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LA "FOCALENZIA" MANIFESTAZIONE ORGANIZZATA DALLA PRO LOCO BONITO...

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L’IMMACOLATA A BONITO

Quella dell’Immacolata Concezione è stata ed è ancora nel nostro paese una delle festività più sentite. Qualche decennio dopo la proclamazione del Dogma (avvenuta l 8 Dicembre 1854, ad opera di Pio IX, con la Bolla “Ineffabilis Deus”), nacque nel nostro paese, una particolare forma di devozione alla Madonna Immacolata. Fin dall’inizio del XX° secolo, agli ordinari rituali ecclesiastici, i bonitesi, nel giorno dell’8 Dicembre, affiancarono l’allestimento delle “focalenzie” in onore dell’Immacolata. L’origine religiosa di tali falò, va ricercata nel contesto delle situazioni verificatesi a Roma l’8 Dicembre 1854 allorquando, fedeli di tutte le regioni del mondo accorsero in Piazza San Pietro in occasione della tanto attesa proclamazione del Dogma. Nell’attesa che il Papa annunziasse la lieta notizia, le migliaia di persone riunite in piazza, un po’ per il freddo, ma soprattutto per devozione, allestirono numerosi “fuochi”. E’ a quest’episodio che bisogna risalire per dare ai falò quel particolare significato religioso che i bonitesi gli hanno da sempre attribuito. I nostri nonni ricordano che “ai loro tempi”, era costume promuovere, “focalenzie” rionali per il paese, e familiari per le campagne (dette anche “per masseria”). I materiali usati per l’allestimento erano: curmo (paglia secca), favulle (piante secche delle fave), stuppole (spighe delle pannocchie di granturco), frasche d’olivo, fascine di spine e legna in genere. La raccolta della legna incominciava almeno venti giorni prima ed era fatta a mano, col vaiardo, strumento costituito da due aste di legno di almeno due metri ciascuna poste sotto la legna da trasportare. Chi non riusciva a racimolare della legna, organizzava  dei fuochi simbolici con materiale cartaceo e con qualche fascina. Lo scopo, difatti, non era la competizione, ma la venerazione della Madonna. Al tramonto dell’8 Dicembre, dopo aver dato al materiale raccolto una struttura piramidale, s’imbandiva tutt’intorno una tavolata: c’erano gli iusci (mandorle, noci, fichi secchi, prugne secche, pere secche, mele, sorbe, castagne arrostite e ceci “arrappati”), e insaccati di vario genere.   In onore della Madonna si beveva il vino migliore: questo era servito nelle varrecchie, dei piccoli barili molto in voga in questo periodo, anche come contenitori d’olio. Si mangiava, non il pane “junno” o “parruozzo” (piccola pagnotta), fatto con farina di granone, ma pane bianco, quello delle grandi occasioni. Durante la Novena (rituale religioso che di teneva dal 29 Novembre al 7 dicembre) un gruppo di persone girava per il paese e per le campagne, consegnando ad ogni famiglia un’immaginetta della Madonna Immacolata (la “fiurella”), in cambio di un’offerta. Questi erano per lo più coloro che durante la serata vivacizzavano i falò, suonando i più svariati strumenti musicali: il clarino, il sassofono, la fisarmonica, l’organetto, la zampogna, il mandolino, la tromba e la “ciaramella”. Balli tipici erano: la polka, la tarantella, la mazurca, il walzer e la quadriglia. Prima di cena gli allestitori, s’inginocchiavano per recitare il Rosario. Dopo la preghiera iniziava la festa vera e propria. Nel corso della serata erano impiegati fuochi pirotecnici, molti dei quali costituiti artigianalmente. C’erano girandole, pesciaonnelle, truone, frule (bancali), tric trac (botti costruiti artigianalmente e costituite da un involucro di carta contenete polvere nera), botte a muro (costruite artigianalmente e costituite da un involucro di carta contenete sassolini levigati e polvere pirica). Lo strumento caratteristico per i botti era rappresentato sicuramente dal “maschetto”. Per costruirlo occorreva una grossa chiave “femmina”, un chiodo e della polvere pirica (che molte volte era ricavata dalle pillole per il mal di gola, che si vendevano in farmacia); quindi si metteva la polvere nel buco della chiave e con il chiodo la si comprimeva, dopodiché, appesa la chiave ad un filo, la si sbatteva violentemente contro il muro per il botto. Oggi purtroppo di questa bella e profonda tradizione si conserva ben poco. Addirittura sta quasi scomparendo l’usanza dei falò. Sicuramente la campagna più del paese conserva meglio e mantiene gli usi dei nostri Avi. Purtroppo il progresso ha fatto sì che la festività perdesse le sue basi religiose per divenire una mera competizione. Lo scopo dell’iniziativa della Pro loco di Bonito, è quello di rispolverare e proporre con altro spirito, tutte quelle manifestazioni tradizionali che hanno fatto crescere il nostro paese nella convinzione che il passato sia lo strumento migliore per comprendere e affrontare il futuro.  

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Ultimo aggiornamento 19/06/2001  Risoluzione consigliata:800x600 o sup.