L’ALLEANZA SCRITTANEL CUORE DELL’UOMO
 
 
Eccoci, anche quest’anno nel tempo “forte” della Quaresima, giorni di spiritualità più intensa, di novità di vita, di freschezza interiore. Abbiamo deciso di presentare un oracolo di Geremia, il profeta che assiste alla tragedia nazionale ebraica del 586 a.C. allorché le armate babilonesi di Nabucodonosor riducono Gerusalemme a un cumulo di macerie.
Si cantava nel Salmo 74: «Ruggirono i tuoi avversari nel tuo tempio, issarono i loro vessilli come insegna.
Come si vibra in alto la scure nel folto di una selva, con l’ascia e la scure frantumavano le sue porte.
Hanno dato alle fiamme il tuo santuario, hanno profanato e demolito la dimora del tuo nome.
Pensavano: “Distruggiamoli tutti”...» (versetti 4-8).

Ebbene, proprio in quei giorni Geremia - che pure aveva annunziato questo crollo, infrangendo le illusioni dei suoi concittadini e attirandosi la fama di Cassandra e di disfattista - compone quello che gli studiosi chiameranno il suo “libro della consolazione”, presente nei capitoli 30-31 della sua raccolta profetica. Ed è proprio al più celebre di quegli oracoli che ora noi dedichiamo la nostra attenzione: esso si trova in 31,31-34, ma sarà citato integralmente nel Nuovo Testamento dalla Lettera agli Ebrei (8,8-12: la più lunga citazione dell’Antico Testamento nel Nuovo).

Il profeta in quelle righe getta uno sguardo malinconico sul passato, su quell’alleanza che era stata siglata nelle aspre solitudini del Sinai tra il Signore e Israele in marcia verso la libertà, «un’alleanza che essi hanno violato», commenta aspramente il profeta.
Ma ora ecco la svolta: «Verranno i giorni - dice il Signore - nei quali con la casa di Israele e con la casa di Giuda io concluderò un’alleanza nuova... Porrò la mia legge nel loro animo, la scriverò nel loro cuore... Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande.
Io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato».

L’accento è tutto su quell’espressione “alleanza nuova” (berit hadashah): nel linguaggio biblico “nuovo” è sinonimo di perfetto. Ormai Dio decide di non essere più “esterno” all’uomo ma di entrare in lui, nel suo cuore. Alle tavole di pietra del Sinai subentrano ora le tavole di carne del cuore umano trasfigurato. All’imposizione di norme ufficiali succede ora il “conoscere” che - sempre nel linguaggio biblico - significa “amare”, coinvolgendo volontà, intelligenza, affetto e azione.
Al giudizio sul peccato si sostituisce il perdono, che è un “non ricordare” e quindi un cancellare tutte le colpe dell’uomo.

È per questo che le parole di Geremia sono divenute care a tutti i movimenti spirituali del giudaismo (ad esempio, alla comunità di Qumran, presso il Mar Morto, ove vivevano ebrei di forte spiritualità, i cui scritti sono stati scoperti nel 1947) ma anche del cristianesimo. Gesù stesso davanti al calice eucaristico dell’ultima Cena dichiara: «Questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue che viene versato per voi (Luca 22,20). Alla Legge si sovrappone la Grazia, al peccato il perdono, al timore l’amore.
È per questo che Geremia diventa quasi come un indice puntato verso il Nuovo Testamento nella storia dell’arte cristiana.