Patrimonio archeologico


I due insediamenti archeologici esistenti sul territorio del comune di San Lucido
sono l'incontrovertibile testimonianza storica della grande importanza strategica,
politica, sociale ed economica che l'agglomerato urbano, di origine ellenica prima
e romana poi, ebbe in questi luoghi.
Secondo le teorie di alcuni studiosi  proprio in questa zona doveva sorgere la mitica Temesa, la potente città fondata dai Greci intorno al VIII° sec. a.C.
Al momento però non si hanno elementi certi per dimostrare questa tesi.
Si è più propensi invece a credere che San Lucido fosse l'antica Clampetia, cittadina
di origine bruzia, situata sulla Traianea, la grande arteria di comunicazione che i
Romani fecero costruire per sottomettere le popolazioni dell'Italia meridionale ed
allargare i confini dell'impero.

    

Villa Giuliani

I ruderi di questa antica città si ritiene siano alloggiati sotto L'attuale centro storico.
Il reperto archeologico più disponibile al pubblico si trova nella Chiesa della pietà
nel borgo del centro storico, è un residuo a forma di ellisse, terminante ad imbuto,
di una fornace per la cottura dell'argilla.
Dai lavori di rifacimento del pavimento della stessa Chiesa sono emersi frammenti
di ceramica a vernice nera risalenti al IV secolo A.C.; varie monete delle quali una
certamente è del tipo di quelle che Roma coniava dal 167 al 155 a.C. (Vittoriano)
riproducente da una parte la testa laureata di Giove e dall'altra la Vittoria che incorona un trofeo.
Si puo' supporre che nell'area ora occupata dai ruderi del castello e dal centro
storico si articolasse L'antica città fin dal IV secolo a.C.
Un valido contributo per l'interpetazione di questi, è dato, oltre che dai ritrovamenti di arredi tombali dalla vasta necropoli della zona Mulini e da
un'altra moneta, anche questa ritrovata alla Pietà, e che merita di  essere
osservata.
Sul diritto è rappresentata di profilo la testa di una divinità marinara.
Il rovescio raffigura un granchio di mare. Si tratta di una moneta Bruzia in scrittura greca (Emidracma).
L'antica San Lucido, fino all'occupazione Romana, era quindi un avamposto Bruzio sul Tirreno.
Quale sia stato il nome è una questione da lasciare agli archeologi ed agli eruditi
della soprintendenza che ancora oggi vengono attratti da questa località.
 
Le tracce romane sono spostate a circa mezzo chilometro a nord ed a circa
un chilometro a sud rispetto all'antico borgo di San Lucido.
Il segno più toccante della presenza romana, rinvenuto presso la villa di contrada
palazzi (a sud di San Lucido), conservata nel museo civico di Cosenza, è una
lapide funeraria con elevatissime parole:
Dis manibus annae a quinti servae VIX crimine nullo florentes annos parca
nubilia eripuit. Domus contubernali animae.
(Ai mani di Anna serva di A. Quinzio visse 19 anni senza incolparsi di nulla,
una nebbiosa Parca le rapì i fiorenti anni. Il suo signore all'anima compagna).
L'altra meravigliosa scoperta archeologica di San Lucido risale a pochi anni
or sono. Durante i lavori di costruzione di una nuova strada situata nei pressi
della località San Cono, vicino alla frazione Pollella, sono stati riportati alla
luce i resti di un'altra villa romana.
Il ritrovamento ha destato l'interesse dei maggiori esperti regionali di archeologia
ed ha riportato San Lucido agli onori della cronaca per l'importanza dei reperti
recuperati.
Questa villa è caratterizzata da mura di notevole spessore ed altezza, da pavimenti
costruiti con calce e con superficie decorata con sassi di spiaggia.
Gli archeologi della sopraintendenza hanno confermato che la villa è composta da
due parti principali, una padronale e l'altra rustica. La parte padronale è stata
concepita pensando agli aghi del Dominus, mentre quella rustica era riservata
agli schiavi ed agli strumenti semivocali (animali) e muti (attrezzi da lavoro).
 

 



 
Cenni Storici

 

      

Il Castello Prima del terremoto del 1905 
 


San Lucido si presenta in pittoresca posizione su uno sperone roccioso a dominio
di un'estesa spiaggia. Il turista che proviene da Cosenza lo scorge dall'alto come
"una bianca palomba in riva al mare con le ali stese ai giardini laterali e la testa
e gli occhi rivolti ai virginei monti" (G.B. Moscato)
San Lucido è uno dei tanti centri del tirreno che si vanta di essere l'antica Temesa.
Che lo sia è molto improbabile anche se custodisce molti reperti che risalgono al
quarto secolo a.C.
Il periodo Romano è testimoniato da mura e ruderi di ville, sia a nord che a sud
della città.


San Lucido medioevale
 

Insigni monumenti della San Lucido medioevale sono:
il Convento di S. Maria di monte Persano, il castello Feudale, la Chiesa della pietà.
Il Convento di S. Maria di Persano si trova a due km da San Lucido, non molto
al di sotto dei viadotti della nuova strada per Cosenza, sopra le cave di pietra.
Questo convento, prima di essere abitato dai monaci Agostiniani, Cistercensi e
Terziari Regolari di S. Francesco fu una "grancia" del Fontelaurato.
Quindi fu all'inizio un monastero basiliano, perché così risulta da alcuni documenti relativi al monastero del Fontelaurato nel suo periodo basiliano.
Tuttavia il monaco più celebre che dimorò in S. Maria di Persano e nel cui
ricordo fu dato il nome a tutta la sottostante contrada non fu un Basiliano,
ma un beneddino. Questo Santo monaco, San Lucido, nacque in Aquara, in
provincia di Salerno nel 960. Era monaco a Montecassino, ma se ne allontanò
perché non tollerava la vita mondana dell'abate Mansone e pertanto andò in
cerca di monasteri più degni.
Tra i suoi tanti pellegrinaggi e le varie soste eremitiche, rimase memorabile il
soggiorno al convento di S. Maria di Persano.
I poderosi ruderi di questo convento che tutt'ora resistono alle insidie del tempo
e dei profanatori, manifestano ancora oggi la solenne austerità del cenobio.
Per decisione dei sovrani, in San Lucido vennero completamente ricostruiti
il convento di S. Maria di Persano, il Castello Feudale, la Chiesina della Pietà
allora detta S. Maria in Jerusalem e la Badia di Fosse sotto il medesimo
territorio, che, a ricordo del celebre monaco che vi soggiornò fu chiamato
San Lucido.
Questa splendida rinascita fece capo ad una grande benché enigmatica figura
medioevale: Arnolfo secondo, Arcivescovo di Cosenza.
San Lucido medievale era difesa da una rocca, gloriosamente chiamata "Nicetum"
ed era tutta circondata da mura.
Di queste mura non ne abbiamo più le tracce, se non nella toponomastica.
In base ai nomi, che tuttora sussistono, le mura possedevano due porte, una verso il mare, a sud della Rupe, e l'altra verso la campagna, cioè a nord.
Pertanto il tracciato delle mura medioevali non differiva da quello dell'antica San
Lucido. All'interno di questo borgo l'edificio più culturale e più antico è la chiesa
della pietà, che prime del diciannovesimo secolo, conservava ancora il suo
originale titolo, S. Maria di Gerusalemme per il suo legame al ramo benedettino
con la casa madre. La chiesetta è stata graziosamente restaurata di recente.
Facendo riferimento ai resti murari, difformi per orientamento ed impostazione alla attuale chiesetta, e da ritenersi con notevole sicurezza che il luogo dove essa sorge sia stato costantemente, in epoche precedenti, un ambito di insediamenti
urbani con stratificazioni continue ed interessanti, come dimostrano i rinvenimenti archeologici che stanno a testimoniare la presenza di antichissime culture.
Le pareti della Chiesetta presentano segni di spicconatura dell'intonaco per rimaneggiamenti eseguiti fino al diciottesimo secolo, ma la presenza di una limitata porzione di affresco pittorico, fa pensare che tutto l'invaso interno fosse effettivamente affrescato secondo lo stile monastico medioevale. Al centro della
Chiesetta, sotto il pavimento si ritrova una fossa tombale di sezione tombale di
sezione rettangolare utilizzata al diciottesimo secolo.

 

 

Rocca Nicetina e chiesa di San Giovanni Battista

 

SAN LUCIDO TARDO-GOTICA E RINASCIMENTALE

La chiesa dell'Annunziata ed il fortino di S. Cono sono le testimonianze più insigni della San Lucido tardo-gotica e rinascimentale.
La s.s. Annunziata è un gioello di rara architettura del XV secolo.
Ha un portale di tipo durazzesco ed un interno luminoso ad unica navata.
Il frontone è ampio e tricuspidale ed insieme al portale lapideo ogivale costituisce
una splendida opera tardo-gotica del periodo aragonese.
Molto più recente, cioè del 1769, è l'altare maggiore in marmi policromi.
Ai lati dell'altare, due pannelli marmorei che raffigurano l'angelo annunziante e la
Madonna, sono bassorilievi della scuola siciliana con una data del 1506.
Anche dietro l'altare, nella parte del coro c'è un paliotto marmoreo figurato con
bassorilievo della stessa scuola del rilievo dell'Annunciazione.
La Chiesa dell'Annunziata è affiancata da una cappella laterale che risale alla fine
del XVIII secolo che anche oggi serve come sede e luogo di culto della Congrega
del SS.mo Rosario.
Di grande interesse storico è il fortino di S. Cono, eretto nel 1500 da Pietro di Toledo come baluardo di difesa contro le invasioni piratesche da cui San Lucido
fu ripetutamente colpita. Attualmente del fortino resta il possente torrione
fortilizio semicircolare con muraglie munite di merlature.
 

 


 

Corso Umberto 1° 
 

SAN LUCIDO DEL PERIODO BAROCCO

L'edificio seicentesco più importante è la Chiesa di San Giovanni Battista, elevata
a parrocchia nel 1745.
Una parte di questa Chiesa, quella cioè vicina alle rampe d'accesso al castello feudale, conserva tracce gotiche, recentemente restaurate, che testimoniano come
questa parte della Chiesa già funzionasse come cappella dell'antico Maniero.
L'interno è diviso in tre navate, una centrale e due laterali.
L'altare maggiore è stato ricostruito molte volte, anche ultimamente, perché colpito da un fulmine. L'abside che conclude la navata è  coperta dal catino che è ornato con metope e bassorilievi decorati, che mettono in rilievo il dipinto raffigurante l' "Agnus Dei".
Uscendo dalla chiesa di San Giovanni, che è carica di suggestioni artistiche e
storiche, si rimane colpiti dalla nobiltà di alcuni edifici di civile abitazione che
gravitano intorno al centro storico.
 

                                                                    (Tratto dal libro di Don Raimondo Verduci )
 
 

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