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GLI ANESTETICI
LOCALI NEL TRATTAMENTO DEL DOLORE
Sabato A.F., Serafini G.*, Tessitore L.*
Università degli Studi di Roma Tor Vergata, Cattedra
di Anestesia Generale e Speciale Odontostomatologica e * Scuola di
Specializzazione in Anestesia e Rianimazione (Dir. Prof. G. Leonardis)
Gli anestetici locali, sostanze impiegate
soprattutto in campo anestesiologico sin dall'inizio della loro scoperta, sono
state utilizzate anche per la terapia del dolore. Le sostanze maggiormente
impiegate sono gli anestetici locali
amidi, lidocaina, etidocaina, prilocaina, mepivacaina e bupivacaina, e gli
anestetici locali esterici quali la procaina clorprocaina e tetracaina. I nuovi
composti, da pochi anni utilizzati all'estero nella pratica clinica, sono la carticaina, l'aptocaina, la
piromecaina e la carbisocaina, ma quello che sta avendo maggiori prospettive
certamente è la ropivacaina. La carticaina è derivato della prilocaina, che ha sicuramente il vantaggio di non
produrre metaemoglobina, anche se è considerato più cardiotossico. La
ropivacaina invece, uno degli enantiomeri derivati dalla bupivacaina, a parità
di potenza presenta caratteristiche di
minore cardiotossicità.
Le prospettive di ricerca attualmente sono
indirizzate verso sostanze quali le alo-alchilanine (che provocano un trapping
del catione della sostanza all'interno del nervo e ciò ha suggerito che questa
sia la forma attiva degli anestetici locali), le tossine marine (tetrodoxin o
TTX, saxitoxin o STX), di estrema tossicità ma che presentano caratteristiche
interessanti in quanto il loro blocco è estremamente potente e molto
prolungato, e ciò suggerirebbe il loro impiego futuro in terapia del dolore
cronico.
Un'altra via
è offerta da certi alogenati
alchi-tri-etil-ammonici ("TEA derivati") che agiscono attraverso un
meccanismo di blocco del flusso transmembranario all'esterno del potassio, che
alla fine della depolarizzazione fisiologicamente rallenta l'entrata del sodio
permettendo così l'inizio della ripolarizzazione.
Si ritiene comunemente che le piccole fibre C e
A-delta siano più suscettibili al blocco della conduzione rispetto alle grosse
fibre A-alfa. Recentemente l'introduzione di nuovi anestetici locali ha messo
in evidenza un diverso grado di blocco dipendente non solo dalla concentrazione
dell'anestetico utilizzato ma anche dalle sue caratteristiche chimico-fisiche.
Ad esempio, a basse concentrazioni la bupivacaina blocca le fibre più piccole ,
a lenta conducibilità, prima di quelle più grosse a rapida conducibilità. Se si
somministra etidocaina a concentrazione comparabile questa differenza è quasi
nulla. Ciò è spiegabile per il più basso valore di pKa e maggiore
liposolubilità dell'etidocaina che ne facilita la penetrazione a livello delle
fibre nervose più grosse mieliniche. Ciò
da sempre ha portato a scegliere la bupivacaina a basse dosi per
realizzare dei blocchi specificatamente sensitivi. Altri nuovi studi hanno
dimostrato che la profondità del blocco della conduzione aumenta con
l'aumentare della frequenza di stimolazione. Ciò spiegherebbe il prevalente
blocco sensoriale rispetto a quello motorio.
Per quanto riguarda il meccanismo d'azione degli anestetici locali due sono le ipotesi
più accettate recentemente. Secondo la prima , l'anestetico locale agirebbe
come gli anestetici generali cioè dissolvendosi all'interno delle membrane
provocano delle alterazioni tali da determinare un'espansione delle membrane
stesse e impedendo il flusso degli ioni Na. La seconda ipotesi presuppone che
l'anestetico locale agisca su un recettore specifico presente nel canale del Na
o mediante un catione parzialmente attivo. Il recettore si troverebbe dentro
l'assoplasma alla fine del canale ,e l'anestetico raggiungerebbe questo sito
con una forma non ionizzata dall'interno della membrana e poi con una forma ionizzata
(catione) attraverso l'assoplasma del canale
che via via si apre. Tale recettore esisterebbe in tre forme "
chiuso, aperto, inattivo", ognuna delle quali ha differenti affinità di
legami.
Quando l'anestetico locale viene assorbito a livello
plasmatico questo viene a legarsi con una alfa-1-glicoproteina acida e in
piccola parte con l'albumina. La parte libera che non viene o non può essere
legata (come nei casi di ipoproteinemia) è quella che è responsabile degli
effetti cardiotossici e neurotossici. Alla nascita l'alfa-1-glicoproteina è
presente in concentrazioni abbastanza basse e raggiunge i livelli normali circa
al primo anno di età. Teoricamente i pazienti più giovani presentano un maggior
rischio di tossicità specialmente quando si impiegano anestetici locali con
alta affinità per le proteine come ad es. la bupivacaina (Denson 1984).
Per ottenere un
tempo di azione più breve (onset time), alle soluzioni di anestetici
locali che sono a pH acido (per renderle più solubili e per ragioni di
stabilità), e ancor più acide sono quelle contenenti catecolamine, da tempo si è aggiunto del bicarbonato per
tentare di neutralizzare questa acidità. Il rischio di tale metodica è quello
di provocare un precipitato specie se si associa bicarbonato ad una sostanza lipofilica
e di conseguente meno solubile come ad es. la bupivacaina. Per questa ragione
agli inizi degli anni '80 si è pensato di carbonare gli anestetici locali
mediante CO2 e ciò porta ad una sicura riduzione dell'onset time,
anche se per le altre caratteristiche dell'A.L. non sembra essere provato ci
siano altri benefici, come ad es. un prolungamento del blocco. Un differente
approccio per ridurre l'onset time e migliorare la profondità del blocco è
quello di salicilare la lidocaina (lidocaina salicilata), gli ioni di
salicilato modificherebbero il potenziale di superficie della membrana nervosa
facilitando così l'uptake dell'agente anestetico (Akerman 1988).
Un altro modo di ridurre l'onset time è stato quello
di impiegare misture di anestetici locali, con il vantaggio teorico di ottenere
anche un'azione più lunga. Ciò non sempre è vero perché se si associa ad es.
lidocaina e bupivacaina , quest'ultima mostra avere un'azione ridotta rispetto
a quella che avrebbe se somministrata da sola, e questo è vero soprattutto per
quanto concerne il blocco motorio (Aberg 1978).
Un'altro modo di prolungare il blocco motorio è
stato quello di incorporare gli anestetici locali in varie macromolecole, come ad esempio il destrano.
L'aumento del blocco sarebbe dovuto ad un lento rilascio dell'AL dal complesso
anestetici locali-destrano, ma potrebbe essere legato anche ad un aumento del
pH che aumenterebbe la quota di anestetici locali trasportata nei siti d'azione. Un'altra ipotesi sarebbe quella
legata all'aumento della viscosità della soluzione anestetica che rimarrebbe in
sito più a lungo, con riduzione dell'assorbimento e della diffusione
caudo-craniale (anestesia peridurale). Questa dell'aumento della viscosità
sembra l'ipotesi più accettabile in quanto è realizzabile anche con altre
macromolecole come ad es. con il ialuronato di sodio. Ultimamente sono state
associate anche delle sostanze alfa-2-agoniste, soprattutto la clonidina che
non solo migliora l'onset-time, ma anche la profondità del blocco. A lungo si è
discusso il suo dosaggio ma si è visto che la quantità utile senza avere degli
spiacevoli effetti collaterali è quella di 100 g per via spinale (Eisenach 1993).
L' impiego degli anestetici locali in terapia del
dolore è stato quello di realizzare blocchi diagnostici, prognostici o
terapeutici (superficiali o profondi, centrali o periferici, singoli o
continui, simpatici o sensitivi/somatici).
Si parla di blocco nervoso differenziale quando
certe fibre di un medesimo fascio nervoso sono bloccate mentre altre no. Questo
fatto dipende dal tipo di anestetici locali e dal sito di iniezione. Così si può avere un blocco della
nocicezione conservando la motricità e il tatto. Ciò si realizza spesso in analgesia
ostetrica per via epidurale, e dipenderebbe dalla Concentrazione Minima
Inibitrice che raggiungerebbe il fascio nervoso in rapporto alle dimensioni
delle fibre. Questa tecnica può essere utilizzata anche per fare un blocco
diagnostico, per verificare prima di un trattamento antalgico se il dolore
collegato ad un certo fascio nervoso è dovuto alla compressione/infiltrazione
di tutto o parte del fascio stesso. Questo tipo di blocco con il progredire
della tecnologia elettrofisiologica è del tutto scomparso ma sarebbe bene
effettuarlo sempre prima di un blocco periferico continuo a scopo antalgico per
utilizzare concentrazioni molto basse di anestetici locali prima di raggiungere
rapidamente dosaggi elevati
(tachifilassi).
Si parla invece di blocco prognostico quando esso
viene realizzato nei blocchi terapeutici con anestetici locali a livello del
sistema simpatico (B. del ganglio stellato, B. del ganglio s. lombare):
l'indicazione al blocco ripetuto o al blocco neurolitico ha ragione di essere
se il tempo di efficacia del blocco si prolunga dopo ogni blocco che viene
realizzato (Parris 1985).
Sicuramente l'utilizzo degli anestetici locali in
terapia del dolore cronico di tipo incidente ha avuto un enorme sviluppo da
quando Wang (1977), partendo dalla scoperta degli anni '70 di recettori per gli
oppiacei a livello midollare, ha impiegato per la prima volta gli oppiacei per
via spinale. Da allora i lavori con l'impiego di differenti oppiacei e
combinazioni con vari anestetici locali si sono moltiplicati. Sicuramente
l'impiego delle due sostanze porta ad una maggiore durata del blocco e riduce
il rischio di fenomeni come il verificarsi di analgesia incompleta.
Negli ultimi anni sono state evidenziate alcune
caratteristiche particolari degli anestetici locali amidi Lidocaina e Bupivacaina anche se queste azioni sono più
specifiche della Lidocaina.
Un'azione particolare dimostrata della Lidocaina è
quella sull'edema post-ustione e sull'ileo paralitico post-operatorio. L'azione
di blocco sullo stravaso di albumina nell'ustionato è stato rilevato sia dopo
aver pretrattato sperimentalmente la parte con EMLA che mediante infusione
continua di lidocaina (da 5 a 30 /Kg/min.) durante l'immediato periodo post-ustione (dopo 15 min.)
(Cassuto 1990). Per quanto concerne
l'ileo paralitico post-operatorio è stato dimostrato che l'infusione di 3
mg/min./24h di lidocaina, 30 min. dopo un intervento di colecistectomia, riduce
significativamente il fenomeno dell'ileo probabilmente riducendo l'irritazione
peritoneale, che fa seguito all'intervento e che innescherebbe il meccanismo
riflesso dell'ileo paralitico (Rimback 1990).
Lidocaina e bupivacaina inoltre posseggono una
potente azione antinfiammatoria. Infatti questi 2 anestetici locali hanno un
effetto dose dipendente sui granulociti polimorfonucleati (PMNG), ed entrambi
inibiscono il rilascio di mediatori dell'infiammazione quali il leucotriene B-4
(LTB-4) e interleuchina 1 (IL-1) (Sinclair 1993). Questo effetto spiegherebbe
l'azione intravescicale della Lidocaina in caso di grave cistite o dell'inibizione
di un quadro peritonitico sperimentale mediante introduzione endocavitaria di
Lidocaina o Bupivacaina (Asklin 1989, Rimback 1988).
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