato opposto (fig. 8).

fig08.jpg (10048 bytes)

Fig. 8 – Se la guaina scivola, entra molta aria dalla sua imboccatura; si creano di conseguenza condizioni favorevoli all’ingresso di microrganismi nella guaina adiacente e, quindi, nel capezzolo.

La risposta a tale inconveniente è consistita nel:

Un altro aspetto allo studio è quello della forza massaggio, che dipende dalle caratteristiche meccaniche del materiale di cui è fatta la guaina, oltre che altri parametri (modalità di apertura e chiusura della stessa, ecc.).

Innovazioni su collettori e gruppi di mungitura

Spesso è necessario associare la guaina a un determinato gruppo di mungitura, per tener conto del comportamento dell'insieme. Il caso classico e rappresentato dalle guaine di piccolo diametro che possono essere usate solo in accoppiamento con gruppi leggeri. In difetto di ciò, il numero di cadute nel corso della mungitura sarebbe troppo elevato.

Per quanto attiene al flusso incrociato, si tratta di fenomeno dovuto a difficoltà di evacuazione dello stesso da parte del collettore e dei tubi lunghi del latte. Esso dipende dal moto turbolento del latte all'interno del collettore che porta all'intasamento dei tubi del latte. Per limitare tale effetto, sono stati presentati da tempo sul mercato nuovi modelli di collettore. Questi permettono la stabilizzazione del moto del latte grazie sia al frazionamento del flusso, sia alla imposizione di un andamento circolare al latte all'interno del collettore (fig. 9), sia modificando il percorso di uscita del latte.

fig09.jpg (17091 bytes)

Fig. 9 – Collettore con separazione del latte proveniente dai singoli quarti e bilanciamento del livello di vuoto tra interno ed esterno della camera di pulsazione.

 

Il flusso inverso, invece, è legato al principio stesso di funzionamento della macchina mungitrice attuale. Infatti, il movimento di apertura delle pareti della guaina provoca una forte depressione localizzata che richiama goccioline di latte (contenenti microrganismi) dalle pareti della guaina o del tubo corto del latte, facendo loro effettuare un percorso dal basso verso l'alto. Quando, al termine della mungitura, non c'è più latte dentro al capezzolo, si accrescono le probabilità che dette goccioline possano colpire l'area esposta della punta capezzolo ed entrare nel capezzolo stesso o colonizzare il canale di deflusso del latte. Ciò, anche in conseguenza del fatto che al movimento di apertura pareti della guaina corrisponde quello dello sfintere capezzolare. Per evitare questo fenomeno negativo, che viene aggravato da difficoltà di deflusso del latte dal collettore, sono state adottate guaine provviste di piccole valvole nella parte terminale o inserite nel tubo corto del latte (fig. 10), o collettori frazionati, oppure ancora gruppi di mungitura senza collettori.

L’introduzione della valvolina comporta tuttavia un’alterazione del movimento della guaina, al che consegue un aumento della portata di latte nella prima fase e, in genere, un lieve rallentamento nella seconda.

fig10.jpg (4390 bytes)

Fig. 10 – L’inserimento di una valvolina alla base della guaina contribuisce ad eliminare l’effetto negativo del flusso inverso.

I robot di mungitura

Sono presenti sul mercato da pochi anni e sono basati sull'uso di sistemi di visione e automatismi regolati elettronicamente (fig. 11). Tale sistema sta creando una grande aspettativa tra gli allevatori, dato che esso può sopperire alla progressiva carenza di manodopera e ai suoi crescenti costi.

L’introduzione del robot di mungitura richiede però radicali modifiche alla struttura delle stalle attuali, poiché occorre fissare percorsi ben precisi per gli animali allo scopo di poter gestire i loro spostamenti e movimenti senza intervento umano.

Premesso che si sta pensando di robotizzare non solo le operazioni relative alla mungitura ma anche altre incombenze di governo degli animali, prima fra tutte l’alimentazione, è importante sottolineare che il processo di mungitura non dovrà necessariamente essere effettuato, come si verifica ora, in un’apposita sala, non essendovi più necessità di radunare tutti gli animali contemporaneamente; sarà addirittura possibile, anzi, mungerli individualmente. Il robot, oltre a compiere l'operazione di attacco del gruppo, dovrà effettuare, tramite il monitoraggio di opportuni parametri (per esempio: attività fisica, produzione latte, temperatura corporea, frequenza cardiaca ecc., un vero e proprio controllo continuo degli animali, e del loro prodotto, allo scopo di individuare ed isolare quelli che presentano anomalie.

Va inoltre ricordato che con l’introduzione dei robot, all'uomo non è più richiesta una presenza costante e vincolante ma la sola reperibilità. Ciò gli permetterà di svolgere contemporaneamente altri compiti (cura vitelli, preparazione degli alimenti, pulizie, ecc.), che possano essere temporaneamente interrotti senza creare problemi al sistema produttivo, nel caso di richiesta di intervento urgente nei box di mungitura.

Un ulteriore aspetto da considerare è quello del rapporto che si viene ad instaurare tra robot e bovine. In linea di principio, non dovrebbero esistere problemi in merito, se si tiene conto del fatto che le bovine si presentano spontaneamente per la mungitura. Tra l’altro, il nuovo concetto di mungitura, cosiddetta continua, introdotto con la robotizzazione è sicuramente rispettoso delle esigenze fisiologiche degli animali perché rispecchia le condizioni naturali.

fig11.jpg (23399 bytes)

Fig. 11 – Schema generale di un robot di mungitura. 1 - uno o più bracci manipolatori in grado di applicare il gruppo di mungitura; 2 - dei sensori di posizionamento a servizio del braccio manipolatore; 3 - un gruppo di mungitura (con o senza collettore) comprendente anche il lattometro; 4 – sensori in grado di monitorare l'animale (riconoscerlo, misurare la conduttività elettrica del latte, le temperatura, la frequenza cardiaca; 5 – un sistema di lavaggio dell´impianto; 6 - un computer in grado di governare le attrezzature suddette, di elaborare i dati provenienti dei sensori e di fornire dati all’utente. Non è prevista alcuna operazione di trazione anche perchè il latte eventualmente rimasto nella mammella viene rimosso nella mungitura successiva, che avviene dopo poche ore.

Impianti di mungitura

Tali impianti, di cui la macchina mungitrice fa parte, vengono classificati secondo una terminologia unificata a livello internazionale, proposta dall'International Dairy Federation (IDF) e accettata dall'ISO. Si hanno:

La dimensione della mandria e, quindi, il sistema organizzativo scelto determinano il tipo di impianto di mungitura da adottare.

E’ difficile descrivere sinteticamente ciò che avviene, in termini di mungitura e primo trattamento del latte nelle varie regioni d'Italia e la conseguenza che ciò ha sulla realizzazione delle stalle. Basti pensare a quelle province in cui si produce latte alimentare, caratterizzate da elevate produzioni specifiche e da ampie dimensioni delle mandrie. In esse il latte prodotto viene refrigerato e consegnato sfuso. In quelle in cui si produce latte da destinare alla produzione di Parmigiano-Reggiano, la consegna avviene invece per lo più in bidoni subito dopo la mungitura.

L'introduzione della vasca refrigerata o non in sostituzione dei bidoni significa, infatti, la costruzione o il riadattamento di un locale in modo da tener conto dei problemi connessi che vanno dalla misurazione della quantità di latte, alla ventilazione del gruppo motocompressore, senza parlare degli aspetti relativi all'igiene ambientale.

Mungitura alla posta

Questa tecnica è la più diffusa in quanto il maggior numero di capi è tenuto, ancor oggi, in stabulazione fissa. Queste stalle ospitano tipicamente da 2-3 a 40-50 capi (anche se ne esistono con numeri superiori).

In esse sono richiesti all'addetto continui movimenti per alzarsi e inginocchiarsi: un uomo che munge 40 capi si piega, mediamente, 200 volte e si accoscia oltre 80 volte ogni mungitura. Gli impianti adottati vanno dal tipo a carrello, o a secchio, fino al lattodotto con trasporto separato di aria e latte.

Impianti a secchio o a carrello

Sono adatti per piccoli allevamenti e per le infermerie e le zone parto dei grandi allevamenti. Nel caso dei modelli a secchio (fig. 12) si prevede la collocazione della pompa per vuoto in apposito locale e l'installazione di una conduttura fissa dotata di rubinetti.

fig12.jpg (19032 bytes)

Fig. 12 – Impianto di mungitura a secchio. 1 – gruppo del vuoto; 2 - manicotto di isolamento; 3 – tubazione del vuoto; 4 – valvola di regolazione; 5 – Apparecchio di lavaggio dei gruppi mungitori; 6 – rubinetti dell’acqua calda e fredda; 7 – vaschetta di lavaggio; 8 – vasca di raffreddamento; 9 – tubazione per il vuoto; 10 – rubinetto del vuoto; 11 – vuotometro; 12 – valvole scarico condensa; 13 – secchio mungitore.

Con il carrello (fig. 13), invece, tutto il complesso viene portato nella stalla e, se il motore è elettrico, anche il cavo di alimentazione. Ciò richiede la soluzioni di alcuni problemi di sicurezza.

fig13.jpg (13170 bytes)

Fig. 13 – Carrello con due gruppi per la mungitura di stalle a posta fissa. I vasi graduati permettono un agevole controllo delle quantità prodotte.

La produttività del lavoro di questi impianti risulta piuttosto bassa, in quanto i tempi necessari per effettuare lo svuotamento dei secchi e lo spostamento dei gruppi da una bovina alla successiva sono molto elevati. Tuttavia, date le caratteristiche degli allevamenti che li usano (famigliari, part-time, ecc.) e del limitato numero di capi da mungere, ciò non costituisce elemento prioritario di scelta. Nel caso di allevamenti medio-grandi, per ridurre i tempi di lavoro, è bene disporre dei bidoni lungo il percorso effettuato dal mungitore.

Impianto con lattodotto in stalla

I tempi di lavoro sono in questo caso ridotti perché vengono eliminati gli spostamenti necessari allo svuotamento dei secchi.

Il modo con il quale viene effettuata l'operazione di mungitura può influire sulla qualità del latte. Infatti, iniziando a mungere le vacche che si trovano vicino al vaso terminale e procedendo verso l'estremo opposto, si ottiene un prodotto qualitativamente migliore e viene facilitato il lavaggio rispetto al caso contrario, in cui si ha stagnazione di latte e conseguente aumento della carica batterica totale.

Il lattodotto viene posto sopra gli stalli nella parte anteriore verso la mangiatoia, ad un’altezza massima di 2 m (misurata al centro della conduttura) e minima di 1,6 m (fig. 14). Per favorire lo sgrondo del latte verso il vaso terminale, occorre dare una pendenza, anche minima, alla conduttura stessa.

fig14.jpg (14848 bytes)

Fig. 14 - Lattodotto posto sopra gli stalli nella parte anteriore verso la mangiatoia, ad un’altezza massima tra 2 m e 1,6 m; per favorire lo sgrondo del latte verso il vaso terminale, occorre dare una minima pendenza alla conduttura stessa.

Per migliorare l’efficienza della macchina mungitrice e contribuire quindi ad una drastica riduzione della conta cellulare, è poi consigliabile inserire il lattodotto sotto il pavimento (linea bassa).

In ogni caso, per ovviare agli inconvenienti causati dalla necessità di innalzare il latte dal gruppo di mungitura al lattodotto (che si riscontrano in tutti gli impianti a linea alta) è possibile adottare, nelle stalle a posta fissa, impianti con circuito dell'aria e del latte separati.

Caratteristica di queste soluzioni è un sistema di trasporto latte, senza immissione di aria, in cui si raggiunge un livello di vuoto di 70 kPa, partendo da un vuoto di soli 42 kPa nel collettore (ottenuti grazie ad apposito regolatore). Il sistema di pulsazione opera, invece, a un livello di vuoto di 48 kPa.

Mungitura in sala

La mungitura in sala riduce e semplifica notevolmente il lavoro del mungitore. La sola mansione di un cero impegni fisico è quella di alzare il gruppo prendicapezzoli (della massa di 2,5-3,5 kg) per applicarlo alla mammella con un ritmo da 20 a 200 volte per ora, in relazione al tipo di impianto. Passando dalla mungitura manuale a quella in sala, la produttività aumenta di 10 volte, mentre la spesa energetica dell’operatore si dimezza.

Sala di mungitura a tandem

Si tratta di un impianto adatto qualora si desideri una cura individuale delle bovine. In esso le vacche si muovono individualmente verso gli stalli, entrando e uscendo attraverso cancelli aperti e chiusi manualmente o automaticamente a mezzo di dispositivi pneumatici o elettronici (fig. 15).

fig15.jpg (17325 bytes)

Fig. 15 – Sala di mungitura a tandem. Questa soluzione è divenuta interessante grazie all’automazione dell’apertura e chiusura dei cancelli che permette di dominare 6 gruppi di mungitura contro i 3 delle soluzioni tradizionali.

Dato che le vacche vengono munte individualmente, quelle con tempo di mungitura elevato non causano problemi di attesa alle altre.

Tuttavia, poiché le vacche sono poste in fila, la distanza che deve percorrere il mungitore (due mammelle successive si trovano a una distanza di circa 2,5 m)è piuttosto grande e ne risentono la produttività e la qualità del lavoro. Le sale a tandem sono state meccanizzate in vario modo:

Generalmente, lavaggio e stimolazione vengono effettuati direttamente dal mungitore quando la vacca entra nello stallo.

Gli stalli possono essere disposti su una fila, su due file, a U o a L . I dispositivi elettronici consentono di aumentare il numero di gruppi dominabili da un addetto; tuttavia, tale numero non deve essere superiore a 6 (3+3), altrimenti si perdono quasi completamente i vantaggi offerti da questi tipi di impianto (visione globale dell'animale e massima libertà di routine per il mungitore).

Sala di mungitura a spina di pesce

E’ il tipo di impianto più diffuso negli allevamenti italiani a stabulazione libera, in quanto permette di ottenere produttività di lavoro elevate, grazie alla semplificazione del lavoro derivante dal fatto che gli animali vengono introdotti a gruppi, riducendo così i movimenti dell'operatore. Ciò, però, può essere causa di errori di esecuzione della routine; infatti, una lunga attesa prima dell'attacco dei gruppi impedisce di sfruttare in pieno l'effetto della scarica ossitocinica. Quindi, variazioni della produzione di latte riscontrabili con questi impianti sono spesso attribuibili alla routine adottata.

Gli impianti a spina di pesce possono essere distinti in due tipi fondamentali: con un gruppo di mungitura ogni stallo; con un gruppo di mungitura ogni due stalli. La prima soluzione e più adatta per sale in cui operano più mungitori (ad esempio, uno per lato); la seconda più adatta per sale in cui opera un solo mungitore (fig. 16).

fig16.jpg (19452 bytes)

Fig. 16 – Sale di mungitura a spina di pesce con un un gruppo di mungitura ogni due stalli (a sinistra) e con un gruppo di mungitura ogni stallo (a destra).

Nelle sale del primo tipo e più frequente rilevare fenomeni di sovramungitura, se non vi sono dispositivi di stacco automatico.

Le produttività ottenibili risultano dell'ordine di 30-40 capi munti/ora uomo. Le punte massime (circa 80 capi/ora uomo) si ottengono in impianti con l0+10 gruppi di mungitura, dotati di dispositivo di stacco automatico, operanti con un solo addetto.

Le sale realizzate in questo modo presentano superfici molto elevate per dare la possibilità agli animali munti di spostarsi verso la stalla, una volta terminata la mungitura.

Sala di mungitura a pettine

E’ caratterizzata dalla disposizione ad angolo retto degli animali rispetto alla fossa del mungitore. I gruppi di mungitura vengono applicati da dietro e non lateralmente come in tutti gli altri casi (fig. 17).

fig17.jpg (13247 bytes)

Fig. 17 – Sala di mungitura a pettine. E’ una variante della spina di pesce; comporta minori spostamenti per gli addetti, ma costringe ad applicare i gruppi da dietro.

Il vantaggio di questa soluzione è costituito dalla maggior compattezza dell'impianto, nonché da un miglior flusso degli animali in entrata e in uscita. Tra gli svantaggi, invece, occorre considerare la scarsa o nulla visione della mammella e l'irregolare posizionamento dei gruppi di mungitura non appositamente studiati.

Sala di mungitura trigonale

Si tratta di una variante della classica spina di pesce, consistente nella suddivisione degli animali in tre settori (invece di aumentare il numero dei gruppi delle due file). Lo scopo e quello di lasciare più tempo per la mungitura delle vacche più "lente", riducendo al minimo il tempo di attesa degli altri animali (fig. 18). Infatti, con tale configurazione, 2/3 degli animali sono in mungitura, mentre il restante terzo è in circolazione (esce ed entra in sala). A parità di numero di gruppi di mungitura, l'incremento teorico di produttività e del 16%.

fig18.jpg (10428 bytes)

Fig. 18 – Sala di mungitura di tipo trigonale.

E’ evidente, però, che questo tipo di impianto ha senso solo se si fa completo ricorso agli automatismi per facilitare il lavoro dell'uomo. Il vantaggio che si ottiene in fase di mungitura, tuttavia, può venir perso qualora non venga accuratamente studiato il percorso degli animali in ingresso e in uscita.

Sala di mungitura poligonale

Si tratta di una variante delle sale a spina di pesce con quattro lati, a 4-5-6-8 stalli per lato (fig. 19). Dato che l'operatore lavora con quattro gruppi di vacche, la produttività teorica è più elevata del 25% di quella di una normale sala a spina di pesce con uguale numero di stalli .

fig19.jpg (12990 bytes)

Fig. 19 – Sala di mungitura poligonale. Il movimento degli animali è complesso e può costituire un fattore limitante della produttività.

Per ottenere un'alta produttività, l'operatore (se la sala è provvista di stacchi automatici) deve "girare" all'interno della sala. Se vi sono più operatori (caso frequente), è opportuna una divisione dei compiti; il primo attacca i gruppi, il secondo li stacca.

Inoltre, occorre naturalmente prevedere due ingressi e due uscite per i quattro lati.

Impianti rotativi

Ammettono diverse soluzioni in funzione sia della disposizione degli animali rispetto alla fossa del mungitore (a tandem, a spina di pesce, a raggi, fig. 20), sia delle modalità di rotazione della piattaforma (continua, discontinua).

Gli impianti rotativi a tandem con 6-8 stalli hanno generalmente una rotazione intermittente. Dopo che la vacca è entrata sulla piattaforma, il mungitore comanda l'avvio della rotazione; il movimento si interrompe quando il percorso compiuto equivale alla larghezza dello stallo. L’addetto rimane praticamente fermo. La vacca sale sulla piattaforma in posizione radiale, mentre, di conseguenza, la mungitura avviene da dietro. Gli operatori (di norma sono 2) lavorano esternamente alla piattaforma.

fig20.jpg (18655 bytes)

Fig. 20 – Impianto rotativo a piattaforma mobile con disposizione radiale degli animali. Da un punto di vista operativo presenta i medesimi vantaggi e svantaggi di un impianto a pettine.

Impianti per la conservazione del latte alla stalla

L'esigenza di garantire la salubrità e la stabilità chimico-fisica del prodotto per una sua conservazione in attesa dell'unica raccolta giornaliera richiede, oltre a una preventiva filtrazione del latte appena munto, l'abbassamento della sua temperatura alla stalla. Tale pratica tende a generalizzarsi ad eccezione di talune aree per la produzione di formaggi tipici (come, a esempio, il parmigiano-reggiano) ove il conferimento del latte al caseificio avviene dopo ogni singola mungitura. L'obiettivo del raffreddamento viene raggiunto mediante l'uso di scambiatori di calore fra il latte che esce dall'impianto di mungitura alla temperatura di 33-35 °C, e un fluido refrigerante. Questo può essere costituito da comune acqua di pozzo oppure da acqua gelida ottenuta a mezzo di una vera e propria macchina frigorifera. Ovviamente, il tempo di conservazione è, nei due casi, diverso. Infatti, se il latte portato e mantenuto a 4 °C (refrigerazione) presenta possibilità di conservazione senza sviluppo della carica microbica per 24-36 h, il raffreddamento con acqua di pozzo (tipicamente a 10-14 °C), invece, permette al massimo una conservazione di 3-4 h.

In ogni , la temperatura del latte viene abbassata a valori di 2-3 °C superiori a quella del fluido refrigerante; solo l’utilizzo di acqua gelida (che è il caso più frequente) permette di portare il latte a 4 °C, valore che è del resto giudicato ottimale per la conservazione dalla normativa internazionale. Ciò significa che, in definitiva, il fluido di raffreddamento deve operare con temperature prossime a 0 °C. Il raggiungimento della temperatura di conservazione del latte deve avvenire entro un tempo massimo di 1 ora dalla fine della mungitura. Tale dato è di riferimento per un corretto dimensionamento degli impianti in rapporto alla capacità di lavoro della macchina mungitrice.

Gli impianti utilizzanti macchine frigorifere, prevedono soluzioni diverse con raffreddamento sia indiretto, sia diretto.

Nel caso di raffreddamento indiretto, l'acqua gelida costituisce un fluido intermedio che assorbe calore dal latte e lo cede, raffreddandosi, a un banco di ghiaccio (fig. 21) precedentemente formato a mezzo della macchina frigorifera.

Con il sistema diretto, invece, è lo stesso fluido raffreddato dalla macchina frigorifera che preleva il calore dal latte.

fig21.jpg (12801 bytes)

Fig. 21 – Refrigeratore per latte a raffreddamento indiretto (a banco di ghiaccio).

Il sistema a raffreddamento diretto prevede invece, in alternativa, l’immersione di uno scambiatore nel quale passa l’acqua gelida all’interno della vasca do contenimento del latte (fig. 22), oppure il raffreddamento per contatto del fluido refrigerante con le pareti esterne del contenitore del latte.

fig22.jpg (13793 bytes)

Fig. 22 – Refrigeratore per latte a raffreddamento diretto.

Il sistema a raffreddamento indiretto garantisce una migliore qualità del latte, in quanto permette una maggiore rapidità del raffreddamento stesso. La macchina frigorifera è di minor capacità raffreddante, potendosi formare il banco di ghiaccio in tempi più lunghi di quelli necessari al raffreddamento del latte. In pratica, tali tempi possono corrispondere all'intervallo tra una mungitura e la successiva.

Le vasche sono in acciaio inossidabile, dotate di coibentazione esterna e provviste, all'interno, di un sistema agitatore ad elica, che ruota a 40-60 min-1, atto a facilitare lo scambio termico fra il latte e il fluido frigorigeno.

Con la tendenza attuale di una raccolta giornaliera o anche a frequenza più rarefatta, si verificano oscillazioni nella temperatura del latte già refrigerato quando nella vasca di conservazione viene aggiunto quello della mungitura in atto. Allo scopo di superare tale inconveniente, si tende a inserire nel circuito fra pompa del latte e vasca di raccolta, uno scambiatore a piastre atto a fornire una refrigerazione «istantanea» del latte stesso (fig. 23). In esso viene fatto circolare un fluido di raffreddamento intermedio (cosiddetto veicolatore). Tale fluido è basato su una miscela acqua-alcool che opera alla temperatura di 1,5 °C. Il latte viene così raffreddato in pochi secondi prima di essere trasferito nella vasca di conservazione. Sul fondo di essa circola pure il fluido refrigerante, in modo da conservare nel tempo la temperatura richiesta.

fig23.jpg (16788 bytes)

Fig. 23 – Impianto per la refrigerazione istantanea del latte alla stalla.

L'elevato consumo di energia a servizio degli impianti di mungitura specie per la copertura delle esigenze termiche proprie del riscaldamento dell'acqua (50-60 dm³/capo giorno) per il lavaggio delle mammelle e degli impianti stessi, ha portato alla realizzazione di dispositivi per il recupero del calore sottratto al latte, ai fini di provvedere al preriscaldamento dell'acqua.

I recuperatori sono fondamentalmente basati sull'impiego di scambiatori latte-acqua operanti in controcorrente. La soluzione più semplice, al riguardo, realizzabile anche direttamente in azienda, consiste nell'installazione di due tubi concentrici, posti sul percorso fra l'impianto di mungitura e il refrigeratore, nei quali scorrono, rispettivamente, latte e acqua di pozzo. Il latte, così, abbassa la propria temperatura dai 35 °C iniziali a 19-21 °C finali; l'acqua, invece, si riscalda da 8-12 °C iniziali a 24-28 °C finali.

Una soluzione alternativa consiste nell'introduzione sulla linea del latte che va dalla mungitrice al refrigeratore di uno scambiatore a piastre. Il numero delle piastre e quello dei pacchi di esse, e perciò la superficie complessiva di scambio, sono correlati alla quantità di latte da trattare nell'unità di tempo. Mediamente, poiché le temperature dell'acqua di lavaggio sono comprese fra 45 e 60 °C, si ottiene un risparmio variabile tra il 40 e il 60% del calore necessario. Al contempo, si riduce il fabbisogno di energia elettrica della macchina frigorifera.