ZACCHEO L'ESATTORE, SALVATO DA GESÙ


È il protagonista del racconto evangelico lucano (19,1-10) di questa domenica: il suo nome in greco è Zakkaios e suppone l'ebraico Zakkay, che forse era una sorta di diminutivo del più comune nome Zaccaria, portato da un profeta anticotestamentario e dal padre di Giovanni Battista. La sua qualifica secondo l'evangelista è quella di architelònes, cioè di direttore generale delle imposte di Gerico, una città particolarmente prospera. Essa, infatti, pur essendo collocata nel panorama arido e quasi lunare della valle del Giordano, a più di 300 metri sotto il livello del mare, è simile a una sorta di smeraldo di alberi, piantagioni, sorgenti.
È, infatti, l'oasi più importante di quel territorio, sede di uno stanziamento umano così arcaico da averla posta ai vertici cronologici delle più antiche città del mondo, operosa già nell'VIII millennio a.C. I visitatori ancor oggi sostano su una collina a contemplare le mastodontiche rovine di quel centro primordiale, ma il loro occhio spazia anche sull'oasi dal diametro di tre chilometri, sulla Gerico più recente che vide sorgere il palazzo di Erode, ma anche sulla successiva e periferica splendida reggia invernale degli Omayyadi, la dinastia discendente da Maometto, che aveva posto la sua capitale a Damasco.

La prosperità di Gerico e la sua collocazione sulla strada che dal nord scendeva a Gerusalemme costeggiando il Giordano l'avevano resa un centro politico e commerciale significativo: si giustifica, così, la presenza di uffici e di funzionari del fisco, retti appunto dal nostro Zaccheo, uomo forse corrotto come lo erano (e lo saranno spesso) i burocrati, ma segnato anche da una curiosità, segno di un'inquietudine più profonda, quella di vedere di persona il rabbì di Nazaret Gesù, infatti, era passato più di una volta da Gerico quando dalla Galilea saliva a Gerusalemme. Anzi, in un'occasione aveva guarito un cieco di nome Bartimeo, proprio alle porte di quella città (Marco 10,46-52).

Ora tocca a Zaccheo incrociare la figura di Gesù, non per ottenere una guarigione fisica ma una liberazione interiore.

La storia di quell'incontro è così celebre da essere ancor oggi quasi "sceneggiata" dai pellegrini: essi, infatti, sostano davanti a un sicomoro, l'albero tropicale che allora era molto diffuso in Terrasanta (si ricordi che il profeta Amos era un raccoglitore dei frutti dl questa pianta, simile a un fico, e un incisore della sua corteccia per ricavarne una specie di sughero).

Su un sicomoro, infatti, Zaccheo, basso di statura, s'era arrampicato per veder meglio Gesù. Fu proprio quella curiosità a cambiargli la vita: Cristo lo noterà, si fermerà, lo farà scendere e si farà invitare a casa. E per Zaccheo sarà come una rinascita: "Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco il quadruplo" (ben più del doppio dovuto per la riparazione di una frode secondo la legge ebraica, ma secondo la pena del diritto romano per il ladro colto in flagrante). E il suggello è tutto in quelle parole finali dl Cristo: "Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch'egli è figlio di Abramo!".