Fiducia in dio - e fedeltà alla legge


Tu gloria Jerusalem, tu laetitia Israel, tu honorificentia populi nostri... Molti ricorderanno anche la melodia che accompagna questo canto mariano, ma non tutti sapranno che è la versione latina della benedizione che gli Israeliti indirizzano a Giuditta, dopo la sua vittoria sul generale Oloferne, il nemico del popoio ebraico (15,9).
Il racconto è quasi simile a una parabola: non per nulla l’eroina si chiama Giuditta, cioè «la giudea»; la sua città Betulia, «casa del Signore Dio»; esemplare è anche la tesi centrale dell’opera, il ribaltamento delle sorti per cui la vittima è esaltata e l’oppressore umiliato (tesi che dominava anche nel libro di Ester, presentato la scorsa settimana).

Modello molto caro all’arte cristiana — vorrei citare solo la tela di un’artista, Artemisia Gentileschi, che in Giuditta proietta tutta la reazione della sua esperienza di donna violentata (al contrario di Botticelli che ci offre una Giuditta dolce e malinconica) —, questa ebrea è nella mente di tutti per il suo gesto ardito e fin truculento. Nella notte che avvolge il disordine e i segni del banchetto consumato nella tenda del generale balena la lama della scimitarra che Giuditta cala sul collo di Oloferne ubriaco e addormentato.

Il suo gesto vuole incarnare quasi l’azione della mano divina che piega i prepotenti. L’eroina prega, infatti, così: «La tua forza, Signore, non sta nel numero né il tuo regno si regge sugli armati. Tu sei, invece, il Dio degli umili, il salvatore dei disperati» (9,11).
La fiducia in Dio e la fedeltà alla Legge e all’Alleanza sono lo scudo di Israele e la vera spada di Giuditta. Non per nulla il libro è costellato di inni, di suppliche, di invocazioni e di esaltazioni del Signore come Dio altissimo, Dio del cielo, creatore del cielo e della terra, Re del creato, Vincitore delle battaglie, Dio dei padri, e così via.

Questa volta vorremmo solo segnalare un fenomeno culturale curioso. L’opera biblica ha avuto grande successo in musica, anche per il simbolismo mariano applicato a essa. Hanno composto oratori Carissimi, Scarlatti, Benedetto Marcello, Galuppi, Vivaldi, Cimarosa, Honegger e persino Mozart con la Betulia liberata su libretto di Metastasio (1771). Successo avrà anche nel teatro, considerata la suspence che pervade il testo. Ma, a partire dall’Ottocento, l’opera biblica viene “laicizzata”.

Così nel dramma di F. Hebbel (1840) Giuditta, vedova verginale, è catturata dalla passione per Oloferne che ucciderà per vendetta, quando si sentirà offesa nella sua dignità, giungendo al punto di chiedere al popolo la sua eliminazione qualora risultasse incinta del generale. PerJ. Giraudoux (1931) Giuditta è costretta poi dalle pressioni pubbliche ad attribuire un valore religioso al suo gesto che, in realtà, era solo legato al desiderio di conservare intatta la bellezza di un incontro unico e impossibile. E per R. Hochhuth (1984) Giuditta è una giornalista che compie un attentato contro il presidente americano che ha deciso la produzione di armi chimiche micidiali... Come è ovvio, siamo ormai lontanissimi dall’originale biblico e dal suo significato basilare.