COSTUME  FEMMINILE

 

 

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tiziano.rossi@libero.it

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      Ancor oggi alcune anziane donne del paese indossano parte dell'antico costume gioiosano e lo portano come una seconda pelle, né mai oserebbero sostituirlo con l'abbigliamento moderno cui siamo abituati.
     La donna che vestiva il costume era chiamata maddamma, con un francesismo che risale all'epoca napoleonica.

     Il costume chiuso lungo la schiena da crocchetti a maschio e femmina, veniva indossato sopra una lunga camicia di lino, seta o cotone e mutandoni di tela al ginocchio.
Alla camicia si sovrapponeva 'a suttana, sottoveste in tessuto di cotone scuro stampato a fiori chiari.
     Infine, 'a saja o sopravveste in tessuto di seta che veniva filata, tessuta e tinta in loco. Quella di uso quotidiano era di color piombo, quella di uso cerimoniale era colorata e quella di lusso o da lutto era, invece, nera (per fare le visite di lutto, sul costume la maddamma aggiungeva la faldetta, quasi un'altra saja che, partendo dalla vita, da dietro le spalle si rivoltava sul capo).
Per mezzo di una balza, chiamata mbasta, il costume scendeva dalla vita alla caviglia formando centinaia di pieghe. Si trattava di una balza di circa 5 centimetri, ricavata dallo stesso tessuto della saja. In numero di una o tre, le mbaste, cucite all'altezza del polpaccio, avevano il compito di adornare il costume e renderlo più ricco.
     All'attaccatura delle spalle un ornamento in seta nera, fittamente pieghettato, detto rricciata, distingueva nettamente la donna sposata dalla nubile o dalla vedova che non lo portava. i 'rricciati (due metri e mezzo di nastro nero), venivano attaccate alle maniche con degli spilli da sarto.

     La saja non aveva tasche. Era questo il motivo per cui, la maddamma, conservava 'u muccatureju (fazzoletto per il naso) dentro la manica dell'ascella destra. I soldi venivano, invece, conservarti nella scollatura d'u mbustinu (corpetto).
     Il costume della maddamma toccava una gamma di ben otto colori diversi, ciascuno dei quali veniva motivato dalle circostanze o a seconda delle ricorrenze:
     - l'azzurro veniva usato il giorno delle nozze e la domenica di Pasqua;
     - il viola o fior di lino s'indossava in Quaresima;
     - il nero veniva indossato in caso di lutto;
     - l'indaco e il marrone erano colori per i vestiti giornalieri e da lavoro;
     - il cannella, il rosa e il verde erano i colori delle grandi occasioni;
     - con la morte di Gioacchino Murat (1700) nasce, infine, il colore bruno, in segno di lutto.

Sul petto si vestiva 'u mbustinu: corpetto molto scollato in broccato di velluto operato di colore generalmente abbinato a quello del faddali (grembiule), allacciato in vita. 'U mbustinu delle ragazze era chiuso; per le sposate era aperto e allacciato con sei mandate di nastro di seta azzurrino detto zafareja, che, passando nel hjaccatu della saja, aveva il compito allacciare il corpetto e trattenere (oltre che dar forma) il petto della maddamma.

Al mbustinu era attaccata una lunga e ampia gonna a pieghe (chichi), per la cui confezione necessitavano ben sette teli della lunghezza di 60 cm.
I manichi erano attaccate alla saja per mezzo di comuni spilli.
I mostri, altro non erano che polsini di velluto o raso colorato.

Lo scollo era ornato dal collarettu in pizzo realizzato all'uncinetto.
'U frabbalà: era un collarettu di pizzo molto largo, ornava il corpetto delle donne nubili più
facoltose.
'U pizziju: consisteva in un merletto piuttosto misero, lavorato all'uncinetto e usato dalle donne meno agiate; si differenziava per forma e lavorazione dal collarettu (più pregiato) indossato dalle maddamme.
'A biunda: era merletto dorato che si usava in alcuni tipi di saja.

'A varia: fettuccia di tessuto rigido, della larghezza di circa 8 cm, che veniva fissata all'orlo della saja e serviva a far sì che il costume, arrivato quasi all'altezza delle caviglie, formasse una campana con centinaia di pieghe.
     Completava l'abbigliamento 'u muccaturi: foulard di cotone o seta nera operata, con frangia o senza, fatto a triangolo e fermato ai capelli per mezzo di una spilla d'oro o d'argento, veniva annodato sotto la gola.
A seconda delle circostanze in cui doveva essere indossato, 'u muccaturi poteva essere sostituito dal crambà (pregiatissimo pizzo di alta fattura francese, indossato soltanto nelle grandi occasioni) o dal filandenti (rettangolo di tela d'uovo che, piegato in tre sulla testa e rimboccato garbatamente, scivolava lungo le spalle).

     L'acconciatura dei capelli della maddamma era pure di origine francese. Nelle maritate troviamo una scriminatura centrale suddivisa in quattro trecce legate sulla nuca a cestello per mezzo di appositi lacci. Nelle nubili, invece, una scriminatura nel mezzo della testa che divideva i capelli in due, che finivano con una lunghissima treccia raccolta a cestello sulla nuca.
L'operazione di pettinatura delle maddamme richiedeva intere mattinate di lavoro e, non di rado, anche l'intervento delle mani esperte di una seconda donna.

 

 









COSTUME  MASCHILE



      Il costume tradizionale maschile del nostro paese non si discosta molto da quello che veniva generalmente indossato in quasi tutta la provincia di Reggio Calabria.
     Il susseguirsi delle dominazioni straniere, che hanno continuamente tormentato la nostra cittadina, ha fatto sì che il costume risentisse molto delle fogge spagnole, greche, provenzali, albanesi e, forse, anche turche.
     Il suo continuo mutare nel corso dei secoli non ci ha quindi lasciato un'immagine nitida e precisa di quel che veramente fosse l'antichissimo abbigliamento in discussione.
E' proprio questo il motivo per cui possiamo dire che non esiste un vero e proprio costume tradizionale maschile.
     Una cosa è comunque certa: si trattava di un costume meno costoso e meno vistoso di quello usato dalle nostre maddamme ('a saja).

     I massari (messère) - che generalmente portavano capelli lunghi e bellissimi orecchini d'oro - indossavano:
     - una camicia di lino bianca a girocollo, con polsini adorni di ricchi voiles e bellissimi ricami sul petto;
     - sulla camicia veniva indossato un gilè di febia, che era tessuta in loco da alcuni uomini specialisti in quel tipo di tessitura. Quasi sempre, sul davanti, il gilè era adorno di ricchissimi ricami a rilievo;
     - una giacca di velluto nero;
     - mutandoni lunghi di lana o cotone;
     - pantaloni neri di velluto, aderenti, corti sulla caviglia, con uno spacco ai lati che faceva intravedere i mutandoni di lana. Lo spacco, lungo il quale correva una specie di trina colorata, a seconda che si trattava di una persona ricca o meno ricca, era adorno di tre o cinque bottoni metallici pregiati (che non erano mai abbottonati);
     - i pantaloni erano sorretti da una cintura di seta o lino a forma di sciarpa dove, volendo, poteva essere custodita la pistola;
     - calzettoni bianchi di lana o cotone che arrivavano fino al ginocchio;
     - come calzature venivano usati scarponcini di cuoio;
     - i copricapo erano di due tipi: i giovani e gli adulti portavano 'a barritta (berretto); gli anziani indossavano 'a còppula, berretto cilindrico appiattito e adorno di ricami,

     Il contadino economicamente più evoluto indossava:
     - pantaloni in orbace di colore nero o blu scuro, che arrivavano fino al ginocchio, dove si aprivano per una decina di centimetri e si chiudevano per mezzo di bottoni metallici che stavano attaccati, ma non abbottonati;
     - giacca di lana ruvida nera tessuta fittamente a mano (orbace);
     - un corpetto, generalmente dello stesso colore, pure di orbace e sempre sbottonato, faceva intravedere 'a cammisa (camicia), che si presentava con larghi risvolti, molto scollata, sempre in ordine, pulita ed elegante.

     Il contadino meno agiato indossava, invece:
     - pantaloni neri, di orbace;
     - una giacca di lana nera, anche di orbace;
     - un corpetto di lana, dello stesso colore dei pantaloni e sempre sbottonato, faceva intravedere una camicia di tela bianca (cammisa);

     In ambedue i costumi contadineschi:
     - i pantaloni erano fermati da una cintura di cotone a forma di sciarpa dove, se il caso lo richiedeva, poteva essere infilata anche la pistola;
     - alcuni uomini indossavano una giacca, detta "alla cacciatora", con molte tasche; una delle quali, molto più ampia delle altre, girando attorno alla vita, si presentava come una specie di contro-giacca ed era chiamata mariola (stando a significare che poteva contenere molte cose senza che fossero viste);
     - in testa usavano portare la barritta longa (berretto lungo): si trattava di un copricapo di forma appiattita e colore blu, abbastanza lungo da essere piegato e girato sulla spalla (dove i contadini potevano comodamente posare il fazzoletto per il naso 'u muccatureju e, avendoli..., anche i soldi);
     - per calzature adattavano i calandrej: dei fogli di cuoio peloso che, curvandosi attorno al collo del piede, assumevano la forma di "sandali" e venivano fermati per mezzo di lunghissime stringhe (anche di cuoio) fittamente allacciate e intrecciate attorno ai polpacci, fino a raggiungere le ginocchia;
     - un fazzoletto di seta (camuffu), che veniva annodato al collo in particolari circostanze, completava il modesto abbigliamento contadinesco.
Per finire, una bisaccia (vèrtula) di resistentissima tela tessuta in loco, appesa ad una spalla, accompagnava il contadino durante le sue sortite per gli acquisti in paese.


CORRADO ALVARO

Nella rivista "La Calabria", del 1925, ce ne parla così:

 

"In provincia di Reggio il contadino e il pastore hanno un costume tutto particolare. Vestono una giacchetta di fustagno assai corta, con bottoni metallici; un corpetto di velluto che portano sbottonato, onde si vede una larga cintura di cuoio con borchie lucenti di ottone.
I calzoni pure corti, sono di velluto, le calze di lana color marrone sono lunghe e scendono sotto il ginocchio formando molte ripiegature.
Ai piedi portano delle calzature formate da un pezzo di cuoio peloso tenuto ben fermo da strisce pure di cuoio che si avvolgono più volte intorno alla gamba, dando così all'insieme l'immagine dei coturni romani.
In testa portano un berretto turchino a forma di sacco stretto e lungo, che si ripiega più volte sul capo o ricade sull'omero e che serve a molti da portafogli.
Il costume della donna, invece, varia di paese in paese".


MARIA MACRI' LUCA'

La tanto compianta scrittrice locale , così scrive del costume gioiosano:


"Vestono ancora gli antichi costumi ed ancora le belle fanciulle che vanno a nozze indossano la saja azzurra delle bisnonne; gli uomini portano ancora la bianca camicia di lino, filata, tessuta, cucita dalle donne di casa e la corta giacca di fustagno nero e gli stretti calzoni corti, serrati alla vita dall'alta cintura di cuoio, spaccati sulla coscia, sullo sbruffo bianco da dove si partono le grosse calze di lana che si arrotolano sotto il ginocchio in un grosso cercine nero".

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