Don LUIGI ORIONE, prete piemontese
(Pontecurone - AL) è stato definito da Pio XII "Apostolo
della carità, padre dei poveri, benefattore dell'umanità
afflitta ed abbandonata".
Papa Giovanni Paolo II, che lo dichiarò beato nel 1980, disse di
lui "Ebbe il cuore e la tempra dell'Apostolo Paolo".
Nato nel 1872 da famiglia povera, imparò presto e sperimentò
la vita del povero, aiutando la madre nei lavori dei campi ed il
padre nella dura fatica del selciatore di strade.
Una vita avventurosa che lo vide prima, a 13 anni, aspirante
Francescano a Voghera, dove per grave malattia viene dimesso dopo
appena sei mesi; poi aspirante Salesiano a Torino (vi conosce Don
Bosco, ne diventa, per i tre anni di ginnasio, alunno e lo
assiste sul letto di morte).
Don Bosco gli rimarrà sempre nel cuore come punto di riferimento
per la purezza, l'amore alla Madonna e al Papa e soprattutto ai
ragazzi.
Tornato in famiglia per cause misteriose, entra nel seminario
di Tortona ove, per pagarsi la retta, dorme sul voltone del duomo
e fa il sacrestano.
Lì diventa prete, ma, col permesso del Vescovo Mons. Igino Bandi
dà vita ad una sua fondazione .
E' ancora seminarista, ha 20 anni: inizia con un oratorio festivo
per ragazzi. A 21 anni, studente di teologia, apre un collegio
per adolescenti poveri che non possono frequentare il seminario
vescovile.
Per avviare al lavoro ragazzi orfani apre colonie agricole e
pensa, in un primo tempo, di farle guidare da un ramo di
consacrati che chiama Eremiti della Divina
Provvidenza.
Il Vescovo di Tortona, Mons. Bandi, nel 1903 dà
l'approvazione diocesana all'opera di Don Orione che si chiamerà
Piccola Opera della Divina Provvidenza,
avrà come motto la frase di San Paolo "Instaurare omnia
in Christo" (ricapitolare tutto in Cristo) e come
programma "Gesù, Papa, Anime, Maria".
Il Papa Pio X lo stimò molto, ne ricevette la professione
perpetua (I Voti di castità, povertà, obbedienza) e gli affidò
compiti importanti, specialmente in occasione di gravi calamità
quali il terremoto di Messina (1908), e della Marsica (1915). Lo
nominò Vicario Generale di Messina, dove ebbe anche tante prove
e sofferenze: nei due terremoti, accorse per soccorrere in modo
particolare i tanti bambini rimasti orfani per la grave targedia
e per essi aprì alcuni Istituti. I primi suoi seminaristi
diventarono suoi collaboratori ancora durante i loro anni di
studio, Don Orione li coinvolgeva nell'assistenza dei poveri.
"Fabbricati" i suoi primi preti, pensò subito alle missioni e nel 1913 ne invia alcuni ad aprire una tenda in Brasile, poi in Palestina, a Rodi ... Dal 1915 dà inizio anche ad una fondazione femminile che si articolerà presto in tre rami (Piccole Suore Missionarie della Carità, Suore Sacramentine Adoratrici non vedenti e Suore Contemplative del SS.mo Crocefisso). Con le Suore inizia l'attività caritativa dei Piccoli Cottolengo per i poveri più poveri, di ambo i sessi, abbandonati, malati, rifiutati e senza possibilità di assistenza. Fece suo il motto "La nostra Carità non serra porte" e stabilì che a chi bussa alle sue Case non si chieda se ha soldi o se è credente, ma solo se ha un dolore.
Altre Case aprì in Polonia (1923), poi negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Albania e, personalmente, nel 1921 e nel 1934, in Sudamerica per attivare istituzioni a servizio degli emigranti, degli orfani e dei poveri. Amò e divulgò l'amore più tenero alla Madonna (per lei costruì il grande Santuario-Basilica della Madonna della Guardia in Tortona) ravvivando le devozioni popolari, rilevando chiese abbandonate o cadenti per ridonarle al culto. Lavorò moltissimo per riportare alla Chiesa sacerdoti vittime del modernismo ed anche sacerdoti in difficoltà. L'ultima sua opera, nel 1939, a Genova per signore Nobili, ma per varie circostanze ridotte in povertà e abbandono.
Morì a Sanremo il 12 marzo 1940, all'età di 68 anni, lasciando un grande rimpianto ed una ragguardevole costellazione di opere: 120 Istituti, 820 religiosi (Sacerdoti, Fratelli Coadiutori, Eremiti). Di questi, i sacerdoti erano 220; le suore erano alcune centinaia.
Umile, dimesso, attivissimo nonostante la condizione di una salute precaria, capì ed interpretò la povertà del suo tempo ed ebbe intelligente conoscenza della storia e del suo cammino: il suo carisma è ancora attuale e fresco. Si era proposto, e lo fece con tutto l'ardore, il progetto di aiutare il povero, le classi lavoratrici, nel binomio religione-patria. Alle sfide del liberalismo, del socialismo e del positivismo tese a scristianizzare la società, oppose il linguaggio della carità.
"Fine della nostra Opera - scrisse - è accrescere in noi e negli altri l'amore alla Chiesa a al Papa. L'amore alla Chiesa e al Papa è il nostro Credo. ... Prima la Chiesa, il Papa ... e poi, molto dopo, il pane e la vita".
Don Orione fece suo l'anelito di Cristo "Siano tutti
una cosa sola". Nelle Costituzioni della sua
Congregazione è scritto:
"E' proprio del nostro Istituto l'impegno di pregare,
lavorare e sacrificarsi per ripristinare, nella Chiesa, l'unità
spezzata e favorire con ogni mezzo quello slancio ecumenico che
lo Spirito ha suscitato nella sua Chiesa".
[ Don Orione | Piccola Opera Della Divina Provvidenza | Provincia Religiosa San Benedetto ]
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