SU NENNIRI A BARISARDO
III domenica di luglio
--------------------- di Franco Ruio --------------------

In quel di Barisardo, da una dozzina d'anni a questa parte, una festa dismessa ha ricominciato ad essere tradizione grazie all'impegno di alcune popolane. Signora Eugenia, rovistando fra i ricordi delle sue attempate primavere, ha ritenuto fosse cosa giusta ripristinare l'usanza de Su Nenniri che da fanciulla, per non poche ricorrenze, l'aveva vista scanzonata protagonista. Con un gruppo di paesane, che al nostalgico richiamo dei piacevoli ricordi giovanili non hanno saputo resistere e rinunciare, ha cominciato a creare consensi e a proporre, a chi di dovere, la rivisitazione dell'antica manifestazione popolare, con tanto di priorato. In quei tempi le cose sembra che andassero pressappoco in questa maniera: Per San Giovanni, il 24 di giugno, le fanciulle del paese usavano riunirsi in gruppi per confezionare Su Nenniri. Su Nenniri c'è pure dalle nostre parti, solo che ha un altro nome, lo chiamano Su Laboreddu e lo si prepara a primavera, forzando il germogliare del grano, per adornare, durante la settimana di passione, il sepolcro del Cristo. Evidente in quella mesta circostanza il messaggio che nasce da quegli steli: nuova vita che germoglia e che sembra travalicare i confini della morte. A Barisardo, oggi come ieri, invece, Su Nenniri lo si prepara d'estate. Si presenta racchiuso in una pentola di terracotta, annerita dall'uso, e sormontato da una croce di canna che risulta arricchita da tante crocette di fieno, pazientemente intrecciato. Alla croce, infine, vengono legati un pane a corona e grappoli di frutta. Almeno in questo la tradizione non ha subito l'affronto di stravolgimenti di sorta. Dicevo che la festa cadeva per San Giovanni. In quella occasione le fanciulle, una volta confezionato Su Nenniri e formate le compagnie, dal paese si dirigevano a piedi verso la torre aragonese che sovrasta la marina. A recare Su Nenniri, posato sul capo, a cuccuru, era una fanciulla. Ai due lati della portatrice, ritengo privilegiata, procedevano di pari passo altre due fanciulle, ciascuna delle quali reggeva una canna verde, recisa di fresco. Dalla sommità delle canne si dipartiva un nastro che concludeva la sua corsa nella canna opposta diventandone quasi un tutt'uno. Lungo il percorso il nastro sovrastava Su Nenniri quasi a volerlo tutelare da insidie malefiche. Il corteo, a memoria di chi oggi lo ripropone, procedeva altèro e silenzioso. Una volta giunto in riva al mare, ciascuna portatrice deponeva il suo carico prezioso sull'arenile del bagnasciuga. Su Nenniri veniva privato dapprima della croce di canna e, quindi, del pane e della frutta che l'adornavano. A questo punto si estirpavano i pallidi germogli dalla pentola che li conteneva e venivano lanciati in acqua. L'informatrice non ricorda se canti di gioia o di mestizia accompagnassero la cerimonia. Il pane e la frutta diventavano ben presto frugale e conviviale merenda prima del ritorno in paese. Il viaggio a ritroso diventava finalmente festoso e non pochi erano i balli che, a seconda delle circostanze, potevano essere animati da canti improvvisati come pure da organetti diatonici, ma anche organetti a bocca. Fin qui la memoria e, presumo, la nostalgia di chi la festa la può annoverare fra gli anfratti del vissuto. Oggi è già una fortuna che la festa venga riproposta, ma lo stravolgimento dell'itinere e lo smarrimento quasi totale della memoria storica, che viene palesato, non possono non lasciare un po' di amaro in bocca. La prima considerazione, del tutto personale, è che la festa attualmente vissuta, pur recando in processione il simulacro di San Giovanni, con il giorno magico di fine giugno, che dovrebbe rimandare ad antiche credenze e ritualità, praticamente non ha più niente da spartire. La data non è più la stessa e la terza domenica di luglio, giorno in cui il paese rivierasco da una dozzina di anni ripropone l'evento, non sembra per niente causale. A ben pensarci non è azzardato, ritenere che possa trattarsi della logica conseguenza di un tacito e doveroso patteggiamento di non belligeranza, con i paesi viciniori, per tutelare le esigenze di carattere prettamente turistico. Di fine giugno Su Nenniri finirebbe per avere scarsa risonanza, in termini di richiamo. Ben venga quindi una domenica del mese di luglio! Ma nel bel mezzo del mese di luglio la vicina Lanusei festeggia già da tempo la sua Madonna, Stella del Mare. Ne consegue che Barisardo, per rispettare diritti di maggiorascato, se intende onorare San Giovanni, con la speranza di riuscire a catturare ugualmente consensi e presenze vacanziere, deve accontentarsi di un'altra domenica, e più precisamente della terza. Ma San Giovanni, calendario alla mano, cade giusto un mese prima, e Su Nenniri, quando per qualche atavica e misteriosa esigenza ebbe motivo di esistere, ritengo che alla base di tutto non ci fossero pretese turistiche. Altro particolare di non poca importanza: dalla rivisitazione, durante il percorso, nonostante il grande numero di comparse in costume locale, sono escluse le fanciulle che procedevano ai lati de Su Nenniri recando le canne legate con i nastri. Ritengo che il tentativo di salvare una memoria debba essere ampiamente elogiato. Ma sono anche convinto che se la memoria, di cui si ha ancora la fortuna di conoscere i contorni non ancora completamente sbiaditi e intaccati dall'oblio, non viene riproposta in termini di rispetto dei contenuti e la si altera per richiamare consensi vacanzieri, il danno che ne consegue non può essere solo veniale. La nostra isola sta sempre più diventando terreno di conquista per folclore dozzinale e non credo che il gioco alla fine , possa valere la classica candela o diventare appagante, per lo meno in termini di identità e di etnia. Si organizzi una delle infinite sagre in costume che stanno nascendo un po' dovunque per arricchire "Sardegna Canta", ma la memoria, almeno quella, cerchiamo di consegnarla a chi verrà dopo di noi così come i nostri avi, per secoli, l'anno vissuta.


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