LA "TENTAZIONE"

Gesù... fu condotto dallo Spirito nel deserto dove, per quaranta giorni,fu tentato dal diavolo. (Luca 4,1-2)



È necessario distinguere due concetti che possono essere formulati attraverso la stessa parola. Da un lato c'è la tentazione in senso stretto che suppone seduzione e induzione al male. D'altro lato c'è la tentazione-prova che ha la funzione di verificare l'autenticità della fede.

Nel primo caso si colloca, ad esempio, la ribellione nel deserto di Israele che provoca Dio attraverso l'incredulità e la sfiducia. Nell'altro caso, invece, può essere all'azione lo stesso Dio che vaglia la fedeltà di Abramo, imponendogli il sacrificio del figlio Isacco, o quella di Giobbe immergendolo nel gorgo oscuro della sofferenza. Analogo è il caso della persecuzione vissuta dai primi cristiani e vista come un crogiuolo di verifica e purificazione (1 Pietro 1,3-9).

In questo senso l'invocazione del Padre nostro - "Non ci indurre in tentazione" - riflette un duplice valore: "liberaci dal tempo della prova, sostenendoci", oppure: "non permettere che cadiamo nella tentazione" satanica. Ora, la tentazione subita da Gesù è esplicitamente raccordata all'opera diabolica: "fu tentato dal diavolo" (Luca 4,2; cf. Malteo 4,1).

È evidente che questo evento non può che essere frutto di una diretta testimonianza storica di Gesù, perché difficilmente la comunità cristiana delle origini avrebbe 'inventato" un episodio in cui il Signore era messo in balìa di Satana, trasferito da un luogo all'altro, sottoposto a una provocazione.

Ora, questa esperienza di Gesù è capitale per affermare la sua vera umanità. La tentazione, infatti, è una via per la verifica della libertà e delle relative scelte e decisioni della volontà umana. Cristo tentato rivela che la sua umanità era piena, segnata da quell'elemento fondamentale che è la libertà. Ora, la vicenda dell'esercizio della volontà libera subisce sollecitazioni esterne (ad esempio il fascino del potere, della ricchezza, del successo, come appare nelle tre scene del racconto di Matteo e Luca), ma il suo sviluppo è squisitamente interiore. Nel racconto delle tentazioni di Cristo siamo, quindi, in presenza di un modo figurato e "drammatico" per narrare un conflitto della coscienza che naturalmente Gesù supera con la sua totale adesione al progetto del Padre.

Più che essere sballottato esteriormen te qua e là, Cristo è interiormente spinto dal tentatore a scegliere vie alternative alla missione che il Padre gli ha indicato: quelle di un messianismo sociale (i pani), taumaturgico (il prodigio della caduta del tempio, rimanendo illeso), politico (i regni della terra). L'esemplificazione visiva di queste vie fa, dunque, parte di un genere letterario narrativo-drammatico. Detto in altri termini, Gesù, confidando la sua esperienza umana storica intima ai discepoli - che poi la racconteranno nei vangeli - l'ha descritta "sceneggiandola", alla maniera semitica, in tre atti emblematici i cui contenuti sono, però, reali e costituiscono l'oggetto effettivo della tentazione da lui sperimentata e vinta.

Anzi, a essere più precisi, il racconto è modellato su una sorta di controversia scritturistica (si citano il Deuteronomio 8,3 e il Salmo 91,11-12) in cui Satana si traveste quasi da esegeta rabbinico, trovando una ferma e sistematica replica da parte del rabbì Gesù. La dimensione teologica rimane, quindi, rilevante: l'evento autobiografico di Gesù non è narrato come un fatto che può incuriosire, ma è interpretato nel suo significato profondo, tant'è vero che Marco ha solo una breve frase che dipinge Gesù come il nuovo Adamo che non cede alla tentazione e vive "con le fiere", in un mondo pacificato e armonico (1,12-13).

Cristo tentato è, allora, l'emblema della solidarietà con la nostra umanità, ma è anche il segno della vittoria sulla tentazione attraverso una scelta libera e cosciente di adesione e di obbedienza alla volontà divina.



LE PAROLE PER CAPIRE

PINNACOLO - Nel racconto delle tentazioni si narra che Gesù è portato da Satana sul pierùghion, la spianata del tempio di Gerusalemme. Il vocabolo greco significa "piccola ala o penna" e indica qualcosa di prominente e sospeso. Probabilmente con questo termine ci si riferiva all'angolo sud-orientale delle mura del tempio che domina a strapiombo la valle del Cedron.

KIPPUR - Il termine ebraico significa "espiazione" e indica una solennità penitenziale ancor oggi cara alla tradizione ebraica, destinata a purificare la comunità dai suoi peccati attraverso una grande liturgia. Essa è descritta nel capitolo 16 del libro del Levitico e comprende, tra l'altro, anche l'imposizione rituale dei peccati del popolo su un capro che veniva poi espulso dalla città e inviato nel deserto, così da rappresentare simbolicamente ed efficacemente la cancellazione del peccato e il perdono.