RE ACAZ, IMMAGINE DELL'INCREDULO


In quei giorni il Signore parlò ad " Acaz...". Inizia così la prima lettura della quarta domenica d'Avvento (Isaia 7,10-14), una pagina celeberrima perché mette in scena l'annunzio della nascita di una figura gloriosa e misteriosa che la tradizione giudaica e cristiana interpreterà in chiave messianica, l'Emmanuele, il "Dio con noi".

A fronteggiarsi in questo breve ma forte racconto sono due personaggi: da un lato, il profeta dell'annunzio, cioè Isaia; dall'altro, il re di Giuda di quell'epoca storica, Acaz (letteralmente: "egli ha afferrato", cioè "il Signore ha afferrato per guidare, proteggere", abbreviazione del nome Joacaz). Egli regnò a Gerusalemme nella seconda metà dell'VIII secolo a.C., e il suo nome nella forma Ia-u-ha-zi è citato in una lista di sovrani vassalli del potente re assiro Tiglat-Pileser III.

Il brano isaiano ha come sfondo un evento importante del governo di questo re ebraico. Egli, infatti, rifiutando di entrare in una coalizione anti-assira organizzata dal sovrano di Siria e da quello di Samaria (il regno ebraico scissionista, detto "di Israele"), si era visto costretto - contro il parere del profeta - a richiedere l'aiuto proprio dell'Assiria contro l'asse Siria-Samaria che stava marciando verso di lui per piegarlo.

Acaz, certo, con questa alleanza si salverà, ma il suo regno diverrà un protettorato dell'impero assiro nei cui confronti sarà costretto a svenarsi economicamente per pagare il tributo imposto come ricompensa per l'intervento militare di protezione. Isaia, reagendo alla scelta del sovrano, farà appunto balenare la speranza in un altro re liberatore e salvatore, l'Emmanuele. Molti studiosi pensano che il profeta riponesse questa fiducia nel figlio e successore di Acaz, Ezechia, un personaggio già fatto entrare nella nostra galIena di volti biblici. Tuttavia i capitoli 7, 9 e 11 del libro di Isaia dipingono ormai questo re-Emmanuele con tinte e lineamenti così alti da aver permesso ai lettori successivi di queste pagine di intravedervi la figura del Messia.

Acaz rimane, perciò, come un'immagine della persona incredula, che col pretesto di "non tentare il Signore" chiedendogli un segno (7,12) si affida alle macchinazioni della politica e agli intrighi della diplomazia, perdendo così la libertà civile e religiosa della sua terra, anche se conserva il suo potere personale. È significativo, al riguardo, il racconto che si legge in 2 Re 16,10- 18. Caduto ormai sotto il protettorato dell'imperatore assiro Tiglat-Pileser III, Acaz dovrà dare il via alla progettazione e all'erezione di un altare nel tempio di Sion modellato su quello che il re assiro aveva innalzato a Damasco, la capitale della Siria da lui conquistata. Toccherà al sommo sacerdote Uria consacrare questo altare che l'autore sacro considera come idolatrico.

È per questo che sulla storia di Acaz la Bibbia scrive una sorta di epigrafe terribilmente negativa: "Non fece ciò che è retto agli occhi del Signore suo Dio, come Davide suo antenato. Camminò sulla strada dei re di Israele. Fece persino passare per il fuoco suo figlio, secondo gli abomini dei popoli che il Signore aveva scacciato di fronte agli Israeliti.
Sacrificava agli idoli e bruciava incenso sulle alture, sui colli e sotto ogni albero verde" (2Re 16,2-4).