Naaman il Siro, guarito dalla lebbra.


«Cerano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman il Siro» (Luca 4,27). Così Gesù evoca un evento di secoli prima, davanti ai suoi concittadini riuniti nella sinagoga di Nazaret per ascoltarlo. La frase, che risuonerà come una provocazione, è letta nella liturgia di questa domenica. Noi la riproponiamo ora per farvi emergere la figura di Naaman, alto ufficiale del re di Siria, affetto da una grave malattia della pelle, forse la lebbra.

Una sua domestica ebrea l'aveva indirizzato verso il profeta Eliseo, sperando in un miracolo, vista ormai l'impotenza della medicina. Ecco, dunque, quel generale davanti a Eliseo che, senza ricorrere a clamorosi trattamenti magici o a terapie sensazionali e senza esigere parcelle esose, lo invita a un semplice rituale purificatorio nel Giordano. Superato il primo imbarazzo e il sospetto di inefficacia, l'esito è stupefacente: "Naaman scese, si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto: egli era guarito!" (2Re 5,14).

È a questo punto che egli sente non solo il bisogno di attestare la sua riconoscenza al profeta, ma s'accorge anche che nel suo cuore inizia a sbocciare il fremito della conversione. Per quanto riguarda la ricompensa, Eliseo non ha esitazione: "Per la vita del Signore alla cui presenza io sto, non prenderò nulla!" (5,16). Questo esempio di distacco non sarà imitato dall'avido domestico del profeta di nome Ghecazi (o Ghiezi), ma su questo personaggio ritomeremo in futuro. Significativa è, però, la fede che è attestata da una sorta di piccolo Credo pronunziato dal generale, appena uscito dalle acque del Giordano con la pelle sana: "Ora so che non c'è Dio su tutta la terra se non in Israele". È in pratica la dichiarazione del primo comandamento del Decalogo: "Non avrai altri dèi di fronte a me!" (Esodo 20,3).

Ma si presenta un problema concreto. Naaman è un personaggio pubblico ed è costretto per ragioni del suo ufficio a presenziare alle cerimonie solénni che prevedono la partecipazione del re e della corte e che si svolgono nel tempio ufficiale di Damasco, dedicato al dio Rimmon ("melograno"), una divinità della fecondità. Si introduce, allora, una sottile e precisa distinzione tra l'adesione intima e la mera partecipazione formale. Ma c'è di più. Naaman ha scelto ormai di aderire al Dio di Israele ed è per questo che egli porta con sé un carico di terra santa da deporre nell'area del suo palazzo così da avere una specie di area sacra, simile al tempio, sulla quale pregare il Signore. È in pratica il riconoscimento di un luogo di culto anche fuori della terra di Israele, eppure idealmente e concretamente collegato a essa.