Acab e lo scontro col profeta Elia


Chi ha letto il famoso, lungo romanzo che lo scrittore americano Herman Melville pubblicò nel 1851, Moby Dick, ricorderà l'impressionante figura del capitano della baleniera Pequod, votato alla cattura della possente e maligna balena bianca che in un viaggio marino gli aveva troncato una gamba. Ebbene, il nome di quel comandante era in inglese Achab, nome portato da un re biblico e che noi di solito trascriviamo Acab ("fratello del padre"). Lo evochiamo in questa domenica perché la liturgia ci propone nella prima lettura un episodio della vita del profeta Elia.

Ora, questo profeta fu il più tenace oppositore del re Acab, figlio di Omri, il fondatore di Samaria, capitale del regno separatista di Israele, staccatosi dal regno di Giuda che aveva per capitale Gerusalemme. Questo sovrano, che governò per oltre vent'anni nella prima metà del IX sec. a.C., aveva sposato una bella e autoritaria principessa fenicia, Gezabele, figlia del re di Sidone.
Fu lei a reggere spesso il timone dello Stato e a convincere il marito a imporre alla nazione una religiosità sempre più modellata su quella della sua patria d'origine.

Si diffuse, così, un culto che rimandava a quel dio Baal e ai relativi riti della fertilità che qualche settimana fa abbiamo presentato proprio su queste pagine. È facile immaginare che, nel silenzio dei sudditi timorosi di un potere sempre più prevaricatore, si levasse alta e forte la voce solitaria di Elia, fedele al Dio dei padri e pronto a denunciare ogni ingiustizia perpetrata.

Celebre fu l'ordalia del monte Carmelo - che abbiamo già avuto occasione di evocare in passato (1Re 18) -,come lo fu l'aspro attacco che il profeta rivolse contro il re e sua moglie in occasione dell'alienazione forzata della terra di proprietà di un
contadino, Nabot, per altro eliminato attraverso un processo farsa (1Re 21).

Anzi, la storia di Elia così come ci è raccontata dal primo Libro dei Re si apre proprio con uno scontro diretto con Acab, in occasione di una siccità: "Elia, il Tisbita, uno degli abitanti della regione del Galaad, disse ad Acab: "Per la vita del Signore, Dio dii Israele, alla cui presenza io sto, in questi anni non ci sarà né rugiada né pioggia, se non quando lo dirò io"" (17,1).

In realtà il regno di questo sovrano mise a segno anche una serie di successi militari e politici, forte com'era dell'appoggio dei fenici attraverso la moglie. Si registrarono risultati positivi persino nel confronto col regno di Aram (Siria), tradizionale e potente nemico di Israele.

Tuttavia fu proprio in occasione di una guerra contro questo Stato che Acab fu ucciso.
Colpito in battaglia, "il sangue della sua ferita colava sul fondo del suo carro. Al tramonto un grido si diffuse per l'accampamento: "Il re è morto!". Lo portarono in Samaria e là lo seppellirono, il suo carro fu lavato nella piscina di Samaria, dove si lavavano le prostitute, e i cani leccarono il suo sangue, secondo la parola pronunziata dal Signore" per voce di Elia, proprio dopo il delitto perpetrato nei confronti del contadino Nabot (1Re 22,35-38).