LA "BELLEZZA"

Il suo volto cambiò d'aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. (Luca 9,29)



Per 741 volte nell'Antico Testamento risuona un vocabolo simile a un soffio, tòb: il suo significato oscilla tra "buono" e "bello" e questo ci fa comprendere come per la Bibbia bellezza e bontà, estetica ed etica s'intreccino tra loro. Due esempi sono al riguardo emblematici. Da un lato, ecco la creazione: giunto al termine di ognuno dei sei giorni dell'opera creatrice, l'autore sacro osserva che "Dio vide che era tòb", cioè una realtà bella e anche buona (Genesi 1,4). Quando entra in scena l'uomo, si usa il superlativo perché quella creatura è "molto bella/buona" (1,31), vero vertice del creato.

D'altro lato, ecco davanti a noi la figura di Cristo: il Vangelo di Giovanni la definisce con un'immagine biblica, quella del pastore. Si è soliti tradurre quella frase così: "Io sono il buon pastore" (Giovanni 10,11.14). In realtà, nell'originale greco si ha: "Io sono il bel (kalòs) pastore", proprio sulla scia del valore dell'aggettivo biblico tob che unisce in sé la bontà e l'amore del pastore Cristo con lo splendore della sua rivelazione che lo circonda quasi di luce, come era accaduto nell'evento della Trasfigurazione (Luca 9,29).

Nella Bibbia la bellezza è, quindi, una qualità divina che si riflette nel creato in tutta la sua varietà e ricchezza. Non per nulla l'autore del libro della Sapienza dichiara che "dalla grandezza e dalla bellezza delle creature per analogia si conosce il loro Autore" (13,5). A essere uno specchio supremo della bellezza di Dio è l'uomo, creato "a sua immagine" (Genesi 1,27).

Il Cantico dei cantici, con le sue delicate e appassionate descrizioni dei corpi della donna e dell'uomo in tutto il loro fascino, ne è la testimonianza più esplicita, tenendo però conto del fatto che il corpo nel mondo semitico non è la mera fisicità organica, ma è l'espressione dell'intera realtà della persona, anche nella sua interiorità.

Questa unione fra spirito e corporeità fa comprendere come la bellezza si debba incrociare con la limpidità della coscienza, con
la luce dell'anima. In caso contrario si ha solamente una dimensione esteriore, perché "falsa è la grazia e vana è la bellezza, è la donna sapiente da lodare" (Proverbi 31,30). Si comprendono, allora, certi giudizi pesanti della tradizione popolare come questo, registrato sempre dal libro dei Proverbi: "Anello d'oro al muso di un maiale, così è una donna bella ma senza cervello" (11,22).

La bellezza, poi, ha una sua manifestazione particolare nel testo stesso delle Scritture. Esse, infatti, costituiscono un vero e proprio monumento letterario. Si hanno, così, pagine poetiche di straordinaria fragranza e intensità, come nel caso di Giobbe o del Cantico o di alcuni Salmi; si offre un arsenale di immagini e di simboli che hanno conquistato l'arte dei secoli successivi; la pagina biblica si impreziosisce di racconti di forte impatto e di parabole incantevoli come le 35 narrate da Gesù (72, se si allarga il discorso pure ai paragoni più sviluppati e alle similitudini più ampie). Perciò l'invito che viene rivolto anche a noi è quello di "cantare Dio con arte" (Salmo 47,8) perché la via pulchritudinis, la "via della bellezza" autentica, è una strada privilegiata per raggiungere il Dio della bellezza.



LE PAROLE PER CAPIRE

TRASFIGURAZIONE - Nel greco dei Vangeli l'esperienza vissuta da Gesù e dai tre apostoli testimoni sul 'monte alto" della Galilea e comunemente detta "Trasfigurazione" èespressa col verbo metamorfoun, donde il vocabolo "metamorfosi" (Matteo 17,2; Marco 9,2). È letteralmente un "cambiare forma" che rende Gesù già simile al Risorto, glorificato e immerso nella luce, segno del divino e del mistero.

TENDA - Era la tradizionale "casa" del nomade, costituita da un telo o da pelli cucite (sovente si usavano tessuti con peli di capra). La vita che si svolgeva attorno e nella tenda è spesso descritta nella Bibbia (ad esempio, Genesi 18) e questo manufatto diventa anche un simbolo del corpo e della vita umana (2 Corinzi5,1-4). La "tenda del convegno" è, invece, il santuario mobile degli Ebrei nel cammino esodico nel deserto e la sua descrizione accurata è presente in Esodo 25-30 e 35-40.