Esdra e la prima stesura della legge


In quei giorni il sacerdote Esdra "portò la Legge davanti all'assemblea degli uomini, delle donne e di quanti erano capaci di intendere". Così si dice in apertura alla prima lettura di questa domenica, tratta dal capitolo 8 del libro di Neemia. Siamo in una giornata autunnale, a Gerusalemme, in un piazzale davanti alla porta delle Acque: il sacerdote e scriba Esdra (in ebraico Ezra, "aiuto"), che è in pratica anche il capo dello stato che gli Ebrei hanno costituito dopo il ritorno in patria dall'esilio babilonese, fa proclamare la Legge davanti a tutto il popolo. Forse si tratta di una prima stesura di quella Torah o Legge che darà origine ai primi cinque libri della Bibbia, quelli che ancor oggi sono il cuore stesso delle sinagoghe.

Chi era questo studioso ("scriba") e sacerdote assurto al vertice della comunità ebraica rientrata nella terra dei padri, col compito di far risorgere una sorta di stato indipendente e rigorosamente legato alle antiche tradizioni? Penso siano pochi quelli che sanno rispondere a questa domanda, anche perché i libri che parlano di questo personaggio sono i meno letti dell'Antico Testamento, un po' per una certa aridità e un po' per le complesse questioni storiche che sollevano o evocano.

Tra l'altro, non si è neppure certi del periodo esatto in cui Esdra abbia compiuto la sua missione. Infatti, si dice che egli si mosse da Babilonia verso Gerusalemme nell'anno
settimo del re persiano Artaserse (Esdra 7,7): ma quale Artaserse, il I o il I!? Avremmo, allora, due date differenti,o il 458 a.C. oppure il 398.

Ma lasciamo agli studiosi questa disputa che coinvolge problemi molto ardui, non ultimo quello del rapporto con l'altro personaggio rilevante del post-esilio, Neemia, giungendo fino al punto di mettere in causa la stessa esistenza storica di Esdra, considerato da alcuni un personaggio posteriore assunto a simbolo dell'antica comunità dei rimpatriati.

La sua opera comprende anche un atto durissimo: per ricostruire la purezza religiosa e sociale dell'Israele ritornato in Terrasanta, egli non esita a costringere al divorzio tutti quegli Ebrei che avevano contratto matrimoni con donne straniere, abbandonando i loro figli ed espellendoli dalla comunità. Ma noi riportiamoci per un momento in quella piazza. Là si era testimoniato un bell'esempio di proclamazione della Parola di Dio, coi leviti che "leggevano nel libro della Legge di Dio a brani distinti, con spiegazione del senso, così da far comprendere la lettura" (Neemia 8,8).

È, quindi, una conoscenza seria e approfondita della Bibbia che genera un fremito di conversione in tutta l'assemblea: "tutto il popolo piangeva, mentre ascoltava le parole della Legge". Dal pentimento nasce la generosità della carità fraterna che si manifesta durante la festa che segue la lettura della Legge: "Tutto il popolo andò a mangiare e a bere, a mandare porzioni ai poveri e a far festa, perché avevano compreso le parole che erano state loro proclamate" (8,12).

Lettura, spiegazione, comprensione, ascolto obbediente, conversione, festa e carità: sono queste le sette luci che devono accompagnare la proclamazione della parola di Dio.