I sette sigilli e le sette trombe


Sulle rive di un mare incolore e agitato, il Cavaliere gioca a scacchi con la Morte. L’ha incontrata al ritorno dalla crociata in Terra Santa, un ritorno pieno di delusione, col cuore vuoto e solitario, tormentato dalle stesse domande che lo artigliavano quando egli era partito.
È per questo che ha chiesto alla Morte una dilazione sfidandola a una partita dall’esito certo, ma che forse gli permetterà di trovare una risposta, un senso alla vita. È lo stesso silenzio che dura circa mezz’ora e che si presenta quando nel libro dell’Apocalisse si apre il settimo sigillo (8,1).

Forse alcuni nostri lettori hanno capito che il racconto di cui ho abbozzato l’avvio fa parte della trama di uno dei film più celebri di tutti i tempi, diretto dal regista svedese Ingmar Bergman nel 1957, intitolato appunto Il settimo sigillo, la cui sceneggiatura è stata tradotta in italiano dall’editore Iperborea nel 1994. Quel silenzio di mezz’ora scandisce l’attesa di una rivelazione drammatica che sconvolgerà tutti i personaggi del film, dal Cavaliere al suo scudiero Jòns, dall’attore Skatt al farabutto RavaI, dal fabbro Plog con la moglie Usa a una felice coppia di giocolieri e il loro bambino, che incarnano l’amore e la semplicità, la serenità e la gaiezza delle piccole cose.

Ma ritorniamo al testo dell’Apocalisse (8,1-5), l’opera biblica che ci sta accompagnando in queste nostre letture pasquali.
Come è noto, dal capitolo 5 all’8 si sciolgono progressivamente i sette sigilli che bloccavano la lettura del «libro (in realtà un rotolo) scritto sullato interno e su quello esterno», cioè il libro della vita e della storia (5,1).

Quando si infrange il settimo e ultimo sigillo, in cielo dilaga all’improvviso un silenzio magico e surreale, segno di sbigottimento ma anche di contemplazione stupita. Curiosa è l’indicazione cronologica della mezz’ora, un arco di tempo di breve durata, imperfetto e limitato. Uno studioso dell’Apocalisse, Charles Brùtsch, osserva che, «come tutte le frazioni di tempo presenti nel libro, la mezz’ora è sintomo di una crisi che conferisce al silenzio un carattere terribile».

Infatti ciò che si svela, una volta spezzato il sigillo e squadernato il libro della vita, sarà scandito dal successivo sette-
nano, quello delle trombe, particolarmente cupo e drammatico. Al primo squillo, scrosciano grandine e fuoco mescolati a sangue; al secondo, viene scaraventata in mare una montagna ardente di fuoco; al terzo squillo, piomba dal cielo la grande stella Assenzio, una specie di palla fiammeggiante; al quarto segnale, calano le tenebre (8,6-13), e così via, in un crescendo di eventi simbolici tragici.
Essi hanno lo scopo di illustrare il male oscuro che si annida nel grembo della storia.

Ma, come presto vedremo, la meta dell’Apocalisse non è quella di annunziare una catastrofe finale. Il grande regista russo Andrej Tarkovskij, l’autore del film Andrej Rubliov, giustamente osservava: «L’Apocalisse è, in ultima analisi, il racconto del nostro destino. Ma sarebbe sbagliato pensare che essa contenga soltanto l’idea della punizione.
Forse la cosa più importante in essa contenuta è la speranza».