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La storia di Solarussa è legata a tutti i paesi della Sardegna, ed in particolare a quelli della provincia di Oristano nella loro realtà storica ed umana. Questo piccolo paese, posto sulle falde di un costone, in una posizione solatia, in prossimità della grande ansa del fiume Tirso, non è certamente l'ultimo, anzi ha avuto una sua parte di importanza nella storia del Campidano Maggiore. Per Risalire alla storia di Solarussa bisogna rifarsi alle fonti antiche. La fonte più comune è la monumentale opera del Tola, del secolo XIX, che reperì e riportò alla luce una gran raccolta di documenti scoperti negli antichi archivi, sia delle chiese, sia di privati :"Il codice dei rapporti ufficiali della Sardegna con gli altri ceppi". Un'altra fonte sono i "Condaghe", che erano i registri patrimoniali dei monasteri. Sul Condaghe di Santa Maria di Bonarcado, Solarussa è citata diverse volte. Una prima volta alla scheda n°25 è citato un certo Furato De Nuri de Solarussa. Poi nello stesso periodo è citata una lite tra il priore di Bonarcado, un certo Nicolaus, e Don Petru Murtinu per il possesso e la lavorazione di alcuni terreni. Perchè in quel tempo, benchè non ci fossero i servi della gleba, gli abitanti del priorato dovevano lavorare gratuitamente i terreni della chiesa e dipendevano dunque in maniera diretta dal priore. Il priorato di Bonarcado che fu fondato dai monaci camaldolesi, che vennero chiamati per reggere l'importante abbazia, nel viaggio fecero naufragio e furono salvati da una nave pisana che li fece prigionieri come fossero pirati. Ci fu poi l' intervento Papale ed i monaci, liberati, si stabilirono a Bonarcado e gettarono le basi di quella che fu la straordinaria attività camaldolese non soltanto nel campo architettonico, ma anche in campo agricolo ed economico, ed iniziò così quel grande periodo di civiltà del Priorato di Bonarcado. La scheda n. 28 cita "PETRU MARCHI", chierigu de Solarussa, e questa è una variante del nome del paese. Alla scheda n. 32 dice che il priore di Bonarcado, certo Errigo, riceve la donazione da un certo don PEDRU MURTINU de Solarussa, per essere sepolto nella chiesa di N.S. di Bonarcado. Il suddetto don Pedru Murtinu per essere sepolto dentro la chiesa lascia alcuni terreni "in sa via dae Tramatza a Solarussa derettu a su Crastu Mannu". Queste indicazioni toponomastiche sono le cose più suggestive degli antichi documenti perchè ci danno un'immagine che in un certo senso avevamo dimenticato, e spesso ci riportano a dei siti che hanno conservato, attraverso i secoli, lo stesso nome. In un' altra scheda (siamo intorno al 1200 ) si cita una controversia tra il priore Nicolaus e una certa Maria Pisanu per suo figlio di CEVERAGRUSSA, altra etmologia del nome. A questo punto ci sembra giusto spiegare da che cosa deriva il nome di SOLARUSSA. Secondo Felice Cherchi Paba di Solarussa, nel suo libro "Solarussa e il Campidano Maggiore" la denominazione deriverebbe da TERRA ARRUBIA ( TERRA ROSSA), una località vicina al villaggio con una caratteristica colorazione rossa della terra, da cui fin dall'antichità deriverebbe solarussa.Ma questa apiegazione che ne dà il Paba, è un pò superficiale, anche se il suo scritto è un documento veramente interessante della storia del paese. Si propone invece la soluzione che Massimo Pittau, nel suo Opuscolo delle questioni sarde" ci ddà per quanto riguarda la derivazione del nome di Solarussa, è che è senz'altro più interessante. Il Pittau fa derivare il nome da: zeppara-sebara-zeppara grussa-solarussa. Secondo il grande linguista sardo Leopoldo Vargiu, nel suo vocabolario etmologico sardo, Zeppara è un appellativo di origine preromana e significa collina molto sassosa. Secondo il Pittau, Zeppara, pur essendo caduto in disuso come appellativo comune, è rimasto invece ad indicare varie località della Sardegna. A questo punto la versione di Zeppara Grussa vista prima, sta a dimostrare che il nome di Solarussa deriva da questo mucchio grosso di pietre su cui è sorto il paese. Non suolo rosso ma collinetta, poggio ricco di pietra su cui sorse Solarussa. Basta dare uno sguardo alla topografia del paese per renderci conto che questa è l'origine giusta. Altra fonte della storia antica di Solarussa è il libro "La razione decimale di Sardegna" del Tola. Solarussa in questo comune è citata per ben sette volte con alcune varianti di nome: sorarossa-soraroca -sobarussa-solarussa. Alla scheda n°377 si cita San Gregorio di Villa Solarussa. Su questa chiesa Mons. Bonu, tanto meritevole di riconoscenza da parte di tutti, per la sua monumentale opera, ebbe un'interpretazione del tutto sbagliata. Infatti crede che San Gregorio fosse destinato ad accogliere gli abitanti di Santa Barbara de Turre, paesetto andato in rovina durante una delle tante pestilenze, posto nei pressi di Bauladu. Santa Barbara ebbe i suoi abitanti trasferiti nell'attuale Bauladu. Altro documento importante è il famoso " atto di pace " di Sanluri stipulato da Eleonora d'Arborea. Alla pace di Sanluri presero parte tutti i rappresentanti, non solo del Giudicato di Arborea, ma anche degli altri giudicati che durante la guerra si erano schierati con i giudici di Arborea contro gli Aragonesi. Negli atti di questo trattato si trovano citati molti Solarussesi. Si cita un certo Nicolaus Porcu abitator Villa de Solarussa, Sindaco e procuratore del Campidano Maggiore, avendo piena e legittima facoltà uguale a quella che avevano i sindaci delle altre città e della stessa Oristano. Altri rappresentanti di Solarussa sono: Andrea Zeche, Antonio Trogu, Ioannes Deiana, Nicolau Scanu, Gonario Scanu Gonario Demartis, Andrea Cherchi, Domenico Atzeni, Nicolau Sotgiu, Adamo Zancudi, Mariano Deidda, Basilio De Mela, Andrea de Corona e tanti altri. Tutta questa documentazione ci dice che Solarussa ha certamente avuto una storia non certo di piccola importanza.

La chiesa di S.Gregorio, costruita su di una collinetta, alla periferia del paese, ha una forma molto semplice e squadrata, edificata in epoca romanica con pietre di trachite e basalto, forse prelevate da vecchie costruzioni nuragiche, ha un lunotto elegantissimo, all'interno la copertura è a capriate, la luce penetra attraverso le aperture a doppio squarcio, ed è molto bella la piccola abside. E' senz'altro il massimo monumento storico di Solarussa. S.Gregorio, come S.Costantino di Siamaggiore e tanti altri santi della zona, è un santo di rito greco; infatti la riconquista dell'impero romano da parte di Giustiniano e Belisario, e per quanto la capitale fosse Costantinopoli, in Sardegna c'era un preside che badava alle attività amministrative e militari ed era il rappresentante dell'imperatore. L'attività di questo periodo è venuta alla luce attraverso questi monumenti che confermano l'attività bizantina e e romanica in questa zona. Uno di questi monumenti è proprio S.Gregorio di Solarussa che ci sta rivelando delle scoperte veramente commoventi. Sotto il pavimento attuale è venuta fuori la struttura di un edificio dell'alto medioevo ed una costruzione di epoca repubblicana romana, intorno al II sec. a.C..Nel contesto dell'abside è stata trovata una tomba a fossa, coperta da una lastra di epoca altomedievale, mentre dentro si è trovata una moneta del basso medioevo. All'esterno della chiesa si sta scoprendo un complesso di vasche che non sono battesimali come quelle di Nurachi. Sotto ancora si è scoperta un'altra struttura romana che poggiava su un grande strato di selciato. Un altro studioso, Mons.Angius, che operò con rivelazioni topografiche in questa zona, cita che a circa 500 metri dalla chiesa, verso Ovest, su un piccolo pozzo, restavano le fondamenta che secondo la tradizione erano dei bagni, essendosi scoperti molti tubi di terracotta di vario diametro, e si è pure creduto che questi tubi alimentassero i bagni con le acque del colle di Turassai. Ma forse è più ragionevole che questi tubi portassero l'acqua potabile dalle fonti, per le necessità della popolazione. I bagni se esistevano ppotevano essere alimentati con acqua di pozzo. Questa zona descritta dall'Angius si chiama ancora oggi "putzu angius". Un architetto, il Caminotti, che realizzo' la chiesa parrocchiale di Solarussa, operò nell'Ottocento degli scavi e lanciò l'idea che i residui di fondazione trovati in S.Gregorio, tipicamente romani, fossero addirittura del tempo di Augusto.

Solarussa annovera tra i suoi monumenti anche altre 2 chiese, il Santuario delle Anime e il Santuario delle Grazie. Solarussa per un lungo periodo fu capoluogo di mandamento quindi un grosso villaggio, poco distante dal fiume Tirso posto quasi su di un piano inclinato, a 12 metri sul mare, con terre molto fertili e gli abitanti tutti dediti all'agricoltura. E se nella storia sarda gode di una posizione considerevole, in campo internazionale è conosciuta per via del suo vino, la Vernaccia. Alcuni studiosi (Putzolu, Cettolini, Mameli, Vodret ed altri) hanno sostenuto che la Vernaccia superiore proveniva soltanto dalla zona di Solarussa detta "bennaxi". La Vernaccia è quindi il vessillo che pone Solarussa su di un piedistallo molto considerevole. Prescindendo dalle considerazioni folkloristiche, occorre precisare che, oltre all'incidenza esercitata dal fattore pedologico, anche la tecnica colturale svolge un ruolo determinante sulla qualità del vino. E'risaputo al riguardo che la tecnica colturale adottata dal viticultore solarussese presenta delle peculiarità rispetto a quelle di altre zone: potatura lunga con capo a frutto di 6-8 gemme, anzichè a speroni, la vite viene da tutori di canna anzichè essere lasciata libera. I fattori sopra accennati possono influire sulla composizione dei mosti, con aumento della dotazione in acidi organici, oltrechè di zuccheri, da cui deriva una maggiore "finezza" e "serbevolezza" del vino Vernaccia. I caratteri morfologici del vitigno, secondo la descrizione fatta dal Manca, sono i seguenti:
- foglia: pentalobata, piuttosto piccola, liscia superiormente, vellutata inferiormente, colore verde-rana;
- germoglio: biancastro, delicato e cotonoso;
- grappolo: medio-piccolo, conico-piramidale, alquanto serrato, di colore oiù o meno giallo;
- acino: medio-piccolo, rotondo, trasparente, giallognolo, delicato e molto succoso;
- tralcio: esile, lungo, con nodi ingrossati e duri al taglio.
Il vitigno presenta una notevole sensibilità alle gelate primaverili. La produttività è buona ma non elevata, spesso incostante. Il sistema di allevamento tradizionale della zona è l'alberello; il sesto dell'impianto è in genere molto ridotto, in media 1mx1m. Forme di allevamento più espanse e con produzioni spinte hanno evidenziato dei limiti qualitativi pregiudizievoli per tale tipologia di vino.
Tecnica di vinificazione tradizionale: alla vendemmia, effettuata normalmente verso la fine di settembre, veniva attribuita grande importanza. L'uva vendemmiata subiva l'ammostatura immediata nella stessa vigna, attraverso le seguenti operazioni:
- pigiatura, fatta con i piedi da un esperto detto "su cazzigadori", dell'uva contenuta in un sacco di lino riposto in vasca di trachite detta "su laccu";
- sgrondatura del mosto, per via della pressione esercitata dal cazzigadori che danza ritmicamente sul sacco, nella vasca sottostante detta "su sguttroxiu";
- trasferimento del mosto, riposto in botti di castagno, con carro a buoi, nella cantina.
Nelle botti di cantina, opportunamente solforate con dischetto di zolfo "lucchettu", il mosto subisce la fermentazione. Grande rilevanza, giustamente, veniva attribuita alla operazione di preparazione del bottame (sa mussa). La cantina o magazzeno in cui la Vernaccia fermanta e matura è un locale con muri in mattoni crudi, tetto in canne e tegole sarde, pavimento generalmente in terra battuta. Il primo travaso viene ordinariamente fatto nella primavera successiva alla vendemmia, al secondo travaso, di luglio, viene abbinata qualche volta la chiaritura con albume d'uovo montato. Il vino Vernaccia finito deve presentarsi limpido all'aria, non deve alterarsi sotto l'influenza dell'ossigeno. Nella Vernaccia, il colore varia dal giallo paglierino tenue al giallo oro o ambra a seconda dell'età e del tipo di invecchiamento del prodotto. L'aroma della Vernaccia è un insieme di profumi di viola, di mandorlo e pesco in fiore, fusi in una armonia di soavità e grazia. Una notazione a parte merita senz'altro la peculiarità che denotano certe Vernacce, quella sensazione gusto-olfattiva che, in loco, viene definita "su murruai". E'una caratteristica che è prerogativa solo di certe produzioni ed in certe annate, viene attribuita al vino con gusto leggermente amaro.

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