Witz: between psychoanalysis and humour

 
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  Freud e l'umorismo

di Hans Strotzka





Da quando, nel 1905, Sigmund Freud pubblicò il suo libro sul Motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio (1) e nel 1928 il suo saggio su L'umorismo (2), questo tema è diventato un compito legittimo della ricerca psicoanalitica. In paragone al gran numero di scritti psicoanalitici su altri temi il numero degli scritti sull'umorismo è molto scarso. Th. Reik (3), A. Brill (4), E. Kris (5), M. Grotjahn (6), E. Bergler (7) e M. Wolfenstein (8) sono brillanti eccezioni. Si può concludere che la situazione teorica della ricerca sull'umorismo è da un lato molto insoddisfacente e che dall'altro anche dai risultati sinora ottenuti sono state tratte scarse conseguenze. Noi stessi ci siamo più volte occupati di questo tema e vi ritorneremo ancora (9).

Come conclusione alle sue ricerche sul motto di spirito e la comicità, Freud dice dell'umorismo: <<Una ricerca sulla comicità, per quanto fuggevolmente condotta, sarebbe gravemente manchevole se non contenesse almeno alcune osservazioni sull'umorismo. La loro affinità sostanziale è tanto poco dubbia che un tentativo di delucidare la prima deve fornire almeno una componente utile alla spiegazione dell'umorismo. Nonostante i molti argomenti giusti e solenni addotti nella valutazione dell'umorismo, il quale, essendo una delle più alte funzioni psichiche, gode anche il particolare favore dei pensatori, non possiamo esimerci dal cercare di esprimerne l'essenza accostandoci alle formule usate per il motto di spirito e per la comicità>> (10).

Da questa citazione risulta assai chiaramente una concezione fondamentale di Freud che si manifesta poi in particolare anche nel successivo piccolo saggio sull'umorismo: che , cioè, egli, nel suo personale sistema di valori, pone, non è ancora del tutto chiaro in che modo, l'umorismo ad un livello più alto del motto di spirito e della comicità. Ritorneremo anche su questo punto. Nello stesso scritto egli continua poi così: <<Ora l'umorismo è un mezzo per ottenere il piacere a dispetto degli affetti penosi che dovrebbero turbarlo; esso soppianta lo svilupparsi di questi affetti, ne prende il posto. Condizione perché si dia umorismo è che si determini una situazione nella quale noi siamo tentati, conformemente alle nostre abitudini, di liberare affetti penosi e in cui agiscono su di noi motivazioni a reprimere in statu nascendi questi affetti. Nei casi appena menzionati la vittima del danno, dolore e simili potrebbe ricavare un piacere umoristico, mentre colui che non è coinvolto ride del piacere comico. Il piacere dell'umorismo nasce allora, non possiamo espreimerci altrimenti, a spese di questo mancato liberarsi d'affetto, sgorga dal dispendio affettivo risparmiato.

L'umorismo è la specie di comicità che più basta a se stessa; il suo processo si compie in un'unica persona, la partecipazione altrui non vi aggiunge nulla di nuovo. Posso conservare per me il godimento del piacere umoristico sorto in me senza sentirmi spinto a comunicarlo. Non è facile spiegare quello che avviene in una persona quando si genera piacere umoristico; possiamo tuttavia farcene un'idea dall'esame dei casi nei quali l'umorismo è stato comunicato oppure percepito a posteriori, nei quali, avendo capito ciò che intende l'umorista, ottengo il suo stesso piacere. Può essere istruttivo il caso più grossolano di umorismo, il cosiddetto umorismo macabro. Un briccone che viene condotto alla forca di lunedì esclama: 'Comincia bene questa settimana!'. Questo propriamente è un motto di spirito giacché l'osservazione è in sé veramente azzeccata, d'altra parte è assurdamente fuori posto, visto che quella settimana non gli porterà certo altre novità. Ma vi è una buona dose di umorismo in un motto del genere, nel non tenere conto di tutto ciò che distingue questo inizio di settimana dagli altri, nel negare la difformità che potrebbe dar motivo a commozioni del tutto particolari>> (11).

Nel saggio sull'umorismo Freud include il motto di spirito del candidato alla morte e ritrova per l'umorismo parole patetiche di lode che stanno in impressionante contrasto col suo stile altrimenti piuttosto sobriamente realistico, e mostrano di nuovo che il suo comportamento verso l'umorismo è insolito.

Era perciò facile esaminare questo rapporto personale in un esempio concreto. L'analisi del contenuto di un'opera letteraria è, secondo l'esempio dello stesso Freud, una strada legittima per capire le motivazioni consce e inconsce di un autore (12). Si è perciò tentato di valutare gli esempi di motti di spirito che Freud utilizza nel suo libro. Sono ivi citati complessivamente 150 esempi di cui solo in parte è citata la fonte. I due autori principali ai quali Freud si rifà sono Heine e Lichtenberg. Anche Shakespeare è invero spesso citato, ma le citazioni non sono veri esempi di motti di spirito. Nestroy, il che sorprende, compare una sola volta. Mark Twain viene parimenti discusso senza esempi (come difesa della compassione). La maggior parte dei motti di spirito citati provengono evidentemente da un'attività di collezionista condotta quotidianamente e dalle possibilità di informazione che una persona interessata ricava dal consueto campo di informazione. Sicuramente c'è alla base un processo conscio o inconscio di selezione degli esempi scelti.

Relativamente al meccanismo del motto di spirito si hanno le seguenti percentuali di frequenza: condensazione, 10; le sue modificazioni, come per es. l'allusione, 5; motto di spirito per assonanza e impiego molteplice di una parola o del materiale verbale, 5; modificazione vera e propria, 5; doppio senso, come pure l'uso di parole ed espressioni vuote e di gergo, 17; freddura, 7; spostamento, 14; ragionamento erroneo e controsenso, 10; unificazione, 15; doppio senso con allusione, 20.

I cosiddetti motti di spirito innocenti sono adoperati dieci volte; per il motto di spirito tendenzioso nelle sue quattro forme: l'ostile-aggressivo, l'osceno-di denudazione, il cinico-critico-blasfemo e lo scettico, sono addotti stranamente soltanto pochissimi esempi che al giorno d'oggi hanno sul lettore un effetto piuttosto divertente. Questa impressione potrebbe, naturalmente, essere espressione dello spirito del tempo, nel senso che attualmente si sarebbe abituati a un modo di fare più mordace che nel 1905. Altre raccolte di motti di spirito mostrano tuttavia, già alla fine del diciannovesimo secolo, che anche allora si doveva fare i conti, come bene generale di informazione, con motti di spirito molto più aggressivi di quelli adoperati da Freud. A conclusione degli esempi vengono citati scherzi e motti di spirito ingenui e persino motti di spirito di bambini, stranamente, malgrado le molteplici affermazioni di Freud che non accorda ai bambini alcun senso dell'umorismo.

Partendo da un'altra categoria classificatoria sono abbondantemente rappresentati i motti di spirito ebraici (20), poi quelli di ambito linguistico francese (10), inglese (6), ed italiano (4). Tutti gli altri provengono dal patrimonio linguistico tedesco in cui sono indicati come specificatamente ebraici solo quei motti di spirito che nel testo sono chiaramente marcati come tali. Motti di spirito di autori ebrei che non si riferiscono sicuramente a caratteri stereotipi ebraici e che sono molto numerosi non sono stati registrati sotto la categoria di motti di spirito ebraici.

In base al contenuto, si trovano stranamente molti motti di spirito che hanno a che fare con la letteratura. Altrimenti il contenuto si allarga a tutte le sfere della vita. Anche la medicina e la vita universitaria, come pure i rapporti con l'autorità dinastica sono rappresentati con relativa frequenza. Molto curioso è che il motto di spirito osceno in senso stretto non viene esemplificato ed in tutto sono citati solo otto esempi con contenuto sessuale, i quali sicuramente appaiono del tutto innocenti, non soltanto se considerati dall'odierno punto di vista.

Ciò che più colpisce il lettore d'oggi è che una nuova forma di umorismo, comparsa già sin dal 1920, il cosiddetto umorismo nero, che si avvale prevalentemente degli artifici del manierismo (13) e dell'assurdo ed è caratterizzato da una distruttività aggressiva (14), non è stata considerata né prevista da Freud.

Questo prospetto fa vedere chiaramente che Freud ha tratto la sua selezione di esempi dalla sua profonda conoscenza letteraria di più lingue, dalla conversazione e da fonti casuali di informazione. La sua predilezione per Heine e Lichtenberg ci fornisce un'indicazione della sua simpatia per una ironia intellettuale quale tratto caratteristico della sua comprensione umoristica. Assai notevole è l'affinità col riferimento doppio e molteplice, così come il suo interesse per la sostituzione di un suono e il gioco di parole ed il rapporto con i processi primari che gli erano familiari già dal lavoro sui sogni (condensazione, fusione, spostamento ed unificazione ). L'aggressione diretta e l'oscenità cadono al di fuori della sua cerchia d'interessi coscienti.

La predilezione per i motti di spirito ebraici con la loro saggezza ed amorevole autodenigrazione va interpretata sicuramente non solo in base alla problematica personale di Freud in quanto ebreo ma anche, in gran parte, in base alla predilezione del viennese per le storielle sugli ebrei, giacché il rapporto con Vienna, per quanto ambivalente potesse essere, è stato tuttavia un elemento molto importante nella formazione della sua personalità (15).

Sul suo umorismo si trova riferito ben poco dai suoi biografi. Anche se la grande biografia di E. Jones (16) è stata criticata per più versi come <<officiosa biografia di corte>>, la si può qui tuttavia ben citare. Così egli riferisce sui sei membri del circolo ristretto, il <<Comitato>>:

<<Tutti, ma Freud più di ogni altro, possedevano il dono dell'umorismo. Ricordo quanto ci fece ridere quando ci disse che il miglior indizio dlla vittoria della psicoanalisi sarebbe stato di vedere esposti nei negozi di Vienna 'regali per ogni stadio del transfert'. A Vienna non è successo, ma mi hanno detto che invece è avvenuto a New York>> (17).

La stessa personalità di Freud viene vista in rapporto con concetti come dignità, forza e durezza nascoste.

  Foto: Joan Rivière

Joan Rivière dice anche: <<Infine questo aspetto così imponente era rischiarato dal brillio di uno spirito affascinante, che stava sempre all'erta, e irradiava costantemente dall'intera sua persona mentre parlava. L'interlocutore si sentiva allora rassicurato: anche la divinità dell'Olimpo  che gli stava di fronte era dunque un mortale!>> (18).

Jones indica come caratteristiche di Freud la pazienza, la prudenza della maturità, il freddo scetticismo che poteva essere interpretato come cinismo e pessimismo, il coraggio, l'impavida onestà, l'intrepida fantasia e l'acuta penetrazione. Ma successivamente lo descrive così: <<Insieme a queste qualità alle quali dobbiamo la sua grande opera, la sua personalità aveva molti tratti umanissimi che lo rendevano ancor più caro agli amici. L'inimitabile asciutto umorismo dei suoi scritti si tramutava, nella conversazione abituale, in affascinante gaiezza e nella capacità di trovare il lato comico di quasi tutte le situazioni. Pur riuscendo ad essere tollerante e filosofo, Freud poteva tuttavia essere anche impaziente o insofferente. Il suo spirito era spesso brillante e caustico, ma poteva essere anche collerico, animoso e spietato. Né posso affermare che Freud sopportasse di buon animo gli sciocchi. Nel lavoro il destino lo costrinse al ruolo di grand'uomo, ma nella vita privata visse come un comune mortale, tuttavia soddisfatto di questo tipo di vita. Detestava i tipi patologici e gli estremismi di qualsiasi genere. E' da questo atteggiamento che derivava in gran parte, secondo me, la sua intolleranza per la religione; perché la religione tende a vedere la vita in bianco e nero e non può accettarne i compromessi e la complessità che sono l'oggetto stesso della psicologia scientifica. Una volta in un'accesa discussione politica Freud fu accusato di non essere di alcun colore, né nero né rosso, né fascista né socialista, ed egli rispose divertito 'No, si dovrebbe essere solo di color carne' cioè del colore dell'uomo comune. In un'altra occasione a proposito di un giovane scienziato che si interessava alla psicoanalisi e che avrebbe potuto riuscire utile alla nuova scienza, Freud mi disse tristemente: 'Ma non posso considerare normale il fatto che abbia sposato una donna tanto più vecchia di lui che potrebbe essere sua madre'. Non potei trattenermi dal ridere dello scopritore del complesso di Edipo, ma egli accolse il mio riso ammiccando, piuttosto seccato>> (19).

Anna Freud menzionava come qualità principale di suo padre la <<semplicità>>. Negli ultimi anni segnati dalla grave malattia questo comportamento, in realtà, sembra che si fosse tradotto in una certa mordacità sarcastica (20).

 

 

(continua - to be continued)

 

 

 

Note:

1) S. Freud, Der Witz, G. W. S. Fischer Verlag.

2) S. Freud, Der Humor, G. W. S. Fischer Verlag, XIV, p. 381.

3) T. Reik, Grenzland des Witzes, in <<Psychoanalytische Bewegung>>, IV, 1932.

4) A. Brill, The Mechanism of Wit and Humor, in <<Psychoanalytical Quarterly>>, XIV, 941, p. 731.

5) E. Kris, Psychoanalytic Explorations in Art, Int. Univ. Press, N.Y., 1952.

6) M. Grotjahn, Beyond Laughter, N.Y.-Toronto-London, 1957.

7) E. Bergler, Laughter and the Sense of Humor, N.Y., 1956.

8) M. Wolfenstein, Children's Humor, Glencoe, Free Press, 1954.

9) H. Strotzka, Versuch ueber den Humor, in <<Psyche>>, 10, 1957, p. 597; e Gesundheit fuer Millionen, Aufgaben der Sozial-Psychiatrie, Wien, Zsolnay, 1972.

10) S. Freud, Der Witz, cit., p. 186.

11) Ibid., p. 187.

12) S. Freud, Der Wahn und die Traume, in W. Jensens Gradiva, 1906, Ges. Werke, VII, p. 31. Trad. italiana, Gradiva, Torino, Boringhieri, 1961.

13)  G. R. Hocke, Manierismus in der Literatur, Hamburg, Rowohlt, 1959. Trad. it., Milano, Il Saggiatore, 1965.

14) Due quadri completamente diversi dell'umorismo nero offrono: A. Breton, Antologia dello humor nero, trad. it., Torino, Einaudi, 1970; D. M. Daris, The World of Black Humor, N.Y., Dutton, 1967.

15)  E. Ticho, Relazione al 27° Congresso Internazionale di Psicoanalisi, Vienna 1971.

16) E. Jones, Das Leben und Werk von Sigmund Freud, Bern, Huber, 1962. Trad. it., Vita e opere di Freud, Milano, Il Saggiatore, 1962.

17) Ibid., vol. II, p. 199.

18) Ibid., vol. II, p. 474.

19) Ibid., vol. II, p. 475.

20) J. Wortis, Fragments of an analysis with Freud, N.Y., Simon and Schuster, 1954.


                
Updated: Jan., 4, 2007



                  


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Bibliography about Humour and Therapy

Philosophy and Humour: Interview to Simon Critchley

"Jewish Humour on Psychoanalysis" by David Meghnagi  (abstract)

"Some Reflections on Humour in Psychoanalysis" by Ronald Baker (abstract)

(in german)

Psychowitze

(in spanish)

What's Witz?

(in italian)

Che ridere questo Freud!  (intervista a Moni Ovadia)

 





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