Zaccaria, il padre del Battista


È ormai entrato nella storia come il discepolo incredulo: Tommaso è al centro del Vangelo di questa domenica e di lui abbiamo già parlato in passato. Ci sono, però, altre figure di increduli o, almeno, di dubbiosi all'interno della Bibbia.

Ne scegliamo uno che reca un nome molto comune nell'Antico Testamento, così comune da essere portato anche da un profeta, sul quale ntorneremo: Zaccaria, padre di Giovanni Battista.

Dicevo che sono molti a portare questo nome dal significato rilevante: "Il Signore si è ricordato", e il "ricordo" divino è efficace, creativo, trasformatore (si pensi al "ricordo-memoriale" della pasqua ebraica). Oltre al citato profeta, Zaccaria si chiamerà persino uno sfortunato re di Israele, successore di Geroboamo II (VIII sec. a.C.), eliminato dopo soli sei mesi di governo da un colpo di stato (2Re 15,8-12). Pensiamo anche ad altri due profeti, il figlio del sacerdote Ioiada, lapidato nell'atrio del tempio (2 Cronache 24,20-23), e a uno Zaccaria che profetizzò nell'VIII secolo a.C. poco prima di Isaia (2 Cronache 26,5).

Ma ritorniamo al nostro Zaccaria neotestamentario, evocato da Luca nel primo capitolo del suo Vangelo. Egli apparteneva a una delle 24 classi in cui era suddiviso il sacerdozio in Israele, quella di Abia, l'ottava (1 Cronache 24,10), ed era sposato con Elisabetta, una discendente di Aronne, il capostipite della linea genealogica sacerdotale. La presidenza del rito sacrificale nel tempio era regolata da un sorteggio, essendo alto il numero dei sacerdoti. Era, dunque, quel giorno toccato a Zaccaria di celebrare il sacrificio dell'incenso. Preso con le molle un carbone ardente dall'altare degli olocausti, egli aveva dato fuoco ai vari aromi rituali posti su un bacile, era entrato nel tempio e aveva deposto quell'offerta sull'altare perché le volute salissero a Dio come segno della donazione di Israele al suo Signore.

Ma ecco, all'improvviso, un'epifania angelica: l'angelo Gabriele, il messaggero divino presentato nel libro del profeta Daniele, gli annunzia una gioia impossibile, quella di un figlio, impossibile proprio a causa della sterilità e dell'anzianità di sua moglie. La sua è, allora, un'obiezione logica: "Come posso conoscere questo? Io sono vecchio e mia moglie è avanzata negli anni" (1,18).

La replica dell'angelo sarà netta e severa: "Sarai muto e non potrai parlare fino al giorno in cui queste cose avverranno, perché non hai creduto alle mie parole, le quali si adempiranno a loro tempo" (1,20).

Sappiamo come gli eventi si svilupperanno: Elisabetta concepirà un figlio, proprio come la sua giovane parente Maria, lo darà alla luce e lo chiamerà Giovanni, nome imposto dall'angelo. "In quel medesimo istante si aprì la bocca di Zaccaria, gli si sciolse la lingua e parlò benedicendo Dio" (1,64). E le sue parole si composero in quel grandioso cantico che è il Benedictus (1,68-79), un inno che probabilmente faceva già parte della preghiera cristiana delle origini e che Luca adatta e pone sulle labbra di Zaccaria e che ancor oggi è proclamato dalla nostra Liturgia delle Lodi.

Nell'originale greco il testo si compone di due sole frasi fluviali: esse sono una sorta di sintesi di tutta l'alleanza tra Dio e Israele che ora approda al suo apice con la venuta di Cristo.