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VECCHI RICORDI DI BONITO...

Continuazione...
Due stradine scendevano fino a collegarsi, per viottoli campestri, a due fontane. Sul retro del Castello, dove i tre terrazzamenti erano più distanti e ripidi, le piccole, ma graziose e comode case del Borgo (con cantine a crociera e minuscole affacciate), si arrampicavano per l’Ariella da nord-est e, per Vigna della Corte da nord-ovest. Nel 1903, il Sindaco Crescenzo Miletti vendette al Comune il suo grandino, posto davanti alla sua dimora per la costituzione di una piazza pubblica. Qualche tempo dopo, la croce che si trovava dì fronte al suo palazzo, fu trasferita in Piazza San Domenico. In quei tempi antichi poteva sembrare addirittura lontano il Borgo San Pietro, con ospedale e chiesa, che ora, col nome di San Giuseppe, sembra mettersi di traverso per stringere camion, autobus, automobili e passanti. Era questo, invece, un breve incrocio che ora ha perso un braccio e nel quale prima degli ultimi terremoti, si vedevano piccole entrate in travertino e finestrella di gusto settecentesco. Proseguendo, come per uscire dal centro abitato, si incontravano le due taverne di Bonito. La prima, di proprietà di Prudenzia Di Chiara, fu in seguito gestita dai Marerghi e dai Pascucci (questa si trovava all’altezza dell’attuale abitazione di Pasquale Losanno, in Via Roma). La seconda, detta “taverna del Duca”, si trovava subito dopo la prima ed era gestita da Antonio Camuso (questa si trovava all’altezza dell’attuale abitazione dell’Onorevole Alfredo Covelli in Via Roma). Continuando in avanti, dopo la seconda taverna. terminava la strada basolata ed iniziava l’intrecciata. La zona era da tempo chiamata “Pastizzo’ (nome questo che ritroviamo in alcuni paesi vicini), termina usato per indicare la terra di periferia data dai padroni ai contadini senza la pretesa da parte di questi ultimi dei frutti derivanti dallo sfruttamento. L’abitato si inerpicava sull’altura del Convento di San Domenico: era questo uno dei nuclei abitati più grande ed importante del paese, “le Parrocchie”. Dall’etimologia greca dal termine (paroichia che significa“soggiorno in paese straniero” oppure “abitare insieme”’), se ne ricava, prima dì tutto, che le “Parrocchie” erario un posto abitativo che riceveva anche gli stranieri, ma anche che questo era il luogo intorno a cui si svolgeva la vita del paese, era cioè l’inizio di Bonito. A sostegno di ciò vi sono le numerose testimonianze degli anziani, i quali ricordano che proprio in questa zona erano concentrate le più svariate attività artigianali. C’erano tra stalle, una all’altezza dell’attuale Via Lipari, un’altra dietro i locali delle Poste ed un’altra ancora dietro il mulino che faceva da punto di ristoro per gli animali di coloro che venivano a macinare il grano. C’erano due botteghe di tessitori, una per la lavorazione della lana, all’altezza dell’attuale abitazione di Raffaele Santosuosso, l’altra per la lavorazione del lino, all’altezza dell’attuale Viso Vespucci. Nel Viso Neviera vi era la bottega di un fabbro e, un poco spostata verso il castello, all’altezza dell’attuale abitazione di Michele Di Pietro, quella dì un sellaio. Dalla località “le Parrocchie” si prendeva la strada di “Santo Ianni” e di “Cava delle pietre” che portava non solo in altre zone vive ed abitate, quali “la Laura”, “lo Iardino” e “San Martino”, ma anche nelle campagne. Dallo Stato d’anime della Parrocchia 5. M. Assunta, risulta che Bonito era suddivisa in contrade: “La Neviera”, “Le Parrocchie”, “Le Croci”, “San Rocco”, “Il Borgo”, “Il Borgo San Pietro” “Il Pastizzo”, “L’Immondezzaio”, “Il Piano”, “L’Anella”, “L’Oratorio” e “La Piazza Morta”. Il Paese era illuminato a luce elettrica sia del 1910: il Corso principale, di oltre 500 metri, a lampade centrali, da 200 candele situate alla distanza di 25 metri l’una dell’altra. Nel l900, il Corso principale fu lastricato con pietre di Vesuvio.

 

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Ultimo aggiornamento 19/06/2001  Risoluzione consigliata:800x600 o sup.