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Nei tempi passati i nostri antenati per prevenire le malattie o curarle, spesse volte ricorrevano all’uso di alcuni prodotti vegetali che la natura, con l’alternarsi delle stagioni, metteva continuamente a loro disposizione.

Altre volte facevano uso di espedienti ed artifici, tramandati dai secoli passati, che spesso rasentavano la superstizione.

Si trattava, comunque, di medicine “povere” ma genuine, che i contadini preparavano e usavano sotto forma di tisane, decotti, infusi, ecc..

Erano proprio i contadini, infatti, che, vivendo continuamente a contatto con la natura, avevano modo di osservare il rapporto intercorrente tra piante ed animali. 

Non a caso, ad esempio, i gatti, quando hanno difficoltà digestive, ricorrono a delle erbe che provocano il vomito.

Non ci si deve, quindi, stupire se la gente del luogo racconta di un pastore che un giorno vide una delle sue pecore, ferita ad una gamba, strofinare la piaga contro un cespuglio d'erba i ventu (parietaria).

Insospettito del fatto, il pastore raccolse subito qualche rametto della piantina e, dopo averla pestata accuratamente con una pietra, la applicò, sotto forma d’impiastro, sulla ferita dell’animale che, in brevissimo tempo guarì. 

Ciò stava a significare che la comune erba selvatica poteva essere benissimo impiegata per curare le ferite infette.

 

In questa sede proponiamo ai lettori interessati, una serie di modi, metodi ed espedienti rudimentali che nel passato hanno curato (il più delle volte con successo) acciacchi e malanni dei nostri antenati.

 

Fermo restando che lo scrivente non si assume responsabilità alcuna per eventuali danni fisici derivanti dal cattivo uso o abuso di quanto appresso riportato, ecco un piccolo elenco di rudimentali, ma, pare, efficaci toccasana made in Gioiosa.

 

 

 

 

VERRUCHE

 

Un vero toccasana per debellare i fastidiosissimi "porri" che generalmente si formano sulla superficie cutanea del corpo, era quello di trattarli con la normalissima salamoia delle melanzane.

Altro rimedio era quello di versare sui porri succo di carrube (ferrubi) o l’acqua delle melanzane bollite. 

Altri ancora, usavano versare sulle verruchette cutanee ogghju 'i nivi, unguento preparato con olio d'oliva mescolato alla neve appena caduta.

 

 

 

 

DIFFICOLTA'  RESPIRATORIE 

 

Rimedio infallibile per la difficoltà di respirazione (dovuta a laringiti, bronchiti o fattori allergici) era quello di spremere mezzo limone in un pentolino con acqua e far bollire il tutto assieme a qualche fetta del frutto. 

Respirando i vapori che scaturivano dall'ebollizione e, a seconda della gravità del caso, dopo avere ingerito due-tre cucchiai del preparato, si otteneva un rapido senso di benessere.

 

 

 

 

CALCOLI  RENALI 

 

Il decotto di gramigna, lasciato raffreddare all'aperto per tutta la notte e ingerito di buon mattino, oltre a lenire i dolori renali, era anche un ottimo espediente per facilitare l'espulsione dei calcoli.  

Per i disturbi renali si usava, invece, un infuso di fiori di fico d'India.

 

 

 

 

DIABETE

 

Gli antichi gioiosani, per curare il diabete, non conoscendo altro rimedio, solevano sciogliere in bocca tre lupini secchi.

Può sembrare strano, ma dicono che funzionasse.

  

 

 

 

MAL  DI  TESTA 

 

Rimedio efficace contro il mal di testa era quello di applicare sulla fronte un panno bagnato nell'aceto oppure una patata tagliata a fette e legata strettamente con un fazzoletto.

 

 

 

 

PARASSITOSI  INTESTINALE 

Avvolgendo la ruta ben tritata in un panno imbevuto d'acqua e strizzandola ripetutamente, si otteneva un amarissimo sciroppo, di sapore non molto piacevole, che aveva la grande capacità di curare la parassitosi intestinale (i vermi d'i figghjoli).

Altro rimedio era quello di usare la menta, l’aglio crudo e i lupini bolliti.

 

 

 

 

INFIAMMAZIONE  INTESTINALE 

 

L'infiammazione dell'intestino e dello stomaco si curava con la gramigna e la fumaria, pianta annua, con fiori irregolari e frutto a forma di noce che secerne una sorta di latice contenente l'acido fumarico, usato in farmacopea per le sue proprietà depurative.

 

 

 

 

PRESSIONE  ALTA 

 

Contro la pressione alta veniva preparato un infuso di 30 grammi d'aglio tritato in 100 grammi di alcool puro. 

La dose consisteva in trenta gocce la mattina, in mezzo bicchiere d'acqua.

Altro rimedio era quello di prendere, mattina e sera, un infuso di foglie d'olivo.

 

 

 

 

IL  RAFFREDDORE 

 

Anticamente il raffreddore si combatteva con inalazioni di vapori d'acqua bollente, in cui venivano immerse alcune foglie di menta o di eucalipto.

 

Le stesse foglie di menta venivano anche poste sul petto, per favorire la respirazione durante la notte.

 

Altra pianta che veniva usata era 'u pileju (sorta di menta selvatica dalle foglie pelose) che veniva bruciata per respirarne il fumo.

 

 

 

 

PER  ANDARE  D'URINA  O  SUDARE 

 

La borragine (vurrájini), pianta annua spontanea della famiglia delle Borraginacee, ingerita sotto forma di decotto, facilitava l’andar d’urina e la sudorazione.

 

 

 

 

MAL  DI  PANCIA 

 

Per alleviare il mal di pancia, oltre alla camomilla, comunemente usata, si ricorreva alla corteccia di quercia bollita in acqua e aggiungendo, a piacere, limone o alloro.

Altro espediente era quello di far ricorso ad un infuso ricavato dall'impiego dell’erba' i ventu (parietaria).

 

 

 

 

COAGULARE  IL  SANGUE 

 

Per far coagulare il sangue di una ferita, si usavano quei dischetti bianchi, di sostanza cotonata e assorbente, comunemente detti stagnasangu, che si trovano all'interno delle canne in prossimità dei nodi.

Altre volte venivano adoperati i fiori della tifa, detta anche sala, buda o biodo di palude, diffusa in quasi tutte le zone umide, lungo gli stagni e i fiumi.  

 

I calzolai, invece, solevano mettere sulla ferita la polvere del cuoio che si otteneva quando questi veniva raschiato con un frammento di vetro, per levigarlo prima di passare la cera finale.

 

 

 

 

PUNTURE  D'APE 

 

Per curare la puntura dell'ape, dopo aver premuto fortemente una moneta metallica sulla parte dolorante, veniva applicato uno spicchio d'aglio macinato.

 

 

 

 

INFIAMMAZIONI  CUTANEE 

 

Per curare le infiammazioni cutanee o dei muscoli si usava massaggiare la parte malata con una crema a base di albume d'uovo e olio d’oliva.

I due ingredienti, dopo essere stati “sbattuti” per qualche minuto, assumevano la sembianza della moderna maionese.

 

Ma per debellare le infiammazione della pelle (putícghini), veniva anche usata una pianta comunemente detta cipujazza (asfodelo), appartenente alla famiglia delle Gigliacee, comune nei luoghi boscosi.

 

L'acetosella ('a cituseja) tritata, garantiva, invece, una rapida guarigione delle piaghe cutanee.

 

 

 

 

FORUNCOLI  DELLA  PELLE 

Per guarire i foruncoli si usava un po' di pane bollito, o limone oppure foglie del sorbo.

Altro modo era quello di tagliare un pomodoro in due, cospargerlo di zucchero e applicarlo sulla parte malata.

Il fatto pare abbia origine dall’esperienza fatta da un contadino del luogo, assillato da un brutto foruncolo spuntatogli dietro la nuca, che, ingrossandosi, era diventato purulento, causandogli la febbre.

Aveva ormai perso le speranze di guarire, quando ricordò di aver visto un giorno curare la ferita di una scrofa, mediante un impacco di pomodori selvatici schiacciati.

Vinto dalla disperazione, pensò di sperimentare la cosa sul proprio corpo. Applicò, quindi, sul foruncolo l'impiastro di pomodori selvatici e si salvò.

 

Altro rimedio infallibile per curare i foruncoli era la foglia della puntinerva: pianta grassa mediterranea che veniva generalmente raccolta nel greto del torrente Gallizzi.

Poggiata la foglia sul foruncolo, veniva stretta ben bene alla parte ammalata per mezzo di un fazzoletto. Nel giro di tre-quattro giorni del foruncolo rimaneva soltanto il ricordo.

 

 

 

 

POLMONITE 

 

Per curare la polmonite si ricorreva ai cataplasmi di linusa

I semi del lino venivano pestati con una pietra e l'impiastro ottenuto veniva applicato ben caldo sulle spalle.

 

 

 

 

USTIONI 

 

Le ustioni erano curate spalmando un po' d'olio d'oliva sulla parte bruciata e usando la polvere delle fave essiccate al sole o al forno.

 

 

 

 

DISTORSIONI 

 

Oltre a strofinare la parte dolorante con olio caldo, un rimedio efficace era quello di preparare un impacco con farina e bianco d'uovo. 

Molte volte si usavano anche gli impacchi di bianco d'uovo e stoppa (oppure farina), che si applicavano sulla parte interessata fasciandola ben bene.

 

 

 

 

MAL  D'ORECCHIE 

 

Per il mal d'orecchie bastava introdurre nel condotto uditivo, un piccolo batuffolo di cotone imbevuto d'aglio crudo e cipolla cotta.

  

 

 

 

PER  I  CAPELLI... 

 

Per debellare la fastidiosa forfora cutanea, gli antichi, dopo essersi lavati la testa col sapone che loro stessi facevano in casa, usavano frizionare il cuoio capelluto con abbondante succo di bergamotto.

 

Per rinforzare i capelli, invece, venivano fatte delle frizioni con un infuso di ortica.

 

 

 

 

LA  DIGESTIONE 

 

Per favorire la digestione veniva preparato un infuso a base di semi di finocchio selvatico e foglie d'alloro. Volendo, si aggiungeva anche qualche goccia di limone.

 

 

 

 

MALARIA 

 

Ingerire di buon mattino un decotto di centarba, dopo averlo lasciato raffreddare all'aperto per tutta la notte, costituiva un ottimo rimedio per la cura della malaria.

          

 

 

 

STITICHEZZA 

La stitichezza, una volta, veniva combattuta con la culupreja, pianta erbosa appartenente alla famiglia delle euforbiacee dalla peculiare azione purgativa.

Se la pianta veniva, infatti, raccolta praticando un taglio obliquo verso l’alto, essa procurava il vomito; se, invece, veniva raccolta per mezzo di un taglio obliquo verso il basso, provocava un’incontenibile diarrea.

In tutti e due i casi, per fortuna, il malessere aveva breve durata e non c’era molto da preoccuparsi, salvo che… non si abbondasse nella dose.

 

 

 

 

PER  I  DENTI... 

    

Per gli ascessi molari si faceva uso degli impacchi di linusa.

Dopo avere bollito i fiori del lino, avvolti in un panno bianco, ancora caldi, venivano poggiati sulla parte gonfia del viso, sotto cui covava l'ascesso.

 

Per calmare il mal di denti ottimi risultavano gli sciacqui con acqua di lattuga bollita e origano, che si poggiava per un po’ sulla parte dolorante.

 

In alcuni casi si ricorreva all’uso della la polvere ricavata dalle foglie essiccate di salvia selvatica.

 

Altre volte venivano masticate le foglie di lentisco (stincu). Non a caso dal lentisco viene ricavata una resina usata un tempo per la preparazione di mastici dentari…

Altro rimedio infallibile era quello che riguardava la preparazione dello estratto di strihjía (pianta selvatica mediterranea).

Avvolgendo, la pianta ben tritata, in un panno imbevuto d'acqua, la si strizzava ripetutamente fino ad ottenere uno sciroppo particolare. Ingerendo il preparato i dolori molari venivano allontanati... almeno per un po'.

  

 

 

 

PER  LA  TOSSE 

 

La tosse da bronchite veniva sedata da un decotto a base di orzo, fichi secchi e radice di milocgha.

L'ingestione dosata del preparato ottenuto, favorendo l'espettorazione, leniva la tosse e curava la bronchite.

Se la tosse era persistente, si usava un infuso di fiori di borragine (vurrájni).

 

 

 

 

EMORRAGIE  INTERNE 

 

Le emorragie interne venivano curate col fiore dell'ortica.

Anche qui, avvolgendo, le cime tritate della pianta, in un panno imbevuto d'acqua, si strizzavano ripetutamente fino ad ottenere uno sciroppo piuttosto amaro.

L'ingestione, a dosi, del preparato garantiva l'arresto dell'emorragia.

 

 

 

 

FUOCO  DI  S. ANTONIO 

 

Oltre alla consueta cura a base di grasso di maiale non salato, il fuoco di S. Antonio veniva curato con patate bollite ben tritate, racchiuse in un panno e poggiate, ancora calde, sulla parte malata.

 

 

 

 

ALLERGIE  DELLA  PELLE 

 

Un bagno in acqua e canigghja (crusca), per gli antichi gioiosani aveva il compito di curare, con successo, buona parte delle allergie della pelle.

 

 

 

 

DISFUNZIONI  DELLA  PROSTATA 

 

Un rimedio miracoloso per tutti quei problemi urinari, molte volte legati a disfunzioni della prostata, era quello d'ingerire un particolare decotto a base di vurrájni (erba stagionale dell'area mediterranea).

 

 

 

 

ASCESSO  GLUTEO 

 

Per curare l'ascesso gluteo (quandu cogghjía 'a puntura) si usava preparare un impasto ben lavorato di scaglie di sapone fatto in casa e zucchero.

Dopo aver coperto la natica dolorante con un panno di lino, su di essa veniva applicato l'impasto e..., ripetendo l'operazione per due-tre volte al giorno, suppurazione e dolore avevano le ore contate.

 

 

 

 

LA  PLEURITE 

 

Rimedio rudimentale, ma "infallibile" per i dolori causati dalla pleurite, era 'u mingiuleju.

Un moneta, avvolta e legata a, mo' di caramella, in un quadratino di stoffa, veniva poggiata sulla parte dolorante della spalla o del petto. Dopo avere acceso il ciuffo di stoffa sovrastante la moneta, il piccolo "falò" veniva coperto ermeticamente con un bicchiere. 

Si formava una vera e propria ventosa, dentro cui la zona dolorante, gonfiando inverosimilmente fino ad occupare l'intera concavità del bicchiere, trasudava a vista d'occhio.

Dopo tre o quattro applicazioni, a seconda della gravità del caso, si poteva constatare, per la gioia dell' ammalato, che il dolore miracolosamente si "addormentava".

 

 

 

 

E... ANCORA 

 

GENGIVITE:     veniva curata ricorrendo a sciacqui col decotto di malva.

 

GELONI:      Per curare i geloni (rósula) si ricorreva ad un pediluvio in una bacinella d'acqua, dentro la quale si facevano bollire delle foglie di ortica.

    

DISTURBI DEL FEGATO:       erano curati col brodo della cicoria lessa.

REUMATISMI:     molto spesso si usava un impiastro di ardica masculina (ortica) bollita.

 

MAL DI GOLA:      per curare il mal di gola venivano fatti dei gargarismi con un infuso d'acqua, sale e limone oppure aceto e salvia.

CREMA DI BELLEZZA:       sembrerà strano, ma la polpa del cetriolo, anticamente era usata dalla donne come crema di bellezza.

 

DISTURBI DEL FEGATO:     i disturbi del fegato venivano curati semplicemente con infusi di cicoria.

 

PER FAR DORMIRE I BAMBINI:      per far dormire i bambini si faceva loro succhiare 'u paparuni, sorta di ciuccetto improvvisato con un lembo di tela di lino dentro cui venivano inseriti dei semi di papavero. 

 

FAR RITORNARE LA VOCE:     secondo un'antica ricetta gioiosana, basterebbero tre pere bollite con l'aggiunta di 50 g. di miele.

 

 

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