GHIEZI, IL SERVO DEL PROFETA ELISEO


Abbiamo già avuto occasione di presentare la figura e la storia di Naaman, il generale siro affetto dalla lebbra che viene guarito per opera del profeta Eliseo. Il momento centrale della vicenda è narrato proprio nella prima lettura della liturgia di questa domenica: "Naaman siro scese e si lavò nel Giordano sette volte, secondo la parola dell'uomo di Dio, e la sua carne ridivenne come la carne di un giovinetto". Il racconto, che è contenuto nel capitolo 5 del secondo Libro dei Re, ha una svolta ulteriore, dopo quella della conversione del generale: essa vede coinvolto un personaggio minore che vorremmo far entrare nella nostra galleria di volti biblici.

Prima di presentarlo, però, è necessaria una premessa. Naaman, ottenuta la guarigione, sente impellente la necessità della gratitudine e si rivolge a Eliseo pregandolo di accettare un dono. La replica del profeta è ferma: "Per la vita del Signore, alla cui presenza io sto, non lo prenderò! Naaman, però, insisteva perché lo accettasse, ma egli rifiutò" (5,16). Ad assistere a questa schermaglia c'era il servo del profeta, un certo Ghiezi. In realtà in ebraico il suo nome è Ghehazi, un termine dal significato incerto, che potrebbe essere reso forse così: "Valle della visione". Su questa etimologia si è costruita un'ipotetica interpretazione simbolica: "Uomo dagli occhi sporgenti", cioè "occhi avari", pieni di cupidigia.

Sì, perché la sua brama affiora subito e fa da contrasto col distacco assoluto del suo padrone Eliseo. La sua mente si mette in movimento e riesce a escogitare un piano ardito: "Il mio signore è stato tanto generoso con questo Naaman arameo da non prendere quanto gli aveva portato; per la vita del Signore, gli correrò dietro e prenderò io qualcosa da lui" (5,20). Eccolo, allora, di corsa a inseguire la carovana del generale che sta rientrando in Siria. Raggiuntala, Ghiezi svela a Naaman con una menzogna la frenesia del suo desiderio: "Il mio signore Eliseo mi ha mandato a dirti: Ecco, proprio ora, sono giunti da me due giovani.., da parte dei figli dei profeti. Dammi per essi un talento d'argento e due vestiti" (5,22).

Naaman, con la generosità che lo anima, consegna due vesti e non uno ma due talenti d'argento: il talento, prima di diventare una moneta, era una misura di peso e valeva quasi 35 chili. Sono necessari, perciò, due servi di Naaman per reggere quei 70 chili d'argento, dirottati da Ghiezi a casa sua. Poi, con una buona dose di faccia tosta, egli si presenta a Eliseo il quale gli chiede: "Da dove vieni? - Da nessun luogo! Ma il profeta gli replica: Non era forse presente il mio spirito quando Naaman si voltò dal suo carro per venirti incontro? Era forse il tempo di accettare denaro...? Ebbene, la lebbra di Naaman si attaccherà a te e alla tua discendenza! Ghiezi si allontanò da Eliseo, bianco come la neve per la lebbra" (5,25-27). Terribile questa lezione sull'eterna auri sacra fames, cioè su quell"esecrabile fame dell'oro" che scuote e attanaglia i cuori umani, come dirà secoli dopo Virgilio nell'Eneide (III,57).