Tabità, la generosa sarta di Giaffa


Come abbiamo fatto nella scorsa puntata della nostra rubrica, vorremmo anche questa volta far emergere dalla folla dei personaggi che entrano in scena negli Atti degli Apostoli - il libro che è proposto come prima lettura dalla liturgia di questo tempo pasquale - un'altra figura minore.

Dopo Agabo, il profeta, abbiamo pensato di far salire sulla ribalta una donna. Siamo a Giaffa, antica città della costa palestinese, ora diventata una specie di città-satellite o di sobborgo antico e grazioso della moderna Tel Aviv.

Qui viveva una cristiana di nome Tabità, un vocabolo che in aramaico significa "gazzella" e che è tradotto da Luca nella sua seconda opera, gli Atti, col greco Dorcas. La gazzella -parola che deriva dall'arabo ghazzal - è uno degli animali simbolici cari al Cantico dei cantici (2,9.17; 4,5; 7,4; 8,14).

Tabità-Dorcas era una donna generosa, caritatevole, solidale con tutti coloro che erano in necessità.
È per questo che, quando muore e viene allestita la camera ardente al piano superiore della sua abitazione, è tutto un accorrere di donne vedove o povere in lacrime. Anche san Pietro, subito informato del decesso e accorso a visitare la salma, è accolto da "tutte le vedove in pianto, che gli mostrano le tuniche e i mantelli che Dorcas confezionava quando era fra loro" (9,39).

È a questo punto che si fa strada in Pietro una decisione ardita: perché non invocare l'aiuto di Cristo, che aveva risuscitato dai morti non solo Lazzaro o il figlio della vedova di Nain, ma anche la figlia dodicenne del capo della sinagoga di Cafarnao, Giairo, così che anche Tabità sia ridonata alla comunità di Giaffa?

"Pietro, allora, fece uscire tutti e si inginocchiò a pregare; poi, rivolto alla salma, disse: "Tabità, alzati!". Essa aprì gli occhi, vide Pietro e si mise a sedere. Egli le diede la mano e la fece alzare, poi chiamò i credenti e le vedove, e la presentò loro viva. La cosa si riseppe in tutta Giaffa, e molti credettero nel Signore" (9,40-42). È evidente che Luca, come non di rado gli accade di fare, modella l'atto del discepolo su quello del Maestro, cioè Cristo, così da far intuire quale sia la vera sorgente della guarigione o della vita ridonata, secondo i casi diversi dei miracoli compiuti dagli apostoli.

Nell'episodio dl Tabità il pensiero corre sia all'episodio della figlia di Giairo sia a quello del figlio della vedova di Nain. Nel primo caso si ricorda esplicitamente che Gesù, "giunto nella casa, non lasciò entrare nessuno", mentre fuori "tutti piangevano e facevano lamento". Poi, "prendendole la mano, disse ad alta voce: "Fanciulla, alzati!"" (Luca 8,51-54). Anche al giovane morto di Nain Gesù dice: "Giovinetto, dico a te, alzati!" (7,14). Pietro, dunque, ripete gesti e parole di Cristo ed è per questo che il suo atto è una proclamazione della potenza salvatrice del Risorto. Come è noto, la scena della risurrezione di Tabità sarà dipinta da Masolino da Panicale all'interno di quello straordinario complesso di affreschi su san Pietro che Masaccio porterà poi a compimento nella Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine a Firenze (1425).