La "Casta Meretrice" che salva Israele

Apriamo un libro biblico che ha registrato un enorme successo nella storia dell’arte e della tradizione.
Esso porta il nome del successore di Mosè nella guida dell’Israele in marcia verso la terra promessa, Giosuè, un nome che è affine ad altri nomi celebri della Bibbia, cioè Isaia, Osea, Gesù: tutti, infatti, contengono la stessa radice verbale ebraica (jasha) che significa «salvare». Naturalmente non possiamo seguire l’intera trama di questo libro che è sostanzialmente scandito in due tappe: la prima, dedicata agli eventi clamorosi della conquista della terra di Canaan; la seconda, concentrata sulla ripartizione della terra tra le varie tribù ebraiche.

L’intera vicenda di Giosuè è, invece, seguita dall’oratorio omonimo musicato dal grande Georg Friedrich Haendel nel 1748 su libretto di T. Moreil: il passaggio del Giordano, il sole e la luna che s’arrestano in cielo, la caduta delle mura di Gerico, la sconfitta delle popolazioni indigene, la spartizione della terra e, dopo quest’opera grandiosa, Giosuè accolto trionfalmente dal coro che intona l’acclamazione: «Ecco, avanza incoronato di gloria...!».
Noi ci accontenteremo di sfogliare qualche pagina di questo testo narrativamente molto intrigante, pieno com’è di colpi di scena e di eventi grandiosi e gloriosi.

Faremo oggi avanzare un personaggio un po’ particolare, la prostituta Rahab di Gerico. La storia dell’ospitalità che essa offre agli esploratori ebrei, infiltratisi nei territorio nemico e da lei nascosti tra le cataste degli steli di lino messi sulla terrazza della sua casa ad essiccare, è troppo nota per essere raccontata. Bisognerebbe rileggerla nella vivacissima narrazione del capitolo 2 del libro di Giosuè. Naturalmente la tradizione giudaica successiva annovera Rahab tra le donne più belle del mondo.

Curiosa è, Invece, la raffigurazione cristiana di questa donna, che tra l’altro entra nella genealogia stessa di Gesù (Matteo 1,5). Essa diventa agli occhi dell’autore di quella solenne omelia che è la Lettera agli Ebrei un’eroina della fede:
«Per fede Rahab, la prostituta, non perì con gli increduli, avendo accolto con benevolenza gli esploratori» (11,31).
Per la Lettera di Giacomo, che è invece un’omelia giudeo-cristiana, essa diviene un’eroina delle opere, dell’impegno caritativo: «Rahab, la meretrice, non venne forse giustificata in base alle opere per aver dato ospitalità agli esploratori e averli mandati per altra via?» (2,25).

Il fascino «teoloaico» di auesto racconto è dilagato nella letteratura patristica. Per sant’Ambrogio, ad esempio, Rahab diventa un emblema della Chiesa, sulla scia di un’immagine già diffusa. Essa, infatti, è casta meretrix, «una prostituta casta», perché accoglie le spie ebraiche senza avere con loro rapporti sessuali e li salva. La Chiesa è simile a una meretrix, si dice arditamente, perché accoglie tutti, anche chi è inseguito e ostile (come gli esploratori); ma è casta perché la sua missione è quella di offrire la purezza della fede e dell’amore. Persino la «cordicella di filo scarlatto» (2,18) — la cui funzione dovrà essere scoperta leggendo il racconto — diventa per la tradizione cristiana il rivolo del sangue di Cristo che scorre dalla croce del Golgota...