The Standells

By  Ernie “Thee Mod Doctor”

(Jamboree n°29)

 

The Standells non possono essere certo definiti una band venuta fuori dal nulla. Alcuni di loro avevano già una certa esperienza alle spalle nello show biz e prima di raggiungere il successo fecero gavetta nei club statunitensi, in trasmissioni televisive e pellicole per teenager, rischiando di venire confusi (e dimenticati) nella miriade di altri gruppi che si muovevano al loro fianco. Ripercorriamo insieme la storia di questa band, tra le luci del palco, caotici camerini, 45 che ottengono solo le briciole nelle charts, estenuanti tours, stanze d’albergo sempre diverse e sempre uguali, il proprio nome.

Larry Tamblin era figlio di Eddie Tamblyn, figura ai margini dello show business americano come attore e tecnico di scena fin dagli anni 30 mentre suo fratello maggiore Russ aveva scelto la via del ballo e della recitazione apparendo in pellicole come Il ragazzo dai capelli verdi, Sette Spose per sette Fratelli, West Side Story (Riff, il capo dei Jets) High School Confidential e ottenendo quasi dieci anni dopo la consacrazione definitiva tra i fan dei b-movie con l’interpretazione dello psicopatico Anchor in Satan’s Sadist per poi riaffiorare in un altro cult come Twin Peaks (era il Dr. Jacobi). Ai tempi della high school Larry aveva cominciato a suonare in bands amatoriali e prima di dar vita alla formazione embrionale degli Standells aveva già inciso dei 45 come solista per la FaRo Records di Eddie Davis, nome noto nella scena di East L.A. (vedi recensioni).

Il batterista Dickie Dodd invece alla fine degli anni 50 aveva fatto parte dei ragazzini del Mickey Mouse Club, i cosidetti Mousekeeters (una vera fucina di giovani talenti, da Annette a Britney Spears …ehm, qualcuno si lamenta per l’uso del termine "talento" in questa frase….) e tra il 1961 e il 1964 aveva suonato con The Casuals, The Belairs e Eddie & The Showmen. Anch’egli aveva già inciso dei 7’ come artista solista e aveva accompagnato in studio The Righteous Brothers e Jackie De Shannon.

Ma andiamo con ordine…

La prima formazione degli Standells aveva nome The Starliners e nel 1960, dopo aver appunto cambiato il nome, riuscirono a procurarsi il primo serio ingaggio per quattro mesi in un club delle Hawaii di proprietà di un ex giocatore di football americano. Nel 1963 uscì per una sussidiaria della FaRo Rec., la Linda, il 7’ You’ll be mine someday/The Girl in my heart a nome di Larry Tamblin & The Standels mentre la bands incise anche alcuni frammenti del soundtrack di Follow The Boys, pellicola con Connie Francis.

 

Fino al 1964 si fecero esperienza suonando nei night club della Costa Ovest con una formazione composta da Larry Tamblin (voce), Tony Valentino (chitarra), Gary Leeds (basso) e Gary Lane (batteria). Nel 1964 , con il nuovo batterista Dick Dodd che rivestiva in alcuni brani anche il ruolo di cantante, riuscirono a fare il salto di qualità ottenendo ingaggi in locali prestigiosi di Hollywood come The Peppermint West o il PJ’s. Grazie al loro nuovo manager Burt Jacobs e alla nascente beatlemania ottennero un contratto per la Liberty che portò alla uscita di un nuovo singolo, accreditato ai soli Standells, Peppermint Beatle/The Shake. A Las Vegas vennero addirittura presentati sui cartelloni come "la risposta americana ai Beatles". Nonostante il tentativo di sfruttare la fama dei Fab Four, il repertorio degli Standells era imperniato su una serie di cover blues e R&B; questo è testimoniato dai seguenti singoli su Liberty Help Yourself/I’ll go crazy (rispettivamente brani di Jimmy Reed e James Brown) e Linda Lou/So Fine così come dal primo loro album, Live at PJ’s sulla linea di altri album registrati nel noto locale, il più famoso fra tutti quello del Bobby Fuller Four), che oltre ai citati singoli raccoglie cover di Money, Louie Louie, Ooh Pooh Pah doo, Bonie Moronie (questa era la dance music dell’epoca, su cui i teen ager ballavano il jerk e il frug!!!) e di You can’t do that.

 Questo album venne poi ristampato dalla Sunset, sottoetichetta della Liberty, nel 1966 col titolo di LIVE AND OUT OF SIGHT (i brano del singolo Peppermint Beatle/The shake sostituiscono in questa vesione You can’t do that e What have I got…)

Suonando Help Yourself The Standells si esibirono all’American Bandstand e sempre in questo periodo collezionarono una serie di apparizioni TV in alcune scene ambientate in un night club nel corso di un episodio del serial Ben Casey, col nome di Love Bugs nella sit-com Bing Crosby Show e in un episodio dei Munsters (il loro cameo più famoso, eseguendo I want to hold your hand dei Beatles ). Nello stesso anno il nome degli Standells appare in una pellicola rivolta ad un pubblico di teen agers: Get Yourself a College Girl (MGM) che vedeva artisti come The Animals, i Dave Clark Five, Jimmy Smith, Freddie Bell & The Bellboys, Astrud Gilberto e Stan Getz intervallare con le proprie esibizioni la trama nello stile del più classico teen movie. The Standells, con un look molto pulito da college band, vi eseguono Bony Moronie in una scena di dance party e The Shake (qui ribattezzata The Swim).

Nel 1965 lasciarono la Liberty e firmarono per l’etichetta Vee Jay di Chicago e uscirono due singoli, prodotti da Sonny Bono, The boy next door/B.J. Queztal (sul lato a Cher è presente come backing vocals mentre il lato b è strumentale) e Don't’Say Goodbye/Big Boss Man. Apparvero inoltre in show televisivi come Shivaree, Shindig o il Lloyd Thaxton show ma purtroppo la band con le sue produzioni non era ancora riuscita a sfondare oltre il muro del numero 100 nelle classifiche USA. Nel tentativo di iniettare nuova linfa nel gruppo Jacobs si rivolse a Ed Cobb, ex membro dei Four Preps, che dopo aver scritto hit soul del calibro di Tainted Love ed Every Little Bit Hurts era alla ricerca di una band che incidesse il suo materiale più orientato verso il rock . Nel corso di alcune session gli Standells così registrarono il materiale di Cobb, senza però esserne particolarmente conquistati , tant’è vero che subito dopo Dick Dodd lasciò il gruppo, sostituito da Dewey Martin (musicista del giro northwest, poi Buffalo Springfield) e gli Standells uscirono sul mercato con il singolo Zebra in the kitchen/Someday you’ll cry per la MGM. Il lato a è infatti il tema di una pellicola per bambini ambientata in una fattoria dove si allevano animali selvaggi e accompagna i titoli di testa in stile cartoon.

Nel novembre del 1965 una etichetta losangelina, la Tower, sussidiaria della Capitol, accettò di pubblicare un singolo con due brani tratti dalle session col materiale di Edd Cobb, Dirty Water, ispirato a Cobb dal fiume Charles di Boston e Rari.

Fu la svolta nella carriera degli Standells. Nei primi mesi del 1966, partendo dalla Florida, dove nel corso di un tour il bassista Gary Lane lasciò la band e fu sostituito in via definitiva da Dave Burke (aveva suonato nei Tropics, quelli di As Time Gone…) e passando per la California il singolo esplose fino ad arrivare al n.11 nelle national charts USA. L’inatteso successo risvegliò l’interesse di Dodd verso il gruppo, tant’è che ritorno dietro la batteria e portò alla necessità di registrare un album per sfruttare la acquisita notorietà, battendo il ferro finche era caldo, come si suol dire. Così, mentre la band era in tour nella zona del North West, Seattle e dintorni, nello studio di Kenny Barton, dove diverse band della scena avevano registrato, la band incise il materiale che appare sull’album DIRTY WATER, uscito sempre per la Tower, etichetta che in breve tempo, grazie agli album degli Standells, della Chocolate Watchband e di Davie Allan & The Arrows entrò nella storia del garage dei Mid 6ts. Il disco presentava quattro brani di Cobb , due composizioni originali della band e covers di Little Sally Tease, Hey Joe e 19th Nervous Breakdown.

Arrivò al n. 52 delle classifiche e rimase nelle charts per quattro mesi interi. Nell’estate del 1966 gli Standells, con un look più da "cappelloni" , accompagnarono gli Stones nel loro tour americano (l’altra band scelta furono i Mc Coys) , sull’onda del quale la Tower pubblicò un nuovo singolo con materiale proveniente sempre dalle session di Seattle: Sometimes good guys don’t wear white /Why did you hurt me (miglior posizione in classifica: n. 43). Nel giugno 1966 poi in California, sotto la guida di Ed Cobb e Richie Podolor la band registrò i brani destinati ad apparire sempre nel corso dello stesso anno sul 33 Why Pick On Me (noto anche come Sometimes Good Guys…). La scelta delle cover è ridotta a due- Paint it black ( Rolling Stones) e My Little Red Book (Burt Bacharach/Love)- e a fianco di Ed Cobb , che comunque firma episodi del calibro della title track e di Have you ever spent the night in a jail (in una esibizione a Where the Action is The Standells apparvero vestiti da galeotti mentre cantavano in play back questo pezzo) , o di nomi consolidati dello show biz USA come la coppia Mann e Weill i componenti della band figurano anche qui come autori di alcuni brani: molto bella Mr. Nobody di Tamblyn ed anche la famigerata Tu mi hai fatto innamorare non è poi male, sicuramente da recuperare in questi tempi in cui l’ easy non è più peccato! Certo, una ballata come questa stona un po’ rispetto a brani cattivi come Sometimes Good Guys…, Mr. Nobody o l’aggressiva cover di My Little Red Book: i tempi stavano cambiando, i riots sul Sunset Strip datano novembre 1966 e , nonostante un tour nei college con i Beach Boys e uno nel profondo sud (dove i loro capeeli lunghi e l’accento italo americano di Tony Valentino destavano ancora diffidenza…) ed un album come HOT ONES, mera raccolta di cover di hit 6ts, da brani di Donovan a quelli di Sam The Sham, gli Standells stavano cambiando anche loro. Non è una mera battuta per introdurre il nuovo bassista della band, John Fleck. Tra la fine del 66 e i primi mesi del 67 per vari motivi anche The Standells cavalcarono l’onda della protesta giovanile.

Nel dicembre 1966 sempre su Tower uscì il 45 Try it/Poor shell of a man. Nella primavera del 67, quando il lato a cominciò ad avere un certo riscontro radiofonico, il disco fu al centro di una controversia legata ad una presunta oscenità del testo, con attacchi da parte di associazioni che lo avrebbero voluto censurare o addirittura proponevano di proibirne la trasmissione. Nel gennaio 1967 venne pubblicato il singolo Riot on Sunset Strip/Black Hearted Woman. IL lato b appariva già su Why…mentre il lato a è la title track dell’omonimo film che apparve nel marzo dello stesso anno. Al film e alla sua colonna sonora partecipa anche l’altra garage band che incideva per la Tower, anch’essa prodotta da Ed Cobb, la Chocolate Watchband. Nella pellicolca, classico 6ts per la AIP, viene raccontata la storia di Andy (Mimsy Farmer) una teenager che, frequentando i locali del Sunset Strip a Los Angeles, nel corso di una festa viene indotta inconsapevolmente ad assumere della LSD e così alcuni ragazzi abusano di lei. Suo padre, il capo della polizia locale (Aldo Ray) finora era stato tollerante nei confronti della gioventù che si riuniva sullo Strip ma dopo quanto è accaduto a sua figlia cambia decisamente attegiamento, scatenando la reazione dei giovani beatnik. Gli Standells appaiono in Riot…suonado in un night club il pezzo già citato e Get Away from here, in versione differente rispetto al soundtrack album.

Sempre nel 1967 sotto lo pseudonimo di The Sllednats fecero uscire il singolo "Don’t tell me what to do/When I was a cowboy", niente più che una parentesi scherzosa nella loro carriera.

Il 1967 è anche l’anno in cui vede l’uscita anche l’ultimo lp degli Standells, TRY IT, con tanto di scritta "Banned" a mo’ di sticker sulla copertina per sfruttare il clamore suscitato mesi prima dal singolo. E’ un disco in bilico tra il garage, la psichedelia e certe sonorità di grezzo R&B. Anthem 6ts come Riot On Sunset Strip e Barracuda o una lenta e bluesata St. James Infirmary convivono fianco a fianco con la psych All Fall Down e con le iper souleggianti Can’t Help But Shake e Ninety Nine and A Half (quest’ultima di Wilson Pickett). Proprio queste ultime furono scelte per un singolo e , per stessa ammissione dei componenti della band, su Can’t …gli Standells non suonano per niente: il suono R&B è dovuto a dei session men di colore reclutati da Cobb. I nodi stavano venendo al pettine, c’erano divergenze tra Cobb e il resto del gruppo soprattutto per quanto riguardava la scelta del materiale e Jacobs aveva lasciato il ruolo di manager allo stesso Cobb, in disaccordo con le sue decisioni. Questa dicotomia di vedute è rispecchiata anche nell’ultimo singolo degli Standells Animal Girl/Soul Drippin’ del 1968: Animal Girl è un brano tinto di psichedelia con tanto di sitar , Soul Drippin è intriso di R&B ballabile. Ma la dicotomia andava crescendo anche nel pubblico: da un lato c’era la platea pop che di li a poco avrebbe decretato il successo della bubblegum music di Archies e Ohio Express (questi ultimi nello stesso 1968 portarono al n.83 delle classifiche la famigerata Try It!) agli occhi del quale The Standells apparivano comunque un gruppo "ribelle", dall’ altro la ribellione giovanile si incanalava verso gruppi più radicali, impegnati politicamente e sperimentali, paragonati ai quali The Standells apparivano datati e "leggeri". Lo stesso Cobb convinse poi Rick Dodd a lasciare il gruppo, prospettandogli la possibilità di una carriera solista. Un nuovo cambio di formazione sarebbe stato il male minore ma purtroppo Cobb accampò delle pretese legali sul nome della band e questo impedì a Tamblyn e compagni di firmare per alcune etichette che si erano dichiarate interessate alla band come la ABC/Dunhill. Fino al 1969 The Standells sopravvissero esibendosi nei club (ebbero in formazione anche un giovanissimo Lowell George) poi si sciolsero. L’interesse per gli Standells però non svanì: nel 1972 Nuggets, la mitica compilation su Elektra ad opera di Lenny Kaye, riproponeva Dirty Water e con il garage revival dei mid 80s la band assumeva nuova notorietà (tutti gli album della band sono stati oggetto di ristampa su svariate etichette : Big Beat, Rhino, Eva e Sundazed e diverse sono anche le raccolte di materiale della band, sotto forma di Best o Rarities, mentre su molte compilation, da Pebbles a Born Bad oltre che Nuggets compaiono brani degli Standells.

 

 Non sto a farne un elenco dettagliato ma segnalo una piccola curiosità: su What a way to die della Satan Rec. c’è una bonus track che pare sia una delle prime loro registrazioni. ), le loro canzoni furono oggetto di cover e senza timore di smentite si può dire che oramai per noi appassionati pezzi come Barracuda, Dirty Water, Rari, Good Guys…hanno oramai la statura dei classici. Vi sono stati persino dei finti Standells che nel corso della seconda metà degli 80s giravano per i club del Midwest e furono smascherati da un fan nel corso di una trasmissione radiofonica e colti sul fatto, su sua segnalazione, dalla polizia e da Dick Dodd, mentre si esibivano in un locale (la storia è raccontata su uno degli ultimi numeri di Kicks). I veri Standells si sono esibiti al Cavestomp 99 (il festival garage organizzato a New York in occasione della record fair sponsorizzata dalla WFMU, la più importante radio "oldies" di New York- anche se è un po’ riduttivo definirla così…ascoltate su Internet Dave The Spazz e mi direte!!!!- che si caratterizza prorio per queste reunion) e al Las Vegas Grind 2000. Su quest’ultima esibizione ho letto pareri discordanti, non sempre positivi. Noi non c’eravamo e non possiamo giudicare. L’unica cosa che possiamo fare è rispolverare i loro dischi mentre leggiamo questo articolo. TRY IT!!!!